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Parigi 2024, Castro atleta paralimpico dei rifugiati: “Sono rinato grazie a scherma e fede”

Lo spadista colombiano vive come rifugiato nel Centro del sistema accoglienza e integrazione di 2° livello, nel quartiere romano di Centocelle

Parigi 2024, Castro atleta paralimpico dei rifugiati:

Peccato per Amelio Castro Grueso che l’ottimismo non sia tra le discipline olimpiche, altrimenti avrebbe già una bacheca piena di medaglie d’oro. Si consola realizzando sogni, le presenze sul podio arriveranno. Il primo: aver partecipato alle Paralimpiadi di Parigi come schermidore nella squadra dei rifugiati. Arrivarci è stata un’impresa: "Ho lottato tanto, è stato bellissimo. Ma ho capito che la vita è uno specchio, ricevi quello che dai", racconta a La Ragione.

Se così fosse, avrebbe ancora moltissimo da riscuotere. A lui è stato tolto tanto: quando aveva 16 anni sua madre è stata uccisa, a 20 ha perso l’uso delle gambe a causa di un incidente. Costretto per quattro anni in un ospedale in Colombia (dov’è nato), la famiglia lo ha gradualmente abbandonato fino a lasciarlo solo. "All’inizio è stato difficile, poi ho incontrato Dio. Proprio in quegli anni ho scoperto la fede: in mezzo a tutta quella sofferenza, in mezzo a tutta quella mancanza, ho capito che se credi alla fine le cose si risolvono. Dico sempre di essere un privilegiato perché ho la capacità di affrontare le difficoltà". Dote che ha allenato nel tempo, per spirito di sopravvivenza.

Lo sport è arrivato dopo e gli ha cambiato la vita: "Dopo tutto quello che mi è capitato volevo scrivere un libro per aiutare soprattutto i più giovani, perché -quando ti succede qualcosa di brutto- pensi che stia capitando solo a te. Credo invece che leggere la testimonianza di qualcuno che ha sofferto e che è riuscito ad andare avanti col sorriso possa essere fonte d’ispirazione. Così ho deciso di dedicarmi allo sport: ho pensato che vincendo una medaglia olimpica la mia storia sarebbe arrivata a molte più persone", racconta Grueso a La Ragione.

Il primo approccio (col basket) è andato male. La scherma invece lo ha rapito subito. Merito anche di un allenatore italiano, Daniele Pantoni, conosciuto per caso in Colombia durante una tappa della Coppa del mondo con la Nazionale italiana di spada. Era il 2018, il suo viaggio in Italia nasce anche da quell’incrocio fortuito. Ora lo spadista colombiano vive come rifugiato nel Centro del sistema accoglienza e integrazione di 2° livello, nel quartiere romano di Centocelle.

Da dove tutti i giorni affronta un viaggio di due ore -fra andata e ritorno -per arrivare in palestra: "Già è difficile vivere come rifugiato convenzionale, ma quando ti mancano le gambe lo è ancora di più. A volte i mezzi di trasporto non sono adatti agli spostamenti per persone con disabilità, quindi bisogna lottare per fare anche le cose più semplici. Ma se ce la faccio io, penso proprio che possano farcela tutti", spiega l’atleta Grueso.

Ecco ancora l’ottimismo, l’incrollabile fede. Emerge nonostante l’ultimo grande ostacolo all’orizzonte: a fine ottobre dovrà lasciare il Centro di accoglienza in cui si trova. Col rischio di rimanere ancora senza una casa: "Ma rimango comunque fiducioso. Non sarà facile, ma se Dio non mi ha abbandonato quando ero in ospedale senza potermi muovere, non lo farà neanche ora", conclude a La Ragione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Sport

Da Team26 con Sinner ai primi test event: cosa lascia il...

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Si chiude un anno che ha dato una grande spinta all'Italia verso i Giochi invernali del 2026. Andiamo a riviverlo, tra momenti iconici e tappe di passaggio

La mascotte di Milano Cortina 2026 - Fotogramma/IPA

L’inizio del viaggio della fiamma olimpica, la cerimonia di presentazione del look dei Giochi, il lancio di Team26 con Jannik Sinner, i primi test event. Il 2024 di Milano-Cortina è stato una giostra di emozioni. Un anno che ha avvicinato con una grande spinta l’Italia alle prossime Olimpiadi e Paralimpiadi invernali. In attesa di un 2025 che ha già cerchiato in rosso le tappe clou verso la rassegna a cinque cerchi.

I numeri e i luoghi di Milano-Cortina

Intanto, qualche numero. Sono 195 le medaglie d’oro in palio tra Olimpiadi (116) e Paralimpiadi (79), che verranno assegnate in 25 giorni di competizioni (16 Olimpici e 9 Paralimpici). Con oltre 3500 atleti al via, sarà insomma un’edizione imperdibile per vivere in Italia tutta la magia dei Giochi invernali, nell’edizione più “diffusa” di sempre. Milano ospiterà il pattinaggio di figura, il pattinaggio di velocità, lo short track e l’hockey su ghiaccio, mentre Cortina d’Ampezzo sarà il teatro dello sci alpino femminile sulla mitica Olympia delle Tofane, ma anche dei tornei di curling, bob, skeleton e slittino. Ci sarà poi la Val di Fiemme, che accoglierà sci di fondo, salto con gli sci e combinata nordica, mentre Anterselva sarà il tempio del biathlon tornando a lucidare una consolidata tradizione. Bormio ospiterà quindi lo sci alpino maschile sula pista Stelvio, un mito per gli appassionati, mentre Livigno regalerà spettacolo con le gare di freestyle e snowboard.

I test event

Nel 2024, il percorso verso i Giochi è entrato nel vivo grazie a una serie di appuntamenti cruciali dal punto di vista sportivo, come i test event. Competizioni nazionali e internazionali, ospitate dai luoghi di Milano-Cortina, che cercano di simulare in tutto e per tutto le condizioni dell’inverno 2026. Tanti gli appuntamenti da segnare: il ricco calendario di eventi si è aperto intanto il 28 e 29 dicembre 2024 con la tappa di Coppa del Mondo di sci alpino maschile sulla Stelvio, a Bormio. Il 2025 inizierà con la chiusura del Tour de Ski, previsto sulle nevi della Val di Fiemme dal 3 al 5 gennaio. Il 18 e il 19 gennaio, Cortina sarà invece teatro dell’appuntamento di Coppa del Mondo di sci alpino femminile su un altro tracciato iconico come l’Olympia delle Tofane. E dal 23 al 26 gennaio sarà Anterselva a scaldare i motori verso le Olimpiadi con la Coppa del Mondo. Gennaio sarà anche il mese dei primi test event paralimpici: il 29 e 30 gennaio la Val di Fiemme ospiterà la Coppa del Mondo di Para biathlon, mentre tra 1 e 2 febbraio sarà la volta dello sci di fondo paralimpico.

Il programma di volontari Team26

Il 2024 è anche l’anno che ha visto il lancio di Team26, programma dedicato alle volontarie e ai volontari che vivranno da protagonisti i Giochi del 2026. Tra questi Jannik Sinner, numero uno al mondo del tennis e volto della campagna di comunicazione “I Giochi siamo noi”. Sarà il fuoriclasse azzurro il primo volontario delle Olimpiadi e Paralimpiadi invernali. Come lui, altri 18mila avranno l’opportunità di diventare parte integrante dell'evento, iscrivendosi sul sito ufficiale. Pochi i requisiti richiesti: i 18 anni compiuti entro il 1° novembre 2025, conoscenza di italiano e inglese, partecipazione agli eventi di selezione e formazione e disponibilità garantita di almeno 9 giorni non consecutivi durante i Giochi. I ruoli affidati ai volontari punteranno sostanzialmente a migliorare la qualità dell’esperienza di tutti i partecipanti, mirando inoltre ad agevolare l’organizzazione della rassegna.

Come spiegato anche dal ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi: “Solo grazie alla presenza dei volontari possiamo essere certi del miglior svolgimento di ogni evento, grande o piccolo che sia. Questo progetto ha una duplice natura. Da un lato si fa messaggero dei valori dello sport, dall’altro diventa rappresentazione viva della passione e dell’entusiasmo con cui gli italiani accoglieranno il mondo intero a braccia aperte. La presenza di un ambasciatore come Jannik Sinner sintetizza al meglio lo spirito vibrante, dinamico, generoso e valoriale con il quale ci presenteremo ai Giochi di Milano-Cortina 2026”. Concetti ribaditi anche dal presidente del Coni Giovanni Malagò: “I volontari rappresentano da sempre l’elemento distintivo di ogni edizione dei Giochi. Saranno proprio loro a trasmettere lo spirito italiano, accogliendo persone da tutto il mondo e favorendo la miglior esperienza possibile ai grandi protagonisti delle discipline invernali”. I Giochi avranno inoltre un look tutto loro, anche questo svelato a novembre, frutto di un'identità visiva dinamica. Un'identità che abbraccerà i territori e le venue, che avvolgerà e guiderà gli spettatori, gli atleti, i volontari e tutti coloro che vivranno il più grande evento sportivo al mondo a inizio 2026.

Il viaggio della Fiamma

L’ultimo grande capitolo del 2024 di Milano-Cortina riguarda la presentazione del viaggio della Fiamma Olimpica e Paralimpica. Lo scorso 26 novembre, a Verona è stato reso noto l’itinerario del simbolo dei Giochi, con tutti i territori italiani che ospiteranno il passaggio dei tedofori. La Fiamma, emblema di unità e pace, porta un messaggio universale che trascende confini e differenze, invitando ogni persona a partecipare a un evento di assoluta rilevanza globale. Il passaggio delle Fiamme rappresenta i valori fondamentali dell'Olimpismo e del Paralimpismo, incarnando i sentimenti di Amicizia, Pace, Speranza e Spirito di Squadra. Ma in cosa consiste l'itinerario? Saranno 63 i giorni di viaggio, con 60 città di tappa e 12mila chilometri da percorrere toccando tutte le 110 province della penisola. Il viaggio inizierà il 26 novembre 2025 a Olimpia, con l’accensione del sacro fuoco che arriverà poi in Italia, a Roma, il 4 dicembre. Quindi, sarà a Napoli a Natale e festeggerà il nuovo anno a Bari.

Il 26 gennaio tornerà invece, dopo 70 anni esatti dalla Cerimonia d’Apertura dei Giochi, a Cortina d’Ampezzo e concluderà il suo tragitto a Milano, a San Siro, la sera di venerdì 6 febbraio 2026. Si tratta di un percorso pensato anche per rendere omaggio al grande patrimonio storico culturale italiano, che vanta il maggior numero di siti Unesco al mondo. Come spiegato da Andrea Varnier, Ceo di Fondazione Milano Cortina 2026. “L’arrivo della Fiamma in Italia e il suo viaggio rappresentano il momento in cui i Giochi entrano nelle case delle persone, portando ovunque la magia dello sport. È il momento in cui Milano-Cortina 2026 diventa Italia celebrando l'unione dell’orgoglio nazionale”. La Fiamma Paralimpica percorrerà invece 2mila chilometri in 11 giorni. E dal 24 febbraio 2026 al 6 marzo 2026, giorno della cerimonia di apertura dei Giochi Paralimpici all’Arena di Verona, sfilerà nelle mani di 501 tedofori. In un viaggio che racchiuderà, ancora una volta, tutto il senso dello spirito olimpico.

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Sport

Ancelotti: “Io alla Roma? Se ne parla molto, potrei...

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Il tecnico del Madrid ha parlato della possibilità di abbracciare la panchina giallorossa nella prossima stagione

Carlo Ancelotti - Fotogramma

Carlo Ancelotti è uno dei nomi che fanno sognare i tifosi della Roma. I giallorossi, in risalita in classifica grazie alla cura Ranieri, sono alla ricerca di un tecnico per la prossima stagione, con l'ex allenatore, tra le altre, di Leicester e Cagliari che lascerà la panchina per un ruolo in dirigenza. Proprio Ranieri sarà decisivo nella scelta del nuovo tecnico, cruciale dopo quanto accaduto in questa prima parte di stagione con gli esoneri di De Rossi prima e Juric poi.

Tra i tanti nomi accostati alla panchina giallorossa quello dell'attuale tecnico del Real è senza dubbio uno dei più graditi alla piazza, e a parlarne è stato proprio Ancelotti: "Sento che se ne sta parla molto, ma io sto molto bene qui e voglio lavorare per rimanere il più possibile al Real Madrid", ha detto ai microfoni di Radio anch'io sport, "con Ranieri siamo amici e lui sta facendo molto bene da quando è tornato alla Roma, ne sono molto contento. Io sono ovviamente molto legato ai giallorossi, ho ottimi ricordi, ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Per ora sto bene qui e non voglio pensare al mio futuro. Ho un contratto di due anni qui, ma sappiamo bene che i contratti si possono rompere o allungare".

Una battuta anche su Paulo Fonseca, esonerato dalla panchina del Milan: Fa parte del lavoro, anche io sono stato esonerato. Quando ci sono dei problemi in una squadra la responsabilità cade sull’uomo solo, che è l’allenatore. Purtroppo è così. L’allenatore soprattutto nei momenti di difficoltà è abbastanza solo

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Sport

Da Sinner e Yamal fino a Tebogo, i 10 atleti rivelazione...

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L'anno che sta per chiudersi ha consacrato atleti diventati campioni e rivelato protagonisti inattesi

Jannik Sinner, Lamine Yamal e Letsile Tebogo - Fotogramma

Calcio, tennis, fino alle Olimpiadi di Parigi. Nel 2024 lo sport si è preso la scena, consacrando atleti diventati campioni e rivelando protagonisti inattesi. Nella speciale classifica delle 10 rivelazioni sportive dell’anno ci sono esclusioni eccellenti e nomi meno conosciuti, diventati però rilevanti non solo per i risultati ottenuti, ma per l’impatto stesso che hanno avuto sul proprio sport. Alcuni sono diventate bandiere del proprio Paese nel mondo, altri hanno aperto nuovi orizzonti e scatenato discussioni. Tutti, per un motivo o per l’altro, sono entrati nei libri di storia.

Jannik Sinner

Il primo della lista non poteva che essere lui: Jannik Sinner. L’azzurro, a soli 23 anni, ha riscritto la storia del tennis in Italia, battendo ogni record e ascendendo inevitabilmente all’Olimpo dello sport azzurro. Il 2023 si era chiuso in dolceamaro: prima la sconfitta all’ultimo atto delle Finals di Torino, per mano di Novak Djokovic, poi il trionfo in Coppa Davis. L’onda emotiva con è finita la stagione è continuata nel 2024: a gennaio Sinner festeggia il suo primo titolo Slam vincendo l’Australian Open. Poi Jannik trionfa anche a Rotterdam, Miami e Halle. Nel mezzo viene sconfitto da Carlos Alcaraz in semifinale al Roland Garros ed eliminato ai quarti di Wimbledon.

Nonostante la delusione però Sinner può celebrare un traguardo storico, tanto per lui quanto per l’Italia: diventa numero 1 del ranking Atp, come nessun tennista azzurro era riuscito a fare prima. Sinner si riscatta sul cemento, vincendo prima a Cincinnati e poi allo US Open, che gli vale il secondo titolo Slam in pochi mesi. Il trionfo a Shanghai, ma anche al ricchissimo Six Kings Slam di Riad, è il preludio a un finale di stagione da incorniciare. Jannik domina le Finals di Torino, battendo in finale, proprio come a New York, Taylor Fritz e vola a Malaga, dove trascina l’Italia al secondo successo consecutivo in Coppa Davis. Una delle macchie dell’anno magico di Sinner è ovviamente rappresentata dal caso doping, scoppiato dopo la positività riscontrata al Closterbol. La sentenza definitiva del Tas, dopo una prima assoluzione e il conseguente ricorso della Wada, arriverà non prima del prossimo febbraio.

Jasmine Paolini

Ma l’anno da sogno del tennis azzurro ha riguardato anche il circuito Wta, con Jasmine Paolini che è stata assoluta protagonista del 2024. Paolini ha portato a casa titoli e qualche delusione. L'azzurra ha conquistato quattro trofei, uno in singolare e tre in doppio: a Dubai Paolini ha vinto il suo primo Masters 1000, mentre in coppia con Errani si è aggiudicata l'Upper Austria Ladies di Linz e altri due Masters 1000, gli Internazionali d’Italia e il China Open. L'apice però lo ha raggiunto, sempre nel doppio, alle Olimpiadi Parigi, quando ha vinto la medaglia d'oro.

Dagli Slam invece sono arrivate le delusioni, nonostante il percorso di Paolini durante l'intera stagione sia andato ben oltre le aspettative. Jasmine ha raggiunto tre finali, due in singolare e una in doppio: al Roland Garros è stata battuta da Iga Swiatek nel singolare, e dalla coppia formata da Coco Gauff e Katerina Siniakova in doppio, mentre sull'erba di Wimbledon si è dovuta arrendere a Barbora Krejcikova. Paolini però è stata decisiva nel trionfo dell’Italia nella Billie Jean King Cup, riuscendo a chiudere l’anno con uno strepitoso quarto posto nel ranking.

Lamine Yamal

Nell’anno che sta per concludersi c’è una stella che nel calcio ha brillato più lucente delle altre. Lamine Yamal, 17 anni compiuti lo scorso luglio, ha vinto il Golden Boy 2024, il premio destinato al miglior giovane dell’anno. Il riconoscimento suggella un anno da sogno per Yamal, che ha infranto record su record. Già nel 2023 Lamine aveva festeggiato la vittoria della Liga con il suo Barcellona, il club che lo ha cresciuto. Figlio di padre marocchino e madre guineana, la sua infanzia l’ha trascorsa tutta nelle strade di Matarò, città a pochi chilometri da Barcellona. Yamal non ha mai dimenticato da dove viene, tanto che, quando esulta, disegna con le mani il numero ‘304’, il codice postale di Rocafonda, il suo quartiere.

L’ascesa di Yamal viene dalle strade della periferia catalana e attraversa i campi della cantera blaugrana, uno dei migliori vivai del mondo, in cui Lamine perfeziona la tecnica e valorizza l’estro. Nel 2023, come detto, Yamal è protagonista della Liga vinta con il Barcellona di Xavi, l’anno successivo invece è l’uomo copertina di qualcosa, se possibile, di ancora più grande. La Spagna vince gli Europei e lui, sempre titolare, chiude il torneo con un gol, quattro assist e molteplici record abbattuti. L’esordio con la Croazia lo fa diventare il più giovane di sempre a scendere in campo, a 16 anni e 338, in un Europeo; il gol capolavoro in semifinale alla Francia invece lo rende il più giovane a segnare un gol, a 16 anni e 362 giorni; e infine, il trionfo contro l’Inghilterra in finale, gli permette di diventare, a 17 anni e un giorno, il più giovane campione d’Europa di sempre. Non è un caso quindi che Yamal abbia già una valutazione di mercato da 200 milioni, e che il Barcellona abbia deciso di blindarlo con un rinnovo milionario e una clausola da un miliardo di euro.

Letsile Tebogo

Il motto del Botswana, Paese dell’Africa meridionale appena sopra il Sudafrica, è “United and Proud”, “Uniti e Orgogliosi”. Due milioni di abitanti e indipendente dal 1966, oggi l’orgoglio nazionale ha un nome e un cognome: Letsile Tebogo. A soli 21 anni, il velocista è entrato nella storia diventando il primo africano di sempre a vincere l’oro nei 200 metri, così come il primo atleta botswano a conquistare la medaglia più preziosa ai Giochi. E per capirne il valore basta pensare che il 9 agosto, il giorno seguente alla gara, il presidente del Botswana ha indetto festa nazionale. Alle Olimpiadi di Parigi, Tebogo è infatti stato il primo a tagliare il traguardo in 19”46, record africano, precedendo gli americani Kenneth Bendarek e soprattutto Noah Lyles, oro nei 100. Alla fine della gara Letsile ha mostrato le scarpe e la data incisa sopra: 23/12/1980, il compleanno della madre, scomparsa tre mesi prima per una malattia. “È stata lei a spingermi verso l’atletica, io avevo scelto il calcio”, ha raccontato commosso nel post gara, “So che mia mamma da lassù mi ha visto, ha gioito. La porto dentro in ogni passo che faccio. Questo trionfo è per lei e per tutta l’Africa: le persone cominciano a capire chi siamo”.

La sua ascesa ha raggiunto il suo apice a Parigi, ma arriva da lontano. Da piccolo si allenava senza scarpe e con vecchi pantaloncini perché la famiglia non aveva i soldi per comprarne di nuovi: “La mia famiglia è numerosa. E mi avessero comprato le scarpe, sarei sembrato il figlio prediletto. Dovevamo essere tutti uguali”. Il 2023 ha segnato l’ingresso di Tebogo nell’elite della velocità con il secondo posto nei 100 e il terzo nei 200 raggiunto ai Mondiali di Atletica di Budapest. Il 2024 è stato l’anno della sua consacrazione, ma ora Letsile non ha alcuna intenzione di interrompere la sua corsa.

Julien Alfred

I Giochi di Parigi hanno incoronato anche una nuova regina della velocità. Julien Alfred nel 2024 si è presa il trono battendo l’astro nascente dell’atletica statunitense, Sha’Carri Richardson, con un crono di 10”72. All’oro nei 100 metri si è poi aggiunto anche l’argento nei 200. Due medaglie che l’hanno spinta sulla vetta dello sport mondiale, ma Alfred non ha mai dimenticato da dove viene.

 Saint Lucia è una piccola isola dei Caraibi orientali, da poco più di 180mila abitanti. Julien, 23 anni, è diventata punto di riferimento e ispirazione per le nuove generazioni, per cui si impegna in prima persona a promuovere lo sport. Alfred è cresciuta, come molti atleti della sua generazione, con il mito del velocista più grande di tutti i tempi: Usain Bolt. “Ogni volta, prima di scendere in pista riguardavo le sue gare. Osservavo il suo modo di gestire la pressione, il suo modo di esultare. È stato un’ispirazione per me: volevo essere come lui”. E dire che le cose sarebbero potute andare in maniera molto diversa.

Julien infatti è stata molto vicina a lasciare l’atletica. Ad appena 12 anni dovette affrontare la scomparsa del padre, una perdita che l’ha segnata tanto da farle mettere in discussione anche la sua passione per la corsa. “In quei momenti non avevo più motivazioni. È stato il mio vecchio allenatore a riportarmi in pista, aiutandomi ad affrontare il dolore della morte di mio padre. Lui voleva che arrivassi alle Olimpiadi, ha sempre creduto in me. Oggi sarebbe fiero di me”.

Alice D'Amato

Nel 2024 Parigi, per Alice D’Amato, si è trasformata nel suo personale Paese delle meraviglie. Tra le 40 medaglie conquistate dall’Italia, che ha eguagliato il record di Tokyo2020, una delle più sorprendenti è arrivata alla trave. La doppietta azzurra è stata firmata da Manila Esposito, bronzo, e soprattutto da Alice D’Amato, ginnasta di 21 anni, che ha vinto l’oro davanti a sua maestà Simone Biles.

D’Amato è stata anche protagonista con le Fate, che hanno vinto l’argento proprio dietro gli Stati Uniti di Biles: “Abbiamo dato l’adolescenza per essere qui”, è stato il loro urlo di gioia. E di sacrifici, crescendo, Alice ne ha fatti tanti, sempre insieme alla sorella gemella Asia, che a Parigi non ha potuto esserci a causa di un infortunio. Le due sono state protagoniste anche a Tokyo, dove D’Amato arrivò quarta nella gara a squadre, una delusione che non ha mai digerito. “Ci rifaremo a Parigi”, aveva promesso. Ai Giochi del 2024 Alice è andata oltre le aspettative, e il suo oro lo ha dedicato al padre, scomparso nel 2022: “Il mio pensiero più grande va al mio papà che sicuramente credo che da lassù abbia fatto tantissimo per me e continuerà a farlo”.

Imane Khelif

Il nome di Imane Khelif è stato tra i più cercati su Google, in Italia, nel 2024. Ma della pugile algerina non si è parlato soltanto per i risultati raggiunti sul ring alle Olimpiadi di Parigi. Khelif è stata infatti al centro delle polemiche per dei presunti livelli di testosterone non in regola e addirittura cromosomi XY (maschili). La sua partecipazione aveva generato polemiche specialmente dopo essere stata esclusa dai Mondiali 2023 per il mancato superamento di un imprecisato gender test, come sostiene l'International Boxing Association, ente non riconosciuto dal Cio. La sua vicenda ha avuto un eco particolare In Italia dopo l’incontro con l'azzurra Angela Carini, ritiratasi dopo pochi secondi dal via del match.

“Sono una donna come tutte le altre”, disse Imane dopo aver vinto l’oro nella categoria 66 kg, “Ho fatto tante dichiarazioni: posso competere o no, sono una donna o no... Ho partecipato a pieno titolo a questa competizione, sono una donna come tutte le altre. Sono nata donna, ho vissuto da donna, ho gareggiato da donna: non ci sono dubbi. Chi dice il contrario osteggia il mio successo, sono nemici del successo. E questi attacchi danno un sapore speciale alla mia vittoria, la mia dignità e il mio onore sono salvi”. In finale Imane ha battuto la cinese Yang Liu con un verdetto unanime e, al suo rientro in Algeria, ha sfilato su un autobus scoperto a due piani, con migliaia di persone che si sono riversate in strada per celebrare il suo trionfo.

Biniam Girmay

L’1 luglio 2024 è stato un giorno storico per il ciclismo. La vittoria di Biniam Girmay nella terza tappa del Tour de France è stata anche la prima per un africano nero nella Grande Boucle. Girmay, alla fine, riuscirà a raccogliere ben tre tappe e a conquistare la maglia verde, quella dedicata ai velocisti, successi che si aggiungono alla vittoria in una frazione del Giro d’Italia e a quella nella Gand-Wevelgem.

“Vincere qui è incredibile, dedico questa vittoria a mio padre, a mia madre, a tutta la mia famiglia che mi ha sempre supportato. Da dove arrivo non è facile emergere e diventare un corridore professionista”, ha detto a caldo il 24enne della Intermarché-Wanty. In Eritrea, in effetti, non si vedono molte biciclette, e così Biniam inizia a giocare a calcio. A 12 anni però il padre, con qualche sacrificio, gli regala una mountain bike e lui sogna di seguire le orme di un altro corridore eritreo, Daniel Teklehaimanot, il primo africano a vestire, nel 2015, la maglia a pois del Tour de France.

“Let me open the door”, scrisse sui social Girmay dopo una vittoria al Tour, “Fatemi aprire la porta”. E queste parole trascendono la gara e abbracciano la politica applicata allo sport. Nel 2023 i corridori neri erano sei su 534, nel 2024, al Tour de France, c’era solo Biniam. La sua presenza è diventata una bandiera e un orgoglio per un continente intero, che il prossimo anno si prepara a ospitare i Mondiali di ciclismo. Il Ruanda mostrerà un ciclismo sempre più globalizzato, dove iniziano a emergere talenti da ogni continente, e in cui è Girmay, per una volta, a tirare la volata al resto del mondo.

Ruth Chepnegetich

Nel 2024 c’è anche chi, si può dire senza il rischio di cadere nell’esagerazione, ha superato i limiti umani. Ruth Chepnegetich ha firmato, lo scorso 13 ottobre, il nuovo record del mondo femminile di maratona. L’atleta keniota ha percorso 42,195 chilometri in 2 ore 09’56”, abbassando così di quasi due minuti, 1’57” ad essere precisi, primato stabilito nel 2023 dall’etiope Tigst Assefa. Il Kenya si è così confermato patria della maratona nel mondo, bissando il record maschile siglato da Kelvin Kiptum, scomparso lo scorso febbraio in un incidente stradale. Ed è proprio a lui che Chepnegetich ha voluto dedicare questo traguardo: “Questo record mondiale lo dedico a Kiptum perché forse avrebbe potuto difendere il suo titolo e raggiungere un altro record mondiale”.

Prima della grande gioia però, Ruth aveva assaporato anche l’amarezza della delusione. Il Kenya aveva infatti deciso di escluderla dalle convocate per le Olimpiadi di Parigi a causa dei limiti imposti dal Cio. Ogni Paese può infatti convocare un massimo di tre atleti per partecipare alle gare di maratona in base ai risultati maturati nel corso dell’anno, e fino a quel momento la stagione di Chepnegetich era stata al di sotto delle aspettative. Eppure Ruth in carriera si era già tolta grandi soddisfazioni, come la vittoria ai Mondiali di Doha del 2019. Il trionfo a Chicago, di gran lunga la sua corsa preferita visto che l’ha vinta già nel 2021 e 2022, ha avuto, insomma, il sapore della rivincita, con il 2024 che è destinato a rimanere un anno storico per la maratona.

Victor Wembanyama

Nella stagione Nba che ha incoronato i Boston Celtics, c’è un giocatore che ha stupito più degli altri. Victor Wembanyama è stato eletto a furor di popolo ‘rookie dell’anno’ dopo aver concluso un’annata da record, la sua prima nella massima serie di basket statunitense. Il francese, 20 anni e di ruolo centro, è attualmente il più alto cestista in attività (2,21 m) e di lui il compagno di squadra Sandro Mamukelashvili dice: “Per lui il limite non è il cielo. È un alieno”. Prima scelta del Draft 2023, ‘Wemby’ ha collezionato numeri eccezionali nella sua prima stagione in Nba, che alla fine è stata, statistiche alla mano, persino migliore di quella d’esordio di James, nel 2003. LeBron riuscì a fare meglio soltanto negli assist (6 contro 4) e nelle palle rubate (1,6 contro 1,2), per il resto Victor lo ha ‘battuto’ in tutto, dai punti fino alle stoppate e ai rimbalzi, peraltro giocando 10 minuti in meno del fuoriclasse dei Lakers.

Il confronto con uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi serve per comprendere l’impatto che Wembanyama ha avuto sull’Nba. Il francese ha giocato 71 partite su 82, in risposta a chi aveva dubbi sulla sua tenuta fisica: in media ha collezionato 21,4 punti, 10,6 rimbalzi, 3,9 assist, 3,6 stoppate (primo in questa statistica) e 1,2 palle rubate, a cui si aggiungono medie altissime al tiro (46,5% complessivo dal campo, 32,5 dall’arco e quasi 80 dalla lunetta). Soltanto Kareem Abdul-Jabbar era riuscito a collezionare numeri migliori in ogni categoria, nel lontano 1975-76. In una partita contro i Washington Wizards poi, Wembanyama è entrato ancor di più nella storia degli Spurs diventando il primo giocatore di sempre a realizzare 50 punti con 8 triple in una singola partita. “Il mio primo pensiero è che, alla fine, voglio che le mie future prestazioni oscurino questa partita. Voglio fare in modo che, con il tempo, questa diventi una partita come le altre”, ha detto Victor poco dopo la fine del match. Parole di chi, secondo molti, è destinato a dominare i parquet americani per i prossimi vent’anni.

(di Simone Cesarei)

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