Omicidio Giulia Cecchettin, dalla fuga di Filippo Turetta al processo: le tappe
I punti centrali del femminicidio della 22enne, laureanda in Ingegneria Biomedica, uccisa a coltellate dall'ex fidanzato reo confesso. Oggi il processo
La scomparsa. E' il pomeriggio dell'11 novembre 2023 quando Giulia Cecchettin, ventiduenne di Vigonovo, comune in provincia di Padova a pochi chilometri da Venezia, esce con l'ex fidanzato Filippo Turetta. I due studenti di Ingegneria Biomedica, la 22enne si sarebbe laureata cinque giorni dopo, trascorrono la serata al centro commerciale 'Nave de Vero' a Marghera. Fanno shopping e cenano, poi risalgono in auto, ma dei due si perdono le tracce. Il giorno dopo, Gino Cecchettin denuncia la scomparsa della figlia e iniziano gli appelli in televisione per trovarli. Il padre e i figli Elena e Davide non credono all'allontanamento volontario.
Il ritrovamento. Sabato 18 novembre, una settimana dopo la scomparsa, papà Gino smette di sperare: il corpo senza vita di Giulia viene trovato in una scarpata, vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone, a circa cento chilometri da casa. E' nascosta da dei sacchi neri, accanto ha il suo zaino e un libro illustrato per bambini, l'ultimo regalo per la giovane appassionata di fumetti. Le coltellate, 75 decreterà l’autopsia, raccontano la crudeltà contro la ventiduenne. Giulia Cecchettin è morta per lo shock emorragico provocato dal colpo alla testa e dalle ferite.
L'arresto. Dopo una settimana di fuga, poche ore dopo il ritrovamento del corpo senza vita dell'ex fidanzata, Filippo Turetta viene fermato in Germania. E' a bordo della sua auto, in un luogo dove la sosta è vietata. Il piano che lo ha portato ad attraversare il Veneto e il Trentino, a risalire l'Austria e a varcare il confine tedesco termina vicino Lipsia, a oltre mille chilometri da casa. Fa le prime ammissioni, poi dopo il rientro in Italia scortato su un volo che atterra a Venezia il 25 novembre, viene rinchiuso nel carcere veronese Montorio. Dietro le sbarre, nel primo interrogatorio confessa.
La confessione. Il primo dicembre Turetta ripercorre la doppia aggressione, prima in un parcheggio a 150 metri da casa Cecchettin, poi nella zona industriale di Fossò. "Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei" dice al pm di Venezia Andrea Petroni. "Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me". Prima di scendere dall'auto, il ragazzo afferra un coltello, quindi inizia a colpirla: lei urla, batte la testa a terra e lui la carica in macchina. Un uomo sente le urla e chiama i carabinieri, ma la Punto nera di Turetta ha già lasciato Vigonovo. Dopo quattro chilometri, la telecamera di una ditta inquadra alle 23.40 il tentativo di fuga dell’ex fidanzata.
"Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l'avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l'altro e l'ho rincorsa. Non so se l'ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Volevo colpirla al collo, alle spalle, sulla testa, sulla faccia e poi sulle braccia. (…) Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo. L'ultima coltellata che le ho dato era sull'occhio. Giulia era come se non ci fosse più. L'ho caricata sui sedili posteriori e siamo partiti". Poi, dopo mille chilometri, la resa. "Ho riacceso il telefono. Cercavo notizie che mi facessero stare abbastanza male da avere il coraggio per suicidarmi, ma ho letto che i miei genitori speravano di trovarmi ancora vivo e ciò ha avuto l'effetto opposto. Mi sono rassegnato a non suicidarmi più e a essere arrestato".
Il processo. Lunedì 23 settembre del 2024 davanti alla corte d'Assise di Venezia inizia il processo a Filippo Turetta che deve rispondere di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, legame affettivo passato e stalking, oltre che di occultamento di cadavere, porto d'armi e sequestro di persona. Rischia l'ergastolo in un processo non mediatico: ammessi venti giornalisti e solo le telecamere Rai in aula. I difensori Giovanni Caruso e Monica Cornaviera hanno rinunciano all’udienza preliminare, hanno anticipano che non chiederanno la perizia psichiatrica e hanno indicano un solo testimone. Una trentina, invece, i testi per l'accusa in un processo che ha poco da svelare dopo la confessione.
Cronaca
Aids, studio: in pazienti Hiv+ mai trattati molto efficace...
Risultati simili a terapia con 3 farmaci su soppressione virale in adulti con infezione in stadio avanzato
Il regime a 2 farmaci Dtg/3Tc (dolutegravir/lamivudina) ha ottenuto risultati simili alla terapia a 3 farmaci nella soppressione virale in una popolazione di adulti con Hiv in stadio avanzato. Sono i risultati a 48 settimane dello studio Dolce, sponsorizzato dalla Fundación Huésped e dalla Bahiana Foundation of Infectiology, diffusi da ViiV Healthcare, azienda globale specializzata nell'Hiv a maggioranza GlaxoSmithKline plc (Gsk), in partecipazione con Pfizer Inc. e Shionogi. Un'analisi post-hoc dello studio - riporta una nota - ha mostrato che Dtg/3Tc era non inferiore alla terapia a 3 farmaci, indipendentemente dalla carica virale basale del partecipante. Questi dati sono stati presentati al congresso internazionale Hiv Glasgow 2024, che si conclude oggi a Glasgow in Scozia.
"Sappiamo che l'assunzione di meno farmaci è un aspetto importante per molti nella comunità Hiv - osserva Harmony P. Garges, Chief Medical Officer di ViiV Healthcare - Questi nuovi dati continuano a rafforzare l'efficacia e la sicurezza di Dtg/3Tc, un regime a 2 farmaci. I risultati dello studio Dolce si aggiungono a un solido corpus di evidenze a sostegno dell'uso di Dtg/3Tc in adulti naïve, mai trattati, che vivono con Hiv e mostrano un'efficacia paragonabile a un regime a 3 farmaci anche in persone con bassa conta dei CD4 e alte cariche virali".
Dolce è uno studio multicentrico randomizzato, in aperto, che valuta l'efficacia e la sicurezza di Dtg/3Tc in 230 persone con Hiv in stadio avanzato (bassa conta dei CD4 [≤200 cellule/mL]) naïve al trattamento antiretrovirale (Art). Nello studio clinico, i partecipanti sono stati randomizzati in un rapporto 2:1 a ricevere Dtg/3Tc (n=152) o Dtg+Tdf/Xtc (n=77). Le caratteristiche basali dei partecipanti erano simili tra i due gruppi di trattamento e rappresentavano una popolazione di persone con grave immunosoppressione: il 43% aveva una conta CD4 al basale inferiore a 100 cellule/mL, il 61% una carica virale (VL) al basale superiore a 100.000 copie (c)/mL e il 23% aveva una VL al basale molto alta, superiore a 500.000 copie (c)/mL. L'endpoint primario dello studio era la percentuale di soggetti con VL <50 copie/ml alla settimana 48. Alla settimana 48 è stata osservata un'efficacia comparabile, con l'82% degli individui nel gruppo Dtg/3Tc e l'80% nel gruppo con regime a 3 farmaci che hanno raggiunto un VL<50. Inoltre, un'analisi post-hoc ha mostrato che Dtg/3Tc era non inferiore al regime a 3 farmaci nel raggiungere un VL<50.
"E' incoraggiante vedere ulteriori nuovi dati che continuano a supportare l'efficacia e la sicurezza dei regimi a 2 farmaci rispetto ai tradizionali regimi a 3 farmaci - sottolinea Pedro Cahn, direttore scientifico della Fundación Huésped e ricercatore dello studio Dolce - I risultati forniscono agli operatori sanitari una maggiore fiducia nella prescrizione di Dtg/3Tc e sono risultati importanti per le persone che vivono con l'Hiv che assumono farmaci per sopprimere il virus".
Un'analisi post-hoc ha riportato che Dtg/3Tc era non inferiore alla terapia a 3 farmaci (differenza di rischio aggiustata del 2,0%). Lo studio ha anche dimostrato che le misure secondarie di efficacia del declino della carica virale, del tempo alla soppressione virale e del recupero dei CD4 erano simili tra i bracci. L'efficacia per categorie di carica virale al basale è risultata simile in entrambi i bracci, compresi quelli con carica virale basale superiore a 500.000 copie, con il 74% nel braccio Dtg/3Tc e il 67% nel braccio Dtg+Tdf/Xtc che hanno ottenuto successo virologico. La variazione della conta mediana dei CD4 dal basale alla settimana 48 ha mostrato un aumento di 200 cellule/mL nel braccio Dtg/3Tc e un aumento di 177 cellule/mL nel braccio a triplice terapia. La sicurezza fino alla settimana 48 è stata paragonabile in entrambi i bracci e coerente con i profili di sicurezza noti e ha mostrato tassi simili di eventi avversi gravi (Sae) e sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria tra i bracci. Anche il tasso di interruzione in entrambi i bracci è stato simile (Dtg/3Tc = 12,8%; Dtg+Tdf/Xtc = 6,8%).
Cronaca
Roma: baby gang in azione a Trastevere con rapine e botte...
I cinque minori sono stati individuati e denunciati per rapina in concorso
Un gruppo di almeno cinque minori in azione come una vera e propria baby gang sabato scorso a Trastevere, nel cuore della Capitale. Il branco, girando nel quartiere nelle ore serali della movida, ha preso di mira diverse persone, tra turisti e giovani, che stavano trascorrendo la serata nella zona. I fatti sono stati segnalati agli agenti della polizia del commissariato Trastevere, che sono intervenuti immediatamente, riuscendo a ricostruire quanto accaduto, anche grazie a diversi video girati da residenti e commercianti, e a individuare cinque giovani, tutti minorenni. Sono stati denunciati per rapina in concorso e affidati ai genitori. E dopo i casi di sabato scorso arriva la stretta della questura di Roma che ha già predisposto specifici servizi mirati a contrastare la recrudescenza di questi episodi di criminalità giovanile. Oltre a questo tramite il commissariato, la questura sta provvedendo a convocare i minori, insieme ai genitori, per far comprendere loro la gravità delle azioni di cui si sono resi responsabili.
Ma ecco quanto accaduto sabato sera in uno dei più frequentati quartieri della movida: la prima segnalazione arriva da parte di alcuni turisti francesi, che si trovavano in piazza Santa Rufina. Poco prima delle 22.30 i minori si sono avvicinati a uno dei turisti chiedendogli i soldi, poi di fronte al suo rifiuto, lo hanno colpito con calci e pugni al volto. Un altro turista del gruppo è intervenuto in difesa dell'amico e anche lui è stato picchiato. Nel corso della colluttazione il primo turista è stato rapinato del cellulare. Qualcuno ha chiamato la polizia e sul posto sono arrivati gli agenti del commissariato Trastevere. Un testimone ha raccontato ai poliziotti che poco prima, in via dell'Arco di San Calisto, altre due persone erano state aggredite, dallo stesso gruppo di giovani.
Secondo quanto ha poi riferito una commerciante di Trastevere all'Adnkronos, quella sera nel quartiere, oltre a questi due casi, si sarebbero verificate altre due aggressioni, ad opera dello stesso gruppo. Una di queste sarebbe avvenuta in via di San Cosimato: vittime questa volta alcuni ragazzini italiani, minorenni. Poco più avanti, in via Luciano Manara invece, un minore dello stesso gruppo, ha colpito alla testa con un casco un altro ragazzo italiano che è stato trasportato al Bambino Gesù dove ha avuto cinque giorni di prognosi.
Cronaca
L’avvocato incinta: “Giudice impedisce il...
Federica Tartara: "Un atto discriminatorio". Alexandro Tirelli (Cpi): "Solidarietà alla collega"
A circa venti giorni dal parto, all'avvocato che difende due clienti accusati di appropriazione indebita impediscono di rinviare l'udienza al Tribunale di Venezia. La legale, che vive e lavora a Genova, ha così deciso di presentare un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura. "Mi mancano tre settimane al parto ma continuo a lavorare e finora non ho avuto alcun problema. Certo è che una trasferta a Venezia, che da Genova non è proprio dietro l'angolo, è controindicata nelle mie condizioni, anche perché non vorrei ritrovarmi a partorire sul treno", comincia così il racconto all'Adnkronos dell'avvocato e direttrice dell'Alta Scuola Estradizioni di Cpi Federica Tartara, quarantenne, già madre di un bambino, protagonista della vicenda in cui ravvisa "una grave violazione".
"Che si possa rinviare l'udienza lo dice la stessa giurisprudenza: secondo l’art. 420 ter comma 5 bis del codice di procedura penale 'è assolutamente incontestabile' il diritto del difensore in stato di gravidanza di ottenere un rinvio dell’udienza per legittimo impedimento nei 2 mesi antecedenti il parto e nei tre mesi successivi. Ma a me, il giudice, oltretutto donna anche più giovane di me, lo ha negato, dopo, peraltro, aver presentato tempestivamente il certificato medico attestante lo stato di gravidanza e la data presunta del parto. Tra l'altro, ricordo che il rinvio per legittimo impedimento del difensore sospende la prescrizione quindi non si sarebbe verificato alcun vulnus processuale", sottolinea l'avvocato Tartara che era stata contattata dall'accusata (insieme al marito) per un caso di appropriazione indebita il 4 novembre scorso perché rimasta sprovvista di difensore a pochi giorni dall'ultima udienza del processo fissata per il 12 novembre.
Tartara ha quindi immediatamente depositato la nomina e contestualmente l'istanza di rinvio secondo le norme previste. Al processo l'avvocato ha poi inviato un domiciliatario in loco per il dibattimento, nella stessa udienza la giudice ha comunque deciso di rigettare la richiesta di rinvio del difensore "sostenendo che vi fossero già stati troppo rinvii e che un legale che sa di non potersi assumere un incarico non deve assumerlo", riporta Tartara.
Al termine dell'udienza gli imputati, moglie e marito, vengono condannati a due anni di reclusione e ad un versamento di una provvisionale di 15.000 euro in favore della parte civile. "Se avessi ottenuto il rinvio avrei avuto anche più tempo per poter studiare gli atti - dice Tartara - Di fatto, gli assistiti sono stati privati di un’adeguata assistenza difensiva minando così i diritti fondamentali della difesa. Ma il punto non è questo, lascia basiti la decisione da parte di un magistrato che impedisce ad una professionista incinta ciò che è legittimo per legge. Un giudice che dovrebbe attenersi alla Costituzione, e invece qui siamo di fronte ad un atto discriminatorio non solo nei confronti delle donne ma anche delle libere professioniste". L'avvocato Tartara ha deciso così di presentare un esposto al Csm contro la giudice del Tribunale di Venezia "onde scongiurare che altri possano subire tali ingiustizie". E non è escluso che possa esserci un intervento anche da parte dell'Ordine degli avvocati di Genova e della Camera Penale Veneziana.
Intanto, l'avvocato Tartara incassa la solidarietà delle Camere penali del diritto europeo e internazionale. "Esprimiamo piena solidarietà alla collega Federica Tartara, direttrice dell’Alta Scuola Estradizioni di Cpi, e profonda preoccupazione per la deriva del sistema giudiziario italiano, in cui alcuni magistrati sembrano assumere un ruolo interpretativo eccessivo, mettendo a rischio l’equilibrio costituzionale - afferma all'Adnkronos l'avvocato Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale - Questo fenomeno, aggravato da un Parlamento indebolito e privo di una legge elettorale adeguata, richiede un urgente ripristino della separazione dei poteri e una riforma dell’immunità parlamentare, per evitare ingerenze indebite. Inoltre, condanniamo ogni attacco al diritto delle donne di conciliare la professione forense con il loro ruolo di madri e lavoratrici". (di Sibilla Bertollini)