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L’obesità infantile è un problema globale, ma non tutte le regioni del mondo sono colpite allo stesso modo. Gli Stati Uniti, in particolare, mostrano un legame profondo tra le disuguaglianze sociali ed economiche e la salute dei bambini. Un recente studio pubblicato su Jama Pediatrics mette in luce un aspetto critico di questa problematica: i bambini concepiti e cresciuti in quartieri a basso reddito e con scarso accesso a cibo di qualità hanno maggiori probabilità di soffrire di obesità, e il rischio aumenta con l’età.

Quartieri e obesità: il quadro della situazione

Secondo lo studio, che ha analizzato i dati di oltre 28.000 bambini, la residenza in quartieri a basso reddito e con un accesso limitato a cibi sani durante la gravidanza e i primi anni di vita è associata a un aumento del 50% della probabilità di sviluppare obesità. Tale rischio si estende dall’infanzia all’adolescenza e si manifesta anche con un indice di massa corporea (BMI) più elevato. I bambini che vivono in queste aree povere si trovano spesso in condizioni di “deserto alimentare”, dove il supermercato più vicino si trova a oltre 800 metri per chi vive in aree urbane o a più di 16 chilometri per chi risiede in zone rurali. Questo rende difficile l’acquisto di cibo fresco e di qualità, favorendo una dieta povera e squilibrata.

L’aspetto più preoccupante è che queste associazioni tra residenza in aree svantaggiate e rischio di obesità restano costanti anche quando vengono presi in considerazione altri fattori, come le caratteristiche prenatali dei bambini. In altre parole, non è solo la predisposizione genetica o l’ambiente familiare a determinare il rischio di obesità, ma anche le condizioni ambientali legate all’accesso al cibo sano.

Povertà alimentare

Le conseguenze della povertà alimentare si riflettono non solo negli Stati Uniti ma a livello globale. Secondo il Global Report on Food Crises 2024, nel 2023 quasi 282 milioni di persone nel mondo hanno vissuto in condizioni di insicurezza alimentare acuta. Questo significa che milioni di famiglie non sono in grado di accedere regolarmente a cibo nutriente e adeguato, aumentando il rischio di malnutrizione, sia in termini di carenza che di eccesso. Come riporta l’Unicef, 181 milioni di bambini sotto i cinque anni vivono in condizioni di povertà alimentare grave, con gravi ripercussioni sul loro sviluppo fisico e cognitivo.

In Italia, la situazione non è altrettanto drammatica ma resta preoccupante. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 19% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni sia in sovrappeso, mentre il 10% soffra di obesità, con un 2,6% che rientra nella categoria di obesità grave. Ciò che emerge chiaramente è che il legame tra povertà e obesità non è un fenomeno esclusivamente americano, ma una tendenza che si riscontra ovunque ci siano disuguaglianze sociali ed economiche.

Accesso al cibo e salute

Ma qual è il meccanismo che collega la residenza in aree povere con l’aumento del rischio di obesità? La risposta risiede nell’accesso limitato a cibi di qualità. In molti quartieri a basso reddito, le opzioni alimentari disponibili sono spesso costituite da alimenti trasformati, ricchi di zuccheri e grassi, ma poveri di nutrienti. Questi cibi, oltre a essere più economici, sono più facilmente reperibili nei piccoli negozi di quartiere, mentre l’accesso a frutta, verdura e proteine fresche è limitato.

La distanza dai supermercati, soprattutto nelle aree rurali, rende complicato l’acquisto di cibo sano, e le famiglie finiscono per optare per prodotti meno costosi e più calorici. Questa dieta squilibrata, unita a uno stile di vita sedentario, è uno dei principali fattori che contribuiscono all’aumento del BMI nei bambini che vivono in questi contesti.

I dati riportati nello studio mostrano chiaramente che i bambini esposti a un ambiente alimentare povero già durante la gravidanza hanno un rischio aumentato di soffrire di obesità nei primi anni di vita. L’impatto è visibile già a 5 anni, quando il BMI di questi bambini è significativamente più elevato rispetto ai coetanei che vivono in aree con migliori risorse alimentari. Il rischio si acuisce con il passare degli anni, tanto che, all’età di 15 anni, i ragazzi che vivono in quartieri poveri hanno quasi il doppio delle probabilità di essere obesi rispetto ai loro pari.

Investimenti per la salute: la soluzione è nei quartieri

Cosa si può fare per invertire questa tendenza? Izzuddin Aris, il ricercatore che ha guidato lo studio, propone una soluzione semplice ma efficace: investire nei quartieri più poveri per migliorare l’accesso a cibo sano. Aprire nuovi supermercati, incentivare la vendita di prodotti freschi e nutrienti nei negozi locali e promuovere programmi di educazione alimentare sono solo alcune delle misure che potrebbero avere un impatto significativo sulla salute dei bambini.

Questo approccio è supportato anche da studi precedenti, che hanno dimostrato come l’accesso a cibo di qualità possa ridurre il rischio di obesità fino all’80% nei bambini che vivono in quartieri svantaggiati. Investire nelle risorse alimentari non solo contribuirebbe a migliorare la dieta dei bambini, ma potrebbe anche avere un impatto positivo sulla salute generale delle comunità, riducendo il rischio di malattie croniche come il diabete e le patologie cardiovascolari.

Il legame tra povertà e obesità non è una novità, ma questo studio fornisce ulteriori prove dell’importanza di affrontare il problema da una prospettiva sistemica. Non si tratta solo di educare le famiglie a mangiare meglio, ma di creare le condizioni affinché possano farlo. Le disuguaglianze sociali ed economiche si riflettono sulla salute delle persone, e i bambini, con il loro organismo in crescita, sono i più vulnerabili a queste disparità.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Bonus Natale: 100 euro anche per “alcune coppie di fatto”

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Il Bonus Befana diventa Bonus Natale, ma le famiglie italiane hanno ancora qualche dubbio su chi riceverà i 100 euro in più nella busta paga della tredicesima. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha dichiarato che il Bonus 100 euro spetterà anche ad “alcune coppie di fatto”, aggiungendo che nella prossima circolare saranno spiegati tutti i dettagli.

La precisazione sulle coppie di fatto si è resa necessaria a fronte di una potenziale disparità di trattamento: dalla prima formulazione sembrava che il contributo avrebbe riguardato i single con figli (famiglie monogenitoriali), ma non le coppie di fatto con figli. Invece, ha chiarito Maurizio Leo, “Ci sono alcune coppie di fatto che possono usufruire del beneficio laddove c’è la cosiddetta mancanza del coniuge. Comunque ora si farà una circolare dove si chiarirà tutto”.

Ma quindi chi potrà accedere al Bonus 100 euro? Facciamo chiarezza.

Bonus Natale: i requisiti per accedere

Per accedere al Bonus saranno sempre necessari due requisiti, a prescindere dalla specificità del nucleo famigliare: il richiedente deve avere almeno un figlio a carico; il richiedente deve avere un reddito annuo entro i 28.000 euro.

Fissati i requisiti oggettivi, quelli soggettivi sono molto ampi perché la ratio della misura è aiutare qualsiasi genitore abbia un figlio (entro i 28.000 euro di reddito). Vi potranno accedere:

Famiglie dove il richiedente ha il coniuge e almeno un figlio a carico;
Richiedente separato con almeno un figlio a carico;
Nucleo monogenitoriale, solo in caso di vedovanza, oppure se il figlio è affidato a un solo genitore o se l’altro genitore non l’ha riconosciuto. In questo caso è necessario che il genitore affidatario non sia coniugato né in un’unione civile registrata (ma può convivere);
Coppie di fatto con il requisito della mancanza del coniuge.

La somma verrà corrisposta anche in caso di figli adottati.

Come accedere

Un altro punto poco chiaro è come accedere al Bonus 100 euro. Il viceministro Leo ha confermato che l’erogazione del Bonus Natale da 100 euro andrà richiesta direttamente al sostituto d’imposta (datore di lavoro), che lo includerà nella busta paga della tredicesima. Il lavoratore dovrà compilare una dichiarazione scritta dove inserirà anche il codice fiscale del figlio e (eventualmente) del coniuge. Sarà compito del sostituto di imposta verificare che il dipendente soddisfi tutti i requisiti per poterlo ricevere. Se, al momento del conguaglio, il lavoratore non risulta più idoneo a ricevere il Bonus, l’importo dovrà essere restituito.

Qualora non sia possibile erogare il bonus tramite il sostituto d’imposta, ad esempio per lavoratori che non ne abbiano uno, il contribuente avrà la possibilità di recuperare il beneficio tramite la dichiarazione dei redditi.

L’ultima precisazione riguarda i redditi delle persone a carico: figlio e coniuge a carico possono anche percepire redditi, purché restino nella soglia di 4.000 euro annui.

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La Russia vieta adozioni a chi cambia genere, multe per chi...

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Il Parlamento russo ha dato la sua prima approvazione a una legge che impedirebbe l’adozione di bambini russi a chi proviene da Paesi nei quali è consentito cambiare genere. “Sostenere i valori tradizionali”, questa è la motivazione dietro il sostegno alla legge.

Mentre Mosca affronta uno dei conflitti più complessi della Storia contemporanea, Putin si trova a dover affrontare anche altre sfide. La denatalità, ad esempio, è una di queste. Con un numero di cittadini che perde la vita ogni giorno perché coinvolti direttamente o indirettamente nella guerra, diverse sono le misure che il governo sta prendendo per invertire il trend. Una di queste è la multa a chi incoraggia a non avere figli.

“Vietato adottare bambini”

Mercoledì, la Duma, la camera bassa del Parlamento russo, ha votato – con 397 voti contro 1 – a favore del divieto di adozione di bambini russi all’estero. Il divieto, però, non vale per tutti, ma solo per quei Paesi nei quali è consentito cambiare genere per motivi legali o medici.

Già l’anno scorso Mosca ha introdotto il divieto di cambiare genere, nell’ambito di una sempre più ampia repressione dei diritti Lgbt. Diritti sempre più messi al bando in un momento in cui il presidente Putin è impegnato in una lotta con un Occidente “moralmente decadente”.

Con la votazione, si è dato il via alla prima delle tre letture, suggerendo che il divieto, già concettualmente approvato dal governo a stragrande maggioranza, diventerà legge a breve.

“Proteggere i valori tradizionali”

“Questa decisione mira a proteggere l’infanzia e i valori tradizionali”, ha affermato Vyacheslav Volodin, presidente della Duma, dopo la votazione. “È necessario proteggere i nostri bambini dai pericoli a cui potrebbero andare incontro se fossero adottati o affidati a cittadini di Paesi stranieri in cui è consentita la riassegnazione di genere”.

All’inizio di questo mese, in un’intervista ai media russi, Volodin ha affermato che l’Europa e gli Stati Uniti sono “malati” per aver consentito il cambiamento di genere, attaccando coloro “che ieri erano uomini e che oggi si definiscono donne”.

Da quando il Paese ha vietato l’adozione agli Stati Uniti, nel 2012, il numero di bambini russi che ha trovato famiglia all’estero è drasticamente diminuito. Nel 2023, secondo i dati ufficiali, solo sei bambini russi sono stati adottati da cittadini stranieri, come riporta l’agenzia di stampa Afp.

Secondo i dati governativi citati dai media russi, all’inizio dell’anno 358.000 bambini erano ospitati in case-famiglia. Ma c’è altro: a chi promuove il non aver figli, il governo russo ha “dedicato” delle sanzioni.

Russia senza figli? “Multe fino a 5 milioni di rubli”

Mentre l’adozione si è fermata, rischiando così di lasciare migliaia di bambini senza genitori, altrettanti genitori hanno deciso di non mettere più al mondo figli. Secondo i dati pubblicati dall’istituto statistico Rosstat, nella prima metà del 2024 in Russia sono nati 599.600 bambini, 16.000 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 e il numero più basso dal 1999. A giugno il numero di neonati è sceso del 6%, attestandosi a 98.600: è la prima volta che il numero scende sotto i 100.000.

La strategia. Perciò, è quella di promuovere la natalità. E chi va nella direzione opposta riceverà multe pesanti. È stato ancora una volta Vyacheslav Volodin a dichiarare che i parlamentari stanno esaminando una proposta di legge per vietare la propaganda su Internet, nei film, nella pubblicità e nei media che incoraggia il rifiuto di avere figli.

Putin, in diverse occasioni pubbliche, ha chiesto alle donne ad avere almeno tre figli per garantire il futuro della Russia, mentre Volodin accusa il “movimento senza figli” di svalutare la famiglia. Il risultato? Pagare fino a 5 milioni di rubli (quasi 50 mila euro) per le aziende e gli enti colpevoli di fare propaganda “senza figli”.

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Laboratorio gender di Roma Tre crea polemica, Mur: “Avviati...

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Un laboratorio di ricerca universitario sull’identità di genere dei minori. Tanto è bastato a innescare una polemica nazionale che ha coinvolto politici, istituzioni e associazioni, contro l’Università degli Studi Roma Tre. Si tratta di un corso che intende dialogare con i più giovani su come si identificano e con le loro famiglie per capire come affrontano eventuali problematiche rispetto all’identificazione in un genere diverso dal sesso biologico del proprio figlio.

A spiegarlo è stato proprio il rettore dell’ateneo romano, Massimiliano Fiorucci, secondo il quale, “l’Università è da sempre il luogo della ricerca libera e indipendente, senza pregiudizi e senza ideologismi”.

La polemica è nata in seguito all’iniziativa promossa per sabato 28 settembre, al Dipartimento di Scienze della Formazione di Roma Tre, ma contestualmente anche presso la Scuoletta Montessori di Torino e che, secondo l’ateneo, “altro non è che una delle fasi di un progetto, uno studio scientifico di natura qualitativa sul benessere di bambini/e e ragazzi/e con un’espressione e/o identità di genere non normativa clinicamente riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità”. La onlus Pro Vita & Famiglia, prima fra tutti, si è scagliata contro, indicendo una petizione nazionale affinché il corso non si facesse. E intanto, fonti del ministero dell’Università avrebbero avviato degli accertamenti sui fondi del corsi.

Ma andiamo con ordine.

Chissà come faranno adesso gli amici progressisti a dire che la “Teoria #Gender” non esiste?!?!?!

Il Laboratorio per “Bambin* trans e gender creative”, promosso dall’Università di Roma Tre, è la prova che l’ideologia gender non solo esiste ma si fa di tutto pur di applicarla a discapito anche dei più piccoli!

Qui la nostra petizione per chiedere al Rettore dell’Università di Roma Tre di annullare questo folle progetto
https://www.provitaefamiglia.it/petizione/giu-le-mani-dai-bambini-fermiamo-il-laboratorio-trans-per-minori-delluniversita-di-roma-tre-firma-ora

Firmala subito

Jacopo Coghe

Pubblicato da Pro Vita & Famiglia Onlus su Mercoledì 25 settembre 2024

Il laboratorio gender Roma Tre

Nella nota universitaria, si parla di un “progetto avviato dall’Università Roma Tre, in collaborazione con altre sedi universitarie”, che “non ha ricevuto finanziamenti ed è stato approvato dalla Commissione Etica di Ateneo, che ha verificato che nella ricerca i partecipanti siano tutelati e che siano rispettati i criteri di correttezza scientifica”.

L’obiettivo? “Quello di ampliare la conoscenza rispetto al vissuto delle giovani persone con identità di genere non normativa, indagando in particolare i significati da loro attribuiti all’esperienza di rottura con la norma sociale in termini di genere e i fattori sociali che, dal punto di vista delle persone direttamente coinvolte, possono mitigare o aumentare le esperienze di discriminazione e di mancato riconoscimento affrontate”. E ha chiarito: “Non è un laboratorio aperto al pubblico ma una sessione di ricerca a cui prendono parte persone che hanno aderito al progetto con il consenso e la presenza dei loro genitori”.

Il progetto vuole essere pioniere nella discussione che riguarda la diversità e l’identità di genere nei minori, “un’opportunità – secondo l’ateneo – per colmare le lacune nella comprensione e nel sostegno a bambini e ragazzi gender diverse, promuovendo la creazione di ambienti inclusivi e aumentando il loro riconoscimento sociale”.

La polemica

Il laboratorio “Bambin* trans e gender creative” organizzato dall’Università Roma Tre ha suscitato un acceso dibattito tra le autorità politiche e le istituzioni, con dichiarazioni fortemente critiche. Chiara Iannarelli (FdI), consigliere regionale del Lazio, ha affermato: “I bambini trans, semplicemente, non esistono: la fine dello sviluppo cognitivo e sessuale avviene intorno ai vent’anni. Nessuno studio al mondo supporta la teoria che siano possibili cristallizzazioni di questo tipo in bambini piccoli.”

Giuseppe Schiboni, assessore al Lavoro, alla Scuola, alla Formazione, alla Ricerca e al Merito della Regione Lazio, ha espresso il suo “sconcerto rispetto all’iniziativa”, sottolineando che “parlare a bimbi così piccoli… significa non rispettare la loro crescita e il loro sviluppo naturale”.

Anche Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati, ha condannato l’iniziativa, affermando: “Il laboratorio… è un colpo ferale alla libertà dei minori di crescere senza condizionamenti”. E il deputato Antonio Baldelli (FdI) ha parlato di “indottrinamento della teoria gender ai danni dei nostri giovani e giovanissimi”.

Ma l’attacco più duro è arrivato da Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus: “Siamo allibiti dalle parole usate dal Rettore dell’Università di Roma Tre, Massimiliano Fiorucci, per difendere il ‘laboratorio per bambin* trans’ promosso da attivisti politici delle associazioni Lgbtqia+ con l’approvazione del Comitato Etico dell’Ateneo”.

“Secondo Fiorucci – ha aggiunto Brandi – il laboratorio deve proseguire perché ‘la ricerca è chiamata a esplorare territori di confine, lungo i quali non sono consolidate conoscenze adeguate; ciò costituisce un preliminare necessario alla formulazione di ogni tesi e di ogni giudizio’. In altre parole, il Rettore di Roma Tre sta ammettendo che l’iniziativa in questione è una vera e propria forma di sperimentazione al di fuori di un contesto scientifico condiviso, ma dimentica che le ‘cavie’ in questione sono bambini dai 5 anni, e che il progetto investe direttamente la loro identità sessuale, tanto che gli ideatori hanno usato l’aberrante espressione di ‘bambini trans’ nella stessa locandina del laboratorio”.

“Le dichiarazioni del Rettore – ha poi concluso il presidente di Pro Vita & Famiglia – sono tanto più sconcertanti considerando che Fiorucci è stato fino a due anni fa Presidente Nazionale della Società Italiana di Pedagogia, di cui oggi è ancora consigliere nel Direttivo: proprio da lui ci saremmo aspettati maggior giudizio, prudenza e scientificità su un progetto di matrice ideologica che pretende di affibbiare a bambini e bambine etichette politiche totalmente inadeguate alla loro crescita e alla loro formazione. Pertanto, continuiamo a chiedere all’Università di Roma Tre l’immediata sospensione del laboratorio e al Ministro dell’Università Anna Maria Bernini di approfondire nel dettaglio se il progetto in questione è coerente con i requisiti del bando a cui si riferisce, apprezzando le interrogazioni già formalizzate in tal senso da parlamentari come Gasparri, Rampelli, Mennuni e Sasso”.

“L’obiettivo della ricerca – ha concluso il Rettore, Massimiliano Fiorucci – è quello di comprendere meglio il loro vissuto emotivo e come si relazionano nel contesto familiare e scolastico, con l’intento di salvaguardare i diritti dei minori. I territori poco noti possono spaventare anche se la reazione che si è scatenata sembra quella di una caccia alle streghe”.

Fonti Mur: “Accertamento in corso su laboratorio gender”

“È già in corso da parte degli uffici del Mur un accertamento, che si concluderà in tempi brevissimi, sulla congruità della realizzazione del progetto rispetto al bando. In caso contrario, i fondi assegnati potranno essere revocati“. Lo riferiscono fonti del ministero dell’Università e della Ricerca in merito al laboratorio.

Sul progetto, sempre secondo quanto riferiscono fonti del ministero, la ministra Anna Maria Bernini, ha dato mandato agli uffici del ministero di contattare l’Università Roma Tre allo scopo di acquisire, in tempi rapidi, informazioni circa il laboratorio per ‘Bambin* trans e gender creative’.

In particolare, la ministra Bernini ha chiesto di verificare se il progetto corrisponda ai requisiti previsti dal bando che ha consentito all’Università di accedere a fondi pubblici.

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