Israele, Onu: “In Libano è l’inferno”. Usa e Francia chiedono cessate il fuoco di 21 giorni
Idf: ucciso comandante divisione aerea Hezbollah in raid su Beirut. Usa, Francia e altri Paesi alleati chiedono cessate il fuoco. Allarme dell'Onu: Paese dei cedri "sull'orlo del baratro"
Israele non si ferma, gli attacchi in Libano continuano. Il premier Benjamin Netanyahu oggi 26 settembre smentisce le indiscrezioni secondo cui avrebbe dato il via libera ad una tregua, seppure con condizioni, e a una riduzione dei combattimenti in Libano.
"La notizia del cessate il fuoco non è vera. Si tratta di una proposta franco-americana, alla quale il primo ministro non ha nemmeno risposto. Anche le notizie sulla presunta direttiva per moderare i combattimenti nel nord sono il contrario della verità. Il primo ministro ha incaricato le Idf di continuare i combattimenti con tutta la forza e secondo i piani presentatigli", si legge in una nota dell'ufficio del primo ministro. "Inoltre - conclude la nota - i combattimenti a Gaza continueranno finché tutti gli obiettivi della guerra non saranno raggiunti".
Anche il ministro degli Esteri israeliano ha confermato che non ci sarà "alcun cessate il fuoco" al confine libanese. "Continueremo a combattere con tutte le nostre forze contro l'organizzazione terroristica Hezbollah fino alla vittoria e al ritorno sicuro degli abitanti del nord nelle loro case", ha promesso Israel Katz in un post sul social X.
Usa, Francia e altri Paesi alleati chiedono cessate il fuoco
La proposta franco-americana a cui fa riferimento Netanyahu è contenuta in una dichiarazione congiunta rilasciata dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e dal suo omologo francese Emmanuel Macron dopo un'intensa campagna di bombardamenti durata tre giorni in cui sono morte più di 600 persone: "È tempo di un accordo sul confine tra Israele e Libano che garantisca sicurezza e protezione per consentire ai civili di tornare alle loro case. Lo scambio di fuoco dal 7 ottobre, e in particolare nelle ultime due settimane, minaccia un conflitto molto più ampio e danni ai civili".
Nuovi raid
Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno annunciato di aver condotto un attacco mirato a Beirut nel quale è stato eliminato il comandante della divisione aerea di Hezbollah, responsabile anche dei droni dell'organizzazione sciita, in un raid condotto alcune ore fa sulla periferia meridionale di Beirut. Lo riporta l'emittente Kan.
Nella notte l'Idf ha colpito circa 75 obiettivi di Hezbollah, con i caccia dell'aeronautica militare che hanno preso di mira, nella valle della Bekaa e nel Libano meridionale, depositi di armi, lanciarazzi diretti contro Israele, edifici militari, terroristi e infrastrutture di Hezbollah.
Almeno 26 persone sono morte, ha riferito il ministero della Sanità libanese, spiegando che 20 persone sono state uccise a Younine , nel nord-est del Libano, tra cui 19 siriani. Inoltre tre sono stati uccisi nelle città del distretto di Tiro, mentre a Qana, nel Libano meridionale, si registra una vittima. Due persone, infine, sono state uccise a Cadmo.
Governo diviso su tregua
Gli esponenti di destra del governo israeliano hanno sollecitato pubblicamente Netanyahu a non accettare nessuna tregua, affermando che ciò non avrebbe alcuna giustificazione morale e servirebbe solo a consentire a Hezbollah di riorganizzarsi dopo la serie di colpi ricevuti.
Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha twittato che "la campagna nel nord dovrebbe concludersi con uno scenario: schiacciare Hezbollah, impedendo la sua capacità di danneggiare i residenti del nord. Non bisogna dare al nemico il tempo di riprendersi dai duri colpi ricevuti e di riorganizzarsi per la continuazione della guerra dopo 21 giorni".
Di diverso avviso il leader dell'opposizione israeliana, Yair Lapid, secondo il quale Israele dovrebbe accogliere l'appello franco-americano. "Lo Stato di Israele dovrebbe annunciare questa mattina che accetta la proposta di cessate il fuoco Biden-Macron, ma solo per 7 giorni, per non consentire a Hezbollah di ripristinare la catena di comando e controllo. Non accetteremo alcuna proposta che non includa la rimozione di Hezbollah dal nostro confine settentrionale", si legge sull'account X di Lapid.
"Qualsiasi proposta avanzata dovrà consentire ai residenti del Nord di ritornare immediatamente sani e salvi nelle loro case e portare alla ripresa delle trattative per l'accordo sugli ostaggi. Qualsiasi violazione, anche la più lieve, del cessate il fuoco porterà Israele ad attaccare nuovamente con tutta la sua forza e in tutte le zone del Libano".
Hezbollah: razzo lanciato ieri ha testata 500 kg e gittata 190 km
Il missile balistico lanciato ieri da Hezbollah verso il centro di Israele trasportava una testata da 500 chilogrammi. Lo ha dichiarato il gruppo islamista in un breve video in cui vanta le capacità del 'Qader-1', aggiungendo che ha una gittata di 190 chilometri.
Il missile è stato intercettato dal sistema di difesa aerea a medio raggio David's Sling di Israele e non ha causato danni o feriti. Hezbollah ha affermato di aver preso di mira il quartier generale del Mossad nei pressi di Herzliya, nel distretto di Tel Aviv.
Gaza, almeno 41.534 morti e oltre 96mila feriti da inizio guerra
E' salito ad almeno 41.534 il numero dei palestinesi uccisi dall'inizio della guerra nella Striscia di Gaza lo scoro 7 ottobre, mentre sono 96.092 le persone rimaste ferite. Lo rende noto il ministero della Sanità della Striscia di Gaza spiegando che solo nelle ultime 24 ore si contano 39 morti e 86 feriti.
Almeno 15 persone sono morte in un raid aereo sulla scuola Hafsa al-Faluja nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia. Lo riferisce l'agenzia di stampa Wafa spiegando che tra le vittime si contano donne e bambini. Nel raid sono rimaste ferite decine di persone, tra cui alcune in modo grave, riferiscono i soccorritori mentre si scava sotto le macerie.
Esteri
Netanyahu: “La verità è che Israele vuole la...
Il premier israeliano all'Assemblea generale dell'Onu: "All'Iran dico che se ci attaccate noi risponderemo". Molte delle delegazioni presenti hanno lasciato l'aula mentre parlava
"Ho deciso di venire per dire la verità, parlare per il mio popolo, il mio Paese e la verità, e la verità è che Israele vuole la pace, ha fatto la pace e la farà". Così Benjamin Netanyahu in apertura del suo discorso all'Assemblea Generale dell'Onu affermando che non intendeva quest'anno andare a New York perché "il mio paese è in guerra, sta combattendo per la vita", ma di aver deciso di venire "dopo aver sentito le bugie e le falsità dette sul mio Paese da questo podio".
"All'Iran dico che se ci attaccate noi risponderemo, Israele sta vincendo", ha detto ancora.
Molte delle delegazioni presenti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno lasciato l'aula in segno di protesta quando è entrato il primo ministro israeliano. Il discorso di Netanyahu si è aperto con molti fischi e, successivamente, sono arrivati gli applausi delle persone che sono rimaste ad ascoltarlo.
Esteri
Trump incontra Zelensky, tra insofferenze per aiuti e...
Un annuncio arrivato a sorpresa dopo che fonti della campagna repubblicana l'avevano escluso
Poco dopo gli incontri alla Casa Bianca di Volodymyr Zelensky con Joe Biden e Kamala Harris, Donald Trump ha annunciato che oggi avrebbe visto il presidente ucraino alla Trump Tower a New York. Un annuncio arrivato a sorpresa dopo che fonti della campagna repubblicana l'avevano escluso, facendo riferimento anche all'irritazione del tycoon per la tappa, di Zelensky in Pennsylvania, considerata da molti repubblicani un inaccettabile spot elettorale per i dem.
L'insofferenza di Trump per gli aiuti Usa all'Ucraina
Un incontro era apparso improbabile soprattutto dopo che in comizio nei giorni scorsi in Georgia, Trump si era scagliato contro "la guerra in Ucraina in cui ci hanno ficcati Biden e Kamala". "Siamo incastrati in questa guerra se io non divento presidente, dobbiamo uscire, io lo farò, io negozierò", ha detto ancora il tycoon che poi è passato ad attaccare Zelensky. "Ogni volta che viene negli Usa se ne va con 100 miliardi, vi giuro che è il miglior venditore della storia", ha affermato l'ex presidente.
Ma ieri notte Trump ha detto che "non vedo l'ora di incontrare" il presidente ucraino. "Vedremo, credo che sarò in disaccordo con lui, ma lui non mi conosce: sono in disaccordo con lui, ma gli dirò che credo di poter fare un accordo tra il presidente Putin e il presidente Zelensky".
E su questo fronte è arrivato l'attacco preventivo di Harris che ieri, durante le dichiarazioni pubbliche che ha fatto con Zelensky, ha attaccato "chi nel mio Paese vorrebbe costringere l'Ucraina a cedere grandi fette del territorio nazionale, imporle di accettare la neutralità e rinunciare a relazioni di sicurezza con altri Paesi". La vice presidente ha fatto notare che queste "sono le stesse richieste di Putin e non rappresentano un piano di pace, ma una resa pericolosa e inaccettabile".
I fantasmi del Kievgate
Ma oltre all'insofferenza per gli aiuti Usa a Kiev, nell'atteggiamento del tycoon nei confronti di Zelensky potrebbero avere un peso anche i fantasmi del Kievgate, dal momento che il presidente ucraino è stato al centro della vicenda che portò al primo processo di impeachment dei Trump.
L'ultimo incontro tra i due risale a cinque anni fa, quando Trump incontrò Zelensky, a margine dei lavori dell'Assemblea Generale, mentre a Washington i democratici indagavano sul fatto che Trump aveva bloccato un pacchetto di aiuti militari e negato una visita alla Casa Bianca all'allora appena insediato presidente ucraino, fino all'avvio da parte di Kiev di un'inchiesta sulle presunte attività illecite di Joe Biden in Ucraina, tramite gli affari del figlio Hunter.
Trump alla fine fu messo sotto impeachment, e il presidente ucraino dovette aspettare l'insediamento di Biden per essere ricevuto alla Casa Bianca nel settembre, poco prima che la Russia iniziasse ad ammassare le truppe sul confine per preparare l'invasione di febbraio. In un comizio di due giorni fa, Trump ha accusato Zelensky di aver "rifiutato un accordo" con la Russia, addossando quindi a lui la responsabilità della continuazione della guerra.
"Non c'era un accordo che poteva fare che non sarebbe stato migliore della situazione in cui si trova adesso - ha detto parlando in North Carolina - ora ha un Paese che è stato obliterato, che non è possibile ricostruire".
Esteri
Bielorussia, Lukashenko: “Se Nato ci attacca useremo...
Il presidente bielorusso: "Non appena ci attaccheranno, useremo armi nucleari e la Russia sarà con noi"
Il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, ha detto che un attacco della Nato contro il suo Paese attiverebbe la nuova dottrina nucleare della Russia, approvata questa settimana da Vladimir Putin. "Non appena ci attaccheranno, useremo armi nucleari e la Russia sarà con noi", ha affermato Lukashenko durante un incontro con gli studenti a Minsk, come riferisce l'agenzia di stampa statale Belta.
Lukashenko ha ringraziato il presidente Putin per la recente modifica della dottrina nucleare russa e ha detto che "americani e polacchi" stanno già facendo manovre al confine. Ieri, il Cremlino ha avvertito che la nuova dottrina nucleare è un "segnale definitivo" ai Paesi occidentali per dissuaderli da qualsiasi tentativo di dirigere i loro obiettivi verso la Russia e i suoi alleati.
La dottrina nucleare
Due giorni fa Putin, citato dalla Tass, durante una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale dedicata alla deterrenza nucleare, ha affermato che la Russia si riserva il diritto di utilizzare armi nucleari in caso di aggressione contro la Federazione Russa e la Bielorussia, “anche nel caso in cui il nemico, utilizzando armi convenzionali, crei una minaccia critica alla nostra sovranità”.
"Si propone che l'aggressione alla Russia da parte di qualsiasi Stato non nucleare, ma con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare, sia considerata come un attacco congiunto alla Federazione Russa”, ha detto Putin, parlando delle modifiche alla dottrina nucleare e sottolineando che "le condizioni per il passaggio della Russia all'uso di armi nucleari sono chiaramente stabilite”. Secondo il presidente russo, Mosca potrebbe prenderne in considerazione il ricorso se rilevasse l'inizio di un lancio massiccio di missili, aerei o droni contro la Federazione.
Le modifiche alla dottrina nucleare in Russia consentiranno al Paese di diventare "più flessibile ed efficace", ha affermato il presidente della Commissione difesa della Duma, Andrey Kartapolov, una delle tante voci dell'establishment politico a Mosca che in questi mesi ha rilanciato la minaccia nucleare in modo tale da mantenere l'alone di incertezza e ambiguità sul ricorso ad armi nucleari, ambiguità che apre la strada a interrogativi e dibattito in Occidente. "I cambiamenti sono stati apportati per garantire che la dottrina corrisponda alla realtà di oggi", ha ribadito Kartapolov.
Qualcuno si è preso la briga di calcolare: dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina allo scorso giugno, lo spettro del nucleare è stato evocato da personalità in Russia 74 volte. E' chiara l'accelerazione: dal 1999 sono state 95 in totale.