Pedofilia, Papa Francesco: “Vergogna per abusi della Chiesa, mai più”
Il Pontefice affronta la piaga degli abusi sui minori nel discorso in Belgio: "Perdono"
Il Papa, in Belgio, Paese squassato negli anni passati da casi di abusi sessuali della Chiesa, parlando alle autorità e alla società civile affronta la piaga in un passaggio del suo discorso: “Penso alle drammatiche vicende degli abusi sui minori, alla quale si è riferito il Re e anche il primo ministro, una piaga che la Chiesa sta affrontando con decisione e fermezza, ascoltando e accompagnando le persone ferite e attuando in tutto il mondo un capillare programma di prevenzione”, dice.
“Questa è la vergogna che oggi tutti noi dobbiamo prendere in mano e risolvere il problema. Perdono per gli abusi. Noi pensiamo al tempo dei santi innocenti al tempo di Erode, ma oggi nella stessa Chiesa c’è questo crimine. La Chiesa deve chiedere perdono, risolvere e che non succeda più. Se uno solo è sufficiente per chiedere perdono. Questa è la nostra vergogna e umiliazione".
“In questa perenne coesistenza di luce e ombra vive la Chiesa, con esiti spesso di grande generosità e splendida dedizione, e a volte purtroppo con l’emergere di dolorose contro-testimonianze. La Chiesa e’ santa e peccatrice”, dice.
Premier Belgio: "Chiesa ascolti vittime, hanno diritto a verità"
“Quando qualcosa va storto, non possiamo accettare che la cosa venga messa a tacere, perché questo danneggia il prezioso lavoro di tutti. Oggi le parole non bastano più. Servono misure concrete. Le vittime devono essere ascoltate, devono essere al centro. Hanno diritto alla verità. Le atrocità devono essere riconosciute. E giustizia va fatta”, ha detto stamani, durante il ricevimento al castello di Laeken, nella zona nord di Bruxelles, il premier belga Alexander De Croo, alla presenza di papa Francesco e della famiglia reale, riporta Le Soir.
Il riferimento del primo ministro è sia agli abusi sessuali commessi da sacerdoti nei confronti di minori sia allo scandalo rivelato dalla testata fiamminga Het Laatste Nieuws nel 2014: associazioni legate alla Chiesa belga avrebbe sottratto decine di migliaia di bambini (circa 30mila) alle rispettive madri, ragazze non sposate, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino agli anni Ottanta, per venderli a famiglie adottive in Belgio. La distruzione dei documenti ha reso molto difficile per le vittime risalire ai veri genitori.
"Non possiamo ignorare - ha aggiunto De Croo - le ferite dolorose che esistono all’interno della comunità cattolica e della società in generale. I numerosi casi di violenza sessuale e di adozioni forzate hanno gravemente danneggiato la fiducia. Non è solo un obbligo morale, ma è anche un passo necessario per riconquistare la fiducia. La dignità umana deve avere la precedenza sugli interessi dell’istituzione”, ha invocato. E ha concluso: "Per poter guardare nuovamente al futuro, la Chiesa deve accettare il suo passato".
Re Filippo: "Chiesa Belgio continui sforzi per riparare irreparabile"
I bambini vittime di abusi sessuali ad opera di sacerdoti della Chiesa cattolica in Belgio "sono rimasti orribilmente feriti, segnati per tutta la vita. La stessa cosa vale per le vittime delle adozioni forzate. C'è voluto così tanto tempo prima che le loro grida fossero ascoltate e riconosciute. C’è voluto così tanto tempo per cercare modi per 'riparare' l’irreparabile", le parole del re dei Belgi Filippo, ricevendo stamani papa Francesco, riporta ancora Le Soir.
Il sovrano ha incoraggiato la Chiesa del Belgio a proseguire “risolutamente” negli sforzi intrapresi, “senza sosta”. Il monarca ha parlato della "tragedia indicibile degli abusi sessuali commessi all'interno dell'istituzione ecclesiale. Santissimo padre - ha concluso - lei ha intrapreso azioni concrete per lottare contro questa abominevole violenza”.
Esteri
Netanyahu: “La verità è che Israele vuole la...
Il premier israeliano all'Assemblea generale dell'Onu: "All'Iran dico che se ci attaccate noi risponderemo". Molte delle delegazioni presenti hanno lasciato l'aula mentre parlava
"Ho deciso di venire per dire la verità, parlare per il mio popolo, il mio Paese e la verità, e la verità è che Israele vuole la pace, ha fatto la pace e la farà". Così Benjamin Netanyahu in apertura del suo discorso all'Assemblea Generale dell'Onu affermando che non intendeva quest'anno andare a New York perché "il mio paese è in guerra, sta combattendo per la vita", ma di aver deciso di venire "dopo aver sentito le bugie e le falsità dette sul mio Paese da questo podio".
"All'Iran dico che se ci attaccate noi risponderemo, Israele sta vincendo", ha detto ancora.
Molte delle delegazioni presenti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno lasciato l'aula in segno di protesta quando è entrato il primo ministro israeliano. Il discorso di Netanyahu si è aperto con molti fischi e, successivamente, sono arrivati gli applausi delle persone che sono rimaste ad ascoltarlo.
Esteri
Trump incontra Zelensky, tra insofferenze per aiuti e...
Un annuncio arrivato a sorpresa dopo che fonti della campagna repubblicana l'avevano escluso
Poco dopo gli incontri alla Casa Bianca di Volodymyr Zelensky con Joe Biden e Kamala Harris, Donald Trump ha annunciato che oggi avrebbe visto il presidente ucraino alla Trump Tower a New York. Un annuncio arrivato a sorpresa dopo che fonti della campagna repubblicana l'avevano escluso, facendo riferimento anche all'irritazione del tycoon per la tappa, di Zelensky in Pennsylvania, considerata da molti repubblicani un inaccettabile spot elettorale per i dem.
L'insofferenza di Trump per gli aiuti Usa all'Ucraina
Un incontro era apparso improbabile soprattutto dopo che in comizio nei giorni scorsi in Georgia, Trump si era scagliato contro "la guerra in Ucraina in cui ci hanno ficcati Biden e Kamala". "Siamo incastrati in questa guerra se io non divento presidente, dobbiamo uscire, io lo farò, io negozierò", ha detto ancora il tycoon che poi è passato ad attaccare Zelensky. "Ogni volta che viene negli Usa se ne va con 100 miliardi, vi giuro che è il miglior venditore della storia", ha affermato l'ex presidente.
Ma ieri notte Trump ha detto che "non vedo l'ora di incontrare" il presidente ucraino. "Vedremo, credo che sarò in disaccordo con lui, ma lui non mi conosce: sono in disaccordo con lui, ma gli dirò che credo di poter fare un accordo tra il presidente Putin e il presidente Zelensky".
E su questo fronte è arrivato l'attacco preventivo di Harris che ieri, durante le dichiarazioni pubbliche che ha fatto con Zelensky, ha attaccato "chi nel mio Paese vorrebbe costringere l'Ucraina a cedere grandi fette del territorio nazionale, imporle di accettare la neutralità e rinunciare a relazioni di sicurezza con altri Paesi". La vice presidente ha fatto notare che queste "sono le stesse richieste di Putin e non rappresentano un piano di pace, ma una resa pericolosa e inaccettabile".
I fantasmi del Kievgate
Ma oltre all'insofferenza per gli aiuti Usa a Kiev, nell'atteggiamento del tycoon nei confronti di Zelensky potrebbero avere un peso anche i fantasmi del Kievgate, dal momento che il presidente ucraino è stato al centro della vicenda che portò al primo processo di impeachment dei Trump.
L'ultimo incontro tra i due risale a cinque anni fa, quando Trump incontrò Zelensky, a margine dei lavori dell'Assemblea Generale, mentre a Washington i democratici indagavano sul fatto che Trump aveva bloccato un pacchetto di aiuti militari e negato una visita alla Casa Bianca all'allora appena insediato presidente ucraino, fino all'avvio da parte di Kiev di un'inchiesta sulle presunte attività illecite di Joe Biden in Ucraina, tramite gli affari del figlio Hunter.
Trump alla fine fu messo sotto impeachment, e il presidente ucraino dovette aspettare l'insediamento di Biden per essere ricevuto alla Casa Bianca nel settembre, poco prima che la Russia iniziasse ad ammassare le truppe sul confine per preparare l'invasione di febbraio. In un comizio di due giorni fa, Trump ha accusato Zelensky di aver "rifiutato un accordo" con la Russia, addossando quindi a lui la responsabilità della continuazione della guerra.
"Non c'era un accordo che poteva fare che non sarebbe stato migliore della situazione in cui si trova adesso - ha detto parlando in North Carolina - ora ha un Paese che è stato obliterato, che non è possibile ricostruire".
Esteri
Bielorussia, Lukashenko: “Se Nato ci attacca useremo...
Il presidente bielorusso: "Non appena ci attaccheranno, useremo armi nucleari e la Russia sarà con noi"
Il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, ha detto che un attacco della Nato contro il suo Paese attiverebbe la nuova dottrina nucleare della Russia, approvata questa settimana da Vladimir Putin. "Non appena ci attaccheranno, useremo armi nucleari e la Russia sarà con noi", ha affermato Lukashenko durante un incontro con gli studenti a Minsk, come riferisce l'agenzia di stampa statale Belta.
Lukashenko ha ringraziato il presidente Putin per la recente modifica della dottrina nucleare russa e ha detto che "americani e polacchi" stanno già facendo manovre al confine. Ieri, il Cremlino ha avvertito che la nuova dottrina nucleare è un "segnale definitivo" ai Paesi occidentali per dissuaderli da qualsiasi tentativo di dirigere i loro obiettivi verso la Russia e i suoi alleati.
La dottrina nucleare
Due giorni fa Putin, citato dalla Tass, durante una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale dedicata alla deterrenza nucleare, ha affermato che la Russia si riserva il diritto di utilizzare armi nucleari in caso di aggressione contro la Federazione Russa e la Bielorussia, “anche nel caso in cui il nemico, utilizzando armi convenzionali, crei una minaccia critica alla nostra sovranità”.
"Si propone che l'aggressione alla Russia da parte di qualsiasi Stato non nucleare, ma con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare, sia considerata come un attacco congiunto alla Federazione Russa”, ha detto Putin, parlando delle modifiche alla dottrina nucleare e sottolineando che "le condizioni per il passaggio della Russia all'uso di armi nucleari sono chiaramente stabilite”. Secondo il presidente russo, Mosca potrebbe prenderne in considerazione il ricorso se rilevasse l'inizio di un lancio massiccio di missili, aerei o droni contro la Federazione.
Le modifiche alla dottrina nucleare in Russia consentiranno al Paese di diventare "più flessibile ed efficace", ha affermato il presidente della Commissione difesa della Duma, Andrey Kartapolov, una delle tante voci dell'establishment politico a Mosca che in questi mesi ha rilanciato la minaccia nucleare in modo tale da mantenere l'alone di incertezza e ambiguità sul ricorso ad armi nucleari, ambiguità che apre la strada a interrogativi e dibattito in Occidente. "I cambiamenti sono stati apportati per garantire che la dottrina corrisponda alla realtà di oggi", ha ribadito Kartapolov.
Qualcuno si è preso la briga di calcolare: dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina allo scorso giugno, lo spettro del nucleare è stato evocato da personalità in Russia 74 volte. E' chiara l'accelerazione: dal 1999 sono state 95 in totale.