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Cybersicurezza, è allarme dark web: da droga a malware a dati rubati, cresce mercato illegale

I dati del report di Tinexta Cyber in esclusiva per Adnkronos svelano economia dell’illegale online

(Fotogramma)

Il mondo digitale è ormai il cuore pulsante delle attività quotidiane di milioni di persone e aziende, ma dietro questa rivoluzione tecnologica si nasconde un’ombra sempre più minacciosa: il dark web. Un nuovo report di Tinexta Cyber, in esclusiva per Adnkronos, solleva l’allarme sull’espansione dei mercati illegali nascosti nel web sommerso, rivelando come la nostra crescente dipendenza dalla tecnologia stia alimentando un ecosistema criminale in forte crescita. Dalla droga al carding, dal malware al furto di identità e credenziali il report svela il panorama complesso e in continua evoluzione dell'economia digitale illecita.

Un mercato illegale in crescita

Un quadro inquietante quello dipinto degli esperti; il dark e deep web, una rete che raccoglie il 96% di Internet, nascosta agli utenti comuni, ma ampiamente utilizzata da criminali informatici per condurre attività illecite. Tra il 2017 e il 2020, le operazioni su queste piattaforme sono cresciute del 300%, e si prevede che entro il 2028 il mercato globale raggiungerà 1,3 miliardi di dollari con un tasso di crescita annuo del 22,3%.

Il fiorente mercato del malware

Malware, ransomware, e phishing dominano i mercati del dark web, rendendo i criminali capaci di lanciare attacchi devastanti con strumenti relativamente economici. Uno dei settori più fiorenti sul dark web è proprio questo del malware, che include una vasta gamma di software malevoli capaci di rubare dati, distruggere sistemi o estorcere denaro. Secondo il report di Tinexta Cyber, in esclusiva per Adnkronos, i ransomware, in particolare, hanno causato danni stimati in 265 miliardi di dollari entro il 2031. Con l’aumento del ransomware-as-a-service (RaaS), i criminali meno esperti possono facilmente accedere a strumenti già pronti, abbassando la barriera d’ingresso per chiunque voglia lanciare un attacco informatico. Anche i kit di phishing sono facilmente acquistabili, completi di modelli di e-mail e pagine di login falsificate per indurre ignare vittime a rivelare informazioni sensibili come password e dati finanziari. Questi strumenti sono una delle cause principali delle crescenti violazioni di dati e dei furti d’identità.

Commercio dati rubati e carte credito

Non manca, naturalmente, anche il commercio di dati rubati e di carte di credito compromesse, noto come carding, è un altro pilastro dell’economia criminale online. Il report di Tinexta Cyber, in esclusiva per Adnkronos, mostra che circa il 62,8% delle carte rubate viene acquisito attraverso hacking, con una predominanza di carte statunitensi. Quanto al carding, come emerge dal report di Tinexta Cyber, è una delle attività criminali più diffuse e lucrative nel dark web e consiste nell'acquisizione, vendita e utilizzo fraudolento di dati di carte di credito rubate. Il processo inizia con l'acquisizione dei dati delle carte di credito. Questi vengono rubati attraverso vari metodi, tra cui il phishing, il malware, l'hacking di database aziendali e una volta ottenuti, i dati rubati vengono venduti su marketplace del dark web, dove i venditori offrono pacchetti di carte a prezzi variabili in base alla qualità e alla quantità delle informazioni. "Gli acquirenti, che possono essere sia individui che organizzazioni criminali, utilizzano questi dati per effettuare acquisti online fraudolenti o clonare carte fisiche - si spiega nel report - I venditori spesso vantano recensioni e valutazioni positive per attirare nuovi acquirenti e costruire una reputazione solida".

Il modello di business del carding sul dark web si basa su diversi fattori chiave. L'anonimato è garantito dall'uso di criptovalute come bitcoin per effettuare transazioni anonime. La reputazione dei venditori è costruita attraverso feedback positivi, incentivando nuovi acquirenti. Oltre alla vendita di dati di carte, molti venditori offrono servizi di consulenza per money laundering e la prevenzione del rilevamento. I mercati illeciti sul dark web facilitano anche la compravendita di dati personali e credenziali di accesso sottratti a milioni di utenti in tutto il mondo. Informazioni sensibili come numeri di carte di credito, password, documenti di identità e dati sanitari vengono messe in vendita, alimentando un fiorente ecosistema criminale. Questo commercio clandestino, osserva il report, non solo mette a rischio la privacy e la sicurezza delle persone coinvolte, ma fornisce anche gli strumenti necessari per ulteriori attacchi informatici, frodi finanziarie e furti di identità su larga scala. Dall'analisi di Tinexta Cyber si possono trovare forum per la ricerca di dati personali e di identità, database di grandi dimensioni, dati governativi e diplomatici.

L'uso del bitcoin

Le criptovalute come il Bitcoin svolgono un ruolo chiave, essendo utilizzate nel 98% delle transazioni sul dark web, garantendo un certo livello di anonimato e rendendo più difficile tracciare i criminali. Oltre a malware e carte di credito, il dark web è il luogo in cui avviene lo scambio di identità rubate e accessi a credenziali. I dati personali, come numeri di passaporto, patenti di guida e informazioni bancarie, sono venduti a prezzi relativamente bassi, con interi database compromessi disponibili per pochi dollari. Questo alimenta un circolo vizioso di frodi finanziarie e furti di identità su scala globale.

I pericoli legati alla vendita di droga

Il mercato underground delle sostanze stupefacenti, emerge dal report di Tinexta Cyber, in esclusiva per Adnkronos, registra il più alto numero di prodotti in commercio e di venditori, evidenziando un costante aumento nel corso degli ultimi anni. Queste piattaforme online presentano una vasta gamma di narcotici, che spaziano dalle sostanze più comuni alle materie prime utilizzate per la produzione di nuovi composti o per altri fini illeciti. Il report analizza i tre mercati della droga disponibili sul dark web mostrando come sono spesso presentati come veri e propri negozi online, completi di un'ampia selezione di sostanze stupefacenti, descrizioni dettagliate dei prodotti e varie opzioni di pagamento. Tuttavia, dietro questa facciata di "negozio virtuale" si nascondono gravi rischi. Questi mercati offrono un accesso relativamente facile a sostanze illegali, con la possibilità di effettuare acquisti in modo anonimo utilizzando criptovalute. Ciò comporta un'alta probabilità di coinvolgimento in attività illegali. Infine, c’è da considerare il rischio di truffe o frodi da parte dei venditori, con la possibilità di ricevere prodotti contraffatti o di non ricevere affatto la merce pagata.

Dall'analisi di un primo mercato illegale, secondo Tinexta Cyber, emerge un'offerta di "sostanze come erba, cocaina, idrocodone, eroina, ketamina, Ozempic, metanfetamina cristallina, Adderall, Ritalin, Vyvanse, Mdma, pentobarbitale, vape e sostanze chimiche di ricerca". I prezzi dei prodotti variano da 195 a 750 dollari. In un secondo mercato illegale analizzato si offre "una vasta gamma di prodotti tra cui droghe, medicinali per l'ansia e il dolore, psichedelici e altri farmaci". Anche in questo caso, osserva il report, viene fornito un supporto clienti attraverso vari canali di comunicazione come telefono, email e chat online durante gli orari lavorativi. Secondo Tinexta Cyber "le quantità minime di ordine sono stabilite a 150 dollari per gli Stati Uniti e a 300 euro per l'Unione Europea, con tariffe di spedizione variano in base alla destinazione e alle opzioni di consegna scelte".

Più consapevolezza dei rischi

L'analisi degli esperti di Tinexta Cyber evidenzia chiaramente che la nostra dipendenza dalla tecnologia non è priva di rischi. L'espansione del dark web e la facilità con cui strumenti pericolosi possono essere acquistati e utilizzati rappresentano una minaccia concreta per la sicurezza digitale. Mentre le tecnologie avanzano, anche i criminali informatici affinano le loro tecniche, rendendo sempre più difficile difendersi da attacchi mirati. Le soluzioni richiedono uno sforzo collettivo. Le imprese devono adottare misure di cybersecurity più sofisticate, mentre i governi devono migliorare le politiche di protezione dei dati. Allo stesso tempo, è essenziale che anche gli utenti privati sviluppino una maggiore consapevolezza dei rischi legati all’utilizzo della tecnologia e imparino a difendersi dalle minacce informatiche in continua evoluzione. Tinexta Cyber, attraverso il suo report in esclusiva per Adnkronos, lancia un chiaro avvertimento: il futuro della sicurezza dipende dalla nostra capacità di adattarci rapidamente alle nuove sfide poste dal dark web e dall’ecosistema criminale digitale.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Mattarella a oncologi Aiom: “Preziosa riflessione su...

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Il videomessaggio agli specialisti riuniti a Venezia per le Giornate dell’etica dedicate ad assistenza migranti

“È fuor di dubbio che ovunque nel mondo si registri frequentemente una condizione di disparità nella prevenzione, nella tempestività degli interventi terapeutici, nell’adeguato accesso alle cure. La scelta di sviluppare una riflessione volta a valutare con rigore scientifico l’incidenza delle malattie oncologiche sulle persone immigrate e a rendere migliore la loro possibilità di accesso alle cure esprime una preziosa, e in realtà naturale, volontà di porre la persona, qualunque persona, al centro della riflessione e dell’azione sanitaria. A questo primario dovere di alto valore morale si affianca la ricaduta positiva per l’intera popolazione del nostro Paese in conseguenza delle conoscenze acquisite sulla condizione di questa parte delle persone che vivono in Italia”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un videomessaggio inviato oggi agli oncologi riuniti a San Servolo, Venezia, per Le Giornate dell’etica sull’assistenza oncologica dei migranti, organizzate da Aiom e Fondazione Aiom, Associazione italiana oncologia medica.

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Cronaca

Aids, al via campagna Vhivian per migliorare qualità e...

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Solo metà dei pazienti italiani è soddisfatto della propria terapia

Aids, al via campagna Vhivian per migliorare qualità e tempo del dialogo col medico

A più di quarant'anni dall'identificazione, il virus dell'immunodeficienza umana (Hiv) rimane un problema di salute pubblica. In Italia, ad oggi, solo il 51% dei pazienti si dice soddisfatto della propria terapia anti-Hiv. Per rispondere ai bisogni non ancora soddisfatti delle persone che vivono con Hiv e per dedicare più tempo al dialogo medico-paziente nasce Vhivian, campagna di comunicazione promossa da ViiV Healthcare, azienda farmaceutica dedicata al 100% alla ricerca di trattamenti contro l'Hiv e focalizzata sulle persone che vivono con Hiv e Aids, con la collaborazione di Edra Spa. Il progetto è stato presentato oggi a Milano durante la giornata di apertura della 38esima edizione del MiX Festival internazionale di cinema Lgbtq+ e Cultura Queer che ha ospitato, oltre alla conferenza stampa di lancio, anche un workshop interattivo in collaborazione con Le Georgiche.

Nel 2022 - spiega una nota - le nuove diagnosi di infezione da Hiv sono state 1.888, pari a 3,2 nuovi casi per 100mila residenti. Un'incidenza che pone l'Italia al di sotto della media osservata tra i Paesi dell'Europa occidentale e dell'Unione europea (5,1 nuove diagnosi per 100mila residenti). Inoltre, nel 2022 sono stati diagnosticati 403 nuovi casi di Aids, pari a un'incidenza di 0,7 nuovi casi per 100mila residenti. A livello globale, nel 2023 circa 630mila persone sono decedute per malattie Aids-correlate, rispetto ai 2,1 milioni di persone nel 2004 e a 1,3 milioni nel 2010. Secondo le principali linee guida di gestione della patologia, gli inibitori dell'integrasi di seconda generazione rappresentano la classe farmacologica maggiormente raccomandata, sovente presente nelle co-formulazioni di farmaci antiretrovirali, al fine di facilitare l'adesione del paziente alle cure. Tuttavia, in Italia solo il 58,2% delle persone con Hiv sono in trattamento con un inibitore dell'integrasi di seconda generazione in una formulazione tale da permettere l'assunzione una volta al giorno, e solo il 51% dei pazienti si dichiara soddisfatto dell'attuale regime terapeutico; il 38% vorrebbe essere maggiormente informato dal proprio medico sui nuovi farmaci disponibili; il 30% desidererebbe un dialogo più approfondito con il proprio medico curante.

Nella campagna Vhivian, la protagonista è una Aglaonema Pink, una pianta non facile da trattare, ma nemmeno troppo difficile come si penserebbe. Necessita infatti di attenzioni appropriate e specifiche, così come deve avvenire nel consulto tra lo specialista e la singola persona con Hiv. Le piante sono poi universalmente riconosciute come simboli di crescita e rigenerazione, rappresentano il ciclo della vita, l'adattabilità e la capacità di fiorire anche in condizioni difficili. Vhivian vuole ricordare che le persone che vivono con Hiv, nonostante le sfide associate alla convivenza con il virus, non solo possono avere un'aspettativa di vita paragonabile a chi vive senza il virus, ma hanno anche la possibilità di migliorare la propria qualità di vita grazie a un approccio 'paziente-centrico' e personalizzato.

Sul tema è intervenuta, durante la conferenza stampa, Antonella Castagna, direttrice dell'Unità di Malattie infettive dell'Irccs Ospedale San Raffaele e della Scuola di specializzazione in Malattie infettive e tropicali dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. "Ogni visita con il paziente - spiega - rappresenta l'occasione per definire se il regime terapeutico che la persona con Hiv sta assumendo è - per lui o lei - adeguato, con uno sguardo attento al suo stile di vita. Su questo, oggi la maggior parte delle persone con Hiv, proprio grazie all'ampia gamma di opzioni terapeutiche disponibili, possono assieme al medico riflettere su ciò che è più adatto per loro".

In merito alla necessità di disegnare un percorso personalizzato per migliorare l'aderenza terapeutica e la gestione delle necessità della singola persona, è intervenuto anche Andrea Gori, professore ordinario di Malattie infettive dell'Università degli Studi di Milano e direttore del Dipartimento di Malattie infettive dell'Asst Fatebenefratelli Ospedale L. Sacco. "Grazie alla più ampia disponibilità di farmaci antiretrovirali e opzioni terapeutiche altamente efficaci - ha ricordato - oggi in Italia l'Hiv può essere considerata una malattia cronica. Nel trattamento delle cronicità, il colloquio medico-paziente risulta centrale nella definizione della cura tramite l'ascolto e la comprensione dei bisogni. Nelle visite di controllo, e in particolare nella gestione della salute a lungo termine, questo aspetto deve essere un punto cruciale dell'alleanza tra medico e paziente". Fulcro della campagna Vhivian saranno i contenuti relativi alla conversazione con il clinico: le persone con Hiv avranno degli spunti per intraprendere un dialogo più efficace con il proprio medico, per una maggiore condivisione delle proprie esigenze e per iniziare un percorso di gestione della terapia più personalizzato. La campagna potrà contare anche su una serie di contenuti informativi come video, articoli, infografiche, banner, post, poster e opuscoli all'interno degli studi medici.

Il progetto segna l'inizio di una narrativa più ampia, configurandosi come la prima tappa di Rhivolution, iniziativa di ViiV Healthcare che mira a creare nuove opportunità e risorse per le persone che vivono con Hiv, in un percorso di supporto e affiancamento il cui fil rouge, evidenzia Vincenzo Palermo, vice-presidente e general manager, Hub Italia e Paesi Bassi di ViiV Healthcare, è poter fruire dell'innovazione. "Con il lancio di questa nuova iniziativa - commenta Palermo - tentiamo auspicabilmente di nutrire il colloquio medico-paziente di più tempo, ponendo l'accento sull'importanza di un dialogo aperto, empatico e basato sulla condivisione continuativa delle esperienze e dei bisogno del paziente. Un progetto per far sì che l'innovazione possa essere goduta appieno dalle persone con Hiv, ingrediente imprescindibile del loro benessere a lungo termine".

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Cronaca

Oncologi Aiom: “Pochi screening e diagnosi in fase...

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Le giornate dell’etica su assistenza ai migranti, per 86% specialisti troppe disparità accesso cure

Oncologi Aiom:

Ai problemi burocratici si aggiungono le barriere linguistiche ad ostacolare l’accesso alla prevenzione oncologica degli immigrati, così, troppe diagnosi avvengono in fase avanzata. Il 39% delle donne immigrate non esegue la mammografia (rispetto al 27% delle italiane), con la conseguenza che, in questa popolazione, il carcinoma mammario è diagnosticato in stadio precoce (I-II) in circa l’80% dei casi, rispetto a quasi il 90% nelle italiane. Sono problemi avvertiti anche dagli oncologi: 6 su 10 ritengono che la gestione dei pazienti extracomunitari sia complessa e il 91% è preoccupato di non poter comunicare adeguatamente con questi malati. Solo 4 su 10, infatti, hanno il supporto di un mediatore culturale durante la prima visita. Per l’81% la prognosi oncologica nei migranti è diversa (peggiore) rispetto ai risultati raggiunti nella popolazione residente e per l’86% questo è dovuto alle disparità di accesso alle cure in modo tempestivo. Sono questi, in sintesi, i principali risultati del sondaggio promosso dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) - si legge in una nota - per analizzare il livello di conoscenza degli specialisti sull’assistenza degli stranieri nel nostro Paese, presentati nel convegno nazionale ‘Oncologia e immigrazione’, al centro delle ‘Giornate dell’etica’, organizzate dalla società scientifica e da Fondazione Aiom, che si aprono oggi all’Isola di San Servolo (Venezia).

“Già nel 2020, l’allora presidente Aiom, Giordano Beretta, decise di organizzare questo evento che, però, venne posticipato a causa della pandemia – spiega Francesco Perrone, presidente Aiom - Il Convegno è stato fortemente voluto dal direttivo e rappresenta un’attività necessaria e naturale. Come evidenziato dal presidente Mattarella, il tema delle cure oncologiche agli immigrati pone in evidenza l’intensa e irrinunciabile connessione tra medicina, profili etici e risvolti sociali. Vogliamo portare alla luce un fenomeno che riguarda tutti, ma ci trova impreparati. L’80% degli oncologi, infatti, ritiene di avere solo parzialmente o di essere del tutto privo di strumenti adeguati per la gestione del paziente immigrato colpito dal cancro. Al termine delle ‘Giornate dell’etica’ pubblicheremo un documento, uno statement, con proposte operative da proporre alle Istituzioni”.

Come osserva Antonella Brunello, membro del direttivo nazionale Aiom, “le difficoltà comunicative ostacolano l’accesso alle cure e agli strumenti di prevenzione e hanno un peso rilevante nella gestione della malattia negli stranieri. Basta pensare che solo il 40% degli oncologi, in occasione della prima visita oncologica di un paziente con barriera linguistica, ha la possibilità di avere un mediatore culturale: il 27% in presenza e il 13% al telefono. Gli ostacoli principali nella presa in carico di un paziente extracomunitario - aggiunge - sono costituiti dalla difficoltà nella comprensione del percorso oncologico e nella comunicazione della diagnosi, dalla mancanza di un caregiver perché spesso si tratta di persone sole e da problemi nella prescrivibilità di farmaci”.

La popolazione residente di cittadinanza straniera (al 1° gennaio 2024) è di 5 milioni e 308mila unità, in aumento di 166mila individui (+3,2%) sull’anno precedente. L’incidenza sulla popolazione totale tocca il 9%. Il 58,6% degli stranieri, pari a 3 milioni 109mila unità, risiede al Nord, per un’incidenza dell’11,3%.

“Oltre che nella società è sempre più rilevante la loro presenza anche nei reparti di oncologia medica – sottolinea Tiziana Latiano, membro del direttivo nazionale Aiom - Siamo di fronte a un problema etico e non bisogna distinguere fra immigrati regolari e irregolari. Spesso curiamo immigrati regolari, che però non parlano italiano, per cui la barriera linguistica resta insuperabile. In questi casi, se non si riesce a comunicare, l’assistenza diventa qualitativamente diversa, anche se possiamo offrire le stesse terapie garantite ai pazienti italiani. Senza un mediatore culturale, molte fasi della malattia oncologica non possono essere gestite nello stesso modo in cui avviene per i pazienti privi di barriere linguistiche”.

Gli immigrati “presenti, anche temporaneamente, sul nostro territorio hanno il diritto di accedere alle strutture sanitarie – spiega Filippo Pietrantonio, membro del direttivo nazionale Aiom - Il riconoscimento formale però non sempre corrisponde ad una vera presa in carico per le difficoltà culturali, burocratiche, amministrative, di informazione, che rendono particolarmente difficile per gli immigrati l’accesso alle cure. Queste persone troppo spesso arrivano alla diagnosi quando il cancro è già in uno stadio avanzato, a causa di scarsa prevenzione ed informazione. Va poi considerato il dramma dell’immigrazione irregolare, che non riesce ad accedere ad alcun tipo di controllo preventivo”. Alle ‘Giornate dell’etica’ vengono presentati, da Manuel Zorzi, direttore del servizio Epidemiologico Regionale di Azienda Zero, Registro Tumori del Veneto, i risultati di uno studio sull’incidenza dei tumori nella popolazione immigrata nella regione che ha coinvolto circa 4 milioni di persone dai 20 anni in su nel quinquennio 2015-2019, di cui 470mila provenienti da Paesi a forte pressione migratoria come Europa Orientale, Asia, Africa, America centro-meridionale. Gli stranieri provenienti da questi Paesi sono molto più giovani degli italiani e hanno un’età media di 40 anni (gli over 60 sono solo il 10%). L’incidenza dei tumori nei migranti è risultata significativamente inferiore (-26% nei maschi e -20% nelle femmine) rispetto a quanto osservato negli italiani. In particolare, il rischio di sviluppare la neoplasia della mammella è inferiore del 37% e il cancro della prostata del 29%.

“Nelle donne immigrate sono molto più diffusi i fattori protettivi nei confronti del carcinoma mammario, come la prima gravidanza in giovane età, un numero elevato di figli e l’allattamento al seno – chiarisce Alessandra Fabi, membro del direttivo nazionale Aiom - Per quanto riguarda il tumore della prostata, la maggior incidenza negli uomini italiani deriva da un eccessivo ricorso al test del Psa, che porta a un numero consistente di sovradiagnosi, cioè all’identificazione di tumori molto piccoli, in prospettiva indolenti, che non avrebbero dato segno di sé in assenza di diagnosi”.

Il tumore della cervice uterina, che fra le italiane sta diventando un tumore raro grazie alla diffusione dello screening con il Pap Test e l’Hpv test, presenta invece un’incidenza doppia fra le straniere. Negli ultimi 3-5 anni, il 78% delle donne italiane ha eseguito lo screening cervicale (all’interno di programmi organizzati o per iniziativa personale), questo valore si ferma al 67% nelle straniere. “Nei migranti il tasso di partecipazione agli screening è significativamente più basso – rimarca il presidente Perrone - Non dobbiamo dimenticare la resistenza rappresentata dall’imbarazzo, dalla scarsa informazione, dal pregiudizio di gran parte della popolazione immigrata, che considera una violazione l’esplorazione del proprio corpo. Il Piano oncologico nazionale 2023-2027 riconosce al migrante lo status di fragile e identifica, tra gli obiettivi strategici, l’aumento della copertura vaccinale e l’adesione consapevole alle campagne di screening. Serve un Piano della Prevenzione che consideri le diversità dei migranti”.

Aggiunge Saverio Cinieri, presidente Fondazione Aiom: “Nel 2023, Aiom ha costruito un ponte della ricerca con il Perù e il Sud America, condividendo le linee guida sui principali big killer. L’obiettivo è stato promuovere anche in questi Paesi l’oncologia di precisione. Nel 2025, una delegazione di Fondazione andrà in Tanzania, all’Ospedale Bugando Medical Center di Mwanza. L’oncologia medica in questa città è operativa dal 1999, grazie a un’iniziativa del professor Dino Amadori, past president Aiom. In questi anni la nostra società scientifica ha svolto un ruolo importante nella crescita culturale dei professionisti in Tanzania, attraverso il contatto diretto con oncologi italiani al Bugando Medical Center e grazie alla loro frequenza periodica in centri del nostro Paese. Una collaborazione che ha portato, nel 2022, all’inaugurazione del Mwanza Cancer Center. Vogliamo continuare a sostenere l’attività clinica e promuovere la ricerca scientifica - conclude - intensificando i rapporti con i professionisti tanzaniani”.

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