Omicidio Pamela Mastropietro, mamma: “Altri assassini ancora liberi, Oseghale mi incontri”
La ragazza è stata violentata, uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio 2018
Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, la ragazza violentata uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio 2018, massacro per cui è stato condannato il nigeriano Innocent Oseghale, torna a parlare e lo fa da Monica Setta a 'Storie di donne al bivio' nella puntata in onda mercoledì 2 ottobre alle 23 su Rai2. "Il caso non è chiuso. Altri assassini di mia figlia sono liberi e in circolazione", ha detto Verni aggiungendo: "Voglio incontrare presto Oseghale perché ho bisogno di guardarlo negli occhi e di sapere".
Da Roma, la 18enne era arrivata in una comunità a Macerata per superare i suoi problemi, legati alle patologie psichiatriche e, ma il 29 gennaio era scappata e aveva incontrato Oseghale. Per quel delitto, lui sta scontando l’ergastolo in carcere a Ferrara. “La perdita di mia figlia, causata da Oseghale e da altri ha lasciato una ferita incolmabile nella mia vita – ha spiegato Alessandra a Monica Setta – Le parole non possono descrivere il dolore e l’angoscia che provo ripensando a quello che ha subito Pamela da parte di quegli assassini".
L’ultima lettera del carnefice risale al 10 maggio 2023, giorno in cui Stefano (il padre di Pamela) è volato in cielo. "Hai sempre ribadito il tuo pentimento, chiedendo perdono. Perdono, parola difficile da pronunciare e ancor più da praticare, soprattutto di fronte a un crimine così disumano e demoniaco - ha aggiunto Verni rivolgendosi a Oseghale - Sento, però, che è arrivato il momento di affrontare questo dolore in modo costruttivo. Accetta questo regalo che, oggi, dal cielo ci donano. È una grande occasione, un’opportunità per entrambi”.
"Chiedo a Oseghale – dice ancora la mamma di Pamela – di incontrarlo in carcere, luogo protetto. Voglio guardarlo negli occhi e chiedere la verità. Voglio provare a cercare di capire perché e come è arrivato a compiere un atto così terribile. Se fosse successo a tua figlia cosa avresti fatto? Spero che da questo incontro possa emergere un barlume di umanità e di verità".
"Questo percorso è doloroso, ma credo fermamente in questo incontro. Non cerco vendetta ma verità, giustizia e pace. Non sarà facile né per me né per lui, ma, il mio fuoco interiore ora vuole costruire, non distruggere. Se è vero il suo pentimento, che approfitti della giustizia riparativa per richiedere un incontro con me", conclude la mamma di Pamela.
Cronaca
Tumori, Cappellari (Gsk): “Da ascolto donne con...
"Al fianco di Acto con progetto 'Cambiamo Rotta' vogliamo contribuire a sensibilizzare anche le istituzioni per migliorare percorso qualità vita di queste pazienti"
"Il progetto 'Cambiamo Rotta' è un viaggio di scoperta per tutti noi. Attraverso l'ascolto attivo di donne con tumore ovarico abbiamo imparato a conoscere la loro percezione di malattia, i loro bisogni e le loro necessità, affinché queste informazioni preziose costituissero la base della realizzazione del Libro bianco 'Cambiammo rotta'". Così all'Adnkronos Salute Laura Cappellari, Patients Affairs Director di Gsk, a margine dell'incontro promosso dall'Alleanza contro il tumore ovarico (Acto Ets) "Tumore ovarico in Veneto: Cambiamo Rotta", confronto tra clinici, istituzioni e pazienti sull'importanza della personalizzazione della cura del tumore ovarico e dei test genetici per la prevenzione dei tumori eredo-familiari, che si è tenuto oggi a Silea (Treviso).
"Non solo Libro Bianco, ma anche un manifesto dei diritti e dei bisogni di donne affette da tumore ovarico - spiega Cappellari - Un libro che abbiamo dapprima presentato al Ministero della Salute e successivamente portato in Regione Campania e oggi in Regione Veneto. Obiettivo di questi incontri aumentare l'informazione e la consapevolezza sul tumore ovarico, oltre a contribuire al miglioramento della presa in carico e della gestione delle donne con questa malattia e, in generale, della loro qualità di vita".
"Per noi di Gsk è importante essere al fianco delle iniziative di Acto e alle donne che oggi vivono con un tumore ovarico. Nostro intento è sensibilizzare anche le istituzioni affinché contribuiscano a migliorare il percorso e la qualità di vita di queste pazienti" conclude.
Cronaca
Cancro ovaio, oncologa Artioli: “Storia Bianca Balti...
"Al Ca'Foncello di Treviso vediamo pazienti con tumori eredo-familiari ma in famiglia non ne parlano a scapito della prevenzione"
"La testimonianza di Bianca Balti", la top model che poche settimane fa ha annunciato su Instagram "di avere un tumore alle ovaie al terzo stadio sicuramente può aiutare tante donne. Purtroppo, negli ambulatori del Ca' Foncello di Treviso vediamo pazienti con tumori ereditari di cui non riferiscono in famiglia perché con genitori, sorelle e fratelli non hanno più alcuni tipo di rapporto da anni. Quindi non c'è comunicazione, e questo limita tantissimo la prevenzione". Lo ha detto Grazia Artioli, oncologo medico Uos Oncologia Ginecologia, ospedale Ca' Foncello di Treviso, intervendo oggi all'incontro promosso da Acto Ets, "Tumore ovarico in Veneto: cambiamo rotta", sull'importanza della personalizzazione della cura e dei test genetici per la prevenzione dei tumori eredo-familiari che si è tenuto a Silea (Treviso).
Al Ca' Foncello "dal 2023 abbiamo messo in atto un percorso per donne e uomini sani affetti da mutazioni ai geni Brca1 e Brca2" ribattezzati 'geni Jolie' dopo la scelta dell'attrice americana di sottoporsi a chirurgia preventiva per abbattere il rischio di cancro associato. "Una volta riscontrata la mutazione - spiega Artioli - il paziente viene sottoposto a una consulenza genetica. Il genetista quindi segnala la persona che viene poi accolta in un ambulatorio dove incontrerà oncologo, ginecologo e senologo. Tra le opzioni che vengono proposte, ci sono l'intervento chirurgico per un trattamento profilattico, cioè viene tolto un organo sano prima che si ammali. Per le donne si tratta dell'asportazione delle mammelle o delle tube e delle ovaie. Per gli uomini non c'è una chirurgia profilattica". Oppure "possono aderire a un protocollo di sorveglianza che prevede l'ecografia transvaginale con il dosaggio del marcatore tumorale ogni sei mesi e mammografie, ecografie, risonanze magnetiche al seno anche queste a cadenza semestrale".
"A volte capita che le donne sane appunto inizialmente aderiscano a un percorso di sorveglianza e poi negli anni maturino la consapevolezza di sottoporsi a un trattamento chirurgico. Attualmente - ha ricordato - dal 2023 abbiamo accolto circa 40 soggetti e siamo a buon punto. Sicuramente questi numeri possono solo aumentare nel tempo". Sul fronte delle terapie del tumore ovarico in fase avanzato, "oggi possiamo dire che la ricerca aiuta tantissimo, abbiamo a disposizione anche i parp-inibitori" - ha poi concluso l'oncologa - indicati come trattamento di mantenimento".
Cronaca
Cancro ovaio, esperti: “Sostenere ricerca per...
A Silea (Treviso) confronto tra clinici, istituzioni e pazienti sull'importanza delle cure personalizzate e dei test genetici'
Il 70% delle donne con tumore ovarico conosce già la malattia prima della diagnosi: 10 anni fa appena il 30% ne aveva sentito parlare. Meno di 3 pazienti su 10, però, scelgono di curarsi in un centro specializzato per questa neoplasia, ignorando quanto tale decisione possa fare la differenza nel percorso di cura. E' quanto emerso oggi in occasione dell'incontro "Tumore ovarico in Veneto: cambiamo rotta", confronto tra clinici, istituzioni e pazienti sull'importanza della personalizzazione della cura del tumore ovarico e dei test genetici per la prevenzione dei tumori eredo-familiari, che si è tenuto al Parco dei Moreri a Silea (Treviso) promosso da Acto Alleanza contro il tumore ovarico Ets. Presenti, tra gli altri, Sonia Brescacin, consigliere Regione Veneto e presidente V Commissione Politiche socio-sanitarie, Nicoletta Cerana, presidente di Acto nazionale, Petra De Zanet, presidente di Acto Triveneto e gli oncologi Grazia Artioli (ospedale Ca' Fancello Treviso), Michele Bartoletti (CRO Aviano), Veronica Parolin (Aoui Verona) e Giulia Tasca (IOV Irccs Padova).
Gli esperti hanno poi ribadito che il 70% delle pazienti scopre il tumore quando è già in fase avanzata, a causa di sintomi aspecifici e per la mancanza di strumenti di screening efficaci, come conferma l'indagine condotta da Acto Italia su oltre 100 pazienti sul territorio nazionale, riportati in 'Cambiamo rotta', il primo Libro bianco illustrato di voci, bisogni e proposte delle donne con tumore ovarico, con la prefazione del ministro della Salute Orazio Schillaci.
Da qui l'importanza della prevenzione e dei test genetici. Non solo. Per un vero "cambio di rotta" nel tumore ovarico - è stato sottolineato - è necessario aumentare l'informazione sulla malattia e sui centri specializzati per promuovere scelte di cura più consapevoli; sostenere la ricerca per la diagnosi precoce; aprire ai test genomici per rendere possibili le cure personalizzate; informare sulla terapia di mantenimento dei parp inibitori; cominciare a parlare di sessualità e oncologia, un bisogno quest'ultimo spesso dimenticato che sta emergendo sempre più forte da parte delle pazienti. Si vive di più anche con il tumore ovarico, di conseguenza è diventato necessario prendersi cura della persona, oltre che curare la malattia.