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Israele, l’impatto della guerra sulle presidenziali americane: chi ci guadagna tra Trump e Harris?

L'approccio duro del tycoon potrebbe offrirgli un vantaggio tra i difensori di Israele mentre la linea della vice di Biden ha maggiore appeal su agli elettori favorevoli a un approccio più misurato alla crisi

Kamala Harris e Donald Trump - Afp

L'escalation del conflitto tra Israele, Iran e il sedicente "Asse della Resistenza" composto da Hamas, Hezbollah, Houthi e milizie sciite tra Siria e Iraq, sta avendo un impatto significativo sulla campagna presidenziale statunitense, influenzando in particolare le piattaforme di politica estera dei due principali candidati, Kamala Harris e Donald Trump.

Kamala Harris, la candidata democratica, ha sottolineato il forte sostegno a Israele, sostenendo al contempo gli aiuti umanitari ai palestinesi. Harris sostiene che l'Iran è una forza destabilizzante nella regione e sottolinea l'importanza di mantenere le alleanze degli Stati Uniti, in particolare con Israele, in quanto fondamentali per la stabilità del Medio Oriente. L'amministrazione Biden-Harris è stata attiva nel fornire aiuti militari a Israele, nel dispiegare ulteriori forze statunitensi nella regione e nel cercare di limitare l'influenza dell'Iran attraverso misure diplomatiche e militari. Tuttavia, Harris ha invitato alla cautela, spingendo per soluzioni a lungo termine come il rilancio dei negoziati verso una soluzione a due Stati.

Donald Trump, il candidato repubblicano, ha una posizione più aggressiva. Ha criticato la gestione della situazione da parte dell'amministrazione Biden-Harris, accusandola di debolezza nel trattare con l'Iran. La retorica di Trump è stata particolarmente tagliente,, e ha dichiarato che la sicurezza di Israele sarebbe in pericolo con una presidenza Harris. E' favorevole a un approccio di “massima pressione” nei confronti dell'Iran, simile alle politiche attuate durante il suo primo mandato, che comprendevano sanzioni e un forte sostegno a Israele. Trump ha anche espresso scetticismo sulla fattibilità di una soluzione a due Stati, soprattutto alla luce degli attentati del 7 ottobre 2023.

Donald Trump e il dividendo elettorale

L'approccio duro di Trump alla politica estera, in particolare in Medio Oriente, potrebbe offrirgli un vantaggio significativo tra gli elettori che danno priorità alla sicurezza nazionale e a una forte difesa di Israele. Trump ha sempre criticato la politica estera dell'amministrazione Biden, sostenendo che è troppo indulgente nei confronti dell'Iran. La sua retorica si allinea con quella di molti elettori repubblicani che sono favorevoli a una posizione più aggressiva contro Teheran e i suoi proxy come Hezbollah.

Inoltre, la posizione di Trump si rivolge al blocco di voti pro-Israele, in particolare tra i cristiani evangelici e gli elettori ebrei conservatori, che storicamente sono stati fondamentali per la sua base. La sua critica ad Harris come debole nei confronti di Israele e troppo concentrata sulla diplomazia ha un effetto su chi vede l'Iran come una minaccia esistenziale per Israele e crede che solo una forte risposta militare possa scoraggiare la sua influenza nella regione. I precedenti sforzi di Trump, come lo spostamento dell'ambasciata statunitense a Gerusalemme e la mediazione negli accordi di Abramo, rafforzano la sua immagine di difensore degli interessi israeliani.

Il potenziale vantaggio di Kamala Harris

D'altro canto, Kamala Harris e il campo democratico potrebbero trarre vantaggio dagli elettori favorevoli a un approccio più misurato alla crisi mediorientale. Harris ha sottolineato la necessità di aiuti umanitari a Gaza e di diplomazia con l'Iran, pur ribadendo il diritto di Israele di difendersi. Questo appello all'equilibrio - offrire sostegno militare a Israele e allo stesso tempo sostenere soluzioni di pace a lungo termine - è apprezzato dagli elettori progressisti e dai democratici moderati che temono che gli Stati Uniti vengano trascinati di nuovo nel gorgo del Medio Oriente.

Harris ha anche l'opportunità di attrarre gli elettori, in particolare i più giovani e appartenenti a minoranze etniche, che sono più solidali con la causa palestinese o stanchi di un approccio unilaterale alla politica estera.

Chi vincerà la battaglia delle opinioni in vista del 5 novembre

L'esito dipende in larga misura dall'evoluzione del conflitto e da come verrà inquadrato dai media. Se si intensifica e l'amministrazione Biden viene percepita come debole o incapace di contenere la situazione, Trump può trarre vantaggio dagli elettori che chiedono una politica estera più assertiva.

Al contrario, se Harris e l'amministrazione Biden riusciranno a trovare un delicato equilibrio - sostenendo Israele e spingendo per soluzioni umanitarie e prevenendo una guerra più ampia - potrebbe mantenere o addirittura aumentare il suo appeal tra gli elettori che preferiscono la diplomazia alla proiezione di forza militare. Va ricordato che la base democratica è alquanto divisa sulla politica mediorientale, il che potrebbe limitare la sua capacità di ottenere un reale vantaggio sul tema.

Il modo in cui ciascun candidato gestirà la narrazione del conflitto, soprattutto se ci saranno sviluppi significativi prima delle elezioni, sarà fondamentale per determinare l'impatto sul voto.

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Esteri

Ucraina accusa Russia: “Uccisi 16 soldati...

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Un video registrato da un drone documenta il crimine di guerra

Il fronte in Ucraina

L'Ucraina accusa la Russia di crimini di guerra per l'esecuzione di 16 prigionieri. I video registrati da un drone sono stati diffusi da alcuni canali Telegram e hanno portato all'azione dell'ufficio del procuratore generale ucraino. L'esecuzione, l'episodio più grave denunciato dalle autorità di Kiev dall'inizio della guerra, è stato localizzato nel distretto di Pokrovsk, nelle aree dei villaggi di Mykolaivka e Sukhyi Yar.

"Il video pubblicato ha documentato come, sotto il controllo del nemico, i soldati delle forze armate ucraine sono usciti dalla piantagione. Dopo essersi schierati in fila, gli occupanti hanno deliberatamente aperto il fuoco su di loro per ucciderli. I feriti, che mostravano segni di vita, sono stati colpiti a bruciapelo e uccisi", scrive l'ufficio del Procuratore generale. "È stato avviato un procedimento per violazione delle leggi e degli usi di guerra, associata a omicidio volontario".

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Esteri

Iran-Israele, l’Europa in silenzio e con pochissima...

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Tra tutti gli attori in gioco, il Vecchio Continente paga divisioni interne e l'incapacità di assumere una posizione univoca. Ascolta il podcast

Il Parlamento europeo

La tensione continua a salire in Medio Oriente, con il rischio che la guerra tra Israele, Libano e Iran possa degenerare in un conflitto sempre più largo. A ogni azione segue una rappresaglia, con le diplomazie sostanzialmente impotenti. Riescono a fare poco gli Stati Uniti e sta facendo ancora meno l’Europa.

Lavorare per la pace è l’unica opzione sul tavolo per evitare che i costi della guerra, prima di tutto umani ma anche economici e geopolitici, finiscano per travolgere qualsiasi speranza di distensione in Medio Oriente. Servirebbe più politica e, soprattutto, una politica capace di incidere sulle decisioni che verranno prese.

Qualcosa, comunque, oggi si è mosso. A seguito dell’aggravarsi della crisi in Medio Oriente, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha convocato d’urgenza e presieduto questo pomeriggio una conferenza telefonica dei leader del G7. Nel corso della conversazione, ha informato Palazzo Chigi, è stata reiterata la "ferma condanna all’attacco iraniano contro Israele. "In uno scenario in costante evoluzione, è stato convenuto di lavorare congiuntamente per favorire una riduzione delle tensioni a livello regionale, a partire dall’applicazione della Risoluzione 2735 a Gaza e della Risoluzione 1701 per la stabilizzazione del confine israelo-libanese". Al di là dei tecnicismi che passano per le quasi sempre inascoltate risoluzioni Onu, è il messaggio che conta. "Nell’esprimere forte preoccupazione per l’escalation di queste ultime ore, è stato ribadito che un conflitto su scala regionale non è nell’interesse di nessuno e che una soluzione diplomatica risulta ancora possibile".

Nelle legittime posizioni delle parti in causa, inclusa la cautela dei singoli governi, quello che stride con la complessità e le catastrofiche conseguenze che possono derivare da quello che sta avvenendo resta il sostanziale silenzio delle istituzioni europee.

La domanda che ricorre è: cosa si sta facendo concretamente per evitare l’escalation? Si dice di lavorare a ogni livello, sia a livello politico sia con l’intelligence. Ma tra ferme condanne e generiche richieste di cessate il fuoco la voce dell’Europa rischia di risultare completamente ininfluente.

"Siamo di fronte all’impotenza non solo di un Paese come l’Italia, ma dell’intera comunità internazionale. E desolante è l’incapacità dell’Unione europea di mettere in campo una politica estera comune, che non ha e non può avere – a maggior ragione durante la Presidenza di turno Ue affidata a Orban - ma che servirebbe unitamente a quella di difesa e sarebbe l’unica modalità per incidere", sintetizza Benedetto Della Vedova, deputato di +Europa, intervenendo alla seduta comune alla Camera delle commissioni Esteri e Difesa.

Pesa, senza dubbio, il ritardo accumulato a livello comunitario sul piano della difesa comune e di una politica estera comune. Nella nuova Commissione Ue che sta nascendo sono riposte le speranze che l’Europa possa progressivamente iniziare a far sentire la propria voce. Nel frattempo, è auspicabile che si possa arrivare in qualche modo a dare un contributo per stabilizzare rapidamente un conflitto che sta degenerando. (Di Fabio Insenga)

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Esteri

Attacco Iran a Israele, Netanyahu: “Asse del Male...

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Il capo di Stato maggiore dell'Idf ha detto che replicheranno "con potenza e precisione". Il primo ministro israeliano: "Asse del Male vuole distruggerci, non ci riuscirà". Il presidente iraniano Pezeshkian: "Se rispondono noi saremo ancora più duri"

Edificio distrutto da missile iraniano in Israele (Afp)

Primo discorso in televisione oggi di Benjamin Netanyahu dopo l'attacco dell'Iran contro Israele di ieri sera. ''Siamo nel mezzo di una dura guerra contro l'Asse del male dell'Iran che cerca di distruggerci'' ha detto. Ma ''questo non accadrà''. ''Vinceremo perché staremo insieme, con l'aiuto di Dio'', ha aggiunto il primo ministro.

Altri sette soldati israeliani sono morti nel sud del Libano hanno indicato le Idf, portando a otto il bilancio odierno dei militari dello Stato ebraico caduti. Tutte le vittime hanno tra i 21 ed i 23 anni. Netanyahu ha "inviato le più sentite condoglianze alle famiglie dei nostri eroi caduti oggi in Libano'', gli otto militari che hanno perso la vita nell'offensiva contro Hezbollah. ''Che Dio li vendichi e che il loro ricordo sia una benedizione".

Idf: "Risponderemo ad attacco Iran con potenza"

''Risponderemo, sappiamo come individuare obiettivi importanti, sappiamo come colpire con precisione e in modo potente'' ha detto il capo di Stato maggiore dell'esercito israeliano, il generale Herzi Halevi, ha parlato della risposta israeliana all'attacco iraniano affermano che l'Idf è in grado di "raggiungere e colpire qualsiasi punto del Medio Oriente". In una dichiarazione video ha poi aggiunto che ''quei nostri nemici che non lo hanno capito fino ad ora, lo capiranno presto".

"Ieri l'Iran ha lanciato circa 200 missili contro lo Stato di Israele. L'Iran ha attaccato aree civili e ha messo in pericolo la vita di molti civili. Grazie al comportamento civile appropriato e alla difesa di alta qualità, il danno è relativamente piccolo", ha concluso Halevi.

Le condizioni degli Usa

Joe Biden non è d'accordo con eventuali raid israeliani contro siti nucleari iraniani. A una domanda dei giornalisti che gli chiedevano se li sosterrebbe, il presidente americano ha risposto secco: "No". Poi, prima di imbarcarsi sull'Air force one per la Carolina del Nord travolta dall'uragano Helene, ha affermato che ci sono discussioni in corso con gli israeliani sulla risposta all'attacco iraniano, che "deve essere proporzionata".

E' stato lo stesso Biden a dire che probabilmente parlerà ''abbastanza presto'' con Netanyahu. L'ultimo colloquio tra i due risale al 21 agosto, secondo quanto riferito dalla Casa Bianca. Da allora, la situazione nella regione ha registrato una escalation.

Gli Stati Uniti sono stati ''chiari con Israele'', ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Matthew Miller, rispetto al fatto che ''non vogliamo vedere presi di mira i civili o le infrastrutture civili in Libano''. "Una decisione come questa'', come quella di dichiarare il Segretario generale delle Nazioni Unite persona non grata, ''non migliora l'immagine'' di Israele ''nel mondo''. "L'Onu svolge un lavoro incredibilmente importante a Gaza. Svolge un lavoro incredibilmente importante nella regione. E l'Onu, quando agisce al meglio, può svolgere un ruolo importante per la sicurezza e la stabilità", conclude Miller.

Pezeshkian: "Se Israele risponde, noi risponderemo più duramente"

“Se Israele risponde, noi risponderemo più duramente” ribadisce il presidente iraniano Masoud Pezeshkian in una conferenza stampa congiunta a Doha con l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad bin Khalifa Al Thani, durante la qualche ha anche riaffermato che l'Iran “vuole la pace e la calma e Israele ci costringe a reagire”. "Ci hanno chiesto di aspettare nella risposta all’assassinio del martire Haniyeh (capo di Hamas, ndr.) a Teheran per dare una possibilità ai negoziati”, volti a raggiungere un accordo di cessate il fuoco, ma “Israele ci ha spinto a rispondere dopo aver aggravato la situazione in Libano e con i suoi continui attacchi a Gaza”, ha dichiarato Pezeshkian.

''Israele sta trascinando la regione in una guerra'', ma ''l'Iran non vuole intensificare ulteriormente il conflitto''. ''La guerra a Gaza deve finire'', ha aggiunto Pezeshkian, sottolineando la volontà di ''riportare la sicurezza nella regione''.

Ferma condanna di Guterres

"Il tempo stringe", bisogna interrompere questo "ciclo disgustoso di violenze" ha detto il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, nel suo intervento davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. "Le fiamme che divampano in Medio Oriente stanno rapidamente diventando un inferno", ha rilanciato l'allarme Guterres, secondo cui le cose dall'ultima settimana "vanno sempre peggio".

Il segretario generale dell'Onu - dichiarato persona non grata da Israele - ha condannato "con fermezza" l'attacco iraniano nel suo intervento alla riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. "Come ho fatto in relazione all'attacco iraniano di aprile – e come avrebbe dovuto essere ovvio ieri nel contesto della condanna che ho espresso – condanno nuovamente con fermezza il massiccio attacco missilistico di ieri dell'Iran contro Israele".

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