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Prima mappa del cervello adulto, svelata la rete di neuroni e sinapsi

Con maxi studio sul moscerino della frutta tracciate 50 milioni di connessioni: "Pietra miliare che potrebbe portare a nuove cure"

Immagine simbolica (Foto )

Quasi 140mila neuroni e 50 milioni di connessioni tra loro. Uno schema elettrico complesso, ricostruito e messo nero su bianco nella prima mappa completa di un cervello adulto, quello di un moscerino della frutta (Drosophila melanogaster). E' il traguardo "storico" raggiunto da una maxi collaborazione tra scienziati chiamata 'FlyWire Consortium'. Il team guidato da Princeton ha costruito la 'roadmap' neurone per neurone, e sinapsi per sinapsi, e la ricerca è l'articolo di punta in un numero speciale di 'Nature' dedicato al nuovo connettoma - così si chiama questo tipo di mappa - della Drosophila.

Il lavoro viene ritenuto una pietra miliare nello studio del cervello, spiegano gli esperti. In precedenza era stato mappato il cervello del verme C. elegans, con i suoi 302 neuroni, e anche il cervello di una larva di moscerino della frutta, che di neuroni ne aveva poco più di 3mila, ma nell'insetto adulto si raggiungono ben altri ordini di grandezza e complessità nel fitto reticolo elettrico che connette 139.255 neuroni. I moscerini della frutta condividono il 60% del Dna umano e 3 malattie genetiche umane su 4 hanno un parallelo in questi insetti. Comprendere il loro cervello, evidenziano i ricercatori, è dunque un 'trampolino di lancio' per comprendere il cervello di specie più grandi e complesse, come gli esseri umani appunto.

"Si tratta di un risultato importante", commenta Mala Murthy, direttrice del Princeton Neuroscience Institute e, con il collega Sebastian Seung, co-leader del team di ricerca. "Non esiste un altro connettoma cerebrale completo per un animale adulto di questa complessità", aggiunge. Seung e Murthy sono co-autori senior del paper principale del numero di Nature che include una serie di 9 articoli correlati con gruppi di autori sovrapposti, guidati da ricercatori della Princeton University, dell'University of Vermont, dell'University of Cambridge, dell'University of California-Berkeley, della UC-Santa Barbara, della Freie Universität-Berlin e del Max Planck Florida Institute for Neuroscience. Il lavoro è stato finanziato in parte dalla Brain Initiative dei National Institutes of Health (Nih) statunitensi, dal Bezos Center for Neural Circuit Dynamics, dal McDonnell Center for Systems Neuroscience del Princeton Neuroscience Institute e da altri istituti e fondi pubblici e privati di neuroscienze.

"Costruito un atlante"

"Quello che abbiamo costruito è, per molti versi, un atlante", illustra Sven Dorkenwald, autore principale dell'articolo. La mappa è stata sviluppata dal FlyWire Consortium, con sede alla Princeton University, e composto da team di oltre 76 laboratori con 287 ricercatori in tutto il mondo. "Proprio come non vorresti guidare verso un posto nuovo senza 'Google Maps' - è la metafora usata da Dorkenwald - non puoi esplorare il cervello senza una mappa. Quello che abbiamo fatto è stato costruire un atlante e aggiungere annotazioni per tutte le 'attività', gli 'edifici', i nomi delle 'strade'. Ora i ricercatori sono ora attrezzati per navigare attentamente nel cervello mentre cerchiamo di capirlo".

Proprio come una mappa che traccia ogni piccolo vicolo, ogni viale, ogni superstrada, il connettoma del moscerino adulto mostra connessioni all'interno del cervello a ogni scala. La mappa è stata costruita a partire da 21 milioni di immagini scattate al cervello di una femmina di moscerino della frutta da un team di scienziati guidato da Davi Bock, allora al Janelia Research Campus dell'Howard Hughes Medical Institute e ora all'università del Vermont. Utilizzando un modello di intelligenza artificiale creato da ricercatori e ingegneri informatici che collaborano con Seung di Princeton, i grumi e le macchie in quelle immagini sono stati trasformati in una mappa tridimensionale etichettata. I ricercatori hanno anche annotato molti dettagli sullo schema elettrico, come la classificazione di oltre 8mila tipi di cellule nel cervello, cosa che consente di selezionare sistemi particolari all'interno del cervello per ulteriori studi, come i neuroni coinvolti nella vista o nel movimento.

"Pietra miliare che potrebbe portare a nuove cure"

E invece di mantenere riservati i loro dati, gli esperti hanno aperto la loro mappa neurale in corso di elaborazione alla comunità scientifica fin dall'inizio, rimarcano. "La mappatura dell'intero cervello è stata resa possibile dai progressi nell'Ai - puntualizza Seung - Non sarebbe stato possibile ricostruire manualmente l'intero schema elettrico. Questa è una dimostrazione di come può far progredire la neuroscienza". Ora che c'è la mappa, aggiunge Dorkenwald, "possiamo chiudere il cerchio su quali neuroni sono correlati a quali comportamenti". Sviluppare questo enorme filone di ricerca, fanno notare gli autori, potrebbe portare a trattamenti su misura per le malattie cerebrali. Il cervello "per molti aspetti è più potente di qualsiasi computer creato dall'uomo, ma per la maggior parte ancora non ne comprendiamo la logica di fondo - riflette John Ngai, direttore della Brain Initiative - Senza una comprensione dettagliata di come i neuroni si collegano tra loro, non avremo una comprensione di base di cosa va bene in un cervello sano o cosa va male in una malattia". Il percorso continua, conclude Seung, "verso la ricostruzione di un diagramma di cablaggio di un intero cervello di topo".

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Salute e Benessere

Influenza, raffreddore, Covid o altro? Vademecum per...

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Lo schema di Pregliasco, dai segnali che indicano virus stagionali al mondo variegato delle forme 'cugine'

Bimbo col termometro (Fotogramma)

Sarà semplice raffreddore, influenza, Covid o altro? Cerchiamo di orientarci tra i sintomi quando c'è il vicino di posto in metropolitana o in autobus che tossisce, il collega col fazzoletto di carta costantemente al naso, l'amico a casa sotto le lenzuola con la febbre alta, i bimbi con la gastroenterite.

E' un ritratto della normalità invernale, ma in questi giorni sta già diventando realtà, con il debutto di ottobre, l'estate che diventa un ricordo e la stagione fredda che si fa largo. Ma come capire - leggendo nei sintomi - con quale nemico si ha a che fare? Come orientarsi in un 'parterre' sempre più affollato di virus che entrano in azione con i primi sbalzi di temperature e poi con i crolli prolungati sulla colonnina di mercurio? "C'è uno schema 'ideale', diciamo così, che - salvo il Covid che è trasversale - parte dall'alto con influenza, metapneumovirus, virus respiratorio sinciziale. Poi ci sono 262 virus" e alla base di tutto il rhinovirus, "che è quello che determina solo il naso chiuso, il raffreddore comune", spiega all'Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco.

C'è un piccolo problema: che il più delle volte è "indistinguibile" un patogeno dall'altro, "dal punto di vista clinico. Per quello c'è chi dice 'mi sono fatto l'influenza', generalizzando". Ma poi sotto questo cappello rientrano una folla di microrganismi, compresi "gli enterovirus, che portano deviazioni verso i sintomi gastrointestinali".

Il vademecum

L'esperto offre qualche indicazione per muoversi in maniera più consapevole in questo mare magnum di insidie respiratorie e, prima di tutto, stringe il cerchio sugli 'indiziati' della settimana: "Al momento - premette il direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell'università degli Studi di Milano - complici gli sbalzi termini che caratterizzano questi giorni, stanno girando in particolare le forme simil-influenzali. C'è stato qualche isolamento sporadico di influenza, ma è tipico del pre-stagione avere un mix di virus con queste proporzioni, che comprende anche gastroenteriti. L'influenza vera arriva quando la temperatura è bassa in maniera prolungata nel tempo. L'attività dei patogeni per ora non è a livello basale, ma un po' sopra la media del periodo e viaggiamo intorno a circa 150-200mila casi settimanali, secondo stime a spanne. Oggi infatti un dato ufficiale ancora non c'è, perché la rete di sorveglianza" sui virus respiratori "non è ancora partita".

I sintomi dell'influenza

Questo lo scenario attuale. Presto però si porrà il problema di capire se è influenza o altro e qui ci si imbatte in una delle poche certezze. "La vera influenza anche quest'anno si riconosce sempre con la solita triade: febbre alta", in genere da 38 gradi in su, "con inizio brusco; almeno un sintomo generale (dolori articolari o muscolari, spossatezza); almeno un sintomo respiratorio (naso che cola, tosse, occhi arrossati)", elenca Pregliasco. "Tutto il resto invece sono gli altri virus. E il Covid complica lo scenario, ci ha un po' fregato perché è trasversale: può provocare sintomi molto simili, meno o più pesanti. Può essere di tutto, anche quella cosa banale che poi magari si evolve male nei soggetti più fragili. Rompe gli schemi del passato".

I sintomi del Covid

Le ultime varianti di Sars-CoV-2 hanno dei sintomi particolari? "No - risponde Pregliasco - non si può capire, è molto variegata anche la risposta" della persona al virus. "Con le versioni più recenti si hanno forme più blande in genere, anche se possono determinare alternativamente effetti pesanti. Ho visto anche giovani con ancora la perdita del gusto e dell'olfatto e invece anziani con niente di niente. E' tutto estremamente variabile ed è proprio ancora la forza di questo virus che continua così a diffondersi. E questa incertezza determina la necessità del tampone, almeno negli anziani e fragili". Può esserci il Covid senza febbre? "Sì - dice il virologo - ormai abbiamo un'immunità ibrida che, a seconda della capacità di risposta residua rispetto all'immunoevasività delle nuove varianti, e a seconda di come si sta in termini di salute, può portare il virus a manifestarsi in vari modi".

Diversi esperti provano di volta in volta, con il debutto di una nuova variante, a fare un po' di ordine in questa varietà di forme. Proprio in questi giorni, in un focus pubblicato sul sito web di 'Yale Medicine', si approfondiscono per esempio le caratteristiche della variante XEC, che si è distinta per una rapida crescita in alcune zone dell'Europa ed è già fra le 5 varianti più diffuse negli Usa (dove è al 6% secondo le ultime stime). Secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie Cdc, i sintomi includono ancora (ma non sono limitati a) tosse, congestione o naso che cola, diarrea, febbre o brividi, mancanza di respiro e perdita di gusto o olfatto, si legge nel focus. E secondo lo specialista in malattie infettive di Yale Medicine Scott Roberts, non sembra esserci al momento alcun cambiamento nel comportamento del virus al di fuori della maggiore trasmissibilità.

Le cinque regole d'oro

Come muoversi dunque? Ancora una volta, suggerisce Pregliasco, basta tenere a mente le 5 regole d'oro: "La prima è il buonsenso, inteso come attenzione agli sbalzi termici, uso della mascherina in situazioni particolari, lavarsi le mani e tutto quello che abbiamo imparato in tempo di pandemia - elenca - Il secondo punto è: vaccinazione anti-Covid e anti-influenza per i fragili e gli anziani. Terzo: automedicazione responsabile per tutte le forme, quali che siano, per attenuare i sintomi senza azzerarli, e seguire l'andamento per 2 o 3 giorni, consultando il medico se le cose non migliorano. Il quarto principio: eseguire il tampone Covid per le persone anziane e fragili. Per loro è importante ancora eseguirlo, in quanto oltre all'automedicazione, quindi all'antinfiammatorio e ai farmaci da banco, c'è la possibilità di usare in questa fascia l'antivirale Paxlovid*. Il Covid è ancora cattivo per queste persone. Quinta regola: no all'antibiotico subito nelle prime fasi, no autoprescrizione".

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Salute e Benessere

Dengue a Fano, l’esperta di zanzare:...

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Epis (Statale di Milano): "L'attività riproduttiva dell'Aedes albopictus crolla a fine ottobre, ma potrebbe proseguire se il clima resta mite"

Dengue a Fano, l'esperta di zanzare:

"La situazione di Fano", dove si sta verificando un maxi focolaio di Dengue, "è abbastanza grave. Il virus e soprattutto le zanzare che lo trasmettono devono essere assolutamente contenute. I casi accertati di Dengue hanno superato quota 100 in un comune di media grandezza. Allarma soprattutto perché ovviamente si teme che possa diffondersi anche al di fuori" di quest'area. E' l'analisi di Sara Epis, professore associato di parassitologia all'università degli Studi di Milano, che all'Adnkronos Salute spiega quali misure vengono messe in atto in questi scenari e i tempi necessari per poter vedere i primi segni di miglioramento.

"Il Comune e le autorità stanno provvedendo a disinfestare l'intero territorio cittadino, con interventi notturni di disinfestazione attraverso delle ditte specializzate, e ne verranno fatti sicuramente altri. Molto importante - puntualizza l'esperta - è anche tutta l'attività di monitoraggio che stanno facendo in collaborazione con l'Istituto zooprofilattico, che in questo caso viene condotta su tutta la città per monitorare proprio la presenza di eventuali zanzare infette attraverso la cattura con delle trappole. Oltre a queste azioni messe in atto dal Comune per contenere la diffusione delle zanzare, come sempre è importante il contributo del cittadino per ridurre secchi, pozzetti, sottovasi con acqua e ristagni in generale che possono favorire la diffusione delle zanzare".

Quanto durerà? "Questi interventi che vengono fatti sicuramente sono molto efficaci e vanno a ridurre enormemente i siti di sviluppo larvali delle zanzare, e così anche gli interventi adulticidi, che riducono appunto" gli insetti "adulti che poi vanno a deporre le uova - riflette Epis - Sicuramente avranno un effetto che speriamo di vedere nel breve termine, associato anche al fatto che l'attività riproduttiva della zanzara tigre (è lei, l'Aedes Albopictus, che trasmette Dengue) si dovrebbe concludere con la fine di ottobre. L'arrivo del freddo ridurrà tantissimo la presenza di zanzare, sebbene queste siano zone dove non si possa escludere un prolungamento legato proprio al clima mite che l'autunno ci sta proponendo".

Bastano "piccole raccolte d'acqua, sia naturali che artificiali", perché la zanzara tigre si riproduca, ribadisce la parassitologa, "quindi è veramente importante ridurre queste aree, come innaffiatoi, sottovasi e così via, evitando che possa deporre le uova. Ho visto che a Fano sono venduti nelle farmacie" a prezzi calmierati "dei kit che possono contribuire ad aiutare un po' a controllare la presenza delle zanzare, utilizzando dei larvicidi, degli spray repellenti, delle pennette disinfettanti. Si sta facendo anche questo". Come evidenziato anche da virologi e infettivologi, "il virus va arginato - conferma Epis - Bisogna sicuramente limitare la diffusione di questi casi" di Dengue "ed evitare appunto il rischio di espansione" del focolaio.

L'infettivologo Matteo Bassetti ha ipotizzato anche una possibile vaccinazione. "Esiste un vaccino commercializzato in Italia dall'inizio di quest'anno contro Dengue, che in realtà viene somministrato alle persone che si recano in Paesi endemici e che ci rimangono per un po' di tempo. Potrebbe essere somministrato anche in queste aree, proprio per evitare che ci siano queste particolari espansioni come è successo nel comune di Fano", osserva l'esperta.

Cosa ha favorito il maxi focolaio? "Dal confronto con colleghi anche del Centro Italia - riporta Epis - non mi risulta che siano state evidenziate particolari situazioni, che sia stato un anno particolarmente ricco di zanzare nella zona del Centro. A mio avviso adesso i fattori sono 3: sicuramente in generale c'è un'abbondanza di zanzare tigre, forse sono state fatte poche disinfestazioni prima, in più c'è anche il clima mite che favorisce la diffusione in questa stagione. Quindi, come è successo l'anno scorso" anche in altre aree, "ci sono stati questi casi".

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Salute e Benessere

Allergie respiratorie, un Manifesto sui diritti e i doveri...

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Sottoscritto da 15 organizzazioni del mondo medico-scientifico, dei pazienti e delle istituzioni e presentato alla Camera

Allergie respiratorie, un Manifesto sui diritti e i doveri di chi ne soffre

Le allergie respiratorie rappresentano un pesante onere sociale ed economico per i sistemi sanitari nazionali. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità e la letteratura scientifica, circa 350 milioni di persone a livello globale soffrono di malattie legate a questi problemi cronici - dalla rinite all'asma bronchiale - che incidono fortemente sulla qualità di vita con grandi implicazioni sociali, economiche e cliniche. E una sintomatologia che richiede una gestione impegnativa, con visite specialistiche regolari, urgenti e anche ricoveri per la gestione dei casi più severi. Nasce da qui il 'Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie', presentato oggi durante una conferenza presso la Camera dei deputati e sottoscritto da 15 organizzazioni rappresentative del mondo medico-scientifico, dei pazienti, delle istituzioni.

I National Institutes of Health degli Stati Uniti hanno riconosciuto l'ipotesi che l'aumento del livello di igiene e l'esposizione a sostanze inquinanti, tipici delle società più avanzate del mondo, influiscano sulla risposta immune favorendo sensibilizzazione allergica. A quello ambientale si aggiungono altri fattori di rischio individuali, genetici e legati alla familiarità, comportamentali e relativi a stili di vita inadeguati. Nel nostro Paese si stima che ogni anno circa 10 milioni di persone si ammalano di allergie respiratorie per l'esposizione ad allergeni di pollini, muffe, acari e animali domestici, e si calcola che circa il 15-20% della popolazione italiana soffra di allergie, fenomeno in crescita, soprattutto tra i più giovani e le donne.

I costi diretti dell'asma, derivanti dall'uso dei farmaci e dei servizi sanitari, rappresentano circa l'1-2% della spesa sanitaria, mentre quelli indiretti (per assenteismo scolastico e riduzione dei giorni di lavoro dei genitori per l'assistenza al figlio), nei casi più gravi, costituiscono oltre il 50% dei costi complessivi, arrivando a incidere, in termini economici, più di patologie quali tubercolosi e infezione da Hiv combinati. Il nuovo Manifesto vuole essere uno stimolo a tutelare i diritti e l'accesso alle cure della persona con allergie respiratorie e a potenziare e razionalizzare l'assistenza, favorendo la crescita di ampie strutture specialistiche in costante e dinamico collegamento con il territorio.

Il Manifesto è stato sviluppato dall'istituto di ricerca Bhave, con il coinvolgimento oltre delle società scientifiche, anche di Cittadinanzattiva, Respiriamo Insieme e Alama. Il documento si focalizza su molti temi come: i diritti della persona con allergie respiratorie, le aspettative e responsabilità della persona con allergie respiratorie e dei suoi familiari, l'associazionismo responsabile, la prevenzione delle allergie respiratorie, la remissione e controllo delle allergie respiratorie, l'impegno nella ricerca, l'educazione continua della persona con allergie respiratorie, il dialogo medico-persona, le allergie respiratorie in età evolutiva e nell'anziano fragile, il rapporto delle allergie respiratorie col fenomeno dell'immigrazione e col territorio.

"Il 'Manifesto dei diritti e dei doveri della persona con allergie respiratorie' rappresenta una tappa fondamentale del percorso che stiamo facendo grazie all'attività svolta dall'Intergruppo parlamentare sulle allergie respiratorie, di cui sono presidente insieme alla senatrice Sbrollini, con il supporto di un grande team di tecnici ed esperti che si sono messi a disposizione per questo progetto. Il Manifesto vuole essere uno stimolo ed una roadmap che possa far crescere e potenziare il sistema di accesso alle cure per le persone affette da allergie respiratori", ha detto Paolo Ciani, vicepresidente gruppo Pd-Idp e segretario della XII Commissione Affari sociali alla Camera.

Gli fa eco Daniela Sbrollini, vice presidente Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato. "A fronte di una situazione epidemiologica e clinica di estrema rilevanza - osserva - l'assistenza allergologica versa in una situazione spesso preoccupante. Con la dismissione di strutture in ambito ospedaliero, come purtroppo avvenuto in questi ultimi anni, si è drammaticamente ridotta la possibilità di intervenire su malattie gravi e potenzialmente fatali e che necessitano di un'assistenza complessa".

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