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Cancro al polmone, al via nuovo progetto telemedicina per gestione pazienti

Presentato lavoro congiunto tra Msd Italia, Fondazione Irccs Int e School of Management Politecnico Milano

Cancro al polmone, al via nuovo progetto telemedicina per gestione pazienti

Migliorare l'assistenza al paziente con tumore al polmone, grazie anche al supporto di strumenti innovativi e digitali, come la telemedicina. E' questo l'obiettivo del progetto 'L'importanza del partenariato pubblico-privato nella gestione del paziente oncologico', che vede un lavoro congiunto di Msd Italia, Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano e School of Management del Politecnico di Milano. Un progetto - riporta una nota - nato sulla base di una collaborazione fattiva che, dopo la fase di analisi da poco conclusa, entra sempre più nel vivo, proponendosi di innovare i processi organizzativo-gestionali che caratterizzano il percorso di cura del paziente con tumore al polmone.

"La crescente complessità del contesto sociale, economico e sanitario in cui operiamo e le innumerevoli sfide legate alla salvaguardia della salute richiedono un approccio sinergico e innovativo che coinvolga il settore pubblico quanto quello privato - dichiara Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata di Msd Italia - La partnership è essenziale per garantire quell'accesso alle cure sempre più completo, equo e di qualità di cui le persone necessitano. Spinti da questo grande senso di responsabilità, abbiamo dato vita - con la Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori e il Politecnico di Milano - a una collaborazione virtuosa, fondamentale nella definizione di un processo innovativo capace di migliorare la gestione e la presa in carico del paziente con tumore al polmone. In un mondo in cui la salute è una priorità globale, siamo consapevoli che all'investimento in Ricerca&Sviluppo (per il quale primeggiamo tra le aziende farmaceutiche a livello mondiale e anche nel nostro Paese) vadano affiancate collaborazioni strategiche in grado di far fronte alle sfide del futuro per garantire il benessere di tutti".

Tra gli obiettivi principali della partnership c'è l'ottimizzazione dei processi di presa in carico precoce e gestione del paziente al fine di raggiungere una diagnosi tempestiva della malattia, oltre che l'attuazione di un percorso di cura efficace e capace di rispondere alle esigenze del paziente e del proprio caregiver.

Dalla fase di studio - prosegue la nota - emerge che l'Int si posiziona come centro di riferimento a livello nazionale, con 1.900 accessi annui per tumore al polmone, di cui oltre la metà provenienti da regioni diverse dalla Lombardia. L'Int offre ai pazienti la possibilità di completare l'iter diagnostico in tempi brevi e con un approccio multidisciplinare - grazie all'istituzione di un percorso Centro accoglienza toracica (Cat) dedicato ai pazienti non in possesso di una diagnosi pregressa - che vede il coinvolgimento delle figure professionali dell'oncologo, del chirurgo toracico e dello pneumologo nella definizione della diagnosi e del piano di trattamento più appropriato per il paziente, entro 30 giorni dal primo accesso.

Nel percorso Cat, che prevede la discussione dei casi, si confrontano quindi, per definire il piano di trattamento più appropriato per il paziente, lo staff multidisciplinare formato da circa una decina di specialisti, ai quali si aggiunge il contributo fondamentale anche del Case Manager, figura che si occupa della presa in carico complessiva del paziente e nello specifico delle attività amministrative e gestionali inerenti al corretto e rapido svolgimento dell'iter diagnostico.

Presso l'istituto i pazienti soggetti a terapia, nell'arco dell'anno oggetto di analisi, sono stati circa 3.600, di cui quasi l'80% per terapia breve. A tal proposito, l'Int offre ai pazienti diverse opzioni terapeutiche attraverso trial interventistici, ma anche osservazionali (che vedono coinvolti circa il 95% dei pazienti in carico). Nonostante una stima di fabbisogno annuale di Tc di circa 1.400 prestazioni l'anno, con valori più elevati per la fase di trattamento e follow-up, è reale la difficoltà dell'istituto nel rispondere adeguatamente alla richiesta di approfondimenti diagnostici, a causa della scarsità delle risorse radiologiche disponibili al suo interno. Una mancata prestazione, questa, che porta i pazienti a rivolgersi esternamente per approfondimenti radiologici di questo tipo.

Grazie anche al confronto con la community global di Msd - continua la nota - nella fase di analisi l'Int è stato messo a confronto con altri 8 centri di rilievo internazionali, con l'obiettivo di cogliere eventuali elementi di innovazione e best practice da importare e adottare al proprio interno. I centri considerati, con riferimento al contesto europeo ed extra-europeo, sono tra quelli di eccellenza nel panorama della cura oncologica, a partire dall'istituto stesso. Tra i casi di valore emersi da questa analisi di benchmark troviamo l'utilizzo di nuove tecnologie (es. strumenti di intelligenza artificiale e di telemedicina), ma anche cambiamenti di processo e di tipo organizzativo. Le azioni di miglioramento riscontrate sono state catalogate all'interno di una matrice complessità-impatto per fornire all'istituto uno strumento attraverso cui valutare la fattibilità di implementazione di ciascuna azione e prioritizzare di conseguenza tali miglioramenti.

"L'integrazione pubblico-privato - commenta Gustavo Galmozzi, presidente Fondazione Irccs Int di Milano - rappresenta una sinergia molto positiva per il sistema sanitario, consentendo allo stesso di sviluppare ricerca e innovazione nella diagnosi e nella cura, nonché di progettare e di realizzare nuovi modelli organizzativi". Osserva Carlo Nicora, direttore generale dell'istituto: "Oggi più che mai la domanda di salute e di servizi, le innovazioni tecnologiche, i cambiamenti dei quadri epidemiologici, le pressioni sociali, politiche ed economiche, sono alla base della crescente complessità della sanità moderna. Per il nostro Irccs ciò si traduce nella missione di unire le prestazioni clinico-assistenziali di ricovero e cura a specifiche attività di riorganizzazione dei setting assistenziali e di ricerca scientifica, laddove l'accento è posto appunto sulla contestualità e complementarità fra queste dimensioni".

Il progetto "rappresenta un esempio vincente di collaborazione tra pubblico e privato - sottolinea Paolo Locatelli, responsabile scientifico dell'Osservatorio Sanità digitale della School of Management del Politecnico di Milano - che ha consentito una vasta gamma di competenze ed expertise multidisciplinari. Lo studio approfondito del percorso del paziente con tumore al polmone ha permesso di evidenziarne sia le peculiarità che le aree di miglioramento. I risultati hanno confermato il ruolo centrale dell'istituto come centro di eccellenza, anche per l'accesso facilitato e rapido dei pazienti al percorso di cura. Msd Italia ha creato l'opportunità per condurre questo tipo di progettualità, un forte interesse nel favorire progetti innovativi portando la propria esperienza anche in contesti internazionali che hanno ulteriormente valorizzato i punti di forza individuati. I risultati rafforzano l'importanza di tali partnership che, attraverso impegno e cooperazione, possono contribuire a migliorare la qualità dei percorsi di cura". Dello stesso parere Emanuele Monti, presidente Commissione IX Sostenibilità sociale, casa e famiglia della Regione Lombardia, per cui "investire in sinergie tra pubblico e privato rappresenta un pilastro strategico per il futuro del nostro sistema sanitario per garantire innovazione e qualità nelle prestazioni. Collaborazioni come quella che viene raccontata oggi, che favorisce l'integrazione tra ricerca, sviluppo tecnologico e cura del paziente, apportano benefici importanti al sistema".

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Salute e Benessere

Natalità, Colacurci (Sigo): “Contro il calo delle...

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Al convegno ‘Tackling infertility’, l’esperto ‘cambiare modello maschile di realizzazione’

Natalità, Colacurci (Sigo):

“Il modello è da cambiare. Se la gravidanza torna centrale, gratificante e non penalizzante per la donna, probabilmente si sarà maggiormente portati a fare figli. Avere figli non deve potare a una penalizzazione nella propria realizzazione lavorativa”, dato che anche la questione economica ha un peso nella scelta di diventare genitori. “Non si deve scegliere tra la possibilità di realizzarsi nel mondo del lavoro e l’avere figli. La maternità deve essere gratificata”. Lo ha detto all’Adnkronos Nicola Colacurci, past president Sigo, Società italiana di ginecologia e ostetricia, tra i 50 esperti europei riuniti fino a domani a Parigi al convegno ‘Tackling infertility’, organizzato dalla Federazione francese di studi sulla riproduzione (Ffer), con il supporto di Merck, con l’intento di realizzare un Manifesto di raccomandazioni per i legislatori degli Stati Ue per affrontare la denatalità del Vecchio continente.

“Dobbiamo cambiare il sistema di gratificazione maschile - continua Colarcurci - Oggi, inevitabilmente, una donna, per fare carriera, si confronta con un modello maschile. C’è una sorta di rifiuto della femminilità, nei paesi del Nord Europa viene usata molto la pillola che dilaziona nel tempo la mestruazione. Sembra il rifiuto di una caratteristica che non è un optional. Fino a quando il modello di riferimento resta quello maschile inevitabilmente non viene previsto che la donna allatti, quindi, non può allattare in ufficio o nel posto di lavoro. Non è previsto - conclude - che il bambino abbia un luogo dove poter stare” mentre la mamma lavora.

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Salute e Benessere

Natalità: Anserini (Sifes-Mr), ‘la Pma non risolve tutti i...

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Al convegno ‘Tackling infertility’, per invertire la tendenza ‘rendere centri pubblici competitivi e puntare su ovodonazione’

Natalità: Anserini (Sifes-Mr), ‘la Pma non risolve tutti i problemi della fertilità’

“Purtroppo i successi delle tecniche fanno pensare che possano risolvere tutto, ma non è così. Abbiamo uno strumento molto potente, che è la crioconservazione degli ovociti per motivi oncologici e medici, ma anche sociologici”, il social freezing. “La possibilità però di avere figli con quegli ovociti è del 90%. Nel 2005 la media dell’età delle donne che facevano cicli di fecondazione assistita era 35 anni e il 20,7% aveva oltre 40 anni. Nel 2021, la media è salita a 36,8 anni e le donne over 40 sono il 34,4%. I dati si riferiscono a quelle che fanno cicli con i loro gameti, escludendo quindi l’ovodonazione”. Così Paola Anserini, presidente Sifes-Mr, Società italiana di fertilità sterilità e medicina della riproduzione, all’Adnkronos Salute oggi, a Parigi, dove una cinquantina di esperti europei si confronta al convegno ‘Tackling infertility’, organizzato dalla Federazione francese di studi sulla riproduzione (Ffer), con il supporto di Merck, per la realizzare di un Manifesto di raccomandazioni per i legislatori degli Stati Ue per affrontare l’inverno demografico del nostro Continente.

“La Pma non è l’ultima spiaggia: se non si riesce ad avere figli, ci si deve rinvolgere allo specialista della fertilità”, avverte Anserini ricordando che attualmente i bimbi nati con la fecondazione medicalmente assistita sono intono al 4% del totale. Pensando poi a una roadmap ideale per invertire la tendenza della denatalità, per l’esperta è fondamentale “rendere i centri pubblici di procreazione mediamente assistita (Pma) in grado di competere con il livello dei privati perché la Pma è sostenuta, ma non troviamo biologi, medici disposti a lavorare in questi centri”.

Riferendosi poi all’aumento delle donne over 40 che desiderano avere figli, l’esperta sostiene l’importanza di incrementare l’ovodonazione. Come è noto con l’avanzare dell’età anche gli ovociti invecchiano riducendo quindi la probabilità di portare a una gravidanza. Attualmente, in Italia “quasi il 100% degli ovociti viene importato da banche private estere - sottolinea Anserini - Questa è una realtà che segue criteri commerciali per la carenza di ovociti che è difficile da sostenere anche per il sistema pubblico. Per questo andrebbe incentivata l’autopreservazione degli ovociti nel pubblico non solo per questioni di salute - trattamenti oncologici, malattie neurodegenerative, menopausa precoce - ma anche nelle donne tra i 28 e 33 anni, chiaramente coinvolgendo giuristi e bioeticisti, ma credo sia una strada da percorrere, come una possibilità in più, ma anche in ottica di ovodonazione, nel caso in cui la donna non ne facesse uso”.

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Salute e Benessere

Natalità, esperti a Parigi su crisi della fertilità in...

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Obiettivo del convegno formulare raccomandazioni applicabili in Ue per invertire la tendenza

Natalità, esperti a Parigi su crisi della fertilità in Europa:

Il calo della fertilità in Europa richiede una mobilitazione collettiva a livello continentale. Con un tasso di natalità medio di 1,46 figli per donna, ben lontano dal valore soglia di 2,1 per la sostituzione della popolazione, l’Ue è in pieno inverno demografico. La crisi della fertilità può essere attribuita a numerosi fattori socioeconomici, culturali, medici e ambientali, rendendola particolarmente difficile da affrontare. In questa che è ‘una sfida per tutti’, con l’obiettivo di far avanzare il dibattito e formulare raccomandazioni concrete applicabili negli stati membri dell’Ue, 50 esperti europei sono riuniti oggi e domani a Parigi, all’evento ‘Tackling infertility’, organizzato sotto l’egida di Samir Hamamah, presidente della Federazione francese di studi sulla riproduzione (Ffer), con il supporto di Merck. All’incontro partecipano professionisti della sanità, ricercatori, associazioni di pazienti e decisori politici in un dialogo sulle sfide legate al calo della fertilità e alla crisi della natalità in Europa.

Secondo i dati pubblicati da Eurostat nel 2022, il tasso di natalità era di 1,16 in Spagna, 1,24 in Italia e 1,29 in Polonia. Anche la Francia, con 1,79 figli per donna, superiore la media europea che è di 1,46, non è immune al declino generale: il suo tasso di fertilità è stimato in calo a 1,68 nel 2023. Definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come “l’incapacità di ottenere una gravidanza clinica dopo 12 mesi di rapporti sessuali regolari e non protetti”, l’infertilità colpisce circa 1 persona su 6 durante gli anni riproduttivi, 25 milioni di europei. Eppure, nonostante l’urgenza della situazione, la natalità non è ancora stata posta al centro dell’agenda delle politiche pubbliche europee. Le risposte fornite finora, spesso limitate a un solo aspetto del problema e non coordinate, non sono riuscite a fermare il calo della natalità.

In questo contesto, l’obiettivo dell’incontro del 3 e 4 ottobre, all’ombra della Torre Eiffel, è quello di incoraggiare un approccio olistico al calo della fertilità e di sviluppare soluzioni per le varie dimensioni della crisi della natalità in Europa, inclusa l’infertilità. Le raccomandazioni a cui lavorano gli esperti riuniti a Parigi si concentrano su 3 questioni chiave: sensibilizzazione, accesso alle cure e rafforzamento delle politiche pubbliche.

Molti europei non sono a conoscenza delle cause e delle possibili soluzioni all’infertilità, ma la sensibilizzazione pubblica è una questione cruciale. Gli esperti sono quindi al lavoro per esplorare vari modi per informare efficacemente il pubblico e combattere stereotipi e pregiudizi, in particolare tra le giovani generazioni, che generalmente sono meno interessate ai problemi di fertilità. Una particolare attenzione è riservata anche alla formazione iniziale e continua dei professionisti della sanità, che svolgono un ruolo chiave nel trasmettere questi messaggi di prevenzione e informazione.

Tra i vari fattori che pesano sull’infertilità, oltre agli stili di vita e all’esposizione a sostanze nocive, c’è anche la carenza di politiche in grado di favorire l’equilibrio tra vita lavorativa e privata e un facile accesso ai servizi scolastici e agli asili nido per l’infanzia. Secondo gli esperti, a livello politico, servono servizi e regolamenti adeguati per questo raccomandano misure per sostenere la fertilità, affrontando le cause dell’infertilità e facilitando i progetti di genitorialità.

Un’altra area chiave di intervento è il miglioramento del percorso dei pazienti affetti da infertilità. In Europa, ad esempio, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita (Pma) rimane altamente variabile. In base all’esperienza dei pazienti o dei professionisti e alla letteratura scientifica, nel corso del convegno viene affrontato il tema delle disuguaglianze nell’accesso alle cure, che possono dipendere dalla regione di residenza o dalla copertura economica del trattamento. Oltre alle opportunità per migliorare i percorsi di cura, con particolare attenzione alla diagnosi, al supporto medico e psicologico, il confronto riguarderà anche il possibile ruolo dei datori di lavoro e l’informazione adeguata ai pazienti. Le raccomandazioni condivise nella due giorni parigine saranno raccolte in un Manifesto, che sarà comunicato ai decisori e legislatori europei per sensibilizzarli sulle sfide poste dalla crisi della fertilità e per fornire loro percorsi di azione su questo grave problema per il futuro del continente.

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