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Fedez, silenzio social dopo lo scandalo ultras. Dove è finito?

Dopo il caso ultras, il rapper si è chiuso nel silenzio. Il suo nome vicino agli arrestati

Fedez (Credit: Fotogramma/IPA)

Fedez ha scelto la via del silenzio. L'ultimo post del rapper condiviso sui canali social risale al 29 settembre, il giorno prima del maxi blitz della polizia che ha portato all'arresto di 19 personaggi appartenenti ai vertici delle curve di Inter e Milan. Alcuni di questi, molto vicini all'ex di Chiara Ferragni.

Il motivo del silenzio

Tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare figurano tra gli altri, Christian Rosiello, il bodyguard di Fedez e Islam Hagag, conosciuto come 'Alex Cologno', anche lui amico del rapper. Fedez, tuttavia, è estraneo ai fatti: non è indagato, ma il suo nome - da quando è scoppiato lo scandalo - è sempre presente tra le pagine dei giornali. Sarà stato questo il motivo per cui Fedez ha scelto il silenzio?

È atipico per Fedez non aggiornare quotidianamente il suo profilo social. "Perché è sparito?", si legge tra i commenti che lasciano gli utenti sotto i suoi post. Insomma, la presa di posizione insospettisce il web. Per alcuni è solo una strategia di marketing, per altri potrebbe essere collegato al rapporto con Chiara Ferragni.

Dopo l'inaugurazione di una accoglienza nata e finanziata anche grazie alla 'Fondazione Fedez', il rapper ha scelto di non esporsi troppo a bufere mediatiche, mantenendo un profilo basso e lasciando agire il suo avvocato.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Spettacolo

Tutte le news esclusive scoperte per voi a Daytona

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Grazie al nostro lungo viaggio americano negli anni ’90, abbiamo scoperto tantissime curiosità super esclusive. Ad esempio, a marzo 2025 ci sarà a Daytona un nuovo super incontro tutto dedicato a Beverly Hills 90210, stavolta con la partecipazione di Jason Priestley, assente in passato perché impegnato su un set, e Tori Spelling, mancata all’ultimo per il suo impegno come concorrente a Dancing with the Stars (il Ballando con le stelle Made in USA).

Sapevate che Grant Show, star del nuovo Dynasty e soprattutto di Melrose Place, ha amici a Napoli e non vede l’ora di tornarci? Invece, Heather Locklear, che nel primo Dynasty era Sammy Jo e poi iconica Amanda in Melrose Place, non compariva in pubblico da tre anni a causa di varie vicende personali.

Una curiosità su Melissa Joan Hart, il volto di Sabrina, vita da strega: l’attrice ha condiviso l’evento con Joey Lawrence, suo collega nella sit-com Melissa & Joey, ma hanno praticamente fatto tutto da separati. Inoltre, a differenza di Melissa, Joey Lawrence, a meno di 50 anni, è quasi irriconoscibile!

Grande entusiasmo ha suscitato Jaleel White: il suo Steve Urkel di Otto sotto un tetto è davvero ben impresso nella memoria di tutti. Abbiamo scoperto che il personaggio doveva durare una sola puntata, per poi trasformarsi nel protagonista assoluto della sit-com. E per questo motivo, il resto del cast non gli rivolgeva la parola (per invidia?) a parte le scene del copione da girare per contratto!

A proposito di Settimo Cielo: la matriarca è invecchiata molto, mentre Beverley Mitchell, cioè Lucy, a 43 anni, è praticamente uguale a com’era allora.

Infine, Daphne Zuniga, la Jo di Melrose Place e volto anche di One Tree Hill, ha partecipato pure a una reunion di quest’ultima serie. Proprio come Melrose Place, sembra che anche One Tree Hill avrà un seguito atteso con ansia dai fan.

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Spettacolo

Sylvie Lubamba torna protagonista a Striscia la Notizia:...

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Ritorno da protagonista per Sylvie Lubamba, la celebre showgirl, modella e attrice italiana. Dopo aver preso parte a diversi programmi di successo, come La Talpa, Lucignolo e Pomeriggio Cinque, la giunonica toscana è entrata a far parte della famiglia di Striscia La Notizia. È apparsa, infatti, nel servizio di Dario Ballantini in onda su Canale 5 lo scorso 30 settembre.

Nei panni di Vanna Tuttapanna, l’imitazione irriverente del generale Roberto Vannacci, Ballantini ha voluto al suo fianco Sylvie come personale ‘disturbatrice’. “Il generale ascolta sempre quello che dicono le donne” è stata una delle frasi canzonatorie pronunciate da Lubamba, intervenuta nel bel mezzo di uno scambio di opinioni tra l’imitatore e il Senatore del Partito Democratico Nicola Irto.

Affascinata, ma neanche troppo, dalla ‘mimetica’ di Vanna Tuttapanna, Sylvie ha poi puntualizzato all’uomo che “se continua a dire nero, ce la fanno nero prima o poi”.

Sketch divertenti e pungenti, con una buona dose di satira politica che non guasta mai, messi in luce dalla bellezza di Sylvie Lubamba, che ancora una volta ha saputo fare centro con la sua intelligenza ed ironia. D’altronde, “che sola ‘sto generale”, ha detto a fine servizio l’attrice, senza mascherare minimamente il suo pensiero.

Lo stesso che potrà approfondire nei prossimi appuntamenti di Striscia la Notizia, perché la vedremo ancora! Sempre su Canale 5, sempre a Striscia.

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Cultura

L’evoluzione dei graffiti nell’arte: intervista a Nico...

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Nico “Lopez” Bruchi è un artista poliedrico: pittore, fotografo, video-maker ed attivista sociale, incarna l’arte nella sua totalità. La sua passione per la creatività si manifesta in ogni campo in cui si esprime.

Nato a Volterra, in una famiglia di creativi, “Lopez” si è immerso fin da giovane nelle subculture urbane come lo skateboard e la street art, che hanno profondamente influenzato il suo percorso artistico e di cui, ed in breve tempo, è diventato uno dei punti di riferimento più importanti.

Oggi ricopre il ruolo di direttore artistico della EDFcrew, un ambizioso progetto di arte sociale che si dedica alla riqualificazione urbana. Con questo collettivo, Bruchi realizza decine di interventi artistici all’anno, trasformando spazi trascurati in opere d’arte, e continua a lavorare come direttore creativo su scala internazionale, collaborando a progetti innovativi che uniscono arte, design e impegno sociale. Lo incontriamo per parlare di urban art.

Cosa sono i graffiti per te?

Sono la più antica e necessaria espressione e affermazione dell’esistenza umana. Nascono nella preistoria e sono antecedenti alla scrittura. Sono cambiati i modi, ma non abbiamo mai smesso di farne, quindi si può dire che siano la più primordiale forma espressiva che abbiamo. Sono da sempre anche una forma di appropriazione di spazi e concetti, per questo motivo sono stati spesso generati in occasione di ribellione di manifestazioni di dissenso, con desiderio d’imponenza, d’invasione di spazi pubblici per autoproclamare sovversivi messaggi alla popolazione. Sono stati vera e propria pubblicità, decorazione, espressione di potenza e ricchezza (affreschi nelle ville), raffigurazione del divino (affreschi nelle chiese).

Per me, però, tutto nasce con i graffiti di Fernando Oreste Nannetti, meglio noto come NOF4, uno degli ospiti del manicomio di Volterra che, durante gli anni di reclusione, incise con le fibbie delle cinture tutte le mura esterne del padiglione manicomiali, creando un vero e proprio diario della sua mente. Considerato un capolavoro dell’Art Brut, il graffito di Nannetti, nella sua cripticità, riportava autoaffermazioni della sua esistenza e personali definizioni del proprio essere, tra le più leggibili, si distingueva questa: “…io sono un astronautico ingegnere minerario nel sistema mentale. Questa è la mia chiave mineraria. Sono anche un colonnello dell’astronautica astrale e terrestre.”

Crescere circondato da un’opera così potente ti lascia un segno profondo. La prima volta che scrissi su un muro avevo circa 7 anni, usando un pezzo di alabastro che un artigiano lasciava fuori dalla sua bottega per farci disegnare. Anni dopo, intorno ai 14, scoprii i graffiti “a bomboletta”, come i chiamo io. Praticando skateboard da rollerblading ero spesso negli skatepark ed inevitabilmente inciampai in alcuni writers milanesi e svizzeri. Rimasi affascinato e qualche anno più tardi cominciai dilettarmi nell’uso degli spray.

Vivendo a Volterra, con le sue antiche mura vincolate come beni storici, per evitare denunce iniziai a sperimentare coi graffiti nell’ex manicomio abbandonato. Passavo le giornate da solo a esercitarmi con gli spray. Quel luogo divenne il centro dei graffiti a Volterra, e per rispetto di NOF4, mi sono sempre impegnato a proteggere il suo lavoro, raccontando la sua storia agli artisti e invitandoli a dipingere altrove.

Come hai incontrato la EDFcrew?

Un giorno, un amico (Daniele Orlandi a.k.a. Umberto Staila) mi invitò a una jam di graffiti a Pontedera, dove parteciparono artisti da tutta Italia. Fu stupendo e a fine evento, lui e il suo socio (Niccolò Giannini a.k.a. Joke) mi proposero di entrare nella loro crew, la EDFcrew. Da quel momento, la mia vita cambiò e la crew divenne la mia priorità. Oggi, 20 anni dopo, sono il direttore artistico della EDFcrew, composta da sei artisti e molte figure professionali. I graffiti, da mezzo per esplorarmi e affermarmi, si sono trasformati in uno strumento di creatività sociale e comunitaria, diventando il motore della mia rivoluzione personale.

I graffiti e le opere d’arte urbana hanno attraversato un incredibile viaggio culturale, trasformandosi da attività clandestina a fenomeno celebrato ed integrato nella società contemporanea. 

Nel corso degli anni, i graffiti hanno subito una straordinaria trasformazione culturale, passando dall’essere una forma clandestina di espressione ad un fenomeno celebrato ed integrato nella società. Artisti come me hanno contribuito a questo cambiamento, trasformando i graffiti in opere d’arte che suscitano riflessioni e dialoghi. Si è verificata una separazione tra il ‘Writing’ puro, che si basa sull’auto-affermazione egotica attraverso la scrittura del proprio nome, e i graffitisti figurativi che desideravano esprimersi senza i rischi del Writing clandestino.

Gli artisti figurativi, partendo dal concetto di graffiti “Puppet”, hanno evoluto il loro stile, dedicando più tempo alla creazione rispetto ai rapidi interventi clandestini sui treni. Con il tempo, i graffiti si sono spostati in spazi legali, più adatti alla realizzazione di opere complesse e decifrabili anche da chi non appartiene alle Street Cultures. Molti artisti hanno partecipato a jam su muri concessi dalle istituzioni, portando all’integrazione dei graffiti nell’ambiente urbano e alla nascita di movimenti come la Street Art e il muralismo. Grazie a internet, i graffiti hanno raggiunto una diffusione globale, entrando anche nei musei e nel mercato dell’arte. 

E cosa succederà alle città invase dai murales, quando questi inevitabilmente si deterioreranno?

I murales che contengono un forte valore concettuale ed estetico rimarranno nei ricordi di chi li ha vissuti. Le città si evolvono costantemente, e i murales deteriorati potranno aggiungere un fascino ‘neorealista’ a certi quartieri, o essere restaurati o sostituiti. La natura effimera del muralismo lo rende affascinante: alcune persone potrebbero stancarsi, ma altri continueranno a trovare ispirazione nella loro bellezza, proprio come accade per le grandi opere d’arte.

Noi della EDFcrew ci impegniamo a creare arte sociale, coinvolgendo le comunità nei processi creativi e producendo murales che portano la loro voce. Chiudo dicendo che per molti (e mi metto anch’io tra questi) questa forma d’arte non è che l’inizio di un percorso artistico che poi, col tempo, prende nuove strade contemporanee dell’arte.

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