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Generazione G compie un anno e festeggia 800mila euro raccolti e 42 bambini nati

Donazioni per 800mila euro, 42 bimbi nati, creazione di una rete di supporto per i genitori in 29 città e 14 regioni. Questo il bilancio di un anno di Generazione G (Generazione Genitori), il progetto avviato da PRG Retail Group in collaborazione con Moige (Movimento Italiano Genitori) per sostenere la natalità in Italia. Punto di partenza: contrastare il fenomeno per cui nel nostro Paese “non nascono più genitori”, piuttosto che “non nascono più bambini”.

Dopo 12 mesi i risultati sono concreti: grazie agli 800mila euro di fondi raccolti tramite l’alleanza tra PRG Retail Group (Prénatal, Toys Center, Bimbostore, FAO Schwarz), Moige e le realtà partner quali Chicco, Clementoni, Fater, MAM, Mattel e Okbaby, è stato possibile mettere in piedi una rete strutturata di aiuti che ha portato a formare 53 genitori esperti in modo da fornire sostegno a 264 famiglie fragili, di cui oltre il 70% alla prima gravidanza. Quattordici le regioni toccate dall’iniziativa: Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia.

Genitori esperti a sostegno delle famiglie fragili: la rete di supporto

Il progetto ha coinvolto 264 famiglie fragili, intese come nuclei che si trovano in disagio economico, giovani o adulti in attesa o con figli 0-18 mesi, in presenza di ostacoli culturali, assenza di una rete familiare di supporto, problematiche di carico assistenziale e di integrazione nel tessuto sociale, e ancora nuclei con fragilità sociali e sanitarie, scarsa istruzione.

Moige ha svolto un ruolo strategico per la creazione della rete dei genitori esperti, ovvero mamme e papà lavoratori o in pensione, pedagogisti, psicologi, medici, ostetriche, consulenti familiari, mediatori familiari, doule. Tutti sono stati formati per fornire il giusto sostegno, per garantire qualità ed efficienza, massima comprensione del suo valore e allineamento sui benefici desiderati.

Solitudine e fragilità sociale, grandi ostacoli alla genitorialità

I servizi erogati sono modulari e differenti a seconda della famiglia, ed è interessante vedere che quelli più richiesti hanno molto a che fare col senso di solitudine e la fragilità sociale, che sono tra i grandi ostacoli alla genitorialità:

supporto psicologico ed emotivo e ascolto attivo
assistenza per visite mediche e commissioni
gestione della salute e cura del bambino

Il progetto ha anche facilitato la creazione di momenti di confronto, come corsi e appuntamenti, chat e gruppi che forniscono sostegno e informazioni pratiche ai genitori. In particolare, si sono rivelati utili incontri come la colazione delle mamme, un format pensato per permettere alle madri di incontrarsi, condividere esperienze e superare la solitudine che spesso caratterizza i primi mesi di genitorialità. Il programma inoltre prevede la donazione di beni essenziali e giochi educativi da parte delle aziende partner.

“Puntiamo a un milione di euro e 500 famiglie fragili entro l’anno”

“Oggi siamo davvero orgogliosi di celebrare Generazione G e restituire a chi ha dato il proprio contributo il valore concreto che è stato generato a distanza di un anno dal suo lancio. Generazione G è stato accolto con grande entusiasmo dalla comunità e – grazie alla generosità dei nostri clienti, dei nostri preziosi partner e dell’associazione Moige – miriamo a raggiungere un milione di euro per poter estendere il supporto ad un totale di 500 famiglie fragili entro l’anno. Un obiettivo che vuole consolidare il nostro ruolo di Gruppo responsabile e impegnato su un tema molto attuale e importante per il nostro Paese come la denatalità”, ha dichiarato Alberto Rivolta, ceo di PRG Retail Group.

Alberto Rivolta, ceo di PRG Retail Group

Sulla stessa linea Antonio Affinita, direttore generale Moige: “Il progetto sta avendo un grande impatto sociale e umano, con tante azioni concrete che hanno consentito alle famiglie fragili di ricevere il sostegno emotivo e psicologico di cui avevano bisogno in un periodo delicato”. “Si sono create numerose relazioni di amicizia che hanno ampliato la rete sociale delle famiglie fragili. Generazione G ha visto coinvolte in rete tante realtà locali, associazioni che si sono unite a noi con il loro prezioso supporto in questa sfida sociale. Auspichiamo che questa iniziativa sia da apripista ad una nuova visione della genitorialità in Italia, non come peso da sopportare ma come esperienza entusiasmante da vivere”, ha concluso.

La soddisfazione dei partner

Soddisfazione per i risultati raggiunti, che motivano a proseguire su questa strada, è stata espressa anche da parte delle aziende partner, intervenute all’evento di celebrazione di Generazione G.

“La partecipazione a Generazione G si integra perfettamente con i valori e l’impegno di Chicco a sostegno della genitorialità. Siamo sempre disponibili a partecipare a iniziative come questa perché l’obiettivo di Chicco è di dare un supporto sempre maggiore alle famiglie. Riteniamo che fare rete tra aziende sia un passo importante verso soluzioni in grado di alleggerire il carico dei genitori e favorire, si spera, la nascita di nuove famiglie”, ha detto Corrado Colombo, commercial vice president Europe Artsana /Chicco.

“Il grande valore di questo progetto è nel suo portato di umanità unito ad una grande concretezza, non solo per l’aiuto tangibile dato a nuclei familiari fragili, ma per avere smosso le coscienze di tante persone che hanno contribuito con slancio e generosità ad una raccolta fondi imponente, segno di una solidarietà sociale viva e capace di attivarsi a fronte di stimoli rilevanti”, ha dichiarato Giovanni Clementoni, amministratore delegato Clementoni S.p.A..

“Credo che Generazione G sia un esempio virtuoso di come insieme si possa fare la differenza e di come la comunicazione possa essere un partner di valore per aiutare le aziende a percorrere strade innovative e di grande impatto”, ha sottolineato Caterina Tonini, ceo Havas Creative Network Italy | CO-Founder & CEO Havas Pr Milan.

“Siamo orgogliosi di essere parte attiva del progetto Generazione G perché rispecchia pienamente la nostra visione di MAM che da sempre mette al centro bambini e genitori per comprenderne i bisogni e soddisfarne ogni esigenza, permettendo loro di concentrarsi sulle gioie della vita familiare”, ha concluso Dario De Ponti, country manager MAM Italia.

Ma non è conclusa la raccolta fondi, che prosegue nei circa 400 punti vendita ed e-commerce di PRG Retail Group e online. Obiettivo: raggiungere in totale 500 famiglie fragili entro la fine dell’anno, arrivando a donazioni per 1mln di euro.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Le famiglie italiane tagliano i consumi: ecco dove si...

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Il panorama economico delle famiglie italiane nel 2023 si presenta complesso e sfidante. La spesa media mensile per consumi ha raggiunto i 2.738 euro, evidenziando un incremento rispetto all’anno precedente (+4,3%). Tuttavia, un’analisi più attenta rivela che questo aumento è illusorio, poiché in termini reali si registra una contrazione dell’1,5%, aggravata da un’inflazione persistente che continua a erodere il potere d’acquisto. È quanto rileva il report dell’Istat sulle condizioni economiche delle famiglie italiane per il 2023 che offre uno spaccato significativo della realtà economica del paese e non solo mette in luce le difficoltà economiche delle famiglie, ma anche le loro strategie di adattamento a un contesto in continua evoluzione.

L’inflazione continua a essere una spina nel fianco per le famiglie italiane. Con un incremento del 5,9% dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), i cittadini si trovano a dover fronteggiare un contesto economico sempre più difficile. La conseguenza è una riduzione del risparmio e una necessità di attingere a risparmi pregressi. In questo contesto, la propensione al risparmio delle famiglie è calata al 6,3%, un valore ben al di sotto di quello pre-COVID del 2019, che si attestava all’8,0%.

Il report evidenzia che, nel 2023, la maggior parte delle famiglie ha modificato le proprie abitudini di consumo. Circa il 31,5% degli intervistati ha dichiarato di aver limitato la quantità e/o la qualità del cibo acquistato, rispetto al 29,5% del 2022. Questo è particolarmente significativo se si considera che l’aumento dei prezzi per alimentari e bevande analcoliche è stato del 10,2%.

I cambiamenti nelle abitudini di consumo

Le famiglie italiane si trovano ad affrontare un contesto inflazionistico che ha costretto molti a rivedere le proprie abitudini di consumo. Il 31,5% delle famiglie ha dichiarato di aver ridotto la quantità o la qualità del cibo acquistato, un segnale allarmante che mostra come l’insicurezza economica stia modificando non solo le spese, ma anche le scelte alimentari. I prodotti alimentari hanno visto un incremento dei prezzi del 10,2%, con le famiglie che hanno speso 526 euro al mese per questi beni, pari al 19,2% della spesa totale. Tra i prodotti alimentari, i cibi pronti e i prodotti non classificati hanno visto un aumento significativo del 15,5%, mentre oli e grassi e ortaggi hanno registrato aumenti del 12,9% e 12,2% rispettivamente.

Come nel 2022, anche nel 2023 la voce di spesa che le famiglie dichiarano di aver limitato maggiormente è quella per abbigliamento e calzature: tra quante già sostenevano questo esborso un anno prima, la percentuale di chi ha provato a ridurlo è del 48,6%, comunque in lieve diminuzione rispetto al 2022 (era il 50,2%). La percentuale più elevata di famiglie che nel 2023 dichiarano di aver provato a diminuire questa spesa si osserva comunque nel Mezzogiorno (58,0%, era il 58,3% nel 2022).

Restano abbastanza stabili, tra chi già spendeva per queste voci, le quote di chi non ha modificato i propri comportamenti di acquisto relativi alle spese per sanità (il 79,1%, era il 78,4% nel 2022) e per beni e servizi per la cura e l’igiene personale (il 63,3%, dal 63,1% del 2022), mentre aumentano le quote di chi non ha modificato l’acquisto di carburanti (70,9%, dal 67,1% del 2022) e di viaggi (55,4%, dal 49,1% del 2022). Per entrambe le voci, l’aumento è stato più intenso al Nord, dove, nel 2023, la percentuale di chi continua a spendere senza modifiche rispetto ad un anno prima è salita per i viaggi dal 52,2% al 58,9% e per i carburanti dal 71,5% al 76,1%.

Infine, nel 2023 sono al 4,7%, tra le famiglie che già la sostenevano, quelle che dichiarano di aver aumentato, rispetto all’anno precedente, la spesa per visite mediche e accertamenti periodici; al Centro tali famiglie raggiungono il 5,2%.

Per quanto riguarda le spese non alimentari, si segnala un incremento del 3,2% rispetto al 2022, con una spesa media di 2.212 euro mensili. Anche in questo caso, i servizi di ristorazione e alloggio hanno visto un notevole incremento, del 16,5%, superando per la prima volta i livelli pre-COVID.

Tuttavia, è importante notare che queste spese non sono uniformi, con il Nord-ovest che continua a registrare i livelli più alti di spesa. Sebbene i divari territoriali siano in leggera flessione, con una riduzione della differenza relativa di spesa tra il Nord-ovest e il Sud, le disparità rimangono significative. Nel 2023, la spesa media nel Nord-ovest è di 2.979 euro, mentre nel Sud si attesta a 2.203 euro, segnando una differenza del 35,2%: un gap emblematico delle disuguaglianze economiche che caratterizzano il nostro paese.

In questo contesto, le famiglie composte solo da italiani spendono circa il 32,0% in più rispetto a quelle con componenti stranieri, segnalando una differenza di accesso a risorse e opportunità economiche che merita attenzione.

In calo la propensione al risparmio

Un altro aspetto cruciale evidenziato dal report è il calo della propensione al risparmio, scesa al 6,3% nel 2023 rispetto al 7,8% nel 2022. Questo dato, che segna un abbassamento anche rispetto ai livelli pre-pandemia (8,0% nel 2019), suggerisce che le famiglie italiane si trovano in una situazione di vulnerabilità economica, dove la capacità di risparmiare è compromessa da spese crescenti e incertezze economiche.

Le famiglie sembrano affrontare l’aumento dei costi attingendo ai risparmi pregressi o riducendo la loro capacità di risparmio, un comportamento che potrebbe portare a gravi conseguenze nel lungo termine. L’attenzione alle spese diventa quindi fondamentale, e il report suggerisce che le famiglie stanno modificando le loro abitudini di acquisto per far fronte a un contesto economico sempre più complesso.

Cambiamenti demografici e impatto sulla spesa

Le differenze demografiche, legate all’ampiezza familiare e al livello di istruzione, sono evidenti nel report. Le famiglie più grandi tendono a spendere di più, anche se l’aumento non è proporzionale al numero di componenti. Ad esempio, nel 2023, la spesa media per una famiglia di una sola persona è di 1.972 euro, mentre per una famiglia di quattro persone arriva a 3.281 euro.

In termini di composizione, la spesa per alimentari e bevande pesa maggiormente per le famiglie con più figli, mentre per le coppie senza figli giovani, la spesa per servizi di ristorazione e cultura è particolarmente elevata.

Le famiglie italiane stanno adattando le loro abitudini di consumo alle sfide poste dall’inflazione. Oltre a ridurre le spese per alimentari, vi è un aumento delle famiglie che non modificano le proprie spese per beni e servizi essenziali, come la salute e i beni per la cura personale. Questo dimostra una resilienza, ma anche una certa rassegnazione, di fronte a un contesto economico incerto.

In particolare, le famiglie di giovani adulti senza figli stanno mostrando un aumento significativo della spesa, evidenziando un desiderio di tornare a consumare e investire in esperienze, come ristoranti e viaggi. Le famiglie con un alto livello di istruzione continuano a spendere di più per beni e servizi non alimentari, segnalando che l’istruzione gioca un ruolo chiave nel determinare la capacità di spesa.

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“Con lo sperma congelato di nostro figlio morto avremo un...

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Una recente sentenza dell’Alta Corte di Delhi ha acceso un dibattito in India, permettendo a due papabili futuri nonni di utilizzare lo sperma congelato del loro figlio defunto per avere un nipote tramite maternità surrogata.

Questa decisione, accolta con grande gioia dalla coppia, segna un importante passo avanti nel campo della riproduzione assistita, ma solleva interrogativi etici e legali. Infatti, è già polemica.

La storia dietro la sentenza

A raccontare la storia della coppia è la Bbc che ha intervistato Harbir Kaur e Gurvinder Singh, i due protagonisti della vicenda. I due genitori hanno affrontato una lunga battaglia legale dopo la morte del loro figlio, Preet Inder Singh, avvenuta nel 2020 a causa di un linfoma non-Hodgkin, un particolare tumore del sangue.

Prima di iniziare la chemioterapia, Preet Inder, sotto suggerimento della clinica ospedaliera nella quale avrebbe affrontato le cure, aveva scelto di congelare il suo sperma, in modo da preservare la possibilità di avere figli in futuro. La chemioterapia, infatti, può mettere a rischio la fertilità di una persona e, nel caso in cui avesse superato con successo le terapie e se il desiderio di paternità si fosse fatto avanti, congelando il proprio sperma, avrebbe avuto più probabilità di avere un figlio.

Dopo la sua morte, i suoi genitori hanno chiesto l’accesso al campione di sperma, ma il Ganga Ram Hospital di Delhi ha inizialmente rifiutato, portandoli a presentare ricorso in tribunale. Il giudice Prathiba Singh, nella sua ordinanza, ha stabilito che la legge indiana non vieta la riproduzione postuma, purché ci sia il consenso del proprietario del campione. La coppia ha sottolineato che avrebbe cresciuto il bambino e che, in caso di morte, avendo poco più di 60 anni ciascuno, le loro figlie – le sorelle dell’uomo defunto – si sarebbero assunte la responsabilità del neonato.

Il precedente

A supporto della decisione della Corte è emerso un precedente in India. Nel 2018, una donna di 48 anni della città di Pune, nell’India occidentale, ha ottenuto due nipoti gemelli tramite maternità surrogata utilizzando lo sperma del figlio di 27 anni, morto di cancro al cervello in Germania. Suo figlio aveva autorizzato la madre e la sorella a utilizzare il suo sperma dopo la sua morte e l’ospedale in Germania aveva consegnato loro il suo campione.

Le implicazioni legali e morali

La sentenza ha scatenato un acceso dibattito sulla riproduzione postuma in India. Se da un lato la Corte ha riconosciuto i diritti dei genitori sui campioni di sperma del figlio, dall’altro ha evidenziato l’assenza di leggi chiare riguardo a tali pratiche.

Negli Stati Uniti, come in altri Paesi, esistono normative specifiche che regolano l’uso di sperma congelato post-mortem, ma in India le linee guida sono meno definite. La decisione della Corte ha anche suscitato, però, preoccupazioni etiche. Se da un lato si comprende il desiderio dei genitori di mantenere viva la memoria del figlio, si solleva la questione su quanto sia appropriato o giusto cercare di “riavere” un figlio attraverso la maternità surrogata.

Possibilità simili in Italia

In Italia, ad esempio, la situazione legale è ben diversa. Attualmente, la legge italiana non consente la riproduzione assistita post-mortem. L’uso di spermatozoi congelati è limitato a coppie sposate o conviventi e solo per finalità di concepimento, escludendo la possibilità per i genitori di accedere ai campioni di un figlio deceduto.

Le leggi italiane, così come quelle di altri paesi, pongono l’accento sull’importanza del consenso e delle relazioni familiari, rendendo improbabile un risultato simile a quello ottenuto dalla coppia indiana. Questo pone una distinzione netta tra le diverse culture legali e i rispettivi approcci alla riproduzione assistita.

La sentenza dell’Alta Corte di Delhi, invece, segna un momento storico per la riproduzione postuma in India, offrendo una nuova prospettiva per le famiglie. Tuttavia, mette anche in luce le lacune legislative e le complessità etiche legate a tali decisioni. Mentre il dibattito continua, è chiaro che la riproduzione assistita continua a sollevare domande profonde sulle convinzioni e valori. È giusto usare lo sperma congelato dopo la morte del suo proprietario? E fino a che punto si può spingere la riproduzione assista?

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Il caldo minaccia lo sviluppo del neonato: lo studio

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L’innalzamento delle temperature può avere un impatto significativo sullo sviluppo dei neonati, sia prima che dopo la nascita. A rilevarlo è uno studio condotto da un team di ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine che ha esaminato come lo stress termico influenzi la crescita dei bambini nei primi due anni di vita, in particolare in un contesto di crescente crisi climatica.

Ma scopriamo in che modo si verifica questo fenomeno.

Lo studio

La ricerca si basa su dati raccolti da un trial controllato randomizzato, denominato Early Nutrition and Immunity Development (ENID). Un trial controllato randomizzato è un tipo di studio in cui i partecipanti sono assegnati a diversi gruppi in modo casuale per confrontare gli effetti di un intervento. Questo trial è stato svolto nella regione di West Kiang, in Gambia, tra il 20 gennaio 2010 e il 10 febbraio 2015. Ha esaminato l’efficacia della supplementazione di micronutrienti nei primi 1000 giorni di vita, un periodo cruciale per la crescita e lo sviluppo del neonato.

Durante il periodo di studio, sono state raccolte misurazioni antropometriche sistematiche, come lunghezza, peso e circonferenza della testa dei neonati, per monitorare la crescita sia prenatale che postnatale.

La metodologia

Per valutare lo stress termico, i ricercatori hanno impiegato l’Universal Thermal Climate Index (UTCI). Questo indice misura le condizioni climatiche percepite dall’essere umano e tiene conto di vari fattori come temperatura, umidità e vento. Questa misura ha permesso di calcolare l’esposizione media al calore durante le diverse fasi della gravidanza e nei primi due anni di vita del bambino.

L’analisi è stata effettuata utilizzando modelli di regressione lineare multivariata. Questi modelli sono strumenti matematici che consentono di esaminare l’effetto di più variabili indipendenti (come la temperatura) su variabili dipendenti (come la crescita dei neonati).

Gli scienziati hanno considerato misure come il peso per l’età gestazionale, che confronta il peso del neonato con quello atteso per la sua età in settimane di gestazione, e la circonferenza della testa per l’età gestazionale. Così come sono stati analizzati anche i punteggi postnatali, come il peso per altezza e il peso per età.

I risultati

I risultati mostrano che un aumento di un grado nella temperatura media giornaliera durante il primo trimestre di gravidanza è associato a una diminuzione del peso alla nascita. Durante il terzo trimestre, l’aumento della temperatura ha portato a un incremento marginale nella circonferenza della testa, mentre si è osservato un effetto negativo sulla crescita postnatale, specialmente nei bambini tra i 6 e i 18 mesi. I ricercatori hanno evidenziato che a 12 mesi, i bambini esposti a temperature medie di 30 gradi pesavano meno rispetto a quelli esposti a 25 gradi.

Le conseguenze del caldo sulla natalità

Non è la prima volta che la scienza dimostra che il caldo ha un effetto sullo sviluppo prenatale, sulla fertilità maschile o femminile e, quindi, sulla natalità in generale. Uno studio pubblicato su Nature Climate Change del 2017 ha dimostrato che l’aumento delle temperature può ridurre la fertilità maschile. I ricercatori hanno osservato che l’esposizione a temperature elevate è associata a una diminuzione della qualità dello sperma, influenzando parametri come la motilità e la morfologia. Questa ricerca sottolinea come il caldo possa influenzare non solo la gravidanza, ma anche la capacità di concepire.

O ancora, una ricerca della Columbia University del 2014 ha indicato che l’esposizione al caldo durante la gravidanza poteva avere effetti sullo sviluppo neurologico del bambino. Le madri esposte a temperature elevate nel secondo trimestre hanno riportato un aumento del rischio di disabilità cognitive nei loro figli, suggerendo che il caldo può alterare lo sviluppo del sistema nervoso centrale.

Quali prospettive future?

La dottoressa Ana Bonell, ricercatrice principale del recente studio, ha commentato: “Questi risultati si basano su evidenze precedenti che mostrano come il primo trimestre sia un periodo vulnerabile all’esposizione al calore. È importante considerare i fattori che contribuiscono a questa relazione”. Ha aggiunto che “lo stress termico può influenzare l’appetito e l’assunzione di cibo” e che i ricercatori stanno indagando possibili effetti diretti su vie cellulari e infiammatorie, che sono processi biologici che possono influenzare la salute.

Lo studio è stato pubblicato l’8 ottobre sulla rivista The Lancet Planetary Health, e ha lo scopo di evidenziare la necessità di affrontare i rischi legati al calore per migliorare la salute infantile in un contesto di riscaldamento globale. “Dobbiamo esplorare quali popolazioni sono più vulnerabili e dove si registrano i maggiori problemi di crescita, per sviluppare misure di sanità pubblica efficaci”, ha concluso la ricercatrice.

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