Hiv, Formisano (Nps Italia): “Importante omogeneità offerta terapeutica su territorio”
"Non dimentichiamo che aderenza alla terapia è fondamentale"
"E' importante che ci sia omogeneità nell'offerta terapeutica dei farmaci antiretrovirali a diverse formulazioni sul territorio italiano, anche per non costringere le persone con Hiv a cercare altrove il trattamento più indicato, alimentando la mobilità fuori regione, in questo caso della Campania". Lo ha detto all'Adnkronos Salute Michele Formisano, vicepresidente Nps Italia Onlus, commentando alcuni dei temi emersi nel corso del Congresso regionale della Simit (Società italiana malattie infettive e tropicali) Campania, dedicato al tema 'Le malattie infettive nel setting del paziente immunodepresso' e in corso a Napoli.
"L'infezione con Hiv è una patologia a esito mortale, se non adeguatamente trattata - ricorda - La terapia antiretrovirale ha permesso di ottenere negli anni notevoli benefici, in termini di prevenzione di nuove infezioni, aspettativa di vita e gestione a lungo termine dell'infezione. Tuttavia, in Italia ad oggi, è ampio il numero dei pazienti in trattamento con farmaci non di ultima generazione, rendendo vano il grande sforzo del nostro sistema sanitario nazionale di portarli a rimborsabilità negli ultimi anni. Non dimentichiamo che l'aderenza alla terapia è fondamentale per ottenere e poi mantenere la non rilevabilità plasmatica del virus nel sangue e spesso la terapia orale potrebbe non essere sufficiente per garantirla, mettendo a rischio la prevenzione della trasmissione del virus - ossia U=U, undetectable=untrasmittable - aspetto cruciale per controllare l'epidemia".
Il tutto anche nell'ottica di contrastare lo stigma, tema purtroppo, ancora attualissimo. "La lotta allo stigma, in tutte le modalità possibili - conclude Formisano - rimane prioritaria per garantire non solo il benessere delle persone con Hiv, ma anche le relazioni interpersonali. Ecco perché l'offerta terapeutica per le persone con Hiv in tutte le formulazioni è cruciale mantenerla in tutto il territorio nazionale".
Cronaca
Migranti, Comunità Sant’Egidio: “Modello...
"In 8 anni sono arrivate in Europa 7.800 persone di cui oltre 6mila in Italia"
"Dal febbraio 2016 sono 7.800 gli immigrati arrivati in Europa attraverso i corridoi umanitari e di questi oltre 6mila sono rimasti in Italia. Quello dei corridoi umanitari è un modello di cui come comunità di Sant'Egidio siamo fieri, soprattutto in questo momento in cui siamo purtroppo alle prese con tante guerre, perché si salvano vite che sono in pericolo e si dà alle persone un futuro". Lo afferma all'Adnkronos Roberto Zuccolini, portavoce della Comunità di Sant'Egidio spiegando che arrivi ci sono stati anche in Francia, in Belgio e anche ad Andorra.
Zuccolini spiega come funzionano questi corridoi, nati dopo accordi con il ministero degli Esteri e con quello dell'Interno, "per consentire a persone vulnerabili, fragili, famiglie con malati, con bambini, donne a rischio di tratta e così via di rifarsi una vita altrove. Vengono segnalate da associazioni o enti sul posto, come anche l'Unhcr, ci siamo anche noi di Sant'Egidio. Prima della partenza dei migranti è necessario preparare il terreno in Italia, abbiamo adottato per così dire l'accoglienza diffusa: parrocchie, famiglie, tutte le regioni italiane hanno abbracciato l'iniziativa e a si raccolgono fondi, anche con l'8 per mille come la chiesa cattolica o valdese o quella cattolica. "Dopo una serie di controlli, una volta stabilito che possono partire, ai migranti viene fornito un visto umanitario con il quale arrivano in Italia e già all'aeroporto avviano le pratiche per lo status di rifugiato. Sono tutte persone che fuggono da guerre, persecuzioni e violenze. - sottolinea Zuccolini - Una volta arrivati vengono accolti nelle parrocchie, nelle famiglie che si sono messe a disposizione e cominciano subito il percorso di integrazione: per i bambini l'iscrizione a scuola, per gli adulti l'insegnamento della lingua italiana gratuitamente, con dei volontari, e poi una volta avuto lo status di rifugiato anche il lavoro".
"Il modello dei corridoi umanitari, che sono contingentati, funziona. Ha come obiettivo l'integrazione delle persone e abbiamo visto che ha successo. Queste persone possono contribuire allo sviluppo del nostro Paese: servono ingressi regolari, anche per evitare che queste persone fragili e vulnerabili possano finire in 'brutte mani'. Rifugiati che una volta trovato lavoro, una volta integrati, sono in grado di avere una casa per conto loro e ospitare a loro volta connazionali in difficoltà attraverso gli stessi corridoi umanitari: è un circolo virtuoso che salva vite e può portare sviluppo nel Paese. Questo è un modello che non ha avuto alcuna opposizione politica, è stato accolto in maniera trasversale dai governi che si sono succeduti in questi otto anni".
Cronaca
Sanità, Albini (Confindustria): “Demografia e...
All’evento del Fondo Asim, ‘540 mld fra previdenza, sanità e assistenza’
“Abbiamo davanti un futuro che non siamo in grado di prevedere, quindi non possiamo guardare al passato pensando di imparare qualcosa per il futuro. Abbiamo davanti delle incognite, alcune delle quali hanno già però una loro precisa definizione, che cambiano lo scenario complessivo. Se guardiamo la demografia e lo scenario di competitività in cui si muove il paese, è chiaro che dobbiamo preoccuparci del nostro sistema di welfare pubblico che, nonostante venga spesso bistrattato, è tra i più generosi al mondo: spendiamo 540 miliardi di euro fra previdenza, sanità e assistenza, investiamo metà della spesa pubblica e un terzo del Pil”. Lo ha detto Pierangelo Albini, direttore Area Lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria, l’incontro ‘Le nuove sfide dei fondi sanitari: dall’integrazione pubblico-privato alla tutela dei grandi rischi’, che si è svolto a Roma, nel decimo compleanno del Fondo Asim, Fondo di assistenza sanitaria integrativa del settore delle imprese esercenti servizi di pulizia, servizi integrati/multiservizi.
“È evidente che la capacità di sostenere questo sistema di welfare dipende dalla ricchezza che il paese produce - osserva Albini - L’Italia, con la sua spina dorsale manifatturiera, è invitata a pieno titolo in consessi internazionali come il G7, G8, G20, ma deve competere con aree del mondo che hanno diverse sensibilità sui diritti e un concetto di capitalismo completamente diverso dal nostro. Quando parlo di imprese, spesso cito San Bernardino da Siena che, nel Medioevo, scrisse un trattato sull’usura, distinguendo tra il prestito a usura e quello fatto per avviare attività artigianali che creano ricchezza per la comunità. Il sistema di welfare regge se la società produce ricchezza responsabilmente. La vera domanda oggi è se le imprese hanno coscienza di questa responsabilità. Spesso le scelte imprenditoriali sono dettate dalla convenienza, ma è la politica che deve rendere conveniente fare le cose giuste”.
L’Europa “è sempre più in difficoltà, e oggi si mette in discussione su molti fronti, ma non so fino a che punto lo faccia davvero - riflette Albini - In Italia, siamo in un contesto unico, dove cerchiamo di costruire benessere per la collettività. Tuttavia, è chiaro che dobbiamo cambiare il nostro modo di vedere le cose. Non è solo la dimensione negoziale o contrattuale a risolvere i problemi, ma è ecessaria una visione più ampia per sostenere il sistema. La domanda cruciale è come rendere equa la distribuzione dei costi. Il nostro sistema di welfare è ampiamente finanziato dalla fiscalità generale, e qui si apre il tema dell’equità nei sistemi di tassazione. Il lavoro autonomo e il lavoro subordinato dovrebbero essere tassati allo stesso modo e quando si costruiscono sistemi di protezione sociale bisogna farlo con equità complessiva. Abbiamo spesso creato compartimenti stagni nei settori, con silos verticali costruiti sulle relazioni sindacali, ma dobbiamo iniziare a ragionare con una logica diversa”.
A tale proposito, “c’è un evidente rapporto tra sanità pubblica e privata, che non dovrebbe essere una competizione, ma una collaborazione - sottolinea l’esperto - Serve un disegno politico chiaro. Ciò che oggi forse manca è proprio la capacità di avere una visione sul futuro del paese e del suo sistema di protezione sociale. Quando guardiamo ad altri paesi, come gli Stati Uniti, vediamo situazioni di estrema precarietà sociale. In Italia, quando qualcuno cade, siamo ancora in grado di prenderlo e curarlo. Questo è un problema politico, che richiede di decidere quale futuro vogliamo costruire e quali tutele sociali garantire. Abbiamo necessità di costruire qualcosa con un respiro più ampio, che favorisca l’omogeneità nelle tutele. Questo può avvenire anche attraverso strumenti che creino una cultura condivisa, educando le persone e le imprese - conclude - a operare in modo più responsabile”.
Cronaca
Primo laureato al carcere Pagliarelli di Palermo,...
"Grazie allo studio non mi sono mai sentito annientato tra queste mura e sono riuscito a ritrovare la mia identità"
Prima laurea di un detenuto al carcere Pagliarelli di Palermo. Oggi un giovane detenuto si è laureato in Architettura con la tesi su 'Greentrification'. A renderlo noto è il garante comunale dei detenuti Pino Apprendi. Si tratta della prima laurea dopo la firma dell'accordo quadro, il 25 febbraio 2021, fra il rettore di Palermo Massimo Midiri e l'emerito professore Giovanni Fiandaca, allora garante regionale per i diritti dei detenuti della Sicilia, per l'istituzione del polo universitario penitenziario. Alla proclamazione hanno assistito la moglie, i figli e alcuni familiari.
"Un sentito ringraziamento - sottolinea Apprendi - va ai professori che hanno accompagnato lo studente in questa stupenda storia e a tutto il personale dell'amministrazione penitenziaria che ha collaborato per arrivare all'obiettivo finale: un meritatissimo 110 e lode". Presenti anche il presidente della Magistratura di Sorveglianza Nicola Mazzamuto e il suo vicario Simone Alecci, oltre al garante regionale dei detenuti Santi Consolo e il componente dell'ufficio del garante nazionale Mario Serio.
La storia
"Grazie allo studio non mi sono mai sentito annientato tra queste mura e sono riuscito a ritrovare la mia identità. Oggi, ai miei figli, porto un esempio positivo e posso impartire un’importante lezione: lo studio è fondamentale per costruire il proprio futuro, realizzare i propri sogni ed essere liberi". Con queste parole N.C. ha espresso tutta la sua commozione dopo essere stato proclamato Dottore in 'Urbanistica e Scienze della città', corso di laurea triennale del Dipartimento di Architettura. La cerimonia si è svolta all’interno della casa circondariale e il neo laureato già pensa a iscriversi al percorso magistrale.
"Esprimo profonda gratitudine e soddisfazione - ha sottolineato Enrico Napoli, prorettore vicario dell’Università degli Studi di Palermo - per questo importante risultato. Oggi è una giornata altamente simbolica perché permette di esprimere, nel migliore modo possibile, il ruolo positivo che l’istituzione universitaria svolge all’interno della società attraverso la diffusione della cultura e il trasferimento della conoscenza".
"È il risultato - ha spiegato la direttrice del Pagliarelli, Maria Luisa Malato - di uno sforzo notevole che ha coinvolto due mondi, quello penitenziario e quello accademico, spesso distanti e caratterizzati da procedure difficili da conciliare. Oggi gioiamo perché dimostriamo che la collaborazione tra istituzioni non solo è possibile, ma necessaria per abbattere muri e steccati".
I Poli penitenziari universitari in Sicilia sono stati avviati a partire da marzo 2021. Il Polo universitario penitenziario di Unipa ha registrato una cinquantina di iscrizioni, tra immatricolazioni e passaggi ad anni successivi al primo. Nove i dipartimenti coinvolti assieme a una squadra di orientatori, tutor senior e studenti tutor coordinati dall’Area didattica e Servizi agli studenti con il supporto del Centro orientamento e Tutorato.
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