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Haleon premiata ai CEOforLIFE Awards 2024 per il progetto ‘Anche tu hai bisogno di amore mamma’

“Sono davvero orgogliosa di questo grande riconoscimento che dimostra, in maniera tangibile, il nostro impegno in Haleon nel promuovere la salute e il benessere delle persone, con un’attenzione particolare alle donne. Questa iniziativa, lanciata da Haleon e Multicentrum in occasione della Festa della Mamma il 12 maggio 2024, mette in primo piano la salute e il benessere delle neomamme nel periodo post-parto, spesso trascurati a favore del neonato, ma essenziali per il benessere di entrambi”. Elsa Martignoni, Southern Europe Marketing Director di HALEON, ha commentato così il premio ricevuto dalla sua azienda ai CEOforLIFE Awards 2024 per il progetto “Anche tu hai bisogno di amore mamma. L’impegno di Haleon e Multicentrum per la salute delle donne nel post-parto”.

Si tratta, ha spiegato Martignoni che ha ritirato il premio durante una cerimonia a Roma, di “un progetto olistico pensato a supportare le mamme a 360° e che vede coinvolti i nostri prodotti Multicentrum dedicati al post parto, gli operatori sanitari (ginecologi ed ostetriche in primis) e un partner di eccezione, Fondazione Onda, con l’obiettivo non solo di migliorare la salute fisica attraverso l’integrazione multivitaminica, ma anche di supportare emotivamente e socialmente le neomamme, creando un vero e proprio ecosistema di aiuto. Un ruolo centrale in questo progetto è riservato anche alle neo mamme di Haleon che da oggi possono entrare a far parte del nostro programma “Maternity Journey” che le accompagna dalla gravidanza fino al rientro al lavoro, favorendo un equilibrio tra vita privata e professionale. Ringrazio CEOforLIFE per aver premiato questo progetto e i colleghi in Haleon che hanno creduto in questa iniziativa e si sono impegnati con passione per farlo diventare realtà.”

I CEOforLIFE Awards 2024 su prevenzione, welfare, sanità e salute

Il riconoscimento ricevuto da Haleon rientra nell’ambito dei CEOforLIFE Awards 2024 dedicati al tema prevenzione, welfare, sanità e salute. La cerimonia di premiazione si è tenuta a Roma presso la CEOforLIFE Clubhouse di Piazza Monte Citorio, durante le giornate focalizzate su Health & Wellbeing: tre giorni in cui si sono susseguiti panel, tavole rotonde, premiazioni e interventi dal mondo aziendale e istituzionale per approfondire un tema vasto, che spazia dalla prevenzione al welfare, dalla sanità alla salute. Nell’occasione si è parlato anche delle due task force create a livello nazionale: una su Sport e Next Generation e una su Prevenzione, Welfare, Sanità e Salute.

Si tratta di aspetti ormai diventati vere e proprie sfide e allo stesso tempo un imperativo non solo sanitario, ma anche sociale ed economico. E che sempre più sono un tema aziendale, sia perché spesso la difficoltà a conciliare vita privata e lavoro è un grosso ostacolo all’adozione di abitudini e stili di vita più sani e purtroppo anche alla maternità, sia perché un dipendente che sta bene è più produttivo.

Ecco perché diventa ogni giorno più importante per le aziende ridefinire le proprie priorità e adottare strategie mirate al benessere dei collaboratori, aspetto in cui i Ceo possono giocare un ruolo fondamentale. Da qui nascono i CEOforLIFE Awards, giunti alla quarta edizione, che puntano a valorizzare le eccellenze manageriali e i progetti portati avanti nell’ambito dello sviluppo sostenibile, oltre che a promuovere una cultura d’impresa orientata alla responsabilità sociale e ambientale.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Nordio: “Affievolito potere degli uomini. Violenza di...

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L’accentuazione della violenza di genere è dovuta all’affievolirsi di “quel dominio degli uomini nei confronti delle donna che aveva mantenuto per migliaia di anni”. E questo, negli ultimi 50 anni, in caso di mancata accettazione “si è tradotta in forme di violenza di prevaricazione in tutti i sensi, qualche volta economica, qualche volta sessuale o semplicemente in violenza morale”.

A spiegarlo è il ministro della Giustizia Carlo Nordio, a margine del convegno ‘Scenari giuridici e sociali delle violenze di genere: dalla repressione alla percezione e prevenzione del fenomeno’, organizzato dalla Corte di Appello di Napoli e dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello.

Negli scorsi giorni, nell’ambito di una tavola rotonda organizzata dalla Croce Rossa italiana, Nordio aveva chiarito il suo punto di vista su come affrontare il problema della violenza di genere. Secondo il ministro, in fatti, è la prevenzione la chiave di lettura e su quella è tornato oggi, ribadendo: “La legislazione esiste ed è adeguata, la magistratura si sta comportando in modo eccellente per rapidità ed efficienza, però la legislazione e l’intervento repressivo della Magistratura sono elementi necessari, ma non sufficienti. Occorre prevenire piuttosto che reprimere e la prevenzione si attua solo attraverso l’educazione e l’informazione”.

Educazione e legalità

Secondo il Ministro, “a monte deve esservi l’educazione al rispetto e più in generale alla legalità. Sono importanti la scuola e gli altri momenti di aggregazione ma il bambino forma la propria mentalità essenzialmente nei primi anni ed è quindi nelle famiglie che occorre intervenire affinché siano loro ad insegnare i principi del rispetto e della legalità nei bambini”.

Il ministro ha ricordato di aver “fortemente voluto” promuovere un opuscolo contro la violenza di genere proprio “per sensibilizzare la popolazione su questo gravissimo problema delle violenze nei confronti dei soggetti deboli e delle donne in particolare”. Nel libretto sono “segnalati i momenti di allarme che possono essere sintomatici di un atteggiamento aggressivo e via via i rischi che si corrono”, ha continuato Nordio.

La necessità di fiducia nelle istituzioni

La tavola rotonda sul tema della lotta alla violenza contro le donne di mercoledì, nella Sala Solferino, all’interno della sede del Comitato Nazionale della Croce Rossa Italiana a Roma è stata l’occasione per ribadire l’importanza di prevenire questo fenomeno. ‘La violenza invisibile’, il titolo dell’incontro ha visto la partecipazione di istituzioni pubbliche, enti privati, associazioni e volontari.

“Quella contro le donne è una violenza spesso invisibile, coperta da una coltre di silenzi che va superata. Bisogna sensibilizzare tantissimo e creare un sentimento di fiducia nei confronti delle istituzioni: solo se si ha fiducia nelle istituzioni si può fare in modo che le donne denuncino le violenze e si sentano protette”. Queste le parole di Rosario Valastro, presidente della Croce rossa italiana (Cri), a margine dell’incontro.

“Purtroppo – ha spiegato Valastro – i dati su violenza contro le donne sono allarmanti. Gli ultimi rapporti indicano un costante aumento dei casi di violenza domestica e di femminicidio: solo nel 2024 in media viene uccisa una donna ogni tre giorni, da gennaio 30 donne hanno perso la vita nella maggior parte dei casi per mano di partner o ex partner”.

“È imperativo sviluppare strategie di prevenzione e sostegno attraverso una rete solida e strutturata”, ha aggiunto spiegando che “in questa rete la Cri intende svolgere un ruolo centrale”. “Le volontarie e i volontari – ha sottolineato- diventano vere e proprie sentinelle della violenza, capaci di intercettare segnali che potrebbero altrimenti passare inosservati”. “Parlare di questi temi è fondamentale perché il silenzio è terreno fertile su cui cresce la violenza”, ha proseguito Valastro aggiungendo che “abbiamo bisogno di una disobbedienza femminile che sfidi questa condizione di vulnerabilità domestica e allo stesso tempo abbiamo bisogno di costruire una rete sociale in grado di prendersi cura di quella vulnerabilità”.

Opposizioni unite sul tema

E che sul tema ci sia una particolare sensibilità al governo è dato anche dall’intervento di Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle ed ex premier che ha sottolineato l’importanza di affrontare la violenza di genere con un approccio culturale e politico. Durante una conferenza stampa oggi al Senato intitolata “La violenza di genere colpisce le donne ma è un problema degli uomini. Cambiare si può”, organizzata dal senatore pentastellato Marco Croatti, ha dichiarato: “Il tema ci sta particolarmente a cuore per ragioni culturali, per ragioni di azione concreta politica e perché lo consideriamo un obiettivo strategico”.

Conte ha ricordato le iniziative legislative e finanziarie del suo governo, come il Codice Rosso e il finanziamento dei centri per uomini maltrattanti, per sostenere le donne che denunciano e prevenire la violenza. Ha anche sottolineato l’importanza dell’educazione nelle scuole per cambiare i modelli culturali e aiutare i giovani a gestire le proprie emozioni. “Bisogna quindi assistere gli uomini per prevenire la violenza”, ha aggiunto, evidenziando la necessità di un approccio preventivo e sistemico.

Durante lo stesso evento, Francesco Boccia, presidente dei senatori del Pd, ha evidenziato come, nonostante le divisioni politiche, il Parlamento abbia lavorato unito sul tema della violenza di genere. Boccia ha dichiarato: “Sul tema della violenza però il Parlamento ha lavorato unito e oggi continuiamo, come opposizioni unite, a sollecitare il governo a investire risorse a tutela delle donne contro la violenza”. Ha sottolineato l’importanza del lavoro legislativo sulla prevenzione e ha ricordato i 40 milioni destinati ai centri antiviolenza e alle case rifugio nella scorsa manovra. “Serve l’impegno continuo della politica e delle istituzioni”, ha aggiunto, chiedendo ulteriori risorse per combattere quella che ha definito “una piaga sociale”.

E ha concluso: “Quest’anno, in occasione del 25 novembre, stiamo lavorando per portare il ddl che istituisce il reato di molestie sessuali, con l’aggravante nei luoghi di lavoro in aula, sarà un’altra occasione per ribadire il nostro impegno permanente in Parlamento a tutela delle donne”.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Gestazione per altri reato universale? Non proprio

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Ieri, mercoledì 16 ottobre, la gestazione per altri è diventata “un reato universale” secondo la legislazione italiana. Il riferimento alla ‘legislazione italiana’ stride con l’aggettivo ‘universale’, ma è necessaria per inquadrare la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia, approvata anche al Senato dopo l’ok della Camera.

Maternità surrogata reato universale: quali sanzioni?

La Gpa o maternità surrogata, chiamata anche ‘utero in affitto’ con accezione dispregiativa, è già illegale in Italia ex articolo 12 della legge 40/2004. La nuova legge è composta da un solo articolo, che aggiunge un comma all’articolo appena visto: “Se i fatti di cui al periodo precedente sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana”.

Da qui la classificazione come ‘reato universale’ che, come vedremo, è errata.

In base alla legge italiana chiunque realizzi, organizzi o pubblicizzi la Gpa è punito con una reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600mila a un milione di euro. Con la modifica approvata ieri, queste sanzioni valgano anche per i cittadini italiani che vanno a praticare la Gpa all’estero nei Paesi in cui è legale.

Che cosa è la gestazione per altri o maternità surrogata

La maternità surrogata è una tecnica di procreazione assistita in cui una donna porta avanti una gravidanza per conto di altre persone o coppie, chiamate genitori intenzionali. In pratica, una singola persona o una coppia che vuole avere un figlio ma che non può averlo si rivolge a un’altra persona che porti avanti la gravidanza a patto di adottare la bambina o il bambino dopo la nascita.

Oggi la gestazione per altri è utilizzata principalmente da coppie eterosessuali con problemi di fertilità, anche dovuti a malattie grave come tumori e conseguente rimozione dell’utero, o da coppie di uomini, più raramente da coppie di donne. Il dibattito sul tema si è acceso da quando esistono le tecnologie mediche per rendere la Gpa praticabile su larga scala.

Esistono due principali tipi di Gpa:

surrogazione tradizionale: la madre surrogata è fecondata con lo sperma del padre intenzionale e ha un legame genetico con il bambino;
surrogazione gestazionale: l’embrione, creato tramite fecondazione in vitro con gameti dei genitori intenzionali o di donatori, è impiantato nell’utero della surrogata, che non ha legami genetici con il bambino.

A luglio, quando la proposta di legge ha ricevuto l’approvazione della Camera, è stato bocciato l’emendamento della Lega, che mirava a introdurre pene fino a 10 anni di reclusione e multe fino a 2 milioni di euro.

Secondo un’indagine dell’Eurispes, solo il 39,5% degli italiani è favorevole alla maternità surrogata, che trova maggiore sostegno tra i giovani. Ma cosa succede all’estero?

Maternità surrogata, dove è legale in Europa?

Tra i Paesi che hanno messo al bando ogni forma di maternità surrogata ci sono Italia, Spagna, Francia e Germania. In Irlanda, Paesi Bassi, Belgio e Repubblica Ceca, gli accordi sono “nulli e inapplicabili”, il che significa che “non esiste alcuna legislazione che riconosca la maternità surrogata e quindi non c’è modo di trasferire la genitorialità ai genitori committenti”, come ha spiegato Families Through Surrogacy.

Nel Regno Unito, la maternità surrogata è legale per i cittadini britannici se altruistica, mentre il Portogallo consente la maternità surrogata altruistica anche alle coppie eterosessuali con esigenze mediche.

L’Ucraina e la Russia hanno le leggi più permissive in Europa sulla maternità surrogata, consentendo alle persone, compresi gli stranieri, di pagare una madre surrogata per portare avanti la gravidanza.

Il nodo del compenso

Come accennato, la regolamentazione della gestazione per altri cambia molto da Paese a Paese, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di prevedere un accordo contrattuale o un compenso economico.

Quest’ultimo aspetto è al centro del confronto politico e sociale sul tema che condanna chi ‘presta’ il suo utero per farne un vero e proprio business. Una soluzione potrebbe essere quella adottata da alcuni Paesi (come Paesi Bassi, Grecia, Canada) dove è vietato riconoscere un compenso per la maternità surrogata, ma solo un rimborso spese per coprire le spese mediche e l’assicurazione.

La Gpa che prevede un compenso economico è legale in alcuni Paesi, ma in nessun Paese europeo.

Negli Stati Uniti, per esempio, la gestazione per altri è legale solo in alcuni Stati federati e sono permesse anche forme commerciali. Le spese vanno dai 100 ai 150mila dollari e coprono i costi sanitari, quelli burocratici, la retribuzione delle agenzie che seguono la pratica e mettono in contatto le persone richiedenti con le donne gestanti o donatrici di ovuli. Il compenso per la donna può variare tra i 25mila e i 50mila dollari. Per evitare che la scelta non sia altruistica ma di business, alcuni Stati selezionano le donne che vogliono proporsi come gestanti, per esempio chiedendo un certo livello salariale o che abbiano già dei figli.

Un altro Paese in cui è permessa la gestazione con un compenso è l’Ucraina, una destinazione molto ambita visto che ha costi più contenuti rispetto agli Usa (circa 30-40mila euro). Si stima che i nati da Gpa in Ucraina siano circa 2mila all’anno. In Ucraina la Gpa è permessa anche ai cittadini stranieri, ma solo a coppie eterosessuali e sposate. Il compenso della donna gestante equivale a circa 10mila euro, che rapportato al costo della vita (pre guerra) equivale a circa 20 mila euro.

Sul certificato di nascita i genitori riconosciuti sono quelli che hanno chiesto la Gpa, senza che sia necessaria la procedura d’adozione, richiesta invece da altri Paesi.

Perché è sbagliato dire che la gestazione per altri è un reato universale

Come dicevamo in apertura, parlare di reato universale non è proprio corretto. Il motivo è semplice: non esistono i reati universali, ma esistono i reati perseguiti dalla giurisdizione universale.

Il principio della giurisdizione universale è un’eccezione alla regola della giurisdizione nazionale e si basa sull’idea che alcune azioni siano così gravi da dove essere perseguite dai tribunali di tutto il mondo, indipendentemente da dove sono stati commessi i crimini a cui si riferiscono.
Sono reati secondo la giurisdizione universale: il genocidio, la tortura, i gravi crimini di guerra e i reati che rientrano nella categoria dei crimini contro l’umanità.

Invece, qualificare come ‘universale’ un reato, equivale a dire che tutti i Paesi del mondo riconosce quell’azione come reato. Il che, nel caso della maternità surrogata, è falso.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Dalle culle alle classi, gli stranieri di seconda...

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Nell’ultimo anno i figli di almeno un genitore straniero sono stati 82.216, pari al 20,9% del totale dei nati in Italia. A fotografare la demografia delle seconde generazioni di stranieri nel nostro Paese è il Censis che riporta che negli ultimi vent’anni i nati da coppie formate da almeno un genitore non italiano sono stati complessivamente 1.881.180, pari, cioè, al 17,7% del totale.

E mentre si dibatte sul diritto alla cittadinanza nelle Camere del Parlamento, i dati del Censis confermano un dato significativo: un neonato su cinque ha un genitore di origini straniere.

Le seconde generazioni riempiono le culle e le classi

Dalle culle alle scuole, nascere o crescere in Italia, per molti bambini, non fa di loro l’essere cittadini italiani. Eppure, nell’anno accademico 2023-2024 il numero di alunni stranieri è di 931.323, pari all’11,6% del totale degli iscritti, quota che raggiunge il 13,7% nella scuola primaria e il 12,7% nella scuola dell’infanzia.

In Italia risiedono oltre cinque milioni di cittadini stranieri: si tratta di una minoranza consistente che vive nella quotidianità dei nostri territori, ma di cui si sa troppo poco e non se ne parla abbastanza. “Con il Primo Quaderno sui nuovi italiani, giovani che hanno i genitori con un passato migratorio, il Censis avvia un nuovo progetto di ricerca”, scrive l’istituto di ricerca.

Italiani a tutti gli effetti?

Anche se hanno un background differente da un coetaneo nato da genitori di origini italiane, il 77,4% dei giovani intervistati è nato in Italia e il 22,6% è arrivato nel nostro Paese in età prescolare. Il 76,6% ha la cittadinanza italiana, quota che sale all’80,4% tra chi è nato in Italia; il 23,4% ha la cittadinanza straniera, quota che sale al 36,3% tra i nati all’estero.

Non stupisce che è l’80,0% degli intervistati a desiderare di apprendere la storia e le tradizioni del proprio Paese d’origine e il 91,0% lo ha visitato almeno una volta. Con il Paese dei genitori hanno un rapporto profondo che è alimentato dalla presenza sul posto di parenti (91,4%) e di amici (72,8%). Il legame con il proprio Paese di origine si traduce per l’80,2% in un sentimento di orgoglio e per il 49,4% nella consapevolezza di avere un valore aggiunto e un punto di forza rispetto ai coetanei.

Quello che colpisce è che dal report Censis è emerso che gli intervistati hanno un mondo di relazioni vario e complesso in cui coesistono amicizie con giovani italiani e di origine straniera: “Il 92,8% ha amici italiani e l’89,4% ha amici stranieri – si legge nella nota -. Il 93,4% trascorre il tempo libero con gli amici. Il 96,0% è attivo sui social media. Il 71,8% ha o ha avuto una relazione sentimentale con un italiano/a”.

Interculturali

“Viaggiano da quando sono nati – spiega il Censis – e conoscono in media quattro lingue: tutti parlano l’italiano (il 69,6% si definisce madrelingua) e l’inglese, oltre il 60% conosce lo spagnolo e il francese. Il 37,4% pensa che rimarrà in Italia, ma il 37,6% ha in mente di trasferirsi all’estero. Anche per loro si genera il paradosso per cui un Paese che ha sempre meno giovani come l’Italia non riesce a trattenere i pochi giovani rimasti”.

A caratterizzare questi giovani, in altre parole, è un mix culturale che determina, nel 45,4% dei casi, la percezione di possedere un’identità inedita, che integra elementi che provengono da altre culture con elementi più propriamente italiani, mentre il 40,0% si sente solo italiano e il 14,6% sente di appartenere al Paese di origine.

Anche la religione, compresa quella praticata, sembra mantenere centralità nei nuovi italiani. “Il 78,0% dei giovani intervistati dichiara di avere una religione di appartenenza e il 22,0% si dichiara ateo o agnostico – continua il report -. Tra chi si definisce religioso, il 60,5% è anche praticante: dunque il 47,2% dei giovani di seconda generazione è praticante”.

Accoglienza e razzismo

Seppur siano una minoranza, sono una porzione significativa del nostro Paese. Rappresentano, infatti, un segmento comunitario che fatica a ricevere accoglienza e subisce ancora atti di razzismo. Il 52,2% dei giovani intervistati con un retroterra migratorio sostiene che gli italiani sono razzisti, il 62,4% ha subito comportamenti razzisti e il 26,0% li subisce tuttora, il 64,4% pensa che il razzismo sia in crescita.

Ciò che pesa è che il razzismo si traduce spesso e volentieri in atti concreti: “il 76,4% dei giovani intervistati è convinto che gli stranieri abbiano maggiori difficoltà a trovare una casa, il 72,0% sostiene che i cittadini stranieri hanno più difficoltà a trovare un lavoro e il 64,6% ritiene che in genere siano pagati meno degli italiani. Secondo il 57,8% il colore della pelle è l’elemento che più di ogni altro determina il pregiudizio e la discriminazione”, conclude il Censis.

Il dibattito sulla cittadinanza

Il dibattito sulla riforma della legge sulla cittadinanza in Italia dura da quasi dieci anni, con diverse proposte di legge che non sono riuscite a completare l’iter parlamentare. Nel 2015, la Camera approvò un testo che includeva lo ius soli e lo ius culturae, ma il Senato non lo ratificò. Lo ius culturae permetteva la cittadinanza ai minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni, dopo cinque anni di scuola. Nel 2022, una nuova proposta di legge, mai discussa in Aula, introduceva lo ius scholae, simile allo ius culturae. Diverse proposte recenti, come quelle di Boldrini, Orfini e Verducci, mirano a includere anche lo ius soli, concedendo la cittadinanza ai nati in Italia da genitori stranieri con permesso di soggiorno di lungo periodo.

Ad oggi, il dibattito sulla riforma della cittadinanza in Italia è ancora in corso. La proposta più recente è lo Ius Italiae, presentata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, Forza Italia. Questa proposta prevede la cittadinanza per i nati in Italia o per chi è arrivato prima dei 5 anni e ha completato con successo 10 anni di scuola dell’obbligo.

Nonostante questa proposta, la legge attuale del 1992 rimane in vigore senza modifiche sostanziali. Parallelamente, è in corso una campagna referendaria per modificare la legge sulla cittadinanza, che ha già raggiunto il quorum necessario per procedere all’iter di accesso legislativo.

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