Meloni in Libano: “Missione Unifil va rafforzata, prenderla di mira inaccettabile”
La presidente del Consiglio: "Tutti facciano la propria parte per garantire la sicurezza dei soldati"
"Considero inaccettabile prendere di mira l'Unifil, tutte le parti coinvolto devono fare la loro parte per garantire la sicurezza dei soldati". Lo ha ribadito dal Libano la premier Giorgia Meloni nelle dichiarazioni congiunte con il primo ministro libanese Najib Mikati, dopo l'incontro bilaterale a Beirut. "Sono convinta che Unifil debba essere rafforzata - ha aggiunto la presidente del Consiglio -. Solo rafforzando la missione si potrà voltare pagina, garantendo imparzialità e perseguendo risultati importanti. Dobbiamo tornare alla missione originaria di Unifil" che passa dal "programmare e ricostruire
"L'Italia insieme agli altri partner della comunità internazionale ha lanciato un appello affinché ci sia un cessate il fuoco di 21 giorni. Sono arrivata qui in Libano da Bruxelles dove ho partecipato al Consiglio europeo e chiaramente la crisi nel Medio Oriente è stato il fulcro dei lavori" del summit e "posso assicurare che stiamo tutti lavorando per un sostenibile cessate il fuoco a Gaza e in Libano, sosteniamo i negoziati per il rilascio degli ostaggi israeliani in mano ad Hamas e gli sforzi per sostenere nel modo migliore per dare assistenza ai civili che si sono trovati coinvolti in questa guerra".
"L'Italia è anche in prima linea per mitigare la crisi umanitaria a Gaza, lo abbiamo già fatto e abbiamo consegnato 47 tonnellate di aiuti alimentari e chiaramente adesso intendiamo concentrarci anche sul Libano dove l'escalation militare ha creato dei bisogni di assistenza umanitaria. Abbiamo messo a disposizione iniziative finanziate con diversi milioni di euro per permettere alle persone che si occupano dei più vulnerabili di potersi prendere cura di loro. Ovviamente il nostro pensiero va anche a tutti i soldati della missione bilaterale italiana che fanno parte dell'Unifil, questi soldati per anni hanno contribuito alla stabilità all'interno del Libano".
"Sono orgogliosa di essere qui oggi - ha affermato Meloni - speriamo che la stabilità possa tornare presto in questo Paese".
"In questo complesso contesto credo che sia fondamentale sostenere anche le istituzioni libanesi, incluso il processo per rafforzarle queste istituzioni. Io non sono il genere di leader che vuole dire agli altri che cosa dovrebbero fare, come dovrebbero comportarsi, ma questo Paese sta sicuramente soffrendo e avere delle istituzioni funzionanti è la chiave per essere in grado di difendere i propri interessi. È una riflessione che credo valga per la leadership di questo Paese e quello che posso garantire è che l'Italia è pronta a offrire tutto l'aiuto che potrebbe essere necessario, se richiesto, anche su questo fronte".
Esteri
Georgia stretta tra repressione e propaganda. La...
Il partito filorusso Sogno Georgiano conferma la sua svolta autoritaria impiegando violenza contro i manifestanti pro-Ue
“Un mio collega è stato arrestato qualche giorno fa, picchiato durante la detenzione e condannato a diversi giorni di prigione per reati amministrativi che non ha commesso. È stato rilasciato ma è ancora sotto indagine: continuano a chiamarlo e interrogarlo”. Questo è quanto racconta sulle proteste in Georgia Tornike Turmanidze, Senior Fellow dell’influente Fondazione Rondeli, all'Adnkronos.
“È un collega più giovane, coinvolto nelle proteste ma mai violento: si limita a postare video sui social. Ma a quanto pare ha attirato l'attenzione del ministero degli Interni e la polizia si è presentata a casa sua”.
Ogni sera, da quasi un mese, migliaia di georgiani affollano la via principale della capitale Tbilisi sfidando la repressione sempre più brutale da parte delle forze dell’ordine. Protestano contro la deviazione della Georgia dal percorso di adesione all’Unione europea, decisa dal premier Irakli Kobakhidze il 28 novembre dopo un processo elettorale viziato da irregolarità e manipolazioni. Finora si sono registrati circa cinquecento arresti, oltre trecento segnalazioni di pestaggi a opera delle autorità, o gruppi a loro affini, e violazioni di diritti umani secondo organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch.
Autoritarismo in salsa russa
La svolta politica del premier suggella l’orientamento filorusso di Sogno Georgiano, il partito che ha rivendicato la vittoria, spiega Turmenidze. “Negli ultimi anni il partito ha consolidato l’apparato autoritario del Paese”. E tramite l’utilizzo massiccio di una propaganda di stampo russo “ha convinto i membri delle forze dell’ordine che stanno agendo per difendere la Georgia e le sue tradizioni dall'influenza malevola dell’Occidente”. Il risultato è un’ondata di violenza di Stato contro i manifestanti, che sono perlopiù pacifici.
Il governo sta cercando di identificare i manifestanti più attivi tra i giovani e neutralizzarli in modi diversi, continua l’esperto. Si va dai pestaggi, in modo che rimangano in ospedale per circa due settimane e non siano in grado di scendere in piazza, a trattenerli in caserma o in prigione per giorni, a infliggere sanzioni da 2000-2500 lari (circa 700-900 euro). Inoltre, chi protesta rischia di incorrere in loschi gruppi “semi-criminali” che attaccano i manifestanti in strade secondarie. “Ci sono stati diversi incidenti, tra cui un assalto a giornalisti di un canale televisivo dell'opposizione, trasmesso in diretta”.
Il ruolo della propaganda
Cosa spinge le autorità a sollevare il manganello contro i cittadini? Un misto di propaganda, impunità e incentivi economici che Sogno Georgiano impiega da anni per rafforzare la dimensione autoritaria dello Stato, spiega l’esperto. “La catena di comando e controllo è piuttosto forte, e la polizia viene pagata con stipendi molto alti, più un onorario per ogni giorno di dispersione delle proteste e altri ‘lavori’ extra. Il partito ha anche promesso a tutti i poliziotti che, qualunque cosa facciano, non saranno puniti né identificati”. E come emerso dalle interazioni tra manifestanti e membri delle forze dell’ordine, questi ultimi sono intrisi di propaganda e certi di star proteggendo il Paese da nemici all’esterno.
Sono le stesse narrative che Sogno Georgiano utilizza per giustificare il riorientamento di Tbilisi verso Mosca, “nonostante la maggioranza dei georgiani sia pro-Europa”, spiega Turmanidze. Non è un caso che gli argomenti ricordino da vicino quelli del Cremlino, aggiunge: l’influenza russa è profonda anche se non immediatamente visibile. Ma come le controparti russe Sogno Georgiano parla dell’esistenza di un “partito della guerra” che controlla i governi occidentali, accusa Ue e Stati Uniti di voler orchestrare una “rivoluzione colorata” nel Paese, ipotizza che l’Occidente voglia trascinare la Georgia in un conflitto contro la Russia.
La paura di uno scontro con Mosca gioca un ruolo centrale nella strategia del governo, sottolina l’esperto. “La Georgia ha combattuto diverse guerre con la Russia, l'ultima delle quali nel 2008, ed è un grande trauma per la società georgiana. Sogno Georgiano sostiene che finché resterà al potere non ci sarà alcuna guerra con i russi, che scatterebbe se l’opposizione andasse al potere”. Questo spiega la passività di parte dei georgiani: “è una tattica tipica di un regime autoritario, terrorizzare la popolazione e dissuaderla dall’unirsi alle proteste attive”.
Cambio al vertice?
La prossima tappa è l’insediamento del presidente eletto da Sogno Georgiano, l’ex calciatore (e unico candidato) Mikheil Kavelashvili, il 29 dicembre. La presidente uscente, la filoeuropea Salomé Zourabishvili, ha promesso che non passerà il testimone ed è vista dai manifestanti come l’unica leader legittima nel Paese. “Potrebbe essere l'unica in grado di unire i partiti dell’opposizione e radunare l'opinione pubblica dietro una sola figura”, afferma Turmanidze; “è importante che chi avversa Sogno Georgiano crei un centro politico alternativo, perché per l’Occidente sarà più chiaro chi sostenere”.
Washington e Londra hanno da poco imposto sanzioni contro funzionari del governo ed esponenti-chiave di Sogno Georgiano. Secondo l'analista, ora sta all’Ue seguire il loro esempio (come già hanno fatto Estonia e Lituania) e prendere altre contromisure per sostenere il popolo georgiano nella loro aspirazione filoeuropea: “credo che rimanere al potere sarebbe molto difficile per Sogno Georgiano senza la legittimazione dell’Occidente”.
Esteri
Esplode l’auto, ferito capo russo di Berdiansk...
Ucraina intanto sotto attacco, con decine di droni lanciati dalla Russia: morti e feriti. Cremlino: "Aperti a risolvere situazione in negoziati, ma Kiev non vuole"
Vasyl Nechet, capo nominato dai russi del consiglio di occupazione della città di Berdiansk, nell'oblast di Zaporizhia, è rimasto ferito dopo l'esplosione della sua auto. Lo ha riferito Suspilne, citando Mykola Matvienko, capo ad interim dell'amministrazione militare della città di Berdiansk. La causa dell'esplosione non è nota. L'auto di Nechet è esplosa in un cortile fuori da una casa. A seguito dell'esplosione, Nechet è stato ricoverato in ospedale, secondo il canale Telegram del movimento di resistenza femminile Zla Mavka. Le sue attuali condizioni non sono note.
La Russia ha occupato Berdiansk dall'inizio del 2022. La città si trova sul Mar d'Azov e funge da snodo di trasporto chiave per le autorità occupanti.
Ucraina sotto attacco, morti e feriti
Ucraina intanto sotto attacco, con decine di droni lanciati dalla Russia. E gli attacchi russi contro il Paese hanno causato la morte di due civili e il ferimento di cinque persone nelle ultime 24 ore. A riferirlo sono le autorità regionali ucraine.
Secondo un rapporto dell'aeronautica militare, durante la notte le forze armate russe hanno lanciato 60 droni verso l'Ucraina dalle città russe di Bryansk, Millerovo e Primosk-Akhtarsk. Unità missilistiche antiaeree ucraine, unità di guerra elettronica e gruppi di fuoco mobili hanno abbattuto 36 droni nelle regioni di Kiev, Chernihiv, Sumy, Kharkiv, Poltava, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia e Khmelnytskyi. Ventitré droni sarebbero andati perduti a causa di contromisure di guerra elettronica.
Nella regione di Kherson, la Russia ha colpito 38 insediamenti, tra cui il centro regionale di Kherson. Come risultato degli attacchi, una persona è stata uccisa e altre due sono rimaste ferite, ha riferito il governatore Oleksandr Prokudin. Nell'oblast di Donetsk, una persona è rimasta ferita nella città assediata di Pokrovsk, mentre un'altra è stata uccisa nella città di Kostiantynivka. Nella città di Siversk, una persona è rimasta ferita, ha riferito il governatore Vadym Filashkin. Nella regione di Kharkiv, un uomo di 66 anni è stato ricoverato in ospedale a seguito dell'attacco russo contro il villaggio di Dvorichna, nel distretto di Kupiansk, secondo il governatore Oleh Syniehubov.
Russia: "Aperti a risolvere situazione con negoziati"
Intanto Mosca si dice nuovamente "aperta" a risolvere la situazione in Ucraina attraverso i negoziati, ma Kiev "continua a respingere questa opzione". A ribadirlo, parlando con la Tass, Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin.
"Come il presidente russo Vladimir Putin ha ripetutamente affermato - ha spiegato il portavoce del Cremlino - rimaniamo aperti a risolvere i problemi attraverso i negoziati. Ma poiché non ci sono ancora progressi in termini di preparazione dell’Ucraina ai negoziati, stiamo continuando l'operazione speciale".
Esteri
Israele: “Decapiteremo leader Houti come abbiamo...
Il ministro Katz promette di colpire duramente l'organizzazione yemenita e conferma per la prima volta la responsabilità di Tel Aviv nell'assassinio di Haniyeh. Le misure di Netanyahu
Israele "decapiterà i leader degli Houthi, proprio come abbiamo fatto con Haniyeh, Sinwar e Nasrallah". A prometterlo è il ministro della Difesa dello Stato ebraico Israel Katz, che ha confermato così per la prima volta in via ufficiale la responsabilità israeliana dell'assassinio del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran la scorsa estate.
Secondo Katz, riporta Haaretz, Israele ha quindi "sconfitto Hamas, abbiamo trionfato su Hezbollah, abbiamo accecato i sistemi di difesa iraniani e colpito le loro capacità produttive, abbiamo rovesciato il regime di Assad in Siria, abbiamo colpito duramente l'asse del male - e colpiremo duramente anche l'organizzazione terroristica Houthi in Yemen, che rimane l'ultima ancora in piedi”.
Nella giornata di ieri, intanto, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato di aver ordinato alle proprie forze armate di distruggere le infrastrutture dei ribelli Houthi sostenuti dall'Iran, dopo che il gruppo yemenita ha lanciato missili contro Israele nei giorni scorsi.
“Ho dato ordine alle nostre forze di distruggere le infrastrutture degli Houthi perché chiunque cerchi di danneggiarci sarà colpito con piena forza. Continueremo a schiacciare le forze del male con forza e ingegno, anche se ci vorrà del tempo”, ha detto Netanyahu in parlamento.
Gli Houthi dello Yemen hanno intanto rivendicato un nuovo lancio di droni verso il territorio israeliano, precisando di aver lanciato due droni con l'obiettivo di colpire le aree di Ashkelon e Tel Aviv. Non si sono avute notizie dell'impatto sulle zone in questione mentre l'Idf ha reso noto che le forze aeree hanno abbattuto un drone all'esterno dello spazio aereo israeliano, ha spiegato il Times of Israel.
L'Idf ha quindi reso noto stamane che un missile lanciato dallo Yemen è stato intercettato prima di entrare in territorio israeliano. L'esercito ha aggiunto che sono state suonate le sirene d'allarme in tutto il centro di Israele e in alcune parti della Cisgiordania e del Negev in caso di caduta di detriti.
Sul fronte della lotta ai ribelli yemeniti, il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha annunciato intanto in un post su X che le sue forze stanno “preparando gli ordigni per gli attacchi contro gli obiettivi Houthi nello Yemen”.
Sabato scorso il Centcom aveva annunciato di aver effettuato attacchi aerei di precisione contro obiettivi Houthi nel Paese, tra cui un deposito di missili e una struttura di comando e controllo nella capitale del Paese. Gli Stati Uniti hanno spiegato che gli attacchi hanno lo scopo di “interrompere e degradare le operazioni degli Houthi, come gli attacchi contro le navi da guerra e le navi mercantili della Marina statunitense nel Mar Rosso meridionale, a Bab al-Mandeb e nel Golfo di Aden”.