Contro l’obesità i nuovi farmaci o la chirurgia? Cosa dice la scienza
Uno studio americano ha messo a confronto la 'famiglia Ozempic' con il 'bisturi' e avverte: "I medicinali a lungo termine convengono solo se abbinati all'intervento bariatrico". L'analisi di Marco Antonio Zappa, il chirurgo che curò Fedez per le ulcere: "I farmaci sono utili ma nel rispetto delle indicazioni, ecco quando usarli"
Contro l'obesità meglio il 'bisturi' oppure i nuovi farmaci antidiabetici dimagranti della ' famiglia Ozempic'? Uno studio presentato al Congresso 2024 dell'American College of Surgeons (Acs), che si apre oggi a San Francisco, ha cercato di rispondere a questa domanda analizzando - nello scenario statunitense - il rapporto costo-efficacia nel tempo per il trattamento farmacologico confrontato con la chirurgia antiobesità. La conclusione, in sintesi, è che i medicinali cosiddetti Glp-1 Ra (agonisti del recettore dell'ormone intestinale Glp-1) "sono convenienti a lungo termine solo se abbinati alla chirurgia bariatrica". Più precisamente, se i 2 approcci vengono esaminati singolarmente, il più costo-efficace risulta essere la chirurgia. Ma una combinazione dei 2 interventi, chirurgico e farmacologico, è più conveniente rispetto al bisturi da solo.
Originariamente utilizzate per trattare il diabete di tipo 2 - ricordano i ricercatori - le iniezioni di liraglutide (nome marchio Saxenda*) e più di recente di semaglutide (Wegovy*, versione anti-obesità dell'Ozempic*) sono state approvate dall'Agenzia del farmaco americana Fda, su prescrizione, per la perdita di peso nei pazienti obesi o sovrappeso con almeno una condizione patologica associata ai chili di troppo. Questi medicinali fanno dimagrire mimando l'azione degli ormoni che riducono l'appetito e aumentano il senso di sazietà, e vanno usati a tempo indeterminato se si vuole mantenere la perdita di peso. "I Glp-1 Ra sono farmaci a vita", afferma Joseph Sanchez, chirurgo generale all'ospedale Northwestern Medicine di Chicago, autore principale dello studio. Negli Stati Uniti "non sono sempre coperti dall'assicurazione - sottolinea - e possono costare ai pazienti da 800 a 1.200 dollari al mese", ma finora "non sapevamo come queste terapie si confrontassero, in termini di rapporto costo-efficacia, con l'opzione gold standard contro l'obesità ossia la chirurgia bariatrica" che si esegue in laparoscopia.
Far luce su questo punto è cruciale, evidenzia Anne Stey, ricercatrice senior dello studio e professore associato di chirurgia alla Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago, perché siccome "continuano a emergere prove dei benefici di salute dei Glp-1 Ra, le compagnie assicurative dovranno decidere se coprire questi farmaci e in quali scenari". Pertanto, "capire se e come queste opzioni terapeutiche sono economicamente vantaggiose è fondamentale per garantire che quante più persone possibile possano accedervi".
Lo studio
Sanchez e colleghi hanno eseguito un'analisi di costo-efficacia della sola terapia con Glp-1 Ra, della sola chirurgia bariatrica (bypass gastrico o gastrectomia a manica) e del mix farmaci-intervento chirurgico, prevedendo nei 3 scenari - per migliaia di pazienti coinvolti in diverse sperimentazioni cliniche negli Usa - i costi del trattamento fino alla morte, per un periodo di tempo fino a 50 anni. Il trattamento veniva considerato economicamente vantaggioso se il costo totale era inferiore a 100mila dollari per ogni anno di vita corretto per qualità della vita (Qaly), quindi per ogni anno di vita in salute guadagnato.
A conti fatti - riportano gli autori - con un range 17.400-22.850 dollari, il costo a paziente stimato per la chirurgia bariatrica supera il costo medio annuo dei Glp-1 Ra (9.360-16.200 dollari). Tuttavia, rispetto ai farmaci da soli, la sola chirurgia aggiunge circa 2 Qaly e fa risparmiare oltre 9mila dollari per guadagnare un anno di vita di qualità. Ancora meglio va però l'abbinamento tra Glp-1 Ra e chirurgia: rispetto al solo bisturi, il mix fa risparmiare oltre 7.200 dollari per Qaly e ne aggiungerebbe più di 5.
"Sottoporsi a chirurgia bariatrica - riassume Sanchez - è più conveniente a lungo termine rispetto al proseguire la cura farmacologica per tutto il resto della vita. Il ruolo chiave di questi farmaci, visto in una prospettiva di rapporto costo-efficacia, si esprime utilizzandoli dopo la chirurgia bariatrica per smaltire il peso ripreso" eventualmente. I risultati dello studio andranno ovviamente rivisti, precisa l'autore, se il costo dei Glp-1 Ra diminuisse o se arrivassero sul mercato nuovi medicinali antiobesità più economici. Ma per cambiare le cose il costo dovrebbe scendere molto, di quasi il 75%.
Un secondo studio presentato al meeting Acs ha voluto invece valutare i nuovi farmaci antiobesità usati prima dell'intervento chirurgico. Una ricerca dell'Indiana University (Iu) School of Medicine di Indianapolis ha infatti rilevato che dal 2018 l'impiego dei Glp-1 Ra nell'anno precedente a una procedura bariatrica è più che triplicato, dall'8% al 24%. L'idea è che perdere peso prima di entrare in sala operatoria, specie nei pazienti con indice di massa corporea Bmi superiore a 50, "può rendere l'intervento chirurgico più semplice e sicuro", spiega Tarik Yuce, ricercatore senior dello studio, Acs Associate Fellow e professore associato di chirurgia alla Iu School of Medicine. Però va chiarito se ci sono rischi assumendo Glp-1 Ra, come antidiabetici e/o antiobesità, prima dell'operazione.
Gli scienziati hanno analizzato informazioni relative a 2.169 pazienti sottoposti a intervento bariatrico in 3 ospedali affiliati Iu dal 2018 al 2023. I dati valutati includevano differenze nei ricoveri ospedalieri a 30 giorni, visite al pronto soccorso e complicazioni tra chi aveva usato Glp-1 Ra in fase preoperatoria (293 pazienti) e tra chi non li aveva presi (1.876 pazienti). I ricercatori non segnalano differenze statisticamente significative tra i gruppi di trattamento in questi risultati a breve termine, o nella perdita di peso a 1 anno dall'intervento chirurgico: i pazienti che hanno utilizzato Glp-1 Ra prima dell'operazione avevano perso in media il 25,5% del loro peso totale, quelli che non avevano usato i farmaci il 27,3%.
"Potrebbe essere sicuro utilizzare Glp-1 Ra nel periodo preoperatorio - conclude Qais AbuHasan, ricercatore associato della Iu School of Medicine e autore principale del lavoro - Ma dobbiamo indagare ulteriormente per capire se fattori come la dose e la durata del trattamento possano produrre o meno differenze nei risultati".
L'analisi di Marco Antonio Zappa, il chirurgo di Fedez
I nuovi farmaci antidiabetici dimagranti non sono dei 'rivali' della chirurgia bariatrica anti-obesità. In alcuni momenti possono essere invece validi alleati del 'bisturi', a patto però di "rispettare le indicazioni". Perché se da un lato "la chirurgia bariatrica non va fatta su chiunque", dall'altro "il farmaco non va dato a tutti". L'appropriatezza deve essere il faro per Marco Antonio Zappa, past president della Sicob (Società italiana di chirurgia dell'obesità e delle malattie metaboliche) e big mondiale della chirurgia addominale.
Nel settembre 2023, allora direttore dell'Uoc di Chirurgia generale dell'Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano, Zappa curò in urgenza Fedez per un'emorragia da 2 ulcere. Oggi dirige il Dipartimento chirurgico del gruppo Iseni Sanità, dopo che nel marzo scorso ha lasciato il Servizio sanitario nazionale denunciando le anomalie di "un sistema al quale ho dedicato la vita, ma dove 1 vale 1". All'Adnkronos Salute commenta gli studi presentati al congresso Acs, da cui arrivano "indicazioni con cui mi trovo assolutamente d'accordo".
La premessa dello specialista è che "il bene del paziente è quello a cui dobbiamo guardare, quindi ben venga qualsiasi soluzione, medica o chirurgica, che faccia guarire il paziente". Il trattamento gold standard nei casi di grande obesità è la chirurgia bariatrica, per la quale "c'è un'indicazione assoluta", sottolinea Zappa. Per quanto riguarda i farmaci, "sono innovativi, ben vengano, anche i chirurghi sono felici che ci siano e anche io li prescrivo", ma appunto vanno usati "nel rispetto delle indicazioni". Nei casi di obesità grave possono essere complementari all'intervento "in momenti specifici. Prima e dopo la chirurgia, soprattutto".
Mirare la soluzione alle esigenze del paziente è cruciale, spiega Zappa. "Il farmaco, che ha un'ottima efficacia, produce cali ponderali del 10-12-15% massimo in 1 anno". Ecco perché nei casi di grande obesità l'indicazione è la chirurgia, che permette di perdere "il 40-50% in 1 anno e poi altro peso successivamente". Se per mantenere il risultato e non ingrassare di nuovo gli analoghi di Glp-1 "vanno assunti per la vita" e c'è il nodo costi, "per la chirurgia bariatrica è importante che l'intervento si inserisca all'interno di un percorso in cui il paziente viene assistito in un centro specializzato, da un'équipe multidisciplinare, monitorato e accompagnato nel tempo. Perché se il paziente operato non si fa seguire - avverte l'esperto - anche dopo la chirurgia rischia di riprendere peso", vanificando i costi dell'operazione.
Ecco allora che "il farmaco può essere utile ed efficace in 2 momenti", descrive Zappa. Innanzitutto, "fondamentale, prima dell'intervento chirurgico per ridurre il peso e con il peso il rischio operatorio: si porta il paziente a un indice di massa corporea Bmi minore e si opera con meno rischi". Poi, "altrettanto fondamentale, è il potenziale d'uso del farmaco nel post-chirurgico. Nei casi di 'weight regain', di ripresa del peso, prima il chirurgo si trovava nel dilemma di cosa fare, di dover reintervenire con un rischio molto più alto. Invece ora, grazie al farmaco, il chirurgo ha uno strumento che può usare per aiutare il paziente a riprendere il calo di peso rafforzandosi anche psicologicamente. In questi casi la terapia può non essere a vita", puntualizza il chirurgo: "Si può dare il farmaco per 6-7 mesi e poi il paziente riprende il suo percorso". Insomma, appropriatezza e personalizzazione. Bisturi e iniezioni possono convivere, aiutarsi l'un l'altro, usati sul paziente giusto, al momento giusto.
Cronaca
Covid 2024, cosa c’è di nuovo su XEC la variante che...
Dall'efficacia dei vaccini alla trasmissibilità: tutte le informazioni sulla mutazione che potrebbe rovinarci il Natale
Sarà probabilmente il 'convitato di pietra' a cenoni, aperitivi e festeggiamenti di Natale e Capodanno. Anche se ormai la luce dei riflettori sembra essersi abbassata, il Covid continua a circolare in versioni sempre nuove. L'ultima è XEC. In un focus pubblicato su 'Jama' si fa il punto su origini e ascesa di questa variante che per gli esperti è ormai "destinata a dominare l'ondata invernale" di Covid.
L'efficacia del vaccino
"Ricombinante di discendenti di Omicron, fortunatamente", si evidenzia nell'analisi, XEC non sembra discostarsi troppo dalle varianti a cui mirano gli ultimi vaccini Covid (JN.1 e KP.2), dicono gli scienziati. "Sono molto simili", afferma Nicole Doria-Rose, capo della sezione Antibody Immunity al Vaccine Research Center del National Institute of Allergy and Infectious Diseases. XEC presenta solo 4 cambiamenti di aminoacidi sia rispetto a JN.1 che a KP.2, spiega.
Europei e Olimpiadi: la genesi di XEC
Com'è nata? Si ritiene che la ricombinazione avvenga di solito in una persona immunodepressa, infettata contemporaneamente da più varianti di Sars-CoV-2, dice l'epidemiologo Bill Hanage, direttore associato del Center for Communicable Disease Dynamics dell'Harvard TH Chan School of Public Health. L'ipotesi, dato che XEC è stata rilevata per la prima volta in Germania il 7 agosto, è che - vista tempistica e luogo dell'identificazione iniziale - possa essere emersa in un tifoso che ha assistito al torneo di calcio Euro 2024, tenutosi da metà giugno a metà luglio negli stadi di tutta la Germania, ragiona Hanage. Sebbene "non sapremo mai esattamente dove è successo", ha detto, "eventi come questo offrono sicuramente opportunità per l'affermarsi di nuove varianti". Oppure, XEC potrebbe essere nata alle Olimpiadi di Parigi, iniziate a fine luglio, interviene Doria-Rose, facendo eco ad Hanage: "Non lo sapremo mai".
La diffusione nel mondo
Non importa però dove sia nata, precisano gli esperti. XEC ha preso piede in tutto il mondo: già nella seconda settimana di ottobre costituiva circa il 17% delle sequenze Sars-CoV-2 a livello globale, in aumento rispetto al 9% circa della settimana conclusasi il 22 settembre, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Tra quei 2 periodi, XEC è cresciuta nelle Americhe, in Europa e nel Pacifico occidentale. E' considerata da fine settembre una variante sotto monitoraggio per l'Oms, il che significa che le autorità sanitarie pubbliche dovrebbero tenerla d'occhio nel caso in cui diventasse una minaccia più grande di altre varianti circolanti. Negli Stati Uniti, il sistema nazionale di sorveglianza genomica l'ha sequenziata per la prima volta nella seconda metà di agosto. Al 9 novembre, i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) stimavano che fosse al 28%, in aumento rispetto al 17% delle 2 settimane precedenti.
Sarà la variante dominante?
Sebbene XEC potrebbe non aumentare così rapidamente come suggeriscono le stime Cdc, "sarà responsabile di una parte sostanziale della trasmissione che vedremo nelle prossime settimane", prevede Hanage. "Penso che ci siano buone probabilità che diventi la variante dominante". Ma gli esperti non prevedono che causi sintomi peggiori delle altre varianti attuali o comprometta la capacità degli ultimi vaccini Covid di prevenire la malattia grave. "Non ci sono prove che stia rendendo le persone più malate", puntualizza Hanage. Negli anni precedenti, Covid è salito dopo le Feste di dicembre. Difficile però dire stavolta come andrà, dicono alcuni esperti. XEC non è la prima variante ricombinante ed è improbabile che sarà l'ultima.
La strategia del virus
La ricombinazione "aiuta il virus a mutare più velocemente", spiega Doria-Rose. E questo può rivelarsi vantaggioso, poiché aumenta la trasmissibilità e l'evasione immunitaria, sottolinea in una e-mail il virologo Kei Sato, professore all'Istituto di scienze mediche dell'Università di Tokyo. Entro la fine del 2022, erano state designate 60 varianti ricombinanti di Sars-CoV-2; alcune hanno viaggiato per il mondo, mentre altre sono rimaste cluster locali. Tuttavia, avvertono gli studiosi, rilevare, monitorare e rispondere alle nuove varianti ricombinanti è diventato più difficile, anche a causa della diminuzione dei sequenziamenti in tutto il mondo dopo la fine delle emergenze di sanità pubblica. "Non stiamo più spendendo soldi per questo", osserva Doria-Rose a proposito della sorveglianza genomica.
E quindi oggi cosa si sa di XEC, qual è il suo profilo? Secondo Sato, praticamente ogni anno si verifica un evento importante nell'evoluzione della variante Omicron. "Non sono ancora sicuro che il grande evento del 2024 sia XEC", precisa però nella sua email. Il 6 novembre, Sato ha pubblicato insieme ad altri coautori una lettera di ricerca su 'The Lancet' in cui si illustravano le caratteristiche virologiche di XEC. Gli autori hanno stimato il numero di riproduzione effettiva (quante persone suscettibili possono essere infettate da un singolo individuo): negli Usa risulta che sia superiore del 13% rispetto a quello di KP.3.1.1, la variante predominante nel mondo a inizio novembre. "Penso che il livello di attività di neutralizzazione tramite infezione naturale stia diminuendo", ha detto Sato a Jama Medical News, spiegando che con i suoi collaboratori sta ora studiando gli anticorpi neutralizzanti nei sieri di chi ha ricevuto i vaccini Covid 2024-2025. Se in ogni caso il Covid per la maggior parte delle persone sane è ormai diventato una malattia più lieve, continua a provocare più ricoveri dell'influenza, si precisa nel focus evidenziando la necessità di continuare a fare attenzione ai più fragili.
Cronaca
Daniele, nato due volte, dal trapianto di cuore alla mezza...
Oggi correrà la Milano21 e sogna già la sfida del mezzo Ironman: "Da un dono la mia seconda vita, lo sport fa bene al corpo e alla mente"
Ci vuole cuore per affrontare le salite della vita, per lasciarsi alle spalle le paure e correre fino al traguardo. Anche se quel cuore è di un altro e adesso batte nel tuo petto. Daniele Sironi, 32 anni, di Pregnana Milanese, onora questo impegno - sfidando se stesso ogni giorno di più - dal giorno del suo 'secondo compleanno': 2 aprile 2021, data del suo trapianto di cuore. Una 'sliding door' che si è aperta grazie al dono di un 42enne di Bologna - morte e vita, destini che si incrociano - e che lo ha portato fino a qui, ai nastri di partenza della Milano21, dove oggi, 24 novembre, esordirà con la sua prima mezza maratona.
Il sogno della maratona di New York
"Chi l'avrebbe detto, pensando al primo giorno di riabilitazione post intervento quando stare seduto 6 ore sul letto dopo una settimana in terapia intensiva era già un traguardo", sorride. Sono passati solo poco più di 3 anni da quei giorni. E oggi Daniele, sommelier nella vita, ha grandi aspirazioni e si allena a colpi di triathlon per raggiungere le prossime tappe: "Mezzo Ironman - elenca - il sogno di correre un giorno la maratona di New York".
La sua storia
Nato in Brianza nel 1992, "vita tranquilla fino ai 27 anni", poi "nel 2019 tutto cambia", racconta all'Adnkronos Salute. E a cambiare non è solo il fatto che a febbraio Daniele ha provato la gioia di diventare papà di Ludovica, uno dei 3 amori della sua vita, insieme alla compagna Alice e alla seconda figlia Sofia. E' una diagnosi a scombinare il futuro: cardiomiopatia dilatativa, patologia del cuore che causa insufficienza cardiaca. Qualche 'spia rossa' si era già accesa. "Ma l'epilogo di quello che avrebbe dovuto essere un breve ricovero di 3 giorni è totalmente inaspettato per me", ripercorre. "Mi dicono che il cuore va molto male e che la mia ultima speranza di vita è il trapianto". Siamo a novembre-dicembre. "Dopo lo sconforto iniziale scopro anche che cosa vuol dire aspettare un trapianto, senza sapere se riuscirai a farlo. Vengo trasferito dal Monzino al Niguarda dove viene valutata la mia idoneità all'intervento. Dopo un mese sono ufficialmente in lista d'attesa".
Nel frattempo ci si mette anche il Covid a complicare le cose. "La mia fortuna - dice Sironi - è stata mia figlia, che allora aveva poco più di un anno e mi ha permesso di non pensarci troppo, tutte le energie erano concentrate su di lei. Intanto, durante le visite imparo cosa vuol dire trapianto di cuore e cosa avrei potuto fare dopo. Una dottoressa mi mette una pulce all'orecchio. Mi dice: 'ci sono anche trapiantati che fanno le maratone'. Ma la strada è lunga e non ci penso più".
Il cuore nuovo
La vita intanto continua a scorrere. "Finché l'1 aprile del 2021, neanche fosse uno scherzo, ricevo la chiamata che tutti i trapiantati si ricordano. Ero tornato in ufficio, rispondo al telefono: 'Ci sarebbe un cuore per lei', la frase che mi resterà per tutta la vita". Uno tsunami di emozioni, e il 2 aprile Daniele è sotto i ferri. "L'operazione dura 6-8 ore e si conclude bene. Da lì comincia una lenta riabilitazione".
All'inizio "cammino a fatica", ricorda. Poi "la cyclette", e "con la bella stagione le camminate fuori. A giugno rientro a casa, dopo un periodo dai miei in un contesto un po' più protetto. Neanche 10 giorni dopo nasce la mia seconda figlia e riesco anche ad assistere al parto". E' estate, e il mare è un'occasione: "Comincio a fare più chilometri. Poi a ottobre riprendo anche a correre un po'. Prima dello stop forzato imposto dal mio cuore facevo una vita attiva, giocavo a tennis, a calcio con gli amici". I sintomi? "In realtà i medici si stupiscono del fatto che stessi ancora in piedi. Erano preoccupati, tanto che mi hanno anche messo un defibrillatore nell'attesa. Conosco persone che hanno passato mesi in ospedale prima del trapianto".
Lo sport
Comunque pian piano Daniele, con il suo cuore nuovo, riprende a fare sport, "anche il padel, un po' di tennis. Supero un po' la paura di riprendere la corsa. E nell'estate del 2022 incomincio a vedere qualche progresso in più". Una delle tante svolte della sua vita è l'incontro con le associazioni Aido e Aned. "Quest'ultima in particolare si occupa di sport per trapiantati e con loro partecipo ai giochi nazionali. Conosco altri che hanno fatto il trapianto e fanno sport. E con Aido inizio ad andare a parlare nelle scuole ai ragazzi di quello che mi è successo. Ne parlo anche per quelle persone che ho conosciuto e che purtroppo non ho più rivisto. E a settembre 2023 mi viene in mente che il mio messaggio posso farlo arrivare attraverso lo sport".
"Penso al triathlon - dice Daniele - Scopro che un coach importante, Simone Diamantini, allena a pochi chilometri da casa mia. Gli spiego la mia storia, il mio progetto, e lui lo sposa. La cosa divertente è che non ho mai avuto una bici da corsa, l'ho letteralmente presa nella cantina di uno zio. Alle prime due uscite sono caduto perché non riuscivo a staccarmi dai pedali. La corsa non l'avevo mai fatta in maniera seria e quando ho iniziato ad aumentare un po' i chilometri mi sono subito infortunato. Il nuoto l'avevo fatto da bambino, sapevo giusto stare a galla. Eppure il mese scorso ho esordito nel triathlon sprint a Peschiera del Garda e domani correrò 21 chilometri. Sono fiducioso - conclude Sironi - Il mio messaggio lo porto sulla maglietta. Ho 'riscritto' lo slogan di Aido ('Io dono, non so per chi ma so perché'). Per me è 'Io corro, non so per chi ma so perché", sorride. "Il senso - spiega - è che fare sport, ognuno come vuole e ognuno al proprio livello, fa bene sia al fisico che alla mente. Voglio anche dimostrare che dopo un trapianto si può tornare a vivere, e sensibilizzare le persone sulla donazione di organi". Prossime tappe? "A parte l'obiettivo di un triathlon medio, l'anno prossimo vorrei sfidarmi con la maratona, magari già a Milano il 6 aprile. Sarebbe un bel 'compleanno'. Un bel modo di festeggiare 4 anni dal trapianto".
Cronaca
Basciano esce dal carcere: “La verità è venuta a...
L'influencer accusato di stalking: "Sto alla grande, non ho fatto niente. Il gip mi manda a casa perché non c’è nessun reato, dirò la verità su quel che ho passato per un anno intero"
Alessandro Basciano esce dal carcere dopo l'arresto per le accuse di stalking nei confronti della sua ex compagna, Sophie Codegoni. "Giustizia è stata fatta, almeno nel senso che ora è chiara la mia estraneità ai fatti. Dall'ordinanza che dispone la revoca della misura cautelare emerge come le menzogne vengano a galla. Ora chi ha mentito pagherà le conseguenze nelle opportune sedi", le parole dell'influencer e deejay 35enne sui social.
"Sto benissimo, non avendo fatto niente sto alla grande", dice Basciano all'uscita dal carcere di San Vittore. "Tra le mille colpe che ho c'è quella di averle regalato una borsa Chanel da 10mila euro. Pensi dove sono finito", si sfoga Basciano, accolto all'uscita del carcere da un gruppo di amici.
La prima cosa che farò? "Dire la verità su tutto un anno intero”. L'ordinanza è su una querela vecchia che la ragazza ha ritirato in quanto un paparazzo lo scorso anno la seguiva e pensavano fossi stato io a dare l'incarico dell’inseguimento della ragazza. Nel momento in cui la ragazza ha ritirato questa querela e sono successe dinamiche che in sede opportuna racconterò, purtroppo una cosa del genere va avanti d’ufficio", spiega l’influencer.
Dopo la querela sporta e ritirata da Codegoni a dicembre 2023, "lei è venuta a convivere con me e ci sono state tante circostanze quest’estate in cui cercava di ritornare insieme", riferisce Basciano, promettendo: "Nelle sedi opportune dirò tutta la verità di un anno a questa parte, di tutti gli abusi e di tutto quello che ho passsto fino a 5 giorni fa, quando lei ha ricevuto una borsa da 10mila euro con tanto di lettera".
Per l’influencer se la gip Anna Magelli, dopo l’interrogatorio in carcere di questa mattina, “all’istante mi ha mandato a casa è perché non sussiste alcun tipo di reato”.