Sardegna, dati criminalità: Oristano provincia più sicura d’Italia
La città risulta al primo posto assoluto tra le province italiane per minor numero di crimini denunciati.
La Sardegna è una regione sicura? Dall’analisi dei dati del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza - la risposta sembrerebbe affermativa. L’indice di criminalità elaborato su diversi indicatori statistici relativi a reati, furti e rapine, infatti, vede le province sarde tra le più sicure del Paese. Anche se non mancano dati negativi in determinate categorie di reati.
In particolare, Oristano risulta al primo posto assoluto tra le province italiane per minor numero di crimini denunciati. Nel dettaglio, nel 2023 nella provincia centro-occidentale della Sardegna sono state registrate 2.358 denunce complessive, pari a 1.510 ogni 100 mila abitanti. Per fare un raffronto, le due città con indice più elevato sono Milano e Roma, rispettivamente con 7.093 e 6.071 denunce ogni 100 mila abitanti.
Le altre province sarde si classificano nel complesso abbastanza bene. Cagliari si piazza al 94° posto con 2.565,4 reati denunciati per 100 mila abitanti. Nuoro è all’86° posto tra le province italiane con 2.670,6 denunce per 100 mila abitanti. Sassari risulta la meno sicura della Sardegna, 66° in Italia, con poco più di 3 mila reati ogni 100 mila abitanti.
Nuoro prima in Italia per omicidi
Se in generale per indice di criminalità le province sarde si classificano piuttosto bene rispetto al resto del Paese, entrando nel dettaglio delle tipologie di crimine, in materia di omicidi volontari, Nuoro risulta al primo posto per incidenza tra numero di abitanti e denunce di tale reato.
Nel dettaglio, nel 2023, nel nuorese sono emersi 3,9 casi ogni 100 mila abitanti di omicidio volontario consumato, oltre a 5,8 casi di omicidio colposo ogni 100 mila abitanti: dati che valgono rispettivamente il triste primato e il quarto posto tra tutte le province italiane.
In particolare, nell’omicidio stradale o omicidio colposo da incidente stradale, Nuoro è la seconda peggiore provincia d’Italia con 4,4 denunce ogni 100 mila abitanti. I dati sugli omicidi nel nuorese sono particolarmente preoccupanti in quanto risultano quasi doppi rispetto alle due province che seguono nella graduatoria ovvero Enna (2 denunce ogni 100 mila abitanti) e Brindisi (1,6).
Reati in calo a Cagliari
Il capoluogo di regione della Sardegna si dimostra un luogo in generale piuttosto sicuro conquistando il 94° posto su 106 province italiane analizzate. Nello specifico, nel 2023 a Cagliari e provincia sono state registrate complessivamente 322 denunce in meno rispetto all’anno precedente.
Tra gli ambiti di reato con i dati maggiormente positivi, le lesioni dolose che vedono Cagliari tra le tre province italiane con minor incidenza di reato (104° su 106 province), 101° posizione per reati di contraffazione di marchi e prodotti, 95° posto per denunce legate ad estorsioni.
Meno bene i dati relativi ad omicidi preterintenzionali, dove Cagliari è al 7° posto in Italia, medesima negativa posizione occupata anche in fatto di reati legati allo sfruttamento della prostituzione e pornografia minorile.
Oristano, un’oasi di legalità o quasi
Come detto, Oristano si guadagna la palma d’oro di provincia italiana più sicura. Infatti, detiene il miglior piazzamento assoluto in diverse categorie, ovvero: violenze sessuali, furti, lesioni dolose, danneggiamenti e rapine. Ma è anche la seconda migliore provincia in ambito di truffe e frodi informatiche.
Dati meritori per il capoluogo di provincia sardo anche in fatto di denunce per reati legati a contraffazione di marchi dove si classifica tra le cinque province italiane più integerrime, per estorsioni ed associazione per delinquere, 98° su 106 in ambedue le categorie di reato.
Al contrario, Oristano detiene il triste primato tra tutte le province italiane per numero di denunce legate ad associazione per produzione o traffico di stupefacenti, il quarto posto per rapine in uffici postali e il settimo posto nella categoria tentati omicidi.
Sassari provincia meno sicura della Sardegna
Con poco più di 3.000 denunce di reato ogni 100 mila abitanti, Sassari ha il primato di provincia meno sicura della Sardegna. Secondo i dati del Dipartimento di Sicurezza Pubblica del Ministero dell’Interno, nel 2023, nel sassarese sono numerose le categorie di reato dove sono aumentate le denunce.
Nello specifico, Sassari occupa il 38° posto in Italia per omicidi volontari (3 in tutto, nel 2023) con un tasso di 0,6 omicidi ogni 100 mila abitanti, dato in crescita su base annua. Così come è in aumento il numero di tentati omicidi, 9 in totale, 1,8 ogni 100 mila abitanti. In crescita anche le denunce per violenze sessuali (7,4 ogni 100 mila abitanti), minacce (144 ogni 100 mila abitanti, 20° posto in Italia) e lesioni dolose (99,5 su 100 mila abitanti).
In leggera diminuzione, invece, le denunce a seguito di furti, specie quelli in appartamento, dove Sassari si piazza in buona posizione (88° su 106 province italiane). Anche alcuni dati relativi alle rapine migliorano, segnatamente quelle in abitazione ed esercizi commerciali, ma crescono quelle per strada.
Il confronto tra le province sarde su omicidi, furti, rapine
Rispetto alle principali categorie di reati, Nuoro è al primo posto tra le province sarde con riferimento agli omicidi con 3,9 denunce ogni 100 mila abitanti, un primato negativo anche rispetto alla media nazionale che si attesta al 3,22. In questa categoria Cagliari è la migliore con 0,4/100 mila abitanti.
Nella categoria furti, la migliore provincia sarda è Oristano con 309,5 denunce ogni 100 mila abitanti, seguita da Nuoro con 475,7, Cagliari con 728,2, mentre la peggiore è Sassari con 976,6/100 mila abitanti.
In fatto di rapine, la migliore è ancora una volta Oristano con una media di 2,6 denunce ogni 100 mila abitanti, seguita da Nuoro con 12,6/100 mila abitanti, Cagliari 20,4 e Sassari 22,9. Si tratta di medie, comunque, molto inferiori rispetto alle tre province italiane peggiori: Firenze 136,4 denunce ogni 100 mila abitanti, Milano 128,4, Prato 124,5.
Violenze sessuali e delitti informatici sull’Isola
Oristano si conferma la città più sicura non solo della Sardegna ma anche d’Italia in quanto a violenze sessuali con solo 4 denunce complessive nel 2023, ovvero 2,6 ogni 100 mila abitanti. Segue Nuoro con 12,6 denunce ogni 100 mila abitanti, quindi Cagliari con 20,4 e Sassari con 22,9.
Nel confronto con le altre province italiane, al primo posto per denunce legate a reati a sfondo sessuale risulta Trieste con 24 denunce ogni 100 mila abitanti. Al secondo posto Bologna con 21,8/100 mila abitanti, al terzo posto Milano con 18,7.
Per quanto riguarda i delitti informatici la migliore provincia sarda è Sassari con 21,2 denunce ogni 100 mila abitanti, quindi Oristano con 23,7, Cagliari con 37,8 e Nuoro con 45,9. Questa tipologia di reato non è particolarmente ricorrente in Sardegna se pensiamo che le tre province con maggior numero di denunce in questo ambito delinquenziale hanno valori nettamente superiori: Brescia 108/100 mila abitanti, Bologna 105,4, Livorno 101,8.
L’impegno della Regione per la sicurezza
La Regione Sardegna è particolarmente attiva nel contrasto alle violenze di genere. In questo ambito, tra le iniziative più recenti, segnaliamo la delibera adottata nella Giunta regionale del 3 ottobre 2024 che prevede interventi in favore dei figli di vittime di crimini domestici, con presa in carico degli orfani di femminicidio con il progetto “Respiro” promosso da una serie di enti e associazioni.
Nella stessa riunione del Governo regionale, viene potenziato il sistema di accoglienza in emergenza per le donne vittime di violenza con uno stanziamento di 240 mila euro da destinare ai 12 centri antiviolenza del territorio.
Sempre in fatto di contrasto ai crimini contro le donne e i minori, la Regione ha adottato delle importanti modifiche operative al servizio “Pronto intervento rosa” istituito con una legge regionale nel 2018. La nuova operatività permette un pronto intervento immediato, 24 ore su 24, per la messa in sicurezza immediata di donne vittime di violenza ed eventuali loro figli minori.
Cronaca
Covid 2024, cosa c’è di nuovo su XEC la variante che...
Dall'efficacia dei vaccini alla trasmissibilità: tutte le informazioni sulla mutazione che potrebbe rovinarci il Natale
Sarà probabilmente il 'convitato di pietra' a cenoni, aperitivi e festeggiamenti di Natale e Capodanno. Anche se ormai la luce dei riflettori sembra essersi abbassata, il Covid continua a circolare in versioni sempre nuove. L'ultima è XEC. In un focus pubblicato su 'Jama' si fa il punto su origini e ascesa di questa variante che per gli esperti è ormai "destinata a dominare l'ondata invernale" di Covid.
L'efficacia del vaccino
"Ricombinante di discendenti di Omicron, fortunatamente", si evidenzia nell'analisi, XEC non sembra discostarsi troppo dalle varianti a cui mirano gli ultimi vaccini Covid (JN.1 e KP.2), dicono gli scienziati. "Sono molto simili", afferma Nicole Doria-Rose, capo della sezione Antibody Immunity al Vaccine Research Center del National Institute of Allergy and Infectious Diseases. XEC presenta solo 4 cambiamenti di aminoacidi sia rispetto a JN.1 che a KP.2, spiega.
Europei e Olimpiadi: la genesi di XEC
Com'è nata? Si ritiene che la ricombinazione avvenga di solito in una persona immunodepressa, infettata contemporaneamente da più varianti di Sars-CoV-2, dice l'epidemiologo Bill Hanage, direttore associato del Center for Communicable Disease Dynamics dell'Harvard TH Chan School of Public Health. L'ipotesi, dato che XEC è stata rilevata per la prima volta in Germania il 7 agosto, è che - vista tempistica e luogo dell'identificazione iniziale - possa essere emersa in un tifoso che ha assistito al torneo di calcio Euro 2024, tenutosi da metà giugno a metà luglio negli stadi di tutta la Germania, ragiona Hanage. Sebbene "non sapremo mai esattamente dove è successo", ha detto, "eventi come questo offrono sicuramente opportunità per l'affermarsi di nuove varianti". Oppure, XEC potrebbe essere nata alle Olimpiadi di Parigi, iniziate a fine luglio, interviene Doria-Rose, facendo eco ad Hanage: "Non lo sapremo mai".
La diffusione nel mondo
Non importa però dove sia nata, precisano gli esperti. XEC ha preso piede in tutto il mondo: già nella seconda settimana di ottobre costituiva circa il 17% delle sequenze Sars-CoV-2 a livello globale, in aumento rispetto al 9% circa della settimana conclusasi il 22 settembre, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Tra quei 2 periodi, XEC è cresciuta nelle Americhe, in Europa e nel Pacifico occidentale. E' considerata da fine settembre una variante sotto monitoraggio per l'Oms, il che significa che le autorità sanitarie pubbliche dovrebbero tenerla d'occhio nel caso in cui diventasse una minaccia più grande di altre varianti circolanti. Negli Stati Uniti, il sistema nazionale di sorveglianza genomica l'ha sequenziata per la prima volta nella seconda metà di agosto. Al 9 novembre, i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) stimavano che fosse al 28%, in aumento rispetto al 17% delle 2 settimane precedenti.
Sarà la variante dominante?
Sebbene XEC potrebbe non aumentare così rapidamente come suggeriscono le stime Cdc, "sarà responsabile di una parte sostanziale della trasmissione che vedremo nelle prossime settimane", prevede Hanage. "Penso che ci siano buone probabilità che diventi la variante dominante". Ma gli esperti non prevedono che causi sintomi peggiori delle altre varianti attuali o comprometta la capacità degli ultimi vaccini Covid di prevenire la malattia grave. "Non ci sono prove che stia rendendo le persone più malate", puntualizza Hanage. Negli anni precedenti, Covid è salito dopo le Feste di dicembre. Difficile però dire stavolta come andrà, dicono alcuni esperti. XEC non è la prima variante ricombinante ed è improbabile che sarà l'ultima.
La strategia del virus
La ricombinazione "aiuta il virus a mutare più velocemente", spiega Doria-Rose. E questo può rivelarsi vantaggioso, poiché aumenta la trasmissibilità e l'evasione immunitaria, sottolinea in una e-mail il virologo Kei Sato, professore all'Istituto di scienze mediche dell'Università di Tokyo. Entro la fine del 2022, erano state designate 60 varianti ricombinanti di Sars-CoV-2; alcune hanno viaggiato per il mondo, mentre altre sono rimaste cluster locali. Tuttavia, avvertono gli studiosi, rilevare, monitorare e rispondere alle nuove varianti ricombinanti è diventato più difficile, anche a causa della diminuzione dei sequenziamenti in tutto il mondo dopo la fine delle emergenze di sanità pubblica. "Non stiamo più spendendo soldi per questo", osserva Doria-Rose a proposito della sorveglianza genomica.
E quindi oggi cosa si sa di XEC, qual è il suo profilo? Secondo Sato, praticamente ogni anno si verifica un evento importante nell'evoluzione della variante Omicron. "Non sono ancora sicuro che il grande evento del 2024 sia XEC", precisa però nella sua email. Il 6 novembre, Sato ha pubblicato insieme ad altri coautori una lettera di ricerca su 'The Lancet' in cui si illustravano le caratteristiche virologiche di XEC. Gli autori hanno stimato il numero di riproduzione effettiva (quante persone suscettibili possono essere infettate da un singolo individuo): negli Usa risulta che sia superiore del 13% rispetto a quello di KP.3.1.1, la variante predominante nel mondo a inizio novembre. "Penso che il livello di attività di neutralizzazione tramite infezione naturale stia diminuendo", ha detto Sato a Jama Medical News, spiegando che con i suoi collaboratori sta ora studiando gli anticorpi neutralizzanti nei sieri di chi ha ricevuto i vaccini Covid 2024-2025. Se in ogni caso il Covid per la maggior parte delle persone sane è ormai diventato una malattia più lieve, continua a provocare più ricoveri dell'influenza, si precisa nel focus evidenziando la necessità di continuare a fare attenzione ai più fragili.
Cronaca
Daniele, nato due volte, dal trapianto di cuore alla mezza...
Oggi correrà la Milano21 e sogna già la sfida del mezzo Ironman: "Da un dono la mia seconda vita, lo sport fa bene al corpo e alla mente"
Ci vuole cuore per affrontare le salite della vita, per lasciarsi alle spalle le paure e correre fino al traguardo. Anche se quel cuore è di un altro e adesso batte nel tuo petto. Daniele Sironi, 32 anni, di Pregnana Milanese, onora questo impegno - sfidando se stesso ogni giorno di più - dal giorno del suo 'secondo compleanno': 2 aprile 2021, data del suo trapianto di cuore. Una 'sliding door' che si è aperta grazie al dono di un 42enne di Bologna - morte e vita, destini che si incrociano - e che lo ha portato fino a qui, ai nastri di partenza della Milano21, dove oggi, 24 novembre, esordirà con la sua prima mezza maratona.
Il sogno della maratona di New York
"Chi l'avrebbe detto, pensando al primo giorno di riabilitazione post intervento quando stare seduto 6 ore sul letto dopo una settimana in terapia intensiva era già un traguardo", sorride. Sono passati solo poco più di 3 anni da quei giorni. E oggi Daniele, sommelier nella vita, ha grandi aspirazioni e si allena a colpi di triathlon per raggiungere le prossime tappe: "Mezzo Ironman - elenca - il sogno di correre un giorno la maratona di New York".
La sua storia
Nato in Brianza nel 1992, "vita tranquilla fino ai 27 anni", poi "nel 2019 tutto cambia", racconta all'Adnkronos Salute. E a cambiare non è solo il fatto che a febbraio Daniele ha provato la gioia di diventare papà di Ludovica, uno dei 3 amori della sua vita, insieme alla compagna Alice e alla seconda figlia Sofia. E' una diagnosi a scombinare il futuro: cardiomiopatia dilatativa, patologia del cuore che causa insufficienza cardiaca. Qualche 'spia rossa' si era già accesa. "Ma l'epilogo di quello che avrebbe dovuto essere un breve ricovero di 3 giorni è totalmente inaspettato per me", ripercorre. "Mi dicono che il cuore va molto male e che la mia ultima speranza di vita è il trapianto". Siamo a novembre-dicembre. "Dopo lo sconforto iniziale scopro anche che cosa vuol dire aspettare un trapianto, senza sapere se riuscirai a farlo. Vengo trasferito dal Monzino al Niguarda dove viene valutata la mia idoneità all'intervento. Dopo un mese sono ufficialmente in lista d'attesa".
Nel frattempo ci si mette anche il Covid a complicare le cose. "La mia fortuna - dice Sironi - è stata mia figlia, che allora aveva poco più di un anno e mi ha permesso di non pensarci troppo, tutte le energie erano concentrate su di lei. Intanto, durante le visite imparo cosa vuol dire trapianto di cuore e cosa avrei potuto fare dopo. Una dottoressa mi mette una pulce all'orecchio. Mi dice: 'ci sono anche trapiantati che fanno le maratone'. Ma la strada è lunga e non ci penso più".
Il cuore nuovo
La vita intanto continua a scorrere. "Finché l'1 aprile del 2021, neanche fosse uno scherzo, ricevo la chiamata che tutti i trapiantati si ricordano. Ero tornato in ufficio, rispondo al telefono: 'Ci sarebbe un cuore per lei', la frase che mi resterà per tutta la vita". Uno tsunami di emozioni, e il 2 aprile Daniele è sotto i ferri. "L'operazione dura 6-8 ore e si conclude bene. Da lì comincia una lenta riabilitazione".
All'inizio "cammino a fatica", ricorda. Poi "la cyclette", e "con la bella stagione le camminate fuori. A giugno rientro a casa, dopo un periodo dai miei in un contesto un po' più protetto. Neanche 10 giorni dopo nasce la mia seconda figlia e riesco anche ad assistere al parto". E' estate, e il mare è un'occasione: "Comincio a fare più chilometri. Poi a ottobre riprendo anche a correre un po'. Prima dello stop forzato imposto dal mio cuore facevo una vita attiva, giocavo a tennis, a calcio con gli amici". I sintomi? "In realtà i medici si stupiscono del fatto che stessi ancora in piedi. Erano preoccupati, tanto che mi hanno anche messo un defibrillatore nell'attesa. Conosco persone che hanno passato mesi in ospedale prima del trapianto".
Lo sport
Comunque pian piano Daniele, con il suo cuore nuovo, riprende a fare sport, "anche il padel, un po' di tennis. Supero un po' la paura di riprendere la corsa. E nell'estate del 2022 incomincio a vedere qualche progresso in più". Una delle tante svolte della sua vita è l'incontro con le associazioni Aido e Aned. "Quest'ultima in particolare si occupa di sport per trapiantati e con loro partecipo ai giochi nazionali. Conosco altri che hanno fatto il trapianto e fanno sport. E con Aido inizio ad andare a parlare nelle scuole ai ragazzi di quello che mi è successo. Ne parlo anche per quelle persone che ho conosciuto e che purtroppo non ho più rivisto. E a settembre 2023 mi viene in mente che il mio messaggio posso farlo arrivare attraverso lo sport".
"Penso al triathlon - dice Daniele - Scopro che un coach importante, Simone Diamantini, allena a pochi chilometri da casa mia. Gli spiego la mia storia, il mio progetto, e lui lo sposa. La cosa divertente è che non ho mai avuto una bici da corsa, l'ho letteralmente presa nella cantina di uno zio. Alle prime due uscite sono caduto perché non riuscivo a staccarmi dai pedali. La corsa non l'avevo mai fatta in maniera seria e quando ho iniziato ad aumentare un po' i chilometri mi sono subito infortunato. Il nuoto l'avevo fatto da bambino, sapevo giusto stare a galla. Eppure il mese scorso ho esordito nel triathlon sprint a Peschiera del Garda e domani correrò 21 chilometri. Sono fiducioso - conclude Sironi - Il mio messaggio lo porto sulla maglietta. Ho 'riscritto' lo slogan di Aido ('Io dono, non so per chi ma so perché'). Per me è 'Io corro, non so per chi ma so perché", sorride. "Il senso - spiega - è che fare sport, ognuno come vuole e ognuno al proprio livello, fa bene sia al fisico che alla mente. Voglio anche dimostrare che dopo un trapianto si può tornare a vivere, e sensibilizzare le persone sulla donazione di organi". Prossime tappe? "A parte l'obiettivo di un triathlon medio, l'anno prossimo vorrei sfidarmi con la maratona, magari già a Milano il 6 aprile. Sarebbe un bel 'compleanno'. Un bel modo di festeggiare 4 anni dal trapianto".
Esteri
Ucraina-Russia, Zelensky: “Guerra può finire nel...
Il presidente ucraino e l'incognita della nuova amministrazione Usa: "Voglio sentire le proposte di Trump"
L'Ucraina punta su Donald Trump per chiudere la guerra con la Russia nel 2025. Mentre Vladimir Putin spaventa l'Europa con il nuovo missile Oreshnik che "può colpire ovunque" nel Vecchio Continente, Kiev attende l'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti per una svolta negoziale che apra la strada alla pace. Trump, com'è noto, da mesi si dice convinto di poter portare Ucraina e Russia al tavolo per una rapida intesa.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a dirsi fiducioso che la guerra con la Russia possa finire nel 2025 e che "a gennaio avremo un piano", ribadisceai media stranieri a margine della terza conferenza internazionale 'Grain from Ukraine'.
Cosa ha detto Zelensky
"Per quanto riguarda il momento in cui la guerra finirà... finirà quando la Russia deciderà di farla finire. Quando gli Stati Uniti assumeranno una posizione più forte. Quando il Sud globale si schiererà con l'Ucraina e a favore della fine della guerra", dice Zelensky, sottolineando di essere fiducioso che questi sviluppi si verificheranno prima o poi e che verranno prese delle decisioni.
"Sarà un percorso difficile, ma sono convinto che abbiamo tutte le possibilità di raggiungere questo obiettivo l'anno prossimo - afferna - capiamo che la Russia non sarà d'accordo con tutti questi passi, ma c'è la Carta delle Nazioni Unite e tutte le nostre azioni si basano su di essa. Speriamo che siano sostenute dai nostri partner".
"Voglio sentire le proposte di Trump"
L'incognita maggiore per Zelensky - e allo stesso tempo la principale speranza - è la nuova amministrazione Usa. È necessario ascoltare le proposte d Trump sul piano per porre fine al conflitto. "Siamo aperti - dice Zelensky -; lo dirò ancora una volta, e tra l'altro, ai leader dei paesi africani, asiatici e arabi... Siamo pronti a vedere le loro proposte. Voglio anche vedere quelle del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Penso che avremo queste proposte a gennaio e che avremo un piano per porre fine a questa guerra".
"Sono sicuro che l'anno prossimo avremo tutte le possibilità di porre fine alla guerra - aggiunge il presidente ucraino - Ci sono passi appropriati per questo... Comprendiamo che la Russia non farà tutti questi passi. Ma esiste una carta delle Nazioni Unite e tutti i nostri passi basati sulla Carta delle Nazioni Unite saranno sostenuti dai partner".
Il messaggio (quotidiano) da Mosca
Putin, particolarmente loquace negli ultimi giorni con 2 messaggi, tace lasciando spazio ai proclami di Dmitry Medvedev, ex presidente e attuale numero 2 del Consiglio di sicurezza. Il presidente, dopo il lancio di un nuovo missile a medio raggio contro il territorio ucraino, ha avvertito in particolare l'Europa: "Possiamo colpire ovunque", ha detto come reazione alle azioni condotte da Kiev, che ha colpito il territorio russo con missili americani (Atacms) e britannici (Storm Shadow).
A stretto giro, tocca a Medvedev indicare la soluzione ideale del conflitto per i parametri russi: "Se il blocco Nato smette di soffiare sul fuoco della guerra in Ucraina, questo conflitto può finire senza alcun ulteriore costo per l'umanità", dice Medvedev.