Festa del Cinema di Roma, Tommaso Diaceri: “Il mio corto in latino tra fede e fantascienza”
Aspirante regista e studente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma: "Il futuro non mi spaventa"
"Voglio affrontare l’arte senza paura come David Lynch e raccontare storie che regalino la magia della scoperta agli occhi di chi le guarda, attraverso personaggi in balia di forti conflitti morali ed etici". Così all'Adnkronos Tommaso Diaceri, 27 anni, giovane promessa del cinema italiano e studente del Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema. Ad 'Alice nella Città', sezione autonoma e parallela alla Festa del Cinema di Roma, presenta il suo cortometraggio ‘Deus Vult’, prodotto dal Csc. Al centro della storia, girata interamente in lingua latina, c’è lo scontro tra fantascienza e fede per affrontare dilemmi esistenziali che continuano a interrogare ancora oggi l’essere umano, come l’eterna lotta tra bene e male in uno scenario incentrato su una misteriosa missione nello spazio compiuta da sarcerdoti astronauti, uno dei quali sprofondato nell’abisso di una crisi spirituale. È nato chiacchierando con gli insegnati di scuola, primo fra tutti il regista Daniele Luchetti”, ricorda Tommaso. "Ci hanno chiesto di fare una commedia. E così ho portato i preti nello Spazio. Nel cinema italiano - prosegue - non ci sono queste storie, ma nella letteratura sì. Per esempio Ennio Flaiano ha scritto ‘Un marziano a Roma’”, spiega.
“In questo corto non giudico nessuno ma, al contrario, ho messo in scena ogni punto di vista. Poi sta allo spettatore trarre le sue conclusioni”. Ma è anche "un mio modo per dire ‘mettiamoci nei panni degli altri, per chi fa arte è necessaria l’empatia perché consente di avvicinarsi alle persone diverse da noi per comprenderle senza giudizio”. Alla domanda ‘perché vuoi fare cinema?’ Tommaso non ha dubbi sulla risposta: “perché voglio far scoprire le emozioni, anche quelle più profonde. Credo che questo sia il compito dell’artista, nel cinema come nella letteratura”. Il futuro “non mi spaventa, lo voglio affrontare con entusiasmo perché, come dice Lynch, la negatività è nemica dell’arte”, dice Tommaso, che sogna “di riuscire ad arrivare a fare film che riescano a mettermi in contatto con altri esseri umani e ad avere una risonanza nelle loro emozioni”. Questo “manca nel cinema. A volte faccio fatica ad interagire con le storie. Non sono sempre necessari i salti mortali o grandi produzioni - dice - basta un piccolo film che sia capace di dirci qualcosa”, fa notare.
“Non sono amante del cinema italiano - questo ha scatenato un po’ di scalpore a scuola, ma è un’altra storia - e mi accorgo che sperimenta poco. Perché? Basti pensare che ci sono meno risorse rispetto al passato e questo porta a puntare sui progetti che, almeno sulla carta, siano vincenti”. Inoltre “l’industria cinematografica italiana è deficitaria di certe espressioni artistiche che altrove ci sono, e questo mi fa arrabbiare”. Per esempio “nel Nord Europa c’è il coraggio di investire in certe storie, a volte anche estreme. Sul concepire il cinema come forma espressiva d’arte siamo molto indietro. Spesso, infatti, non si tratta di problemi finanziari, ma della difficoltà di avere una sensibilità narrativa”, conclude.
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Festa Roma, domani la proiezione del documentario...
Il documentario 'Tennis and Friends, la prevenzione scende in campo', una produzione di Aut Aut per Rai Documentari, con la regia di Angelo Bozzolini, sarà proiettato domani, alle 15, nell'ambito della Festa del Cinema di Roma, presso lo spazio 'Lazio Terra di Cinema' (Regione Lazio) all'Auditorium Parco della Musica.
Spettacolo
Paolo Sorrentino: “Non riesco a confrontarmi con il...
Il regista ha presentato oggi 'Parthenope', dal 24 ottobre nelle sale
(Cinematografo.it) “Lo spettatore migliore è quello privo di qualsiasi senso di colpa perché è libero". Così il premio Oscar Paolo Sorrentino, che oggi ha presentato il suo ultimo film: 'Parthenope', nelle sale il 24 ottobre con PiperFilm (al suo battesimo) in 500 sale. Esce ora, ma ci sono state già diverse anteprime di mezzanotte (una limited release di 7 giorni, 15 proiezioni al giorno, con un unico spettacolo in alcune città italiane): “Sono state un grande successo. Sono venuti tanti giovani, che lo hanno davvero apprezzato. I ragazzi sono liberi e non hanno pregiudizi e dietrologie. Da adulti si è più filtrati e si vedono i film con un bagaglio di idee e aspettative diverse”.
E proprio la giovinezza, così effimera, nonché il passare del tempo, sono al centro di questo film che vede protagonisti: Celeste Dalla Porta (Parthenope Giovane), Stefania Sandrelli (Parthenope Adulta), Gary Oldman (John Cheever), Silvio Orlando (Devoto Marotta), Luisa Ranieri (Greta Cool), Peppe Lanzetta (Vescovo ovvero Tesorone, dal nome del negozio di giocattoli sotto casa di Sorrentino) e Isabella Ferrari (Flora Malva). Ma la protagonista assoluta è senza dubbio colei che dà il titolo al film. “Avendo già fatto nove film con protagonisti maschili, avevo voglia di cambiare e di mettere in primo piano una donna- racconta Sorrentino-. Penso poi che la selvaggia vitalità si addica più a una donna. È un racconto, apparentemente ambizioso, ma in realtà molto semplice e sentimentale sulle varie tappe della vita dalla giovinezza dove ci si abbandona e se si è fortunati si può raggiungere la felicità alla tappa successiva verso la responsabilità e l’età adulta in cui si percepisce che la vita ci sta abbandonando e che ti volta un po’ le spalle. Un momento malinconico e pessimistico che però viene smentito alla fine da Stefania di fronte alla città di Napoli”.
E sul cinema: “Il cinema dovrebbe vedere, ma in modo sbilenco. Mi piace vedere traslando quella vista verso l’immaginazione e la fantasia. Io non sono in grado di confrontarmi con il cinema di oggi perché ne vedo poco, né di giudicare quello che faccio. Uno alla fine è condannato a fare quello che sente, non c’è altro modo per me di fare questo lavoro. Non faccio troppi calcoli, questa storia mi riguardava in quel momento quando l’ho concepita. Non è importante quel che ho provato io nei confronti del film, ma il film in sé”.
Tra le donne non solo la giovane Parthenope- Celeste Dalla Porta (“Il mio è un personaggio davvero sfaccettato in questo racconto che parla dello scorrere del tempo, qualcosa di sottile e delicato”) e Parthenope adulta ovvero Stefania Sandrelli (“odio lo scorrere del tempo”), ma anche Isabella Ferrari nei panni di Flora Malva: “Paolo mi ha regalato un ruolo iconico, ho fatto un provino e ho sentito che su quei versi potevo appoggiare le mie emozioni. Le donne belle vengono continuamente offese, anche io nel corso della mia carriera ho sentito su di me questo rancore e questo pregiudizio proprio per via del mio aspetto fisico. La frase sulla bellezza che ammalia i primi dieci minuti e irrita i successivi dieci anni è proprio vera”. E Luisa Ranieri, nel ruolo della diva Greta Cool: “Lei impersona il divismo, è un personaggio bellissimo. Rappresenta un certo tipo di napoletanità. È una donna sola con un passato non sereno”.
Protagonista di questo film anche la città di Napoli. “Ci sono tornato a girare e l’ho trovata per certi versi cambiata, assediata dal turismo ovunque. È una città che resiste e che conserva una sua identità imprecisa. Ma comunque un’identità. Non è una città snob, è autoreferenziale”. E Silvio Orlando dice: “Sono orgoglioso di aver raccontato questo pezzo di Napoli, negli anni Settanta all’università. A Napoli c’è un grande fermento culturale e spero di essere riuscito a ricostruire questo affresco”.
Sulla mancata nomination agli Oscar Sorrentino ribadisce di essere più che contento che vada Vermiglio di Maura Delpero: “Sono anche sollevato, non avevo voglia di sobbarcarmi questa fatica. C’è un momento per tutto”. E rispondendo alla domanda su un possibile film sulle barche a vela che avrebbe voluto fare: “Non ricordo di aver mai voluto fare un film sul mondo della vela. Non so neanche come sia fatta una barca a vela. Per me è noioso parlare sia di calcio che di cinema. Avrei voluto fare piuttosto un film su Ferito a morte tanti anni fa. Non riuscii a farlo perché era troppo costoso il copione. È un libro che involontariamente ho saccheggiato a più riprese. Ora non so cosa farò. Forse andrò in letargo con l’inverno come gli scoiattoli. È prematuro parlare dei miei progetti futuri”. Infine conclude: “Il mio film è deputato a porre nuove domande, così come quello su Giulio Andreotti. Ho scritto le cose attingendo a zone anonime del mio Io. Per me c’è un errore di fondo la missione di un film non è dare risposte oppure, in casi patologici, un messaggio, che è una deriva del nostro essere cattolici e dell’essere legati alla parabola. Un film deve alimentare nuove domande, quindi spero di aver fatto questo. Aver posto altre domande sulle donne anziché dare risposte”.
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Festa del Cinema di Roma, Nicolò Folin: “Con...
Il corto è stato presentato ad 'Alice nella Città', 'nel futuro sono pronto a tutto'
Nicolò Folin, 22 anni, studente del Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema, aspirante regista, e una carriera ancora tutta da scrivere. Ad 'Alice nella Città', sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema, presenta il cortometraggio ‘Le altre vite’ (prodotto dal Csc): un percorso emotivo nei temi del lutto e della memoria messi in rapporto con le nuove tecnologie. “Il cinema, da spettatore e da aspirante regista, è il mio modo per elaborare il dolore”, dice Nicolò all’Adnkronos che nel buio della sala cinematografica “piango spesso, è un pianto positivo perché è liberatorio”.
Tra i progetti futuri di Folin c’è un lungometraggio: “sto provando a pensare e a scrivere il film tratto dal mio corto ‘In spirito’, anche questo presentato quest’anno ad Alice”. Per la sua pellicola d’esordio desidera “un attore che non ha mai lavorato con il cinema per costruire insieme una performance che possa lasciare un’impronta”, ammette.
Tra studio e desideri, l’aspirante regista sta ancora cercando la sua voce ma a spingerlo a fare cinema “è la curiosità di scoprire qualcosa, che sia una persona, un periodo storico, un incontro o un viaggio”. Del cinema di oggi “amo la possibilità di vedere cose diverse provenienti da tutte le parti del mondo e da ogni fascia produttiva. Per me - dice - è un’emozione perché posso imparare tante cose”. Ma Nicolò ha un desiderio: “vedere maggiore sperimentazione”. In questo momento “sono molto affamato di andare avanti. Sono ancora agli inizi ma il futuro un po’ mi spaventa. La scuola ti dà quel senso di protezione, in un certo senso ti coccola, ma sono pronto a tutto”, conclude.