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Ungheria chiede la revoca della sua immunità, Ilaria Salis: “Il Parlamento difenda i miei diritti”

L'appello sui social dell'europarlamentare di Avs

Ilaria Salis - Agenzia Fotogramma

L'Ungheria chiede la revoca dell'immunità di Ilaria Salis, richiesta che verrà inviata alla commissione per gli Affari giuridici. "A breve sarà annunciata al Parlamento Europeo di Strasburgo - ha scritto l'europarlamentare di Avs sui social - la richiesta di revoca della mia immunità da parte delle autorità ungheresi. Non è una coincidenza che la trasmissione della richiesta al Parlamento sia avvenuta il 10 ottobre, il giorno successivo al mio intervento in Plenaria sulla presidenza ungherese, quando ho criticato duramente l’operato di Orbán. Evidentemente, i tiranni faticano a digerire le critiche".

"Come ho già detto più volte, - prosegue - auspico che il Parlamento scelga di difendere lo stato di diritto e i diritti umani, senza cedere alla prepotenza di una 'democrazia illiberale' in deriva autocratica che, per bocca anche dei suoi stessi governanti, in diverse occasioni mi ha già dichiarato colpevole prima della sentenza. In gioco non c'è solo il mio futuro personale, ma anche e soprattutto cosa vogliamo che sia l’Europa, sempre più minacciata da forze politiche autoritarie". "Non sussistono - conclude - le condizioni minime affinché in Ungheria possa svolgersi un processo giusto. Né per me, né per Maja, né per nessun oppositore politico, tantomeno se antifascista. Abbiamo già dimostrato cosa può la solidarietà. È tempo di mobilitarsi di nuovo, in nome dell’antifascismo, della democrazia e di una vera giustizia".

L'europarlamentare Pd - S&D Pierfrancesco Maran ha confermato che darà il suo appoggio a Salis: "Condivido ben poco le idee di Ilaria Salis ma so per certo che voterò ben volentieri perché resti libera di fronte a questa ennesima persecuzione di Orban e dei suoi sodali e son convinto che la maggioranza del Parlamento Europeo farà lo stesso"

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Politica

Il Tempo compie 80 anni, alla Gnam Cerno intervista Meloni

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Per celebrare l’anniversario parte un fitto calendario di eventi e manifestazioni dedicate. Si comincia il 23 ottobre alla Galleria Nazionale di Arte Moderna

Tommaso Cerno (Fotogramma)

Il Tempo compie 80 anni. Ottanta anni di storia, analisi, cronaca e vicinanza ai grandi fatti del mondo e della città. Per celebrare l’anniversario parte un fitto calendario di eventi e manifestazioni dedicate. Si comincia il 23 ottobre, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna, con un appuntamento aperto a tutti gli amici della testata. Interverranno con i loro auguri e ricordi il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri e l’ex storico direttore Gianni Letta. Nel corso dell’happening il direttore Tommaso Cerno intervisterà la premier Giorgia Meloni.

"E sarà solo l’inizio. Entro la fine dell’anno un secondo evento si terrà nella sede storica del giornale, a Palazzo Wedekind - si legge in una nota - per ripercorrere con ospiti illustri le tappe salienti dell’avventura del giornale nella Capitale. Nel corso di tutto il 2025 sono in programma eventi tematici nelle province del Lazio e dell’Abruzzo, zone storiche nelle quali il giornale ha rappresentato un partner dello sviluppo sociale ed economico delle comunità. Ottanta anni di vita. Il tempo scorre ma Il Tempo resta".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Politica

“I rom se li porti a Strasburgo”, Salvini...

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Il vice premier sul documento secondo cui in Italia tra le forze dell'ordine è frequente il 'racial profiling': "Girano le scatole, siamo sempre con le divise"

Matteo Salvini - Fotogramma

"Sentirsi dire che forze dell'ordine sono razziste ti girano le scatole, siamo sempre con le divise, se a questi signori piacciono i rom e clandestini se li portino a Strasburgo". Lo ha detto il vicepremier e ministro di infrastrutture e trasporti Matteo Salvini commentando il documento dell'organo anti-razzismo e intolleranza del Consiglio d'Europa, secondo cui in Italia tra le forze dell'ordine è frequente il "racial profiling", la profilazione razziale, cioè controlli e fermi di polizia basati sull'origine etnica, in particolare nei confronti di rom e persone africane.

"'Polizia italiana razzista nei confronti della comunità rom e delle persone di origine africana'. Donne e uomini in divisa attaccati vergognosamente dall’Ecri (Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza), un ente inutile pagato anche con le tasse dei cittadini italiani. Come Lega proporremo di risparmiare questi soldi per destinarli alla Sanità anziché infangare le nostre forze dell’Ordine. Se a questi signori piacciono tanto Rom e clandestini, se li portino tutti i casa loro a Strasburgo", aveva scritto in precedenza sui social il vicepremier.

Cosa dice il documento dell'organo del Consiglio Ue

In Italia tra le forze dell'ordine è frequente il "racial profiling", la profilazione razziale, cioè controlli e fermi di polizia basati sull'origine etnica. Inoltre, le autorità non paiono essere "consapevoli" dell'entità del problema, sottolinea la commissione Ecri, organizzazione internazionale non Ue con sede a Strasburgo, in un rapporto sul nostro Paese pubblicato oggi.

La delegazione dell'Ecri, si legge nel rapporto, è venuta a conoscenza di "molte testimonianze sulla profilazione razziale da parte delle forze dell'ordine, in particolare verso la comunità Rom e le persone di origine africana". Queste testimonianze, che riferiscono di "frequenti fermi e controlli basati sull'origine etnica", sono confermate anche dai rapporti delle organizzazioni della società civile e di altri organismi di monitoraggio internazionali specializzati. Tuttavia, "le autorità non raccolgono dati adeguatamente disaggregati sulle attività di fermo e di controllo della polizia, né sembrano essere consapevoli dell’entità del problema, e non considerano la profilazione razziale come una forma di potenziale razzismo istituzionale".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Politica

Migranti in Albania, Viminale ricorre contro sentenza...

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Il Tribunale di Roma ha bocciato il trattenimento dei 12 migranti, trasferiti in Italia sabato scorso dopo la mancata convalida

Il porto di Shengjin in Albania (Afp)

A quanto apprende l'Adnkronos, il Viminale ha dato mandato all'avvocatura dello Stato di preparare i ricorsi contro la sentenza del Tribunale di Roma che ha bocciato il trattenimento dei 12 migranti in Albania, trasferiti in Italia sabato scorso dopo la mancata convalida.

Ieri il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi ha dato via libera al dl sui Paesi sicuri che mira a 'blindare' gli hotspot in Albania. La misura 'trasla' l'elenco dei Paesi considerati sicuri dal decreto interministeriale a un decreto ad hoc, con l'obiettivo di renderlo norma primaria.

I ricorsi: "Ordinanza errata e ingiusta"

L'ordinanza "è errata e ingiusta", quanto scrive il Viminale in uno dei ricorsi presentati in Cassazione contro la decisione dei giudici del Tribunale di Roma. Secondo quanto si legge nel ricorso relativo a un cittadino proveniente dal Bangladesh, "l'ordinanza deve essere cassata non solo per essersi fondata su una ricostruzione normativa errata ma anche per aver completamente omesso di indicare le ragioni in fatto che hanno condotto il Tribunale ad affermare, sulla base di detta ricostruzione, il Paese di origine dell'odierno intimato non fosse sicuro per quest'ultimo in relazione ai motivi riportati nella scheda Paese allegata al decreto Maeci del 7.5.2024 e non potesse quindi trovare applicazione la disciplina della procedura accelerata alla frontiera o nelle zone di transito".

E ancora. La controversia "presenta elementi di novità rispetto alla giurisprudenza in materia e, nel contempo, involge questioni di massima di particolare rilevanza e delicatezza che, a parere di questa difesa erariale, suggeriscono la rimessione alle Sezioni unite di codesta Corte in modo da pervenire quanto prima a una interpretazione che scongiuri l'ulteriore moltiplicarsi di un contenzioso seriale e una situazione di incertezza interpretativa tale da pregiudicare il buon funzionamento dell'attività amministrativa di governo del flusso di migranti e dell'esame delle domande di protezione internazionale", scrive il Viminale nei motivi di uno dei ricorsi.

Paesi sicuri

E' stato rivisto l’elenco dei Paesi sicuri, "recependo le indicazioni della recente sentenza della Corte di Giustizia Ue". In particolare, sono stati rimossi i Paesi rispetto ai quali erano previste “eccezioni di carattere territoriale” (Camerun, Colombia e Nigeria). Il nuovo elenco è ora contenuto in un provvedimento con forza e valore di legge per evitare possibili disapplicazioni fondate su interpretazioni della “Direttiva Accoglienza” (la quale, tra l’altro, non appare “dettagliata e incondizionata”, rimettendo il suo recepimento ai singoli Stati membri).

L’elenco è ora composto da 19 Paesi sicuri, individuati secondo i criteri stabiliti dalla normativa europea (vedi l’art. 2bis del decreto legislativo 25/2008) e dai riscontri rinvenibili dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti. Si tratta di Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d'Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. L’elenco dei Paesi sicuri verrà aggiornato periodicamente, sempre mediante atto avente forza di legge.

Da Tribunale di Roma quesito a Cassazione a luglio scorso su Paesi sicuri

I giudici del Tribunale di Roma, competente sulle procedure del protocollo Italia-Albania, hanno inviato alla Cassazione un quesito pregiudiziale a luglio scorso, ancora prima della sentenza della Corte Ue di Lussemburgo del 4 ottobre scorso. Secondo il Messaggero, la pronuncia della Cassazione è attesa per prossimo 4 dicembre e dovrà decidere se i giudici dei Tribunali possono mantenere una certa discrezionalità nella denominazione di Paese sicuro o dovranno semplicemente attenersi alla lista del governo.

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