Steve Bannon scarcerato martedì prossimo: il guru di Trump sarà libero prima delle elezioni
L'ex stratega del Tycoon ha scontato i 120 giorni di prigione per essersi rifiutato di testimoniare di fronte al Congresso sull'assalto a Capitol Hill
Steve Bannon, il guru dell'estrema destra Usa trumpiana, sarà scarcerato il prossimo martedì, quando avrà scontato i 120 giorni di prigione per essersi rifiutato di testimoniare di fronte al Congresso sulll'assalto a Capitol Hill.
L'ex stratega di Donald Trump, sarà quindi libero di riprendere il suo incendiario podcast "War Room", che durante la sua detenzione ha continuato ad andare in onda senza di lui, negli ultimi giorni della campagna elettorale prima del voto del 5 novembre.
I suoi avvocati avevano chiesto che a Bannon fosse concesso di scontare gli ultimi giorni della sua pena ai domiciliari, ma il Bureau of Prison ha inviato loro una lettera in cui si conferma la data originaria, il 29 ottobre, della scarcerazione, affermando che non vengono concessi i domiciliari per periodi inferiori ai 30 giorni. Durante i suoi tre mesi nel penitenziario federale di Danbury, Bannon ha lavorato nella biblioteca della prigione.
Esteri
G7, la ‘prima volta’ di Israele, Anp e Libano...
La proposta di Tajani al vertice di Pescara: una conferenza per ricostruire Gaza. L'Italia stanzia altri 25 milioni di euro di aiuti
Una conferenza per la ricostruzione di Gaza, del Libano e del nord di Israele. E' la proposta lanciata dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che a Pescara ha dato il via oggi al G7 Sviluppo con l'annuncio di altri 25 milioni di euro per le popolazioni delle aree devastate dalla guerra. La ministeriale, che si concluderà giovedì, si è aperta con un focus sulla crisi umanitaria in Medio Oriente alla presenza del ministro degli Esteri libanese, Abdallah Bou Habib, dell'ambasciatrice di Israele presso la Fao, Orli Gil e del ministro dell'Economia dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Mohammad al-Amour. Per la prima volta dall'inizio della guerra a Gaza i rappresentanti dei tre Paesi hanno preso parte a uno stesso evento. "Li abbiamo voluti riunire con il G7 perché siamo convinti che solo attraverso il dialogo sia possibile percorrere il sentiero della pace", ha commentato il vice presidente del Consiglio.
"Credo che dovremmo riflettere sul dar vita a una conferenza - come quella che c'è per la ricostruzione dell'Ucraina - per Gaza, per il Libano e per quelle parti di Israele del nord che sono state colpite", ha precisato Tajani in apertura dei lavori, annunciando lo stanziamento da parte italiana di nuovi aiuti economici per gli abitanti dell'enclave palestinese e del Paese dei cedri. "L'Italia è stata da subito in prima linea nell'azione umanitaria", ha ricordato la premier, Giorgia Meloni, in un videomessaggio inviato al G7 durante il quale ha rimarcato la necessità di affiancare "agli sforzi che stiamo portando avanti sul binario politico per un cessate il fuoco, un binario parallelo umanitario, su quale dobbiamo impegnarci con la stessa determinazione".
Binario umanitario che l'Italia intende percorrere con un nuovo pacchetto di assistenza. "Si tratta di impegni umanitari d'emergenza di 10 milioni di euro per la popolazione del Libano, 10 milioni di aiuto umanitario a Gaza e un sostegno di cinque milioni per il piano dell'Anp per la ricostruzione di Gaza", ha spiegato il titolare della Farnesina, mentre dalla Striscia continuano ad arrivare notizie sulle condizioni drammatiche dei civili, in particolare nel nord. C'è "odore di morte ovunque", ha denunciato il commissario generale dell'Unrwa, Philippe Lazzarini, secondo cui qui "i cadaveri vengono lasciati sotto le macerie o per le strade".
Per Tajani, che a Pescara ha avuto un bilaterale con il suo collega libanese, l'obiettivo della riunione è cercare di dare "risposte concrete" a questo dramma. L'Italia ha già iniziato a fare la sua parte attraverso il progetto 'Food for Gaza'. "Abbiamo consegnato decine di tonnellate di materiale alimentare e sanitario a Gaza ed è già stato distribuito", ha puntualizzato Tajani, evidenziando che ulteriore materiale partirà venerdì da Genova a bordo di 15 tir acquistati dall'Italia e consegnati al Pam.
Tajani, nella conferenza stampa finale della prima giornata di lavori, non ha nascosto grande soddisfazione per la presenza contemporanea a Pescara di rappresentanti del governo libanese, dell'Anp e di Israele. "Il G7 ha ottenuto un risultato politico importante - ha aggiunto - Io lo considero un grande successo per la credibilità italiana".
Sull'ingresso degli aiuti nell'enclave, il titolare della Farnesina ha confermato di aver ricevuto rassicurazioni, durante la visita di ieri in Israele, direttamente dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal suo omologo Israel Katz. "Quello che ho ottenuto in Israele è la rassicurazione che i tir italiani passeranno e potranno entrare a Gaza, quindi avremo un percorso agevolato per gli aiuti umanitari che vengono dall'Italia. Questo grazie al lavoro diplomatico che abbiamo fatto", ha scandito Tajani nel giorno dell'11esima visita in Israele del segretario di Stato americano, Antony Blinken, dopo l'attacco del 7 ottobre.
Per Tajani, la riunione ministeriale di Pescara, che vede la partecipazione tra gli altri anche dei rappresentanti di Undp, Fao e Ifad, è stata anche l'occasione per ribadire la necessità di uno sforzo della comunità internazionale per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza. E l'uccisione del capo militare di Hamas, Yahya Sinwar, rappresenta una finestra d'opportunità da cogliere.
"La pace ancora non è vicina, stiamo lavorando sia in Medio Oriente sia in Ucraina per accelerare i tempi. Sono un po' più ottimista dopo la vittoria militare di Israele contro Hamas. Credo, come ha detto Netanyahu e abbiamo apprezzato la sua frase, che siamo vicini alla fine della guerra e che bisogna fare tutto il possibile per accelerare i tempi", ha concluso.
Ma da Hezbollah è arrivato un nuovo messaggio, tutt'altro che distensivo, che suona anzi come una minaccia diretta alla vita di Netanyahu. "Se le nostre mani non ti hanno raggiunto questa volta, allora tra noi e te ci sono giorni, notti e il campo di battaglia", ha tuonato il responsabile delle relazioni con i media del gruppo sciita, Muhammad Afif, che in una conferenza stampa ha rivendicato la responsabilità della "Resistenza Islamica" per l'attacco a Cesarea.
Esteri
A un anno dal massacro del 7 ottobre il libro di Sharon...
Alla presentazione al palazzo dell'Informazione dell'Adnkronos anche il medico che salvò la vita a Sinwar
''Conserva la memoria di un giorno buio'', un racconto ''da mattina a sera'' del 7 ottobre del 2023, del terribile massacro compiuto da Hamas ''perché nessuno un giorno possa dire che non è stato''. Così l'editorialista di Repubblica Maurizio Molinari ha sintetizzato il libro di Sharon Nizza, '7 Ottobre 2023. Israele, il giorno più lungo', presentato presso lo Spazio Mastai al palazzo dell’Informazione dell'Adnkronos. ''Una cronaca puntuale di una atroce battaglia, nel rispetto dei minuti, dei secondi. Non c'è una parola che non è vera. Senza aggettivi'', come ha tenuto a precisare la scrittrice Cinzia Leone, che ha letto alcuni brani del libro. La cui copertina è dedicata al Nova Festival ''organizzato solo 24 ore prima nel deserto del Negev di cui Hamas non era a conoscenza'' e che ''ha in qualche modo 'salvato' le comunità del nord che dovevano essere attaccate, secondo i piani'' dei terroristi, come ha spiegato il vicedirettore dell'Adnkronos Giorgio Rutelli che ha moderato l'incontro.
Un racconto del massacro minuto per minuto, quello di Sharon Nizza, ascoltato con interesse dal pubblico presente nella sala gremita di piazza Mastai. Tra i tanti, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, l'attuale presidente della Comunità ebraica romana Victor Fadlun e l'ex Riccardo Pacifici, l'assessore capitolino Tobia Zevi, l'ex Iena Antonino Monteleone. La cronaca puntuale di Nizza, le migliaia di testimonianze raccolte e la descrizione minuziosa si scontra in parte con la decisione di Israele di non diffondere i video dell'orrore di quel massacro. ''Per rispetto della privacy - spiega Nizza - ma anche perché Israele non vuole diffondere di sé un'immagine di debolezza. Se diffondi l'immagine di un soldato con la testa decapitata, e c'è un video che dura un minuto e mezzo su questo, mandi un certo tipo di messaggio. Ma gli alleati vogliono essere amici di Israele perché è forte, non perché è debole''.
Dalla storia dell'arabo-israeliana uccisa a quella del medico che salvo la vita al leader di Hamas Yahya Sinwar, Yuval Bitton, presente in sala, Cinzia Leone è riuscita a trasmettere l'emozione oltre la cronaca. ''Ti devo la vita'', inizia il capitolo dedicato a Bitton, che il 7 ottobre ha perso il nipote Tamir Adar e che fino a due anni fa era direttore dell'intelligence penitenziaria di Israele. A essergli debitore era Sinwar, a cui lui salvò la vita nel 2004 mentre era detenuto nel carcere di Nafha e che conosceva dal 1996. Da allora e fino al 2011, quando venne scarcerato nell'ambito di uno scambio con il caporale Gilad Shalit, Sinwar e Bitton trascorsero ore e ore parlare. ''Mi aveva detto che in quel momento noi eravamo forti, ma tra dieci o vent'anni sarete deboli e attaccheremo'', ha spiegato Bitton, che nel 2011 si era opposto alla sua scarcerazione.
Proprio per la conoscenza di Sinwar, l'ex capo dell'intelligence carceraria ha capito da subito ''senza alcun dubbio'' che la mattina del 7 ottobre ''eravamo in guerra''. Quel giorno ''è stato un incubo, ci ha ricordato l'Olocausto'', ma ora ''l'eliminazione di Sinwar significa l'eliminazione di Hamas, è l'obiettivo più importante raggiunto in questa guerra''. Perché ''lui era l'unico che prendeva decisioni'' e ora ''abbiamo una grande opportunità di liberare gli ostaggi, cambiare il controllo di Gaza e mettere fine alla guerra''.
Su quello che comporterà l'eliminazione di Sinwar per la Striscia di Gaza, Molinari fa un paragone con la Germania nazista, che ''governava con la maggioranza del popolo tedesco'', ma dopo la caduta di Hitler '' i tedeschi sono stati in grado di un'operazione che ci ha portato oggi a una delle democrazie più forti''. L'interrogativo che Molinari si pone è ''cosa succederà adesso a Gaza? Non c'è dubbio che molti palestinesi vivevano con sofferenza Hamas''. Per cui, si chiede: ''Verrà fuori oggi a Gaza l'identità palestinese negata da Hamas?''.
Bitton sottolinea, a questo proposito, che oltre l'80 per cento dei palestinesi di Gaza è contrario a Hamas. Ma parlando di numeri, Nizza ha sottolineato che sono stati oltre seimila a entrare nel sud di Israele il 7 ottobre. Di cui 3800 membri di Hamas e delle altre fazioni palestinesi, mentre gli altri civili armati di ''ascia o coltelli'', come erano stati invitati a fare, che ''hanno preso ostaggi per rivenderli poi a caro prezzo''.
Sul perché questo sia potuto succedere, in una realtà come quella israeliana, Nizza parla di ''mala interpretazione delle intenzioni del nemico, in base alla propria interpretazione di quale potrebbe essere il suo interesse''. Ovvero, Israele ha pensato che ''Hamas non avesse interesse ad attaccare perché c'erano accordi sottobanco, perché c'erano i soldi che arrivavano dal Qatar, perché consideravano prioritario il benessere della popolazione''. Così, quel 7 ottobre, a causa di una ''sottovalutazione della forza di Hamas'' e della ''mancanza di un'ipotesi di una invasione via terra'', le Idf si sono trovate con ''carri armati che erano mal funzionanti'', spiega Nizza.
Da capo dell'intelligence carceraria, Bitton ha confermato che ''l'esercito israeliano e il governo stesso abbiano pensato che Hamas non avesse avuto alcuna intenzione di attaccare Israele''. Inoltre, aggiunge, ''Israele si basa molto sulla tecnologia e sull'intelligence e meno su quello che chiamiamo 'l'intelligence umana', ma solo l'intelligenza umana può capire realmente quali sono le intenzioni di Hamas verso Israele'', ammette.
Su quello che accadrà domani, c'è da sottolineare che ''gli Accordi di Abramo stanno reggendo'' perché più che la guerra di Israele a Gaza ''quello che unisce è la paura verso l'Iran''. L'incognita, ha sottolineato Molinari, è: ''l'Iran continuerà a sostenere due organizzazioni terroristiche che hanno perso i loro leader Sinwar e Nasrallah?''. Quello che ''è certo è che se l'Iran sceglie di continuare il sostegno avremo una nuova fase della guerra in cui regista e mandante vanno a perdere''.
Esteri
Urbanistica, Brancaccio (Ance): “Affrontare la...
Così la presidente Ance Ass. Nazionale Costruttori Edili, parlando durante il panel 'Housing, dall’emergenza a un piano comune per l’abitare', nel corso della conferenza organizzata da Adnkronos/Eurofocus 'La nuova Commissione Ue: un accento su Difesa, Mediterraneo e Housing'
"L'ultimo vero piano casa risale al piano Fanfani, per rispondere alle esigenze di una società che cambiava. Oggi abbiamo un enorme patrimonio pubblico e privato che si sta spopolando. Ci sono pochissimi affitti o prezzi di vendita non accessibili. Ci sono varie fasce di esigenze, tutte diverse, a cui rispondere: anziani, studenti, giovani, mobilità, famiglie numerose o piccole. La flessibilità dell'abitare è da affrontare. Con il Covid è uscita fuori l'esigenza dell'abitare con una serie di servizi". Lo ha detto Federica Brancaccio, presidente Ance Ass. Nazionale Costruttori Edili, parlando durante il panel 'Housing, dall’emergenza a un piano comune per l’abitare', nel corso della conferenza organizzata da Adnkronos/Eurofocus 'La nuova Commissione Ue: un accento su Difesa, Mediterraneo e Housing'.
"Il welfare riguarda la possibilità di dare ai lavoratori un contributo per chi vive lontano dalla sede di lavoro - propone la Brancaccio - Come fare a rendere accesibile la locazione o ad acquistare una casa? Con strumenti innovati finanziari che devono attrarre l'investitore istituzionale ma anche il piccolo risparmiatore che investe con un fondo di garanzie pubblico. Bisogna ripopolare molti centri che si sono spopolati, ma prima bisogna creare un tessuto economico, nel quale potrebbero trovare posto anche gli immigrati".
""Siamo molto contenti che il problema, che pensavamo fosse soltanto italiano, sia sentito in tutta Europa - dice ancora la presidente dell'Ance - Il problema della casa e dell'abitare lo hanno Francia, Germania e Spagna, speriamo che si lavori a un piano comune. Il nuovo commissario danese credo sia attento all'aspetto sociale dell'abitare. Auspichiamo che gli investimenti siano fuori dal patto di stabilità. Bisognerebbe mappare quello che c'è - ci vogliono fondi per farlo perché è molto costoso - anche per il tema idrogeologico, ad esempio. La casa è un tema degli stati membri. Un investimento forte pubblico sulla casa non è facile da sostenere, ma è il futuro e dobbiamo dare la possibilità ai giovani di mettere su famiglia e se non lo facciamo l'Europa si impoverirà sempre di più. E' un tema anche fortemente economico".