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Eni firma accordo per ingresso di Kkr nel capitale sociale di Enilive

Descalzi: "Questo accordo rappresenta un nuovo e importante passo avanti nella nostra strategia di business legata alla transizione energetica"

Eni firma accordo per ingresso di Kkr nel capitale sociale di Enilive

Eni e Kkr hanno firmato il contratto per l’ingresso di Kkr nel 25% del capitale sociale di Enilive. Il corrispettivo complessivo convenuto è pari a 2,938 miliardi di euro, da corrispondere attraverso: la sottoscrizione di un aumento di capitale in Enilive riservato a Kkr pari a 500 milioni di euro; l’acquisto di azioni Enilive da Eni a fronte del pagamento di 2,438 miliardi di euro, corrispondente ad una valutazione post-money pari a 11,75 miliardi di euro in termini di Equity Value per il 100% del capitale sociale di Enilive. L’accordo prevede altresì che prima del completamento dell’operazione Eni effettuerà un aumento di capitale pari a 500 milioni di euro per azzerare la posizione finanziaria netta. E' quanto comunica Eni in una nota.

L'operazione - si legge nella nota - unisce la capacità di Eni di sviluppare business energetici a elevata crescita con l'esperienza di Kkr in qualità di investitore di lungo termine con un solido track record nei settori dell'energia e delle infrastrutture, contribuendo ulteriormente alla crescita di Enilive. Inoltre, l’investimento ottimizza la struttura del capitale di Eni, riducendone la posizione finanziaria netta e mantenendo in capo a Eni il consolidamento e il controllo di Enilive.

L’operazione rappresenta uno sviluppo significativo del modello satellitare di Eni, che si pone l’obiettivo di creare le condizioni per una crescita indipendente dei business a elevato potenziale, garantendo l’accesso a nuovi bacini di capitale strategico e dando evidenza del loro effettivo valore di mercato. L’operazione conferma altresì l’efficacia del modello integrato distintivo di Enilive e ne rafforza allo stesso tempo la struttura finanziaria. Il completamento dell’operazione è subordinato al rilascio delle consuete autorizzazioni di legge.

"Questo accordo rappresenta un nuovo e importante passo avanti nella nostra strategia di business legata alla transizione energetica". E' quanto dichiara l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. "Enilive, insieme a Plenitude, è fondamentale per il nostro impegno nel fornire soluzioni energetiche decarbonizzate e ridurre progressivamente le emissioni generate dall'uso finale dei nostri prodotti: entrambe le Società - spiega Descalzi - hanno incontrato un grande interesse da parte di partner internazionali di primo piano e conseguito valutazioni di mercato importanti, e questo significa che c’è apprezzamento per come stiamo affrontando la transizione energetica. E crediamo che per affrontarla con successo questa sia la strada giusta: creare dei business low o zero carbon che rispondano a una domanda reale ed esistente di prodotti energetici e crescano in modo autonomo, in ragione del successo dei loro modelli e dei loro prodotti. Con il supporto di Kkr, Enilive è nelle condizioni di valorizzare i propri ambiziosi piani di crescita e proseguirà nell’offerta di soluzioni reali e scalabili, legate alla transizione energetica" conclude Descalzi.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Economia

Life Sciences, 75% giovani italiani sottovaluta ruolo...

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I dati dell'indagine Youtrend presentati al 2° Forum Incyte sulla ricerca a Roma - Mastandrea (Incyte Italia), 'qui dal 2016 a oggi 63 studi clinici, il 25% in fase I'

Life Sciences, 75% giovani italiani sottovaluta ruolo biotech

In Italia il 74% dei giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni sottostima il ruolo delle biotecnologie in ambito Life Sciences, e l'80% sottovaluta la quota di investimenti in ricerca da parte del biotech, sebbene la maggior parte degli intervistati abbia sentito parlare di biotecnologie, specialmente in ambito salute. E' il quadro tracciato da una ricerca condotta da YouTrend per Incyte, presentata nel corso della seconda edizione del Forum Incyte sulla ricerca, oggi a Roma.

La ricerca ha coinvolto 800 giovani. Di questi, poco più della metà, il 55%, ritiene che gli investimenti nelle biotecnologie producano valore per la società e avanzamento per la ricerca. Un dato, quest'ultimo, che non rispecchia lo scenario attuale - è emerso dal Forum Incyte - in cui l'industria farmaceutica rappresenta circa il 2% del Pil nazionale, costituendo uno dei pilastri dell'economia italiana. A questo si somma il valore generato dagli investimenti in studi clinici e dalle partnership pubblico-privato, fondamentali per incrementare le competenze e le conoscenze della classe medica e per inserire i centri di eccellenza italiani in network internazionali.

Su questo tema è intervenuto anche Pablo Cagnoni, President and Head of Research & Development Incyte. "Incyte è un'azienda che si fonda sulla ricerca - ha sottolineato - Quasi la metà della nostra popolazione aziendale a livello globale è impegnata in R&D e l'Europa gioca un ruolo chiave: un quarto dei nostri addetti alla ricerca sono basati in Europa e circa il 45% dei pazienti arruolati nei nostri studi clinici sono cittadini europei. Ogni giorno siamo impegnati nella ricerca di nuove soluzioni in aree terapeutiche a elevato unmet need. Portare risposte in ambiti nuovi, in cui i pazienti hanno a disposizione scarse opzioni terapeutiche, o addirittura nessuna, richiede investimenti, partnership strategiche e un forte orientamento all'innovazione. Per questo motivo, l'ecosistema in cui un'azienda si inserisce è fondamentale e deve evolversi ai ritmi che le sfide attuali richiedono, con flessibilità e lungimiranza".

L'impegno di Incyte sul fronte R&S - è stato ribadito durante l'incontro a Palazzo Vittoria - si estende attraverso gruppi di ricerca attivi in tutto il mondo, toccando 20 diversi Paesi, tra cui l'Italia. "L'Italia ha un peso importante nell'attività di ricerca grazie agli eccezionali standard qualitativi delle istituzioni di ricerca che supportano i trials clinici - ha concluso Onofrio Mastandrea, Regional Vice President e General Manager Incyte Italia - Da quando siamo arrivati in Italia, nel 2016, ad oggi abbiamo portato avanti 63 studi clinici, di cui il 25% in fase I, coinvolgendo più di 400 clinical sites. Alla luce di questo impegno, abbiamo voluto inaugurare un percorso di dialogo sul tema della ricerca. Il Forum diventerà un appuntamento annuale, un'occasione per riflettere insieme sulle aree in cui è urgente intervenire con politiche strutturate e mirate per richiamare investimenti e talenti e rendere il Paese competitivo e attrattivo anche sul fronte della ricerca".

Alla seconda edizione del Forum Incyte sulla ricerca hanno partecipato, tra gli altri: Chiara Ambrogio, professore ordinario Centro biotecnologie molecolari Università di Torino; Luca de Angelis, direttore generale per le nuove tecnologie abilitanti del ministro delle Imprese e del Made in Italy; Massimo Carnelos, consigliere d'Ambasciata e capo Ufficio Innovazione tecnologica e Startup, ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale; Marta Schifone (Fratelli d'Italia), membro XII Commissione Affari sociali e capogruppo in Commissione Lavoro della Camera, promotrice della prima legge nazionale istitutiva della settimana Stem; Fabrizio Greco, presidente di Assobiotec; Carlo Riccini, vicedirettore generale di Farmindustria; Simone Forte, Consiglio nazionale giovani; Marco Scioli, Founder & Chairman Starting Finance; Giovanni Forti, Senior Analyst Quorum YouTrend e Andrea Rossi, amministratore delegato e direttore generale Università Campus Bio-Medico di Roma.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Economia

Farmaceutica, a Roma il 2° Forum Incyte sulla ricerca

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Greco (Assobiotec), 'nel 2023 gli Usa hanno investito in R&S il 52% del totale globale mentre l'Europa solo il 16%, perdendo competitività'

Farmaceutica, a Roma il 2° Forum Incyte sulla ricerca

Puntare sulla ricerca come volano strategico di competitività per l'Italia e per l'Europa, assicurare l'attrazione di capitali economici e investimenti, strutturando una strategia volta a supportare chi fa ricerca, garantire la capacità di formare, trattenere e attrarre i talenti della comunità scientifica del futuro. Sono questi i temi al centro della seconda edizione del Forum Incyte sulla ricerca, svoltosi oggi a Roma e promosso dall'azienda biofarmaceutica Incyte Italia, in collaborazione con Formiche e Healthcare Policy.

Anche quest'anno l'evento è stato l'occasione per riunire le diverse componenti del sistema Paese e promuovere un confronto sulla ricerca clinica in Italia, sulle opportunità da cogliere e sulle principali sfide da affrontare, in un momento cruciale per l'Italia e per l'Europa. Il gap di innovazione che separa l'Ue dagli Stati Uniti e dalla Cina si sta infatti ampliando e la ricerca in settori ad alta innovazione, come il biotech, è una delle leve principali a disposizione per recuperare terreno. Al centro della discussione anche l'importanza di valorizzare il capitale umano, mediante percorsi di formazione adeguati e soprattutto strumenti che aiutino i ricercatori a trasferire i frutti della ricerca sul mercato, generando valore per la società. I ricercatori italiani sono i secondi più premiati in Ue (61 Starting Grant ottenuti nel 2024), ma l'Italia scivola al quinto posto se si considerano i grant ricevuti come Paese (41).

"La ricerca scientifica è motore di innovazione e i protagonisti di questa attività sono proprio i giovani", ha dichiarato Chiara Ambrogio, professore ordinario e Group leader presso il Centro di biotecnologie molecolari (Mbc) dell'Università di Torino, vincitrice del Career Development Award nel 2018 e membro del Comitato di selezione Summer School della Armenise Harvard Foundation, che ha aperto oggi la tavola rotonda 'Creare percorsi di formazione innovativi e infrastrutture di ricerca capaci di attrarre e trattenere i ricercatori è prioritario per garantire la competitività della nostra comunità scientifica'. "Un obiettivo strategico fondamentale dell'Università Campus Bio-Medico di Roma - ha aggiunto Andrea Rossi, amministratore delegato e direttore generale dell'Ucbm - è garantire una formazione globale eccellente, sia etica che tecnica, all'altezza dei tempi e delle attese del mercato. La strategia vincente è integrare i percorsi formativi con partnership di imprese d'avanguardia, nazionali ed internazionali, e il protocollo d'intesa siglato con Incyte Italia per valorizzare il talento dei laureati in materie Stem è un tassello importante in questo percorso".

Tra i settori chiave in materia di innovazione e ricerca, le scienze della vita, con il biotech in testa, giocano un ruolo da protagonista, restando il primo comparto al mondo per investimenti in R&S, in valore assoluto e in percentuale sul fatturato. Si stima - è emerso dall'incontro - che tra il 2025 e il 2030 le aziende farmaceutiche investiranno su questo fronte 2.000 miliardi di euro, per l'80% destinati a network di ricerca. Il comparto Life Sciences ricopre un ruolo strategico anche in Italia dove, nel solo 2023 il settore farmaceutico e biotech ha investito 2 miliardi di euro, in crescita del 21% considerando gli ultimi 5 anni.

"Oggi la pipeline farmaceutica è al massimo storico - ha commentato Fabrizio Greco, presidente Assobiotec - e dei circa 20mila farmaci in sviluppo nel mondo, circa il 45% è di origine biotech. Le biotecnologie svolgono un ruolo chiave nell'affrontare le sfide geopolitiche attuali e future, anche in termini di salute pubblica. Ad oggi, però, l'Unione europea sta perdendo competitività, soprattutto nella Ricerca & Sviluppo, dove nel 2023 gli Usa hanno investito il 52% del totale globale, mentre l'Europa solo il 16%. Se guardiamo poi all'Italia, la fotografia è di un Paese leader nella produzione farmaceutica, con il 18% del totale europeo, ma con solo il 6% degli investimenti continentali in R&S. Per rimanere competitivi in questo settore, il nostro Paese deve quindi diventare più attrattivo per gli investimenti esteri, combinando incentivi per la R&S a semplificazione, stabilità e certezza delle regole".

Secondo Carlo Riccini, vicedirettore generale di Farmindustria: "L'innovazione nelle Life Sciences è fondamentale per salute, sicurezza, crescita, occupazione di qualità. L'industria farmaceutica è leader a livello globale per R&S e prima in Italia per investimenti in Open Innovation, +75% in 10 anni, grazie a partnership con università e centri pubblici. E i brevetti crescono più che negli altri grandi Paesi europei. Investire in ricerca significa credere nel futuro e, come spesso ricordato dal presidente di Farmindustria, l'Ue deve fare di più, con politiche per l'attrattività e regole competitive sulla proprietà intellettuale, per invertire una tendenza che la vede perdere quote degli investimenti mondiali".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Economia

Perché i Brics non riusciranno a creare l’anti-dollaro....

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Lo strategist si dice ‘scettico’ rispetto al piano dei Paesi Brics di creare una valuta e un sistema bancario paralleli a quelli occidentali. Dubbi anche sul nervosismo per il risultato delle presidenziali Usa: ecco cosa aspettarsi dai due candidati

Gian Marco Salcioli, Strategist, Assiom Forex - Gentilmente concessa da Intesa Sanpaolo

Riusciranno i Paesi Brics a creare una valuta e un sistema di pagamenti alternativi al dollaro e a Swift? No. È questa la “educated guess” di Gian Marco Salcioli, Strategist di Assiom Forex, rilasciata ad AdnKronos a margine della conferenza “Macro Trends in Financial Markets: Fall Conference 2024” tenuta a Milano.

L’obiettivo della proposta rilanciata dai Brics al forum di Kazan è evidente: sottrarsi alla “grandi armi” geopolitiche che sono il dollaro e il sistema di comunicazione bancario, dato che dopotutto sono “capace di bloccare intere economie”. Salcioli però si dice scettico sulle possibilità di creare un’alternativa basata su oro e insieme di valute dei Paesi Brics.

Anzitutto, spiega Salcioli ad AdnKronos, ci vogliono anni di tempo per costruire una valuta di riserva. Dopodiché “si parla da trent’anni di debacle del dollaro come ruolo di riserva internazionale, come motore degli scambi”; ma al momento le quote del dollaro sono “identiche rispetto a 30 anni fa: molto alte”.

Del resto, conclude l’esperto, i sistemi di pagamento vigenti hanno 70-80 anni alle spalle e sono completamente istituzionalizzati nel mondo. “Crearne uno parallelo, nuovo, significa creare una barriera, un fossato, tra i Brics e le economie occidentali che in questo momento probabilmente non conviene a nessuno. Neanche a loro”.

La prospettiva su Trump…

Nonostante gli “eccessi” dell’informazione, non è detto che una vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi produca discontinuità rispetto ai trend economici attuali. È il pensiero e in senso dell’intervento di Salcioli alla conferenza, condivisi con AdnKronos prima di salire sul palco.

Spaventa la promessa elettorale del candidato repubblicano di applicare tariffe tout-court del 20%. Ma, riflette l’esperto, sia lui che il suo entourage tecnico “sanno bene che questi dazi hanno un effetto potenzialmente distruttivo sulle catene di produzione” delle aziende americane.

Il problema è l’inflazione, spiega Salcioli: non solo perché gli statunitensi importerebbero beni a prezzo più alto, ma perché ristrutturare le catene di fornitura per ridurre il rischio geopolitico (il cosiddetto re-shoring) significa “utilizzare fonti di produzione a costi molto più alti”, cosa che impatta ancora di più l’effetto inflattivo.

È uno scenario che temono tutti quelli che hanno a cuore la stabilità del sistema finanziario globale, aggiunge l’esperto. Ma non è detto che avvenga. Anche perché il mercato non sembra preoccupato. “Nell'ultimo anno i mercati e la propensione a rischio hanno resistito a grandissime tensioni geopolitiche” e hanno tenuto le quotazioni azionare che sembrano molto sopravalutate. Con l’eccezione delle ultime due settimane, conclude Salcioli, “tutto ha proceduto quasi senza intoppi: le borse sono ai massimi, i rendimenti ai minimi.”

… e la globalizzazione in chiave Harris

C’è una vena protezionista, “America First”, anche nelle promesse di Kamala Harris. La candidata democratica, del resto, era al fianco di Joe Biden in qualità di vicepresidente nei mesi in cui il presidente uscente ha implementato l’Inflation Reduction Act, un maxi-pacchetto di investimenti in chiave green che ha impattato pesantemente le industrie cleantech europee.

La sensazione dell’esperto di Assiom Forex è che le tentazioni protezioniste di Harris sono anche un modo per catturare una parte dell'elettorato centrista, “senza tuttavia essere estremista” dal punto di vista dei dazi. La sua agenda è meno isolazionista e “molto più orientata al commercio internazionale” anche in vista del ruolo strategico degli Stati Uniti all’interno della Nato e nella sfera della sicurezza globale.

C’è un però: “questa fase storica abbraccia la deglobalizzazione, il re-shoring, dunque un maggiore isolazionismo anche dal punto di vista strategico”, ricorda Salcioli. E l’eccezionalismo statunitense nelle tecnologie è nel dna americano. Dunque, mentre prima i mercati “tendevano a essere molto più coordinati”, adesso Washington mira a proteggere il suo modello economico “speciale”, cosa che esprimono entrambi i candidati – che infatti guardano con favore al settore delle tecnologie dell’informazione.

La percezione dell’elettore

L’errore che si fa da questa parte dell’Atlantico è analizzare gli Stati Uniti con le nostre lenti, spiega Salcioli, evidenziando il rischio per chi opera nei mercati, chi deve gestire il rischio e chi ha a che fare con posizioni speculative. Mettendosi nei panni dell’elettore americano, invece, si può riscontrare che “qualcosa arde sotto la brace”: nonostante l’economia ruggisca c’è un senso diffuso di malcontento.

È vero che il pil sta salendo, rimarca l’esperto. È altrettanto vero che sale anche la disoccupazione, anche se il fenomeno si spiega in parte con l’ingresso dei migranti che aumenta il bacino della forza lavoro. “E il numero di fallimenti tende ad aumentare, i posti di lavoro non necessariamente sono a tempo indeterminato: dinamiche che effettivamente devono essere strettamente monitorate, perché nessun trend è infinito”, conclude l’esperto.

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