Mic, il day after di Fdi: “Spano di sinistra non piaceva, Giuli vada avanti”
Fazzolari smentisce scontro con il ministro: "Lo stimo". E Ranucci continua nei mini spoiler di Report
Dopo l'esplosione del caso Francesco Spano (aspettando i risvolti di Report), in casa di Fratelli d'Italia è il momento di provare a riportare il sereno e smaltire le tossine. Ma soprattutto, di passare al contrattacco dopo la valanga di polemiche che ha portato alle dimissioni del capo di gabinetto del ministro della Cultura Alessandro Giuli. All'indomani del passo indietro di Spano, incalzato dalle anticipazioni di Report che parlano di una consulenza a suo marito al Maxxi, fonti autorevoli del partito puntualizzano all'Adnkronos che "la poltrona del titolare del Mic non è a rischio", sottolineando come il giornalista goda della stima di Via della Scrofa. Intanto, a Venezia, il titolare della Cultura parla di "chiacchiericcio mediatico ampiamente sopravvalutato" e dice di sentirsi "sostenuto dalla maggioranza": "Lo testimoniano le dichiarazioni e i miei rapporti quotidiani con il governo e con il partito di maggioranza del governo. Non c'è nessun caso Giuli, c'è un rapporto di concordia e di volontà di andare avanti, con forza, condivisione e serenità", ribatte il ministro.
Restano, però, i malumori interni a Fdi che hanno investito il Mic da quando Giuli ha deciso di affidare le 'chiavi' della macchina ministeriale del Collegio romano a Spano, ex direttore dell'Unar (l'Ufficio anti discriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio) inviso al mondo Pro Vita dopo un'inchiesta delle Iene che aveva gettato pesanti ombre sul suo operato. Un "nervosismo" di cui la stessa premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero mercoledì nel corso del suo intervento alla festa per gli 80 anni del quotidiano Il Tempo. Oggi però dai piani alti di Via della Scrofa si prova a circoscrivere questo malcontento: Giuli non c'entra - spiegano alcuni dirigenti del partito - non è lui l'uomo al centro delle fibrillazioni degli ultimi giorni, ma proprio Spano. "Quello che ai nostri non è andato giù", ragiona a taccuini chiusi un esponente di Fdi, "è il fatto che fosse legato politicamente a un mondo, quello del centrosinistra, che non è il nostro".
A Spano viene imputato il suo background: dalla guida dell'Unar sotto il governo Gentiloni all'incarico nella Human Foundation, presieduta da Giovanna Melandri, già ministra della Cultura del centrosinistra. Un passato politico "ingombrante" secondo molti parlamentari di Fdi, che temevano di trovare in Spano un 'ostacolo' nelle future interlocuzioni con il Mic su eventuali progetti da promuovere e opere da finanziare. Vengono poi respinte al mittente le insinuazioni su possibili motivazioni omofobe dietro il pressing per farlo dimettere. L'addio del braccio destro di Giuli "non ha nulla a che vedere con la presunta omofobia che in Fdi, come in tutti i partiti italiani, non ha diritto di cittadinanza. Non vorrei diventasse un alibi", afferma il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli.
Segno tangibile delle tensioni sul caso Spano è stato il battibecco di ieri in Transatlantico tra il presidente della Commissione Cultura di Montecitorio Federico Mollicone e Antonella Giuli, addetta stampa della Camera vicina ad Arianna Meloni e sorella del ministro Alessandro, sotto gli occhi di numerosi testimoni. Lo stesso Mollicone prova a gettare acqua sul fuoco: "Pieno sostegno e massima fiducia ad Alessandro Giuli, con cui porteremo avanti il programma di Fdi e del centrodestra nel campo culturale. Antonella Giuli è un'ottima professionista, con cui ho storici rapporti di stima. Le ricostruzioni sono completamente infondate" scrive in una nota il presidente della Commissione.
Per il responsabile organizzazione di Fdi Giovanni Donzelli la lite tra i due è stata "una cosa normale", sono persone "che si conoscono e si vogliono bene da trent'anni, ci sta. Hanno già fatto pace", assicura. Precisazioni e dichiarazioni concilianti che però non riescono del tutto a smorzare il nervosismo in Fdi. Le voci su un Giuli isolato nel partito e in rotta di collisione con Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega all'attuazione del programma, continuano a rincorrersi nei corridoi dei palazzi romani.
Fazzolari è intervenuto con una smentita: "Anche oggi leggo ricostruzioni del tutto inventate sul mio conto. Non c'è nessuno scontro tra me e il ministro Giuli. Notizia falsa e pateticamente inventata. Io e Alessandro Giuli ci conosciamo da più di trent'anni, è una persona che stimo e della quale apprezzo la grande professionalità". "Gli attacchi scomposti che gli sono stati rivolti da quando è diventato ministro sono sconcertanti - insiste Fazzolari - e fanno ben capire quanti interessi abbia da difendere la sinistra all'interno del ministero della Cultura".
Nelle parole del dominus della comunicazione di Fdi viene tracciata la strada che sarà poi percorsa nelle ore successive dai parlamentari meloniani con un battage di comunicati stampa: gli attacchi della sinistra al Mic come 'sintomo' della paura di perdere il monopolio della cultura. Il capogruppo alla Camera Tommaso Foti non a caso parla di "cecchinaggio mediatico" contro il governo, 'reo' secondo le opposizioni di aver stoppato "certi finanziamenti" a registi e produttori vicini alla sinistra. E il presidente dei deputati Fdi cita a titolo di esempio "i film di Ginevra Elkann che per i suoi clamorosi flop ha goduto di ben tre milioni assegnati dal ministero della Cultura ai tempi del Ministro Franceschini".
Intanto il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, continua a diffondere piccoli spoiler per accrescere l'attesa della puntata di domenica prossima. La vicenda Spano "è una piccola parte di quello che racconteremo. C'è un altro caso che riguarda il ministro Giuli" annuncia a 'Un giorno da pecora' Ranucci. E a chi sostiene che il titolare della Cultura non sia particolarmente amato anche da alcuni esponenti di Fdi, il giornalista risponde: "Dopo il servizio di domenica forse chi non ama Giuli in Fratelli d'Italia lo amerà ancora meno...". (di Antonio Atte)
Politica
Giorgia Meloni ieri al Quirinale, incontro con Mattarella...
Il faccia a faccia tra la premier e il presidente della Repubblica "non c'entra assolutamente nulla con le fibrillazioni di ieri in Parlamento", spiegano fonti di Palazzo Chigi
A quanto si apprende, la premier Giorgia Meloni ieri è stata al Quirinale per un incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si è trattato di un incontro, sottolineano autorevoli fonti, "cordiale e collaborativo", come confermano dal Colle. Il pranzo di ieri, durato circa un'ora, era "programmato da almeno una settimana" e "non a sorpresa" come riportavano affermazioni pubblicate sui media, sottolineano fonti di Palazzo Chigi.
"Sono pranzi che hanno fatto molto spesso da quando Meloni è arrivata a Palazzo Chigi e che sono quasi 'automatici' quando ci sono missioni all'estero di rilievo, in questo caso la visita di Stato in Cina del Presidente della Repubblica, il G20 e la missione in Argentina per Meloni", assicurano le fonti, precisando che "Mattarella quando tornò dalla Cina aveva sentito la presidente del Consiglio e organizzato per ieri questo pranzo. Non c'entrano assolutamente nulla le fibrillazioni che ci sono state ieri in Parlamento. Le altre volte non era mai uscito, la notizia questa volta è trapelata".
Tra i temi affrontati da Mattarella e dalla premier, "i viaggi internazionali, è stato fatto un excursus sull'Europa dopo l'ok alla Commissione Ue con la nomina di Raffaele Fitto come vice presidente esecutivo e, naturalmente, la manovra".
Il 'Corriere della Sera' aveva definito l'incontro "riservato e segreto". "Non è certo la prima volta, ma in questa fase turbolenta per il governo, con Forza Italia che ha votato assieme alle opposizioni, il faccia a faccia sul colle più alto è destinato a fare notizia e sollevare interrogativi sulla tenuta della coalizione di centrodestra", scriveva il quotidiano milanese. Affermazione poi smentita dalle fonti di Palazzo Chigi
Politica
Forza Italia, l’azzurro Nevi: “Lega si dia una...
Il portavoce nazionale Fi e vice capogruppo vicario alla Camera intervistato da Affaritaliani dopo il caso canone Rai: "Carroccio abbassi i toni"
"Non serve una verifica di governo ma si deve tornare a rispettare il programma sottoscritto con gli elettori e fare le cose condivise". Con queste parole Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Forza Italia e vice-capogruppo vicario alla Camera, intervistato da Affaritaliani.it, parla delle ultime tensioni nel governo e nella maggioranza soprattutto con la Lega.
Però proprio i leghisti dicono che lo Ius Scholae che Forza Italia ha proposto non è nel programma di governo… "Falso. Al punto sei del programma elettorale con il quale abbiamo vinto le elezioni nel 2022 c'è il principio generale di una migliore integrazione degli stranieri regolari in Italia. Ed è proprio la nostra proposta che abbiamo chiamato Ius Italiae. Poi Salvini, passatemi il termine, fa un po' il 'paraculetto' e dice che nel programma c'è anche la riduzione della pressione fiscale per difendere l'emendamento bocciato sul canone Rai. Ma quella mancetta di 0,50 euro a cittadino che avremmo regalato anche ai super-ricchi sarebbe costata 450 milioni di euro agli altri contribuenti. Noi diciamo invece di usare quelle risorse per ampliare la platea delle persone che potranno beneficiare della riduzione dell'Irpef, per eliminare la sugar tax o per aumentare le pensioni minime. Tutti obiettivi condivisi e scritti nel programma di governo".
In molti nella Lega, pur senza dichiararlo, pensano che Forza Italia abbia votato contro il taglio del canone Rai per difendere Mediaset e i figli di Berlusconi… "Falso anche questo. La Lega con il suo emendamento non proponeva di abbassare o aumentare il tetto pubblicitario della Rai ma di tagliare il canone, non c'entra assolutamente niente. E comunque l'aumento del tetto pubblicitario per la Rai non danneggerebbe Mediaset ma tutto il sistema editoriale italiano. Anzi forse Mediaset meno di tutti. Chi dice queste cose è solo perché vuole confondere le carte e tentare di buttare la palla in tribuna. La Lega voleva far risparmiare 50 centesimi al mese a persona creando un buco di 450 milioni alla Rai che poi sarebbe dovuto essere risanato dallo Stato altrimenti la tv pubblica sarebbe fallita. Pensiamo solo che la sugar tax vale 250 milioni di euro e sta terrorizzando l'intero sistema produttivo italiano di quel settore. Usiamo i soldi per le priorità e tra queste non c'è certo l'abolizione del canone Rai". Un messaggio alla Lega? "Si dia una calmata, abbassi i toni e torniamo a parlarci di più", conclude Nevi.
Politica
Canone Rai e sanità, doppio inciampo del governo. Ira...
Doppio passo falso della maggioranza al Senato, con il governo battuto due volte: Forza Italia vota con l'opposizione sul canone, fallo di reazione della Lega sulla sanità calabrese
Un pasticcio che poteva essere evitato. A Giorgia Meloni, raccontano, non sarebbe affatto andato giù il doppio passo falso di ieri della sua maggioranza al Senato, con il governo battuto una prima volta in commissione Bilancio sul canone Rai (Forza Italia ha votato con l'opposizione contro la riduzione del contributo per la tv pubblica da 90 a 70 euro fortemente voluto da Matteo Salvini) e una seconda volta, sempre a Palazzo Madama, su un emendamento sulla sanità calabrese firmato dal senatore azzurro Claudio Lotito, evidente fallo di reazione della Lega. Un inciampo che "non giova a nessuno", filtrava da Palazzo Chigi a stretto giro dal primo incidente di giornata.
Meloni irritata, ma nessun vertice in vista
La premier, riferiscono fonti parlamentari, sarebbe rimasta molto infastidita da quanto accaduto per aver dato l'immagine di superficialità e litigiosità a pochi giorni dal vertice di domenica scorso, dove avrebbe chiesto e strappato ai suoi alleati la promessa di evitare polemiche e forzature su temi divisivi. Da qui la freddezza nei confronti di Antonio Tajani, percepita ieri al Med Dialogues (rapida stretta di mano, ndr). "Se abbiamo trovato l'accordo per un cessate il fuoco in Libano possiamo farlo pure sul canone Rai", ha tagliato corto la premier con i cronisti, derubricando le frizioni "in schermaglie", nulla di "particolarmente serio". Ora bisogna andare avanti e lasciarsi tutto alle spalle in fretta, concentrarsi sui prossimi impegni, la linea che filtra infatti da Palazzo Chigi. Dove, assicurano, non figurano in agenda nuovi vertici di maggioranza: "Lasciar decantare e guardare avanti, il presidente tira dritto", confermano fonti parlamentari vicine a Meloni.
L'incidente sul canone Rai
Sul canone Rai ci sarebbe stato un combinato disposto di fattori, che avrebbero portato all'incidente, esponendo di nuovo il centrodestra all'ennesimo scivolone. Nella coalizione, insomma, si respira un clima di tutti contro tutti. C'è chi se la prende con il sottosegretario al Mef Lucia Albano, che forse avrebbe potuto fare di più per evitare il patatrac finale; chi invece accusa i leghisti di aver fatto una forzatura, violando il 'patto di non belligeranza' firmato chez Giorgia e chi, infine, se la prende con gli azzurri, che avrebbe potuto lasciare l'Aula o comunque scongiurare l'incidente.
Raccontano che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, abbia mediato fino alla fine. Tante le soluzioni che ha provato a mettere in campo, andando oltre l'invito ad accordarsi tra alleati. Ma nessuna ipotesi, durante i vertici di maggioranza a Palazzo Madama, ha portato a superare l'impasse. Da ultimo, ieri mattina, l'influenza ha tenuto lontano dalla Commissione Bilancio lo stesso Ciriani, mettendolo fuori gioco per un tentativo di conciliazione in extremis.
Antonio Tajani dice intanto chiaramente che la "posizione di Forza Italia non è mai cambiata": ''L'abbiamo detto sin dall'inizio che era sbagliato spendere 430 milioni euro per una partita di giro. Invece di tagliare il canone Rai che costa 50 centesimi al cittadino italiano, con quei 430 milioni di euro facciamo un'operazione per tagliare sul serio le tasse". Il ministro degli Esteri immaginava di ''metterli in un pacchetto dell'Irpef aggiungendoli a quelli del concordato fiscale o si poteva usarli per la sanità''.
Dietro il 'no' del partito forzista al 'taglio', chiarisce ancora una volta il vicepremier, non c'è la famiglia Berlusconi, né Piersilvio, né Marina. ''Sono grande e grosso, ho 70 anni, ma vi pare che prendo ordini da qualcuno?'', si sfoga il segretario nazionale di Fi, che aggiunge: ''Tanto, è inutile che vi dico delle cose, tanto scrivete sempre quello che volete... Così sulle banche, ora sul canone Rai: ogni cosa che facciamo, la facciamo perché c'è qualcuno che ci dice cosa dobbiamo fare".
La risposta leghista sulla sanità, la reazione di FdI
A chi dentro Fdi manifesta irritazione, Fi fa sapere di non aver certo forzato la mano. Abbiamo sempre detto 'no' al taglio del canone Rai, non lo si scopre adesso, fa sapere un big forzista a mezza bocca, che ricorda come all'ultimo vertice i leader centrodestra avevano detto che su temi divisivi, come la Rai, bisognava evitare di alimentare tensioni.
"La sforbiciata al canone andava evitata lo scorso anno, quando è stata introdotta - spiega una fonte di Fdi -, ormai è deleterio tornare indietro, per questo abbiamo deciso di votare a favore". I Fratelli d'Italia rimarcano inoltre di aver tenuto fede anche all'impegno sull'altro emendamento, sulla sanità calabrese, poi affossato dai leghisti che hanno così mandato di nuovo sotto il governo. Una 'risposta' che i meloniani non avrebbero gradito, men che meno la presidente del Consiglio. Salvini dice di ''non aver sentito Tajani (''avrà da fare, anche io ho da fare" ma "ci messaggiamo") e tira in ballo Silvio Berlusconi: ''Ricordo che Berlusconi riteneva che il canone fosse una tassa, una gabella" ma "non da cancellare".