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Usare l’olfatto come ‘cura’, caschetto hi-tech del Gemelli al Maker Faire Roma

E' il progetto 'Neuroscent' con uno studio pilota che si è aggiudicato 1 mln di euro dal Pnrr

Da sx: Alessio Abeltino, Cassandra Serantoni, (sperimentatori di Neuroscent);   Giuseppe Maulucci, Mariaconsiglia Santantonio e Giulio Cesare Passali

Studiare l'olfatto e le sue innumerevoli influenze sul cervello per aiutare i pazienti colpiti da altre malattie con il potenziale, ancora inesplorato, della riabilitazione olfattiva. "Il nostro progetto 'Neuroscent' ha come obiettivo lo studio della capacità olfattiva oggettiva e, inoltre, la valutazione gustativa, che utilizza la classificazione basata su Ia e machine learning delle misurazioni con elettroencefalogramma (Eeg). Approfondire questi aspetti è importante, vediamo quello che è accaduto con il Covid e la perdita di olfatto, ma anche per i danni che provoca il raffreddore virale o la poliposi nasale. Dallo studiare l'olfatto e i suoi effetti sul cervello possiamo aiutare chi è affetto dal dolore cronico, dalla demenza senile, dal Parkinson, chi ha avuto il trauma cerebrale. Abbiamo visto che la stimolazione olfattiva aiuta a migliorare o aiutare l'attività cognitiva e quindi l'olfatto puro essere usato come una 'cura' per questi pazienti". Lo spiega all'Adnkronos Salute Giulio Cesare Passali, professore aggregato di Clinica Otorinolaringoiatrica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma. 'Neuroscent' sarà presentato alla fiera degli inventori Maker Faire Rome che si apre oggi nella Capitale.

Lo studio pilota del progetto Neuroscent si è aggiudicato 1 mln di euro dal Pnrr. "Quello che presentiamo oggi è l'evoluzione del lavoro già al Maker Faire lo scorso anno, che è stato implementato. Abbiamo approfondito la ricerca - illustra Passali - usando sempre il nostro caschetto con oltre 50 elettrodi, che ci permette di sviluppare un software in grado di leggere le onde elettroencefalografiche stimolate dagli odori. Registriamo e misuriamo con l'Eeg". Il lavoro avviva quasi a 'fotografare' l'attività elettrica cerebrale mentre sente gli odori. L'obiettivo "è mettere a punto uno strumento che possa supportare la riabilitazione olfattiva come terapia complementare per la gestione del dolore cronico e chi ha problemi con l'olfatto", sottolinea Passali. Fino ad oggi, per dimostrare "che una persona ha perso l'olfatto, si usano le stesse analisi statistiche di 40 anni fa. Noi vogliamo dimostrare che è possibile avere un dispositivo in grado di dare risultati scientificamente corretti", precisa Passali che aggiunge: "Per il nostro studio, che si è aggiudicato un 1 mln di euro di finanziamento del Pnrr, arruoleremo 1.000 soggetti sani".

Il lavoro è stato coordinato da Passali, da Giuseppe Maulucci (Dipartimento di Neuroscienze) e Mariaconsiglia Santantonio, otorinolaringoiatra. Il progetto ha coinvolto altri 'cervelli' del Gemelli-Cattolica: Jacopo Galli dell'Istituto di Otorino e Marco De Spirito dell'Istituto di Fisica applicata. "Vogliamo ringraziare Antonio Gasbarrini, preside della Facoltà di Medicina, e il professor Giovanni Scambia, direttore scientifico Fondazione Policlinico Universitario A Gemelli Irccs", rimarca Passali. Alessio Abeltino e Cassandra Serantoni sono stati gli sperimentatori di Neuroscent.

Un secondo fronte del progetto Neuroscent è stato condotto da Anna Rita Fetoni, direttrice della Uoc di Audiologia dell'Università Federico II di Napoli. "Abbiamo voluto indagare la relazione tra tinnito e disturbi olfattivi in un'ottica olistica che vede i sistemi sensoriali armoniosamente integrati nel contesto delle aree sottocorticali e del sistema limbico, laddove ogni sensazione produce una propria impronta nel vasto mare delle emozioni e dei ricordi. Per questo - aggiunge Passali - eseguiremo, oltre all'insieme dei test previsti per la valutazione olfattiva, in un sottogruppo di pazienti anche test uditivi volti a identificare eventuali cause dell'acufene riferito che è certamente un sintomo di frequente riscontro nella popolazione generale, arrivando a colpire 6 milione di persone in Italia".

Infine, c'è anche un risvolto economico nel futuro di Neuroscent. "Con il Covid, ma accade anche dopo incidenti, viene denunciata dal lavoratore la perdita dell'olfatto. Il nostro dispositivo - conclude Passali - potrebbe essere d'aiuto nelle cause di lavoro che l'Inail si trova ad avere perché può stabilire se c'è questa perdita dell'olfatto".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Cronaca

Napoli, De Giovanni: “Per ragazzi a rischio camorra...

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Lo afferma lo scrittore intervistato da 'La Ragione'

Napoli, De Giovanni:

Insegnanti, assistenti sociali, psicologi ben pagati e con poteri diretti per provare ad arginare alla base il fenomeno della criminalità minorile. Maurizio De Giovanni, una delle penne più famose e apprezzate d’Italia, fa parte del Comitato anticamorra per la legalità di Napoli (tra i componenti ci sono tra gli altri, Paolo Siani, Sandro Ruotolo). E' ancora attonito per le circostanze che hanno portato all’omicidio del 15enne Emanuele Tufano - incensurato da famiglia di incensurati – che si è verificato un paio di giorni fa nel cuore del centro storico di Napoli, durante una rissa a colpi di pistola tra bande di adolescenti. Duecento metri di proiettili che alle 3 di notte hanno colpito auto, negozi. Se necessario, afferma lo scrittore intervistato da 'La Ragione', si potrebbe puntare sulla "revoca della patria potestà. Servono poteri diretti e nessuno sconto".

"Poteva esserci chiunque per strada, uno come me che tornava dalla presentazione serale di un libro, oppure chi non riusciva a prender sonno ed era in giro per fare due passi. Siamo di fronte a una situazione da cui non vi è riparo, che riguarda tutti: istituzioni, scuola, genitori, ordine pubblico. E sarebbe un approccio errato localizzare il problema, che non è solo di Napoli o del Mezzogiorno", spiega lo scrittore a La Ragione, aggiungendo che "si tratta di bambini, ragazzi di cui si serve la criminalità organizzata perché poi non sono perseguibili, ragazzi che inoltre davanti agli occhi hanno continui riferimenti alla violenza. Sento in queste ore giustamente di potenziamento della videosorveglianza e della presenza delle forze dell’ordine, condivido in pieno, ma è la cura del sintomo, non del problema alla radice”.

Secondo De Giovanni, il primo argine deve essere collocato altrove. “Si deve puntare su assistenti sociali, psicologi, maestri, maestri di strada. Devono essere ben pagati e dotati di un potere diretto. Faccio un esempio: l’assistente contatta la mamma di un ragazzo che ha abbandonato la scuola e si sente dire che lei non può nulla? Poi lo stesso assistente si fa carico della segnalazione ad una struttura della Repubblica che procede alla revoca della patria potestà. Servono poteri diretti e nessuno sconto”.

Lo scrittore napoletano inoltre invita anche alla revisione dei criteri sulla dispersione scolastica, che nel territorio napoletano è segnalata in lieve calo nell’ultimo anno. “Se un ragazzo non va a scuola per 15 giorni e poi si ripresenta, per poi assentarsi di nuovo a lungo, non risulta tra i 'dispersi' ma certo non frequenta la scuola. Quindi, vorrei sapere della continuità scolastica dei ragazzi, è un fattore dirimente, vorrei ci fosse maggiore attenzione e trasparenza sulla rilevazione dei dati”. Dalla morte del 15enne napoletano e dagli ultimi episodi di cronaca nera riguardante i minori emerge l’accesso sempre più ricorrente alle armi: “E’ diventata una consuetudine per i ragazzi, non solo quelli da aree problematiche, portare in giro il coltello. Sul facile ricorso alle pistole, non saprei neppure da dove cominciare, neppure in Rete, per procurarmi un’arma, ma c’è in giro una quantità di armi che fa riflettere. E’ una questione molto grave”.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Cronaca

Neonati salvati da culla per la vita: storia di Mario,...

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Il sistema, attivo in più strutture, è una delle opzioni sicure per le donne che decidono di non tenere un bimbo

Culla per la vita (Fotogramma)

C'è un cono d'ombra, al riparo dall'occhio indiscreto delle telecamere, superato un ingresso più appartato per raggiungere l'ospedale Mangiagalli-Policlinico di Milano. E' qui, in un angolo buio dove la luce illumina solo una piccola saracinesca, che si trova la 'culla per la vita' in funzione dal 2007 nella clinica della maternità più frequentata della metropoli. Questa culla ha accolto 3 bimbi in 17 anni. Di strutture simili ce ne sono diverse, sparse in Lombardia. Strutture che i media spesso descrivono come una versione moderna delle 'ruote degli esposti', ma i sanitari tengono a precisare: sono "molto di più", un sistema hi-tech che mette il bebè abbandonato subito al sicuro. E' una delle strade che una donna può seguire se decide di non tenere con sé il bambino che ha portato in grembo. Un'alternativa al parto in anonimato in ospedale, caso come quello della neo-mamma che in provincia di Bari è stata oggetto di critiche da parte di un'infermiera ora sottoposta a procedimento disciplinare da parte del suo Ordine.

Da anni gli esperti del settore, come anche diverse associazioni, sono impegnati nella missione di informare le madri su queste due opzioni sicure per poter operare le proprie scelte. "Il luogo più idoneo", per affidare questi bambini, "è l'ospedale", è il messaggio che viene ribadito, insieme all'importanza di proteggere le donne, e rispettarne le decisioni. Sono opzioni che aiutano a prevenire storie di abbandoni più tragici - al freddo, nei cassonetti o in altri contesti non sicuri - che espongono a rischio di morte i neonati. 'Sliding doors' che fanno la differenza nel destino dei piccoli. Come funziona la culla per la vita? E' un ambiente protetto e riscaldato, strutturato in modo da avvisare immediatamente il personale sanitario: una volta che il bimbo viene accolto al suo interno, passati circa 40 secondi che danno al genitore il tempo di allontanarsi, un allarme discreto avvisa gli operatori, che possono prendersi cura di lui entro pochissimi minuti.

La seconda opportunità

La seconda vita di Mario, Giovanni, Azzurra, Enea, Noemi è cominciata da qui. Alla Mangiagalli di Milano il primo è stato Mario. La mamma che sceglie di lasciare un bimbo nella culla per la vita deve solo schiacciare un pulsante. La privacy è totale. La saracinesca si alza e c'è un'incubatrice dove riporre il neonato, al caldo. La temperatura è di 37 gradi. In quel giorno di inizio luglio 2012, il piccolo adagiato nell'incubatrice era leggerissimo. Nato prematuro (i medici stimavano alla 35esima settimana), pesava appena 1,7 chili e aveva un'età apparente di 6-7 giorni. Vicino al bebè era stato lasciato un biberon con del latte materno e un paio di tutine. Piccoli segni di attenzione, presenti in molte di queste storie. L'allarme per Mario è scattato alle 18.26. Lo sentono in portineria, nella neonatologia e nella direzione sanitaria. All'interno del sistema c'è anche una telecamera a circuito chiuso, fissa sul bambino, che permette di monitorare l''ospite' fino all'arrivo di un medico e un infermiere.

Il personale sposta il bebè in un'altra incubatrice (trasportabile e anche questa di ultima generazione) che si trova immediatamente accanto. In uno zainetto c'è tutto quello che serve per il primo soccorso del neonato. Prestate le cure del caso, il piccolo è pronto per il trasporto in reparto. Il nome per Mario lo hanno scelto gli specialisti che si sono presi cura di lui. I medici hanno pensato fosse nato in casa, perché non sembrava avere segni di punture nel piedino (la modalità con cui si fanno i controlli di routine ai neonati appena venuti al mondo in ospedale). "Mario perché - aveva annunciato il primario di allora - oggi (era il 6 luglio, ndr.) si festeggia Santa Maria Goretti e si chiamerebbe anche come due protagonisti di questi giorni, il calciatore Balotelli e Monti", a quei tempi premier.

Giovanni aveva invece già 2 mesi quando è stato lasciato nella culla per la vita del Policlinico l'1 febbraio 2016. La sua data di nascita, un giorno di novembre, era nota perché insieme al bambino c'era un cartellino che riportava questa informazione e dati sui vaccini a cui era stato sottoposto. Il piccolo era ben accudito, hanno raccontato i medici: pulito e ben vestito, pesava 5,8 kg. Capelli scuri, pelle olivastra, non sembrava di origini italiane. E' stato ribattezzato Giovanni dai medici, "un nome speciale per un bimbo che merita tante attenzioni". Quello stesso anno, a distanza di pochi mesi, succederà di nuovo, ma ad Abbiategrasso. Una neonata viene lasciata nella tarda serata del 13 aprile, prima della mezzanotte, nella culla per la vita del Cav (Centro di aiuto alla vita) Abbiategrasso/Magenta. La piccola, di un paio di giorni, viene trasferita all'ospedale Giuseppe Fornaroli di Magenta. Nome scelto dai medici: Azzurra, perché i primi ad accorrere e a occuparsi di lei - carnagione chiara, 2,1 kg di peso - sono stati i volontari della Croce Azzurra, con cui è collegata la culla per la vita inaugurata nel 2009. Era la prima volta che sentivano suonare quell'allarme nel centro alle porte di Milano.

Anche nel 2023 di allarmi ne suoneranno diversi: uno proprio nel giorno di Pasqua (era il 9 aprile) quando, di nuovo nella culla per la vita della Mangiagalli, viene riposto Enea. Sono le 11.40 circa, la saracinesca si alza per accogliere questo bimbo di pochi giorni, di circa 2,6 kg, in buona salute. Capelli scuri, ben curato, avvolto in una copertina, e accompagnato da una lettera della mamma. Non passa neanche un mese e a Bergamo, il 3 maggio, il protocollo scatta per una bambina. Lo scampanellio lo sentono nella sede locale della Croce Rossa a cui è collegata la culla per la vita. La telecamera riprende una neonata. Gli operatori si attivano, poi l'allarme suona ancora. Nella culla viene lasciata questa volta una lettera della mamma. La piccola pesa 2,9 chili, sta bene, l'operatrice che per prima se n'è presa cura la chiamerà Noemi (che significa gioia in ebraico). Appena 5 giorni prima, a una cinquantina di chilometri di distanza, per un'altra neonata il destino era stato ben diverso. Era il 28 aprile e a Milano un uomo lanciava l'allarme: in un cassonetto per la raccolta di indumenti usati in zona Città Studi il corpo senza vita di una piccola, nata probabilmente solo da poche ore.

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Roma, tenta di rubare monete dalla fontana del Tirreno:...

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Le accuse sono di furto, resistenza, lesioni e oltraggio a Pubblico Ufficiale, oltreché di vilipendio al sacrario militare dell’Altare della Patria

Monete - Agenzia Fotogramma

Un uomo è stato arrestato per aver prelevato le monete lanciate dai turisti nella Fontana del Tirreno, in piazza Venezia a Roma.

Si tratta di un romeno di 46 anni, fermato da una pattuglia della Polizia Locale nella tarda mattina di oggi, dopo essere stato avvistato all'interno della vasca mentre cercava e portava via le monete. Quando la pattuglia si è avvicinata per farlo uscire e identificare, il 46enne ha tentato di divincolarsi colpendo uno degli agenti per darsi alla fuga, ma è stato subito bloccato e arrestato per furto, resistenza, lesioni e oltraggio a Pubblico Ufficiale, oltreché per vilipendio al sacrario militare dell’Altare della Patria.

L'uomo si trova al momento negli uffici di via della Greca, in attesa del processo per direttissima che si terrà domani mattina.

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