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Ora solare, petizione medici ambiente contro switch: “Ecco gli effetti negativi”

L'iniziativa di Sima e Consumerismo: "350mila italiani a favore dell'ora legale tutto l'anno"

Il cambio dell'ora

Nella notte tra sabato 26 ottobre e domenica 27 ottobre gli italiani dovranno dire addio all'ora legale, con il ritorno dell'ora solare: le lancette dell'orologio andranno spostate un'ora indietro, con le giornate che di conseguenza si accorceranno di sera per l'arrivo anticipato del buio.

"Un cambiamento che ha effetti negativi su più fronti, su salute e ambiente" è l'allarme della Società italiana di medicina ambientale (Sima) e Consumerismo No Profit, che hanno promosso una raccolta firme per chiedere al Governo l'ora legale permanente (la petizione). "In 350mila italiani chiedono lo stop al passaggio ora legale/ora solare e hanno firmato l'apposita petizione online lanciata su Change.org", riportano i promotori in una nota.

"Il passaggio ora legale/ora solare e viceversa determina ripercussioni negative sulla salute umana - spiega il presidente Sima, Alessandro Miani - Si altera la ritmicità circadiana, ossia l'orologio biologico del nostro organismo che, in assenza di segnali provenienti dall'ambiente esterno, completa il proprio ciclo in circa 24 ore. Il mancato rispetto di questi ritmi naturali ha effetti sulla pressione arteriosa e la frequenza cardiaca: diversi studi hanno attestato una correlazione tra cambio di orario e patologie cardiache, con l'Università di Stoccolma che ha riportato un'incidenza del +4% di attacchi cardiaci nella settimana successiva all'introduzione dell'ora solare".

Gli effetti

Inoltre, "si registrano problemi del sonno in una consistente fetta di popolazione, con conseguenze negative su concentrazione e umore e quindi su rendimento scolastico, efficienza sul lavoro, relazioni personali - aggiunge Miani - Altri studi hanno poi certificato una correlazione tra il passaggio da ora legale a ora solare e l'incremento di incidentalità stradale e sul lavoro: ad esempio, nei periodi di ora legale è stata registrata una diminuzione fino al -13% degli incidenti a danno di pedoni, connessa all'aumento della visibilità lungo le strade nelle ore serali. Mentre una ricerca condotta in Australia ha perfino riscontrato un aumento dei suicidi nelle prime settimane di cambiamento dell'orario. Senza parlare delle possibili conseguenze sulla criminalità: con l'ora solare si allungano le ore di buio serali, quelle in cui si concentrano furti, rapine e altri reati".

Per questo "chiediamo al Governo Meloni di impegnarsi per arrivare in Italia all'abbandono definitivo dell'ora solare adottando l'orario legale tutto l'anno - conclude Luigi Gabriele, presidente di Consumerismo - Una possibilità prevista dall'Unione europea che già nel 2019 ha approvato una direttiva che lascia ampia discrezionalità agli Stati membri, auspicando un coordinamento tra le varie nazioni per evitare ripercussioni sugli scambi commerciali e i movimenti transfrontalieri".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

Alimenti: perché amiamo i carboidrati? Una ‘love...

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PASTA CRUDA - SPAGHETTI (PASTA CRUDA ORIZZONTALE DIETA MEDITERRANEA CARBOIDRATI SPAGHETTI) (FOTOARCHIV / IPA, Genova - 2007-09-11) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

Perché amiamo i carboidrati? La domanda ha ancora più valore oggi, giorno in cui si celebra in tutto il mondo il Pasta day dedicato ad uno degli alimenti cardine della dieta mediterranea italiana, tanto amato anche a livello globale. E un team di scienziati ha scoperto che questa 'love story' ha origini antichissime, risale forse anche ai tempi dei Neanderthal e precede l'avvento dell'agricoltura. Lo studio condotto da ricercatori dell'università di Buffalo e dal Jackson Laboratory parla chiaro: se abbiamo difficoltà a ridurre l'assunzione di carboidrati, la colpa potrebbe essere del Dna antico.

E' noto da tempo che gli esseri umani trasportano più copie di un gene che consente di iniziare a scomporre l'amido dei carboidrati complessi in bocca, fornendo il primo passo nel metabolismo di cibi amidacei come pane e pasta. Tuttavia, è stato notoriamente difficile per i ricercatori determinare come e quando il numero di questi geni si sia espanso. Il nuovo studio dimostra come la duplicazione di questo gene - Amy1 - potrebbe aver contribuito a plasmare l'adattamento umano agli alimenti amidacei, e questa duplicazione potrebbe essersi verificata già più di 800mila anni fa, molto prima dell'avvento dell'agricoltura. Gli autori fanno il punto dei risultati della loro ricerca su 'Science'. Lo studio dimostra in definitiva come le prime duplicazioni di questo gene abbiano posto le basi per un'ampia variazione genetica che esiste ancora oggi, influenzando l'efficacia con cui gli esseri umani digeriscono i cibi amidacei.

"L'idea è che più geni dell'amilasi si hanno, più amilasi si può produrre e più amido si può digerire efficacemente", spiega l'autore corrispondente dello studio, Omer Gokcumen, professore dell'ateneo Usa che ha condotto la ricerca. L'amilasi è un enzima che non solo scompone l'amido in glucosio, ma conferisce anche il sapore al pane, spiegano gli esperti. Gokcumen e colleghi, tra cui il coautore senior Charles Lee del Jackson Laboratory, hanno utilizzato una nuova modalità di mappatura del genoma per dettagliare a livelli massimi la regione del gene Amy1. Questa tecnica innovativa ha fornito un quadro più chiaro di come si sono evolute le duplicazioni di Amy1. Risultato: è emerso che gli antichi cacciatori-raccoglitori e persino i Neanderthal avevano già più copie di Amy1. Con buona pace dei 'pasta lovers' di oggi.

Gli scienziati, per arrivare a queste conclusioni, hanno analizzato i genomi di 68 esseri umani antichi, tra cui un campione di 45mila anni fa proveniente dalla Siberia. Dallo studio è emerso che i cacciatori-raccoglitori pre-agricoli avevano già una media di 4-8 copie di Amy1 per cellula diploide, il che suggerisce che gli esseri umani si aggiravano già per l'Eurasia con un'ampia varietà di numeri elevati di copie di Amy1, ben prima di iniziare a coltivare le piante e a consumare quantità eccessive di amido. Il lavoro ha inoltre messo in luce che nei Neanderthal e nei Denisoviani si verificavano già duplicazioni del gene Amy1. E questo suggerirebbe quindi che "il gene Amy1 potrebbe essersi duplicato per la prima volta più di 800mila anni fa, ben prima che gli esseri umani si separassero dai Neanderthal e molto più indietro di quanto si pensasse in precedenza", afferma Kwondo Kim, uno degli autori principali dello studio, scienziato del laboratorio di Lee.

"Le duplicazioni iniziali nei nostri genomi hanno gettato le basi per una variazione significativa nella regione dell'amilasi, consentendo agli esseri umani di adattarsi ai cambiamenti nella dieta, mentre il consumo di amido aumentava drasticamente con l'avvento di nuove tecnologie e stili di vita", aggiunge Gokcumen. La ricerca evidenzia anche come l'agricoltura abbia avuto un impatto sulla variazione di Amy1. Mentre i primi cacciatori-raccoglitori avevano più copie di geni, gli agricoltori europei hanno visto un aumento del numero medio di copie di Amy1 negli ultimi 4mila anni, probabilmente per le loro diete ricche di amido. "Le persone con un numero di copie di Amy1 più elevato probabilmente digerivano l'amido in modo più efficiente e avevano più prole", continua Gokcumen. "I loro lignaggi alla fine se la cavavano meglio in un lungo arco di tempo evolutivo rispetto a quelli con un numero di copie più basso, propagando così il numero di copie Amy1".

I risultati sono in linea anche con lavori precedenti. E, "dato il ruolo chiave della variazione del numero di copie di Amy1 nell'evoluzione umana - conclude l'autrice principale dello studio, Feyza Yilmaz (Jackson Laboratory) - questa variazione genetica rappresenta un'entusiasmante opportunità per esplorare il suo impatto sulla salute metabolica e scoprire i meccanismi coinvolti nella digestione dell'amido e nel metabolismo del glucosio". Scoperte da approfondire magari proprio davanti a un piatto di pasta.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Salute e Benessere

One Health, indagine ‘solo 1 paziente su 4 sa cosa...

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Foto di repertorio - FOTOGRAMMA

Si fa presto a dire One Health. La verità è che invece pochi pazienti sanno cosa sia, solo 1 su 4, e ancora meno sono gli operatori sanitari che riescono a tradurla in azioni concrete durante la loro attività. Eppure coloro che conoscono la One Health, un approccio strategico che interconnette la salute umana, animale e ambientale - la cosiddetta 'salute unica' - sono ben consapevoli del suo vantaggio più importante: il miglioramento degli standard di salute. E gli stessi ritengono che l'impiego della telemedicina, delle piattaforme digitali, e la realizzazione di nuove strutture e presidi per servizi di prossimità, possono servire a creare un nuovo modello di assistenza territoriale in ottica One Health. Sono i risultati di un'indagine nazionale promossa da MioDottore e condotta da Datanalysis, presentata a Roma, che ha coinvolto un totale di 1.700 persone (700 medici specialisti, 100 veterinari, 100 direttori generali e sanitari di aziende ospedaliere, 100 politici della sanità e 700 pazienti).

"L'approccio One Health promuove una visione integrata e olistica di salute umana, animale e ambientale, presentandosi come risposta alle sfide del nostro tempo e riconoscendo che la salute di ogni individuo è strettamente legata alla salute degli altri e dell'ecosistema in cui viviamo - spiega Stefano Vella, infettivologo e docente di salute globale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - Attraverso la comprensione delle complesse interazioni tra questi tre settori cruciali, l'approccio olistico che ne deriva mira principalmente a migliorare la salute collettiva, prevenire malattie e promuovere il benessere, assumendo un ruolo chiave anche nel più ampio quadro di obiettivi globali di sostenibilità".

"La pervasività dell'approccio One Health nell'elaborazione delle attuali strategie di risposta alle nuove sfide sanitarie testimonia l'ormai universale riconoscimento dell'interconnessione tra salute umana, animale e ambiente - osserva Ranieri Poli del Dipartimento One Health del ministero della Salute - Il ministero della Salute, nel suo nuovo assetto organizzativo, si è dotato di un Dipartimento One Health e il recente comunicato dei ministri della Salute del G7 ha dedicato ampio spazio a questo tema e a quelli ad esso strettamente connessi, come l'antibiotico-resistenza".

Un primo passo, con molta strada da fare. I risultati dell'indagine - riporta una nota - mostrano da un lato che il 95% dei direttori generali e sanitari e l'80% dei politici hanno sentito parlare di One Health. Ma anche che lo stesso vale solo per circa la metà dei veterinari e dei medici specialisti. Inoltre, ci sono altri molteplici ostacoli: oltre alle scarse conoscenze sull'argomento e alle difficoltà insite di applicare questo approccio, secondo la maggioranza del campione analizzato pesano anche la mancanza di una strategia chiara e la carenza di finanziamenti. Mentre invece il 73% dei pazienti di One Health non ne sa proprio nulla.

Tuttavia, i professionisti del mondo della sanità hanno ben chiare quali siano i principali problemi che la strategia One Health dovrebbe affrontare: in primis la resistenza antimicrobica (20%) e i focolai di malattie altamente infettive (20%), poi l'inquinamento ambientale (circa 18%). E hanno un'idea ben più precisa su come si potrebbe realizzare un nuovo modello di assistenza territoriale in un'ottica One Health e indicano: l'impiego della telemedicina, la realizzazione di nuove strutture e presidi sanitari con maggiore accessibilità e disponibilità di servizi di prossimità e anche un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione sul territorio, in linea con un approccio integrato. Inoltre, le piattaforme digitali sono viste come uno strumento utile per arrivare ai cittadini e per meglio rispondere alle loro esigenze.

"Il concetto di One Health rappresenta un cambiamento di paradigma necessario nella gestione della salute globale. In MioDottore - afferma il Ceo, Luca Puccioni - crediamo fermamente che la tecnologia possa svolgere un ruolo cruciale in questo processo, consentendo una comunicazione fluida tra medici, pazienti e strutture sanitarie. Grazie alla tecnologia, infatti, è possibile non solo migliorare l'accesso alle informazioni sanitarie, ma anche promuovere una cultura della prevenzione e del benessere che abbraccia tutte le dimensioni della salute. La sinergia tra salute umana, animale e ambientale è la chiave per affrontare le sfide future e siamo convinti che investire nella digitalizzazione della salute possa trasformare il modo in cui gestiamo la prevenzione e la cura, rendendo le pratiche più efficienti e sostenibili".

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Salute e Benessere

Pasta day, 5 consigli per mangiarla senza sensi di colpa e...

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Minellli: "Non è nemica della dieta, consigliabile consumarla a pranzo, a cena porzioni più piccole, scegliere prodotti di qualità"

Un piatto di pasta

Spaghetti, mezze maniche o lasagne, oggi è il Pasta day che celebra uno dei simboli della cucina italiana "che ha origini antichissime. Già 10mila anni fa gli uomini primitivi facevano uso, anche se indiscriminato, di cereali. Successivamente l'uomo riuscì a selezionare quei cereali più indicati per una buona alimentazione, fino ad ottenere una farina di frumento da impastare con acqua per realizzare un pane primordiale e le prime tipologie di focacce da cuocere su pietre roventi, tutto questo prima di scoprire i vantaggi della cottura in acqua bollente. La prima documentazione inerente una ricetta per la preparazione della pasta vera e propria ce la fornisce intorno all'anno mille un certo Martino da Como, cuoco al servizio del Patriarca di Aquileia a Roma, nel suo libro dal titolo 'De Arte Coquinaria per vermicelli e maccaroni siciliani'. Così arrivando fino ai giorni nostri e alla tradizione della pasta italiana come modello d'eccellenza del made in Italy". Lo spiega all'Adnkronos Salute l'immunologo Mauro Minelli, docente di dietetica e nutrizione all'Università Lum.

Ma quali sono le sue caratteristiche nutrizionali e i benefici che la pasta apporta alla nostra vita? "Varrà sempre la pena ricordare che in tutte le sue forme, dalle ruote alle farfalle, la pasta è sempre al primo posto nell'elenco dei cibi irrinunciabili, tanto più se si parte dal presupposto che il 45-60% delle calorie giornaliere deve derivare dall'assunzione di carboidrati, meglio - avverte Minelli - se carboidrati complessi come quelli provenienti dall'amido, particolarmente indicati per rilasciare energia in modo graduale. Ulteriore dato rilevante è il contenuto proteico della pasta che dispone, tra l'altro, di un importante corredo di vitamine e sali minerali".

I 5 consigli

Cinque consigli dell'esperto per mangiare la pasta senza sensi di colpa e paura della bilancia. "Un tema che solleva spesso dubbi è quando sia preferibile mangiare la pasta:

1) Idealmente, è consigliabile consumarla a pranzo. I carboidrati complessi forniscono energia a lungo termine, supportando le attività del pomeriggio e contribuendo a un senso di sazietà che può aiutare a regolare gli spuntini;

2) E' possibile gustarla anche a cena, magari in porzioni ridotte e accompagnata da verdure e condimenti leggeri per evitare picchi glicemici notturni". Per quanto riguarda la gestione delle calorie:

3) "La pasta non è un nemico della dieta, se consumata nelle giuste quantità e con condimenti bilanciati. Scegliere - suggerisce Minelli - porzioni controllate, circa 80 grammi a persona;

4) Prediligere condimenti come olio extravergine d'oliva, verdure e proteine derivanti da alimenti magri permette di creare un piatto gustoso e nutriente senza compromettere il bilancio calorico;

5) La qualità della pasta è anch'essa determinante: prodotti di filiera italiana, trafilati al bronzo e sottoposti a essiccatura lenta, garantiscono una migliore consistenza e un sapore autentico, rendendo ogni piatto un piccolo capolavoro della nostra tradizione".

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