Da Elodie ad Arisa gli endorsement politici delle star italiane
Ma servono davvero? Il politologo Ilvo Diamanti all'Adnkronos: "Non spostano voti, rafforzano la convinzione di chi è già convinto"
Si stringono i tempi, la guerra all'ultimo voto per Donald Trump e Kamala Harris diventa sempre più una guerra anche all'ultimo fan. Sì, perché se è vero che la musica è arte, è anche vero che - almeno sulla carta - sposta le masse e può cambiare le sorti di un'elezione, specie se le star di cui si discute sono del calibro di quelle americane, da Springsteen a Taylor Swift passando per Beyoncé. Ma l'impegno in politica, bisogna dirlo, non è un'esclusiva americana. Anche in Italia molti vip da sempre decidono di esporsi o di schierarsi, complice l’agone politico italiano che, con le sue sorprese e i suoi cambi di scena, si presta ad un ‘florilegio’ di tifoserie. E allora vediamo, prendendola come un gioco, di analizzare le ‘tifoserie’ con alcuni dei più noti artisti della scena artistica del nostro Paese.
Gli 'sponsor' musicali
Partendo dalla musica, dove è noto che storicamente il coté cantautorale sia più vicino alle idee di sinistra. De Gregori, Venditti, Gino Paoli, Loredana Berté, Piero Pelù, Ligabue, Roberto Vecchioni, Fiorella Mannoia, J-Ax, Daniele Silvestri, solo per citarne alcuni. Per arrivare più vicino ai giorni nostri, non fanno mistero della loro posizione Elodie, che spesso ha criticato la premier Meloni, Giorgia, Ariete e La Rappresentante di Lista, che qualche tempo fa se l’era presa con Matteo Salvini per aver usato la sua ‘Ciao Ciao’. Ma anche la destra ha i suoi fan: se storicamente Lucio Battisti veniva ritenuto vicino alle idee di destra, nel panorama di oggi si va da Max Pezzali, che da adolescente era tesserato per il Fronte della Gioventù, a Povia, che proclama valori 'conservatori' più vicini alla destra (chi non ricorda 'Luca era gay?'). E ancora Al Bano, Rita Pavone, o Arisa che ha recentemente tessuto le lodi di Giorgia facendo infuriare una parte della sua fanbase. E vicini alla destra vengono ‘dati’ anche Il Volo. I Ricchi e Poveri si sono esibiti alla convention di Forza Italia, Enrico Ruggeri viene indicato come uno degli artisti più colti e raffinati della destra autorale.
Il cinema schierato
Anche in ambito cinematografico, sono tanti gli artisti che non si sottraggono al coraggio delle loro idee politiche. Da Alessandro Gassmann, da sempre vicinissimo alle idee sociali ed ecologiste tipiche della sinistra di un tempo, ma anche molto critico sul centrosinistra negli ultimi anni, a Sabrina Ferilli, fiera icona dei democratici. L’ascesa di Giorgia Meloni ha fatto poi ‘prendere coraggio' a molti artisti che non si erano mai dichiarati apertamente: ne è un esempio l’attore Giorgio Pasotti, che ha espresso il suo sostegno in chiaro alla premier.
Poi c’è anche chi esprime le proprie idee sfuggendo però, o tentando di farlo, alle etichette: è il caso di Ghali, Mamhood, Carl Brave e altri, che pur vicini alle idee dei democratici, si erano rifiutati qualche anno fa di cantare alla chiusura della campagna elettorale del Pd per evitare strumentalizzazioni.
Quanto 'spostano' gli endorsement?
Ma la domanda cruciale è: serve davvero avere il supporto dei vip? Tutti ricordano, per fare un esempio oltreoceano, l'esposizione di Bruce Springsteen a favore di Hillary Clinton, quando -alle elezioni del 2016- la leggenda del rock fece un discorso a favore della moglie di Bill Clinton e suonò tre brani, 'Thunder Road', 'Long Walk Home' e 'Dancing in the dark', durante la convention della candidata dem. Peccato però che Hillary perse contro Trump, smentendo i pronostici della vigilia. "Questi endorsement in realtà normalmente non spostano i voti -dice all'Adnkronos il sociologo e politologo Ilvo Diamanti- perché sono espressi da figure che hanno già una loro collocazione, una loro posizione. Gli endorsement dunque possono solo rafforzare la convinzione di chi è già convinto".
Spettacolo
Festa Cinema Roma, Igor Righetti: “Vi presento il...
Il giornalista e conduttore racconta nel docufilm 'Alberto Sordi Secret' la vita privata dell'attore
Per tutti uno dei più grandi attori della commedia italiana, che ha regalato non solo interpretazioni che hanno fatto la storia del cinema ma anche battute iconiche, prima fra tutte 'Mi dispiace, ma io so io e voi non siete un ca**o'. Per Igor Righetti uno di famiglia, suo cugino. "Vi presento un Alberto Sordi che nessuno conosce. Lui era riservatissimo, a noi familiari ci ha fatto una raccomandazione: 'potete raccontare i fatti miei solo quando sarò in orizzontale per farmi ricordare dai miei tantissimi estimatori e dalle nuove generazioni che ancora non mi conoscono'". Così all'Adnkronos il giornalista e conduttore radiotelevisivo Rai che, alla 19ma edizione della Festa del Cinema, presenta 'Alberto Sordi Secret', il primo docufilm internazionale sulla vita privata del grande attore che, questa estate, è uscito in 120 sale. La pellicola, grazie al supporto della Regione Lazio, vuole essere non solo un omaggio al grande attore ma anche uno spaccato dell'Italia attraverso i film di Sordi: 'Il medico della mutua', 'Finché c'è guerra c'è speranza', 'Nestore, l'ultima corsa', 'Un borghese piccolo piccolo' solo per citarne alcuni.
"Noi familiari avevamo un patto con lui, quello di non raccontare nulla della nostra famiglia. Lui era così riservato - ricorda Righetti - che le porte delle stanze di casa sua, a via Druso a Roma, erano tutte chiuse a chiave. Il piano di sopra era addirittura interdetto". Ed è per questo che "non voleva che la sua abitazione diventasse un museo, adesso si starà rivoltando nella tomba, ma desiderava che diventasse un orfanotrofio. Lui - prosegue il conduttore - ci diceva sempre 'dentro questa casa non c'è mai stato un sorriso di un bambino', da qui nasce il suo desiderio che purtroppo non potrà mai realizzarsi".
'Alberto Sordi Secret' : "Il docufilm, indipendente e realizzato senza il tax credit, è diviso in due parti che si intrecciano", spiega Righini. "Si compone di una parte documentaristica con gli interventi inediti di amici e parenti dell’attore come il regista Pupi Avati, l’annunciatrice e presentatrice tv Rosanna Vaudetti, la nipote di Totò Elena de Curtis, il re dei paparazzi Rino Barillari, Patrizia e Giada de Blanck, Sabrina Sammarini (figlia dell’attrice Anna Longhi) e tantissimi altri". Questa parte si intreccia con "il racconto filmico in bianco e nero con personaggi realmente vissuti, in cui viene mostrata l’infanzia e l’adolescenza di Alberto Sordi negli Anni 20 e 30 grazie alle interpretazioni di Fioretta Mari, Emanuela Aureli, Enzo Salvi, Maurizio Mattioli, Mirko Frezza e a tre ragazzi di età diverse che impersonano l’attore, Marco Camuzzi, Flavio Raggi e Daniel Panzironi. C’è anche la partecipazione straordinaria del bassotto pet influencer con 50mila follower su Instagram Byron Righetti", dice il conduttore, che sottolinea come questo sia "un biopic in cui nulla è fiction, frutto di fantasia, ma dove invece i dialoghi, le situazioni e i personaggi ripercorrono la vita reale e sconosciuta al pubblico di Alberto Sordi".
Nei suoi film "Alberto ci ha raffigurati per quello che siamo, con i nostri pregi e difetti. Ha raccontato l'Italia dalla giustizia alla sanità. Ancora oggi è attuale e, per questo, il docufilm può essere un'opportunità per le nuova generazioni non solo di conoscere Sordi ma anche l'Italia e capire che non siamo mai cambiati", spiega Righetti. Nel racconto del docufilm si fanno spazio i ricordi. "A 16 anni ho vinto un provino per Videomusic, il programma si chiamava 'Crazy Time' di Clive Malcolm Griffiths. Quando ho chiamato Alberto per dirglielo non era entusiasta", ricorda Righetti, che ha scelto la strada della radio: "E' stato lui a dirmi di buttarmi in quel settore. E nel 2003 ho lanciato l'infotainment su Radio 1". Da 'Sordi Nazionale' consigli preziosi: "sembra una banalità, però mi ha consigliato di sorridere quando si parla, non lo fa nessuno. La voce cambia con il sorriso".
E non solo: "mi ha consigliato di inventarmi un saluto". La più grande eredità lasciata "è la sua umiltà. Lui era del parere che i grandi non hanno bisogno di atteggiarsi, era disponibile con tutti anche durante le cene nei ristoranti", ricorda Righetti, che conclude: "Oggi troppi morti e morte di fama che si gonfiano per aver fatto un reality".
Spettacolo
Festa Cinema Roma, James Franco torna al cinema:...
Alla regia Claudio Giovannesi, che racconta le conseguenze della guerra attraverso la relazione padre-figlio
"'Hey Joe' è la mia rinascita, è stato un regalo che non mi aspettavo". Così all'Adnkronos James Franco, che torna al cinema da protagonista nel film di Claudio Giovannesi, presentato alla Festa del Cinema di Roma. Per l'attore rappresenta non solo il primo film italiano, ma anche il ritorno sulle scene dopo una lunga pausa: in pieno #MeToo, il movimento femminista contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne, la reputazione di Franco è stata travolta con le accuse di condotta sessuale inappropriata mosse da alcune ex studentesse della scuola di recitazione Studio 4, che ha diretto dal 2014 al 2017. Nel 2021 ha ammesso di aver avuto rapporti con alcune di loro, accettando di pagare 2,2 milioni di dollari di risarcimento.
Franco in 'Hey Joe' interpreta Dean Barry, un veterano americano che ha avuto una relazione con una ragazza napoletana durante la Seconda Guerra Mondiale. E questo lo spinge a ritornare in Italia, a Napoli - dove l'attore ha passato molte settimane per le riprese - per conoscere suo figlio. Dean vorrebbe recuperare venticinque anni di assenza, ma suo figlio ormai è un uomo, è cresciuto nella malavita, è stato adottato da un boss del contrabbando e non ha nessun interesse per il padre americano. "Sono sicuro che ci siano tante storie come questa nella realtà", dice Franco, affascinato "dal ritorno di questo soldato per uno scopo diverso, credo che ci sia qualcosa di molto poetico". Dean Barry "è un uomo che ha combattuto tre guerre (oltre il secondo conflitto mondiale ma anche la guerra del Vietnam e la guerra di Corea), è figlio di un uomo che è nato in una situazione in cui le donne offrivano il loro corpo ai soldati per fame e soldi. E questo succede anche oggi - fa notare Giovannesi all'Adnkronos - perché la guerra la fanno gli uomini ma la subiscono le donne e figli sui quali le conseguenze della guerra hanno un impatto".
Oggi "non abbiamo consapevolezza della guerra perché viene rimossa dalla mente, guardiamo immagini di conflitti in televisione mentre si mangia. E, quindi, la viviamo come uno spettacolo tragico che non ci coinvolge - prosegue Giovannesi - lo viviamo senza empatia, come molti fenomeni tragici, tra questi l'immigrazione", conclude il regista. Il film è anche l'occasione per rivolgere lo sguardo sulle prossime elezioni presidenziali, ma Franco preferisce sviare la domanda: "non so quale sia il futuro dell'America. Ho trascorso molto tempo in Europa tra Italia e Francia. Mi piace stare qui, quindi non so cosa succederà".
Spettacolo
Festa Cinema Roma, arrivano i ‘Supereroi’ di...
Il regista abruzzese presenta 'Supereroi' con Edoardo Pesce e Barbara Chichiarelli
"I supereroi sono le persone normali che affrontano tutti i giorni la vita con le sue difficoltà, ed io voglio raccontarle". A dirlo è Stefano Chiantini che, alla 19esima Festa del Cinema di Roma, presenta 'Supereroi' con Edoardo Pesce, Barbara Chichiarelli e Sara Silvestro. Dopo 'Il ritorno', con protagonista Emma Marrone, il regista torna a raccontare le persone comuni che affrontano drammi familiari puntando la macchina da presa sull’evoluzione emotiva del rapporto, complesso, di un padre con sua figlia.
Alvaro (Pesce) e Jenny (Silvestro) sono padre e figlia, lei promessa del nuoto, lui camionista e suo primo tifoso. Il loro legame si è incrinato quando l’uomo ha deciso di lasciare Margherita (Chichiarelli), la madre di Jenny: una scelta che la figlia non riesce a perdonare e che non smette di rinfacciargli. Così il loro rapporto, prima forte e tenero, si è trasformato, riempiendosi di astio e insofferenza. Tutto però cambia quando Alvaro a causa di un malore ha bisogno di cure continue e viene quindi affidato a un badante, una scelta che Jenny fatica ad accettare. "Questo film lo avrei chiamato 'Apnea' per le condizioni che vivono i personaggi: Jenny non solo va in apnea quando nuota, ma anche quando deve affrontare delle difficoltà. Alvaro, invece, dopo un ictus si sente bloccato, non solo nei movimenti", spiega Pesce.