Omicidio Cecchettin, Turetta: “Ho ucciso Giulia per rabbia, non voleva tornare con me”
Con voce esitante, senza quasi mai tradire un'emozione, con frasi brevi intervallate da lunghe pause, rimette insieme i pezzi fino a quando ha accoltellato a morte l'ex fidanzata ammettendo la premeditazione
Filippo Turetta tradisce la promessa di "voler raccontare tutto, di dire la verità per onorare la memoria" di Giulia Cecchettin e quando si siede al banco degli imputati si contraddice, tentenna, si mostra reticente. Con voce esitante, senza quasi mai tradire un'emozione, con frasi brevi intervallate da lunghe pause, rimette insieme i pezzi fino all'11 novembre scorso quando ha accoltellato a morte l'ex fidanzata. Per l'intera udienza, davanti alla corte d'Assise di Venezia, tiene gli occhi bassi, lo sguardo è in direzione dei giudici, non incrocia mai lo sguardo di Gino, papà della vittima, l'uomo che di un dolore inumano non ne ha fatto odio.
Lo studente modello, il ragazzo introverso con la passione per la pallavolo, il ventiduenne alla sua prima relazione sentimentale, fa fatica a pronunciare il nome di Giulia, lo fa solo un paio di volte in circa sei ore di interrogatorio. Il ritratto è quello di una relazione di circa un anno e mezzo, della vittima, compagna di studi in Ingegneria biomedica, che si oppone a lui "troppo dipendente e ossessionato da lei, eccessivo, possessivo e soffocante" ma incapace di cambiare, di tenere a bada la rabbia.
Il piano d'azione di Turetta
La difesa di se stesso è incerta quando il pm Andrea Petroni lo incalza su quanto scritto in una lista, una sorta di piano d'azione che realizza a partire da inizio novembre. Spia la vittima con unaRe sul cellulare, compra tre scotch per legarla e impedirle di urlare, studia mappe per scappare e disfarsi del corpo, prepara soldi, vestiti e provviste per la fuga. "Scrivendo quella lista ho ipotizzato di stare un po' insieme e di farle del male...ero arrabbiato, provavo risentimento perché c'eravamo lasciati. Quella lista mi tranquillizzava", spiega. "Ho ipotizzato di rapirla in macchina, di allontanarci insieme verso una località isolata per stare più tempo insieme... poi aggredirla, togliere la vita a lei e poi a me".
Rispetto alla confessione resa pochi giorni dopo l'arresto, Turetta 'corregge' il tiro e ripete quello scritto nero su bianco in tre recenti memorie: "I coltelli li ho messi in auto quella settimana, deve essere stato uno di quei giorni... mercoledì, giovedì o venerdì. Quel sabato ho comprato altro scotch, il terzo, forse per avere più sicurezza". E quella sera, nel parcheggio di Vigonovo "la cosa che volevo più di tutte era tornare con Giulia, ho provato a farle un regalo (una scimmietta di peluche, ndr) ma lei lo ha rifiutato. In quel momento ho sentito di aver perso la possibilità di tornare insieme".
Sull'asfalto, a 150 metri da casa Cecchettin, restano le macchie di sangue mostrate in aula. "Ero arrabbiatissimo, non volevo andasse via. Devo averla spinta o tirata e lei è caduta per terra, la devo aver colpita non so come...ricordo solo che ho il coltello in mano". Poi la carica in auto, le toglie il cellulare "per impedirle di chiamare aiuto", blocca le sicure della macchina per impedirle la fuga, la colpisce ancora -"un colpo alla coscia, forse altri, non lo so perché colpivo a caso" - nel tragitto verso l'area industriale di Fossò. La ventiduenne riesce a scendere, la telecamera di una ditta inquadra la breve fuga, poi Turetta la raggiunge e riprende a colpire. Non ricorda il numero esatto di coltellate, 75 dirà l'autopsia. Si libera del corpo dopo cento chilometri, lo nasconde vicino al lago di Barcis, usando dei sacchi neri, anche questi presenti nella lista, "per coprire le ferite...era un'immagine brutta". (segue)
Ci mette quasi tre ore Turetta per rispondere alla domanda che si pongono tutti. "Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, avevo rabbia, soffrivo di questa cosa. lo volevo tornare insieme a lei e di questo soffrivo molto e provavo risentimento, molto, verso di lei. Avevo rabbia perché sostanzialmente soffrivo di questa cosa, volevo tornare insieme e lei non voleva...non so... mi faceva rabbia che non volesse". Parole che pronuncia senza particolare emozioni, le lacrime (poche) si vedono solo quando pensa al tentativo di allungare il tempo con la "meravigliosa" Giulia.
A un anno dal delitto, Turetta giudica "male" quel ragazzo che ha fatto prevalere la rabbia. "E' giusto espiare la colpa e provare a pagare per quello che ho fatto. Mi sento anche in colpa a pensare al futuro perché lei non può più. Vorrei non aver fatto a lei questa cosa terribile, aveva ancora affetto per me. In certi momenti vorrei chiedere scusa, ma credo sia ridicolo visto l'ingiustizia che ho commesso e le mie scuse potrebbero creare ulteriore dolore...dovrei sparire. Mi dispiace tantissimo". Alla famiglia di Giulia, l'ex fidanzato dedica un passo del memoriale di 80 pagine, scritto a mano. "Non posso neanche immaginare e rendermi pienamente conto del dolore e della sofferenza che prova la sua famiglia, suo padre, sua sorella e suo fratello e i suoi familiari vivendo questa nuova triste e angosciante realtà".
Elena, la sorella di Giulia, è assente per prendersi cura di sé. "Sarebbe per me una fonte di stress enorme e dovrei rivivere nuovamente tutto quello che ho provato a novembre dell'anno scorso, non ne sono in grado". Papà Gino, invece, lascia l'aula dopo le domande della pubblica accusa e delle parti civili, nessun interesse a sentire la difesa. Dopo aver ascoltato "gli ultimi istanti della vita di Giulia", non ha bisogno di altro: "Ho capito benissimo chi è Filippo Turetta, per me è chiarissimo e per me la vita del prossimo è sacra".
Esteri
Taiwan sfida la Cina, esercitazioni con jet e visite ad...
Taipei ha segnalato che in 24 ore intorno all'isola è stata rilevata la presenza di sette navi e 13 velivoli militari cinesi. Pechino: "Schiacceremo qualsiasi tentativo per l'indipendenza"
Sale la tensione tra Taiwan e la Cina. Oltre ad aver condotto esercitazioni militari con jet e sistemi antimissile, Taipei ha fatto sapere che il presidente William Lai (Lai Ching-te) farà tappa alle Hawaii e a Guam durante il suo viaggio che da sabato a venerdì prossimi lo porterà alle isole Marshall, Tuvalu e Palau, tra i 12 alleati dell'isola.
Le esercitazioni
Mentre aumenta il pressing della Cina, con il ministero della Difesa di Taipei che ha confermato di aver rilevato la presenza a nord dell'isola di altri due palloni aerostatici cinesi, Taiwan ha condotto manovre, andate avanti per due ore e condotte a ridosso della prima visita all'estero del presidente dell'isola, con l'obiettivo dichiarato di testare le "procedure di risposta e ingaggio" del Comparto Difesa. E "garantire la sicurezza dello spazio aereo" di Taiwan, isola di fatto indipendente che per la Cina è una "provincia ribelle" da "riunificare".
Nel quadro del constante pressing cinese a cui è sottoposta l'isola, stamani il ministero della Difesa di Taipei ha segnalato che in 24 ore intorno a Taiwan è stata rilevata la presenza di sette navi e 13 velivoli militari, nove dei quali hanno superato la "Linea mediana" dello Stretto di Taiwan, che Pechino non riconosce. E le esercitazioni arrivano mentre si rincorrono voci di possibili nuove maxi manovre militari cinesi intorno a Taiwan.
Cina: "Schiacceremo qualsiasi tentativo per l'indipendenza"
Verrà "schiacciato con decisione" qualsiasi tentativo per "l'indipendenza di Taiwan". E' la minaccia che arriva dalla Cina, che considera l'isola, di fatto indipendente, una "provincia ribelle" per la quale vuole la "riunificazione".
I militari "cinesi hanno la missione sacra di salvaguardare la sovranità nazionale e l'integrità territoriale e schiacceranno con decisione tutti i tentativi di secessione per l'indipendenza di Taiwan", ha affermato Wu Qian, portavoce del ministero della Difesa cinese, dopo le notizie del primo viaggio all'estero del presidente di Taiwan.
Il viaggio del presidente di Taiwan
Le isole Marshall, Tuvalu e Palau sono tra i 12 alleati dell'isola, gli unici Paesi al mondo che riconoscono il suo governo senza aderire al principio di "un'unica Cina" caro a Pechino. Per William Lai questo sarà il primo viaggio all'estero di Lai, eletto a gennaio e alla presidenza dallo scorso 20 maggio. Lai trascorrerà due notti alle Hawaii e una a Guam, per incontrare "vecchi amici" e "componenti di think tank", ha detto all'agenzia Afp una fonte dell'ufficio della presidenza di Taiwan.
I passaggi dei leader di Taiwan in territorio statunitense suscitano da sempre le ire di Pechino, che considera l'isola - di fatto indipendente - una "provincia ribelle" da "riunificare". E anche oggi il gigante asiatico, che non risparmia mai accuse agli Stati Uniti per il sostegno assicurato a Taiwan, ha subito contestato quelle che considera "azioni separatiste".
"Ci siamo sempre opposti agli scambi ufficiali tra gli Usa e Taiwan - ha detto la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning - e a ogni forma di sostegno da parte degli Stato Uniti ai separatisti per l'indipendenza di Taiwan e alle loro azioni".
Già nei giorni scorsi, quando avevano iniziato a rincorrersi notizie sul viaggio di Lai negli alleati dell'isola nel Pacifico, la Cina - che considera Lai un "pericoloso separatista" - aveva chiesto alle autorità Usa di "non consentire" al presidente di Taiwan di "transitare dal territorio statunitense". Ma la 'diplomazia dei transiti' è una tradizione per Taipei, sempre più sotto il pressing cinese.
Cultura
“La formazione economica per la difesa della...
Il contributo del Presidente Luiss School of Government nella 34esima edizione del volume
"La formazione economica per la difesa della democrazia" nell'intervento nel Libro dei Fatti 2024 del Presidente Luiss School of Government, Vincenzo Boccia, autore del contributo presente nel volume giunto quest'anno alla 34esima edizione.
L'intervento di Vincenzo Boccia
"Viviamo tempi in cui è chiaro che non esiste indipendenza politica senza indipendenza energetica e indipendenza tecnologica. Viene meno anche il paradigma del binomio democrazia/crescita per il quale si cresce economicamente solo con la democrazia. Ora non è più così.
È evidente che l’Occidente, la nostra Europa, il nostro Paese, che vogliono e devono difendere ogni giorno l’indipendenza politica, abbiano necessità di pratiche economiche coerenti, orientate a tali fini. Ciò comporta una grande attenzione alla politica economica che torna a giocare un ruolo da protagonista nella nuova Società: Aperta, Inclusiva e Democratica. Di fatto, un ritorno ai fondamentali d’Europa con le 3 P di Pace, Protezione e Prosperità.
Come diceva Jean Monet: “I miei obiettivi sono politici, le mie spiegazioni sono economiche”. Occorre contribuire alle spiegazioni economiche per fini politici. A ciò si aggiunge un altro aspetto. La democrazia e la difesa della democrazia hanno necessità, responsabilità e interesse ad avere cittadini “formati”, che abbiano gli strumenti per affrontare la cultura della complessità, il senso critico per non farsi ipnotizzare da “incantatori di serpenti” che tendono a semplificare e a proporre politiche insostenibili cavalcando il sentimento del momento e individuando alibi e colpe al posto delle soluzioni.
In tale contesto la formazione per i nostri giovani e l’idea di una Società che li includa e li accolga attraverso un progetto organico mirato alla costruzione di condizioni ideali per il loro coinvolgimento è una delle scelte fondamentali per conquistare il futuro. Questo percorso di formazione e di inclusione dei giovani ha necessità, nel mondo del lavoro, di leve fiscali che riducano e/o azzerino il cuneo fiscale per le assunzioni nei primi 3 anni. Ciò permetterebbe di pagarli meglio e azzerare nell’avvio del rapporto l’impatto fiscale da parte di enti e imprese.
La formazione dei ceti dirigenti può essere uno strumento di soft diplomacy per il nostro Paese e per contribuire alla buona riuscita del Piano Mattei che indica una strada di comprensione e cooperazione nel rapporto con gli interlocutori dei mondi nuovi con i quali entriamo in relazione. Preparare nelle nostre Università giovani che vengono dai Paesi del Mediterraneo, dall’Africa e dal Medio Oriente significa contribuire alla costruzione di un ceto responsabile che abbia forti legami con l’Italia nella prospettiva che possa diventare ponte tra l’Europa, il Mediterraneo e l’Africa sia in termini geopolitici che geoeconomici".
Esteri
Trump rivendica: “Messico fermerà migranti”. La...
Conversazione tra il tycoon e Claudia Sheinbaum su migrazione e sicurezza
Donald Trump annuncia l'accordo anti-migranti con il Messico. Che però smentisce la chiusura dei confini. "Ho avuto un ottimo colloquio con la nuova presidente del Messico, Claudia Sheinbaum Pardo, ha accettato di fermare il passaggio dei migranti attraverso il Messico e negli Stati Uniti, chiudendo in modo efficace il confine meridionale", ha scritto Donald Trump su Truth Social, sottolineando che "questo contribuirà notevolmente a fermare l’invasione illegale degli Usa".
A stretto giro arriva però la precisazione di Sheinbaum che in un post su X ha lasciato intendere che il Messico sta già facendo la sua parte e non avrebbe chiuso i suoi confini: "Nella conversazione con Trump ho illustrato la strategia che il Messico ha seguito per affrontare il fenomeno migratorio, nel rispetto dei diritti umani. Ribadiamo che la posizione del Messico non è quella di chiudere i confini ma di costruire un ponte fra i governi e i popoli", si legge.
In un precedente post, la presidente aveva definito "eccellente" il colloquio con Trump, senza fare nessun riferimento alla chiusura delle frontiere di cui ha parlato il presidente eletto. "Abbiamo discusso la strategia del Messico sul fenomeno delle migrazioni ed io ho detto che le carovane non stanno arrivando al confine settentrionale perché ce ne occupiamo in Messico", ha scritto su X, riferendosi alle carovane di migranti che risalgono dal sud e centro America diretti verso il confine degli Usa.
I due hanno parlato pochi giorni dopo che Trump aveva minacciato di imporre nuove tariffe doganali su Canada e Messico nell'ambito del suo impegno per reprimere l'immigrazione illegale e la droga. Sheinbaum, da parte sua, aveva reagito alle minacce del tycoon, dicendosi pronta a passi analoghi.
Tema droga
I due presidenti hanno anche "parlato di quello che si può fare per fermare il flusso massiccio di droga negli Stati Uniti e anche il consumo negli Usa di queste droghe, è stata una conversazione molto produttiva", ha aggiunto Trump.
Riguardo alla droga, la presidente messicana ha detto che con Trump si è discusso di rafforzare la cooperazione contro il traffico e il consumo di fentanyl.