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Tumore: cancro al seno, oncologo giurista e associazione pazienti sul ritorno al lavoro

Uno speciale di 3 articoli per il mese di ottobre dedicato alla prevenzione della neoplasia

Tumore: cancro al seno, oncologo giurista e associazione pazienti sul ritorno al lavoro

Una delle primissime domande che la paziente fa al momento della diagnosi riguarda la possibilità di tornare al lavoro. All’argomento è dedicato un approfondimento per le donne con tumore al seno metastatico, nell’area riservata ai pazienti del sito ‘novartis.it’, con 3 articoli che spiegano iniziative, terapie e diritti, grazie al contributo dell’associazione delle pazienti, dell’oncologo e del giuslavorista. Lo speciale è stato realizzato per il mese di ottobre, dedicato alla prevenzione del cancro più frequente nella popolazione femminile. “Sempre più spesso, purtroppo, il tumore al seno si presenta in età giovanile e irrompe nella vita di una donna quando è nel pieno della propria attività professionale - spiega Rosanna D’Antona, presidente Europa Donna - Siamo così andate sul territorio per ascoltare le pazienti e sentire qual era il loro vissuto rispetto al mondo del lavoro. Abbiamo riscontrato che i diritti della lavoratrice sono spesso limitativi rispetto ai reali bisogni di cure che una paziente può avere nel tempo”.

Così l’associazione ha avviato il progetto “TrasformAzione” circa tre anni fa, con l’obiettivo di supportare le pazienti nel reintegro lavorativo. “Grazie ai passi avanti della ricerca- rimarca D’Antona - sono sempre di più le donne con un tumore al seno che mantengono una buona qualità di vita e vogliono continuare a sentirsi attive professionalmente, non solo per l’autonomia finanziaria, ma anche per tornare alla vita, uscendo dalla sola dimensione di paziente”. La presidente sottolinea poi i risultati di una ricerca nazionale condotta da Europa Donna, che ha messo in evidenza 2 problematiche legate al rientro al lavoro: la prima riguarda le pazienti, che spesso dubitano delle proprie capacità di rimettersi in gioco professionalmente, mentre la seconda riguarda le aziende, che devono essere preparate a gestire le esigenze di cure e controlli continui delle pazienti con tumore metastatico.

“Purtroppo non tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro sono uniformi nel tutelare questi aspetti”, sottolinea D’Antona che racconta l’impatto di un progetto come ‘TrasformAzione’ che “aiuta le pazienti a cercare lavoro, supportandole nella stesura del curriculum vitae, nella gestione del colloquio e nell’analisi delle proprie competenze e aspirazioni. Il percorso prevede anche un colloquio con uno psicologo del lavoro e consulenze giuslavoristiche. Almeno 150 donne hanno già beneficiato di questo percorso, passando da uno stato mentale di ‘paziente’ a quello di ‘candidata’ - racconta D’Antona - perché il lavoro è un elemento complementare al percorso terapeutico”, con effetti positivi sul benessere e sulla qualità di vita delle pazienti.

A tale proposito, cure innovative, spesso somministrate oralmente a casa, permettono di cronicizzare la malattia oncologica, prolungando la sopravvivenza. “Tornare al lavoro, per le donne con tumore al seno metastatico, è possibile e notevolmente auspicato”, afferma Carmelo Bengala, direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, sottolineando, in un altro articolo nello stesso sito, l’impatto psicologico positivo che il rientro al lavoro ha sulle pazienti. La “storia naturale della malattia è cambiata” negli ultimi anni grazie alla ricerca. “Sebbene il carcinoma mammario metastatico rimanga una patologia complessa, caratterizzata da forme più o meno diffuse - illustra l’oncologo - l’innovazione diagnostica e terapeutica ha portato allo sviluppo di farmaci mirati per i vari tipi di tumore, inclusi quelli ormonosensibili e quelli che iperesprimono la proteina Her2”.

Le nuove cure “permettono un trattamento a bersaglio molecolare, riducendo la tossicità e migliorando l’efficacia, contribuendo a una maggiore durata della risposta al trattamento e a un ritorno a una vita il più possibile normale”. I trattamenti attuali, “incluso l’uso di farmaci veicolati da anticorpi monoclonali - precisa Bengala - hanno aumentato notevolmente l’efficacia riducendone la tossicità”, cambiando la storia della malattia, ma serve un cambio di mentalità da parte delle pazienti che, a volte, faticano ad accettare la possibilità di un ritorno alla vita normale.

A tutelare il rientro in un contesto produttivo per chi sta facendo un percorso oncologico c’è “un pacchetto di diritti mirato” non solo “a tutelare la loro salute”, ma anche “a garantire la partecipazione alla vita lavorativa”. Lo spiega Domenico Tambasco, avvocato giuslavorista in un articolo dettagliato dello speciale. “Il diritto più rilevante per questi pazienti” riguarda “la possibilità di richiedere la trasformazione del contratto di lavoro da full-time a part-time. Questo diritto si applica nel caso in cui la malattia sia degenerativa e venga certificata dall’azienda sanitaria territoriale. Non si tratta di una facoltà del paziente, ma di un diritto che il datore di lavoro deve riconoscere, pur avendo la possibilità di decidere l’entità della riduzione dell’orario. Un altro diritto cruciale è quello relativo ai permessi lavorativi, “previsti dalla legge 104 del 1992 - precisa l’esperto - e anche l’assegnazione della sede di lavoro più vicina al luogo di residenza con il divieto di trasferimento o di assegnazione a lavori notturni. Per i pazienti stessi, è previsto il diritto di richiedere modalità di lavoro agile (smart working). Il datore di lavoro - conclude - è obbligato a garantire le condizioni lavorative più idonee, proteggendo l’integrità psicofisica del paziente, come stabilito dall’articolo 2087 del Testo Unico sulla Sicurezza”.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

Anche gli animali si ‘sbronzano’, dalle scimmie...

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"Il consumo di etanolo potrebbe non essere così raro", dicono gli ecologi

Scimmia e uccelli (Fotogramma/Ipa)

Gli scienziati abituati a studiare creature alate, primati e mammiferi vari nel loro habitat naturale lo sanno: fra un albero e l'altro della foresta pluviale, per esempio, può capitare di vedere un uccello svolazzare a zig zag senza riuscire a tenere la rotta o una scimmia ondeggiare ebbra di felicità, e non solo, a quanto pare. Gli aneddoti di animali selvatici che si comportano da 'ubriachi' dopo aver mangiato frutta fermentata abbondano. In altre parole, anche loro si sbronzano. E 'darsi all'alcol' tra le creature non umane potrebbe non essere così raro come si pensava in precedenza, avvertono gli ecologi. Resta da capire se lo facciano deliberatamente e a che pro.

Cosa succede nel mondo animale

Nonostante i casi osservati non siano pochi, in genere si presume che il consumo non umano di etanolo sia raro e accidentale. Ma un team di esperti sfida questa ipotesi in una revisione pubblicata sulla rivista 'Trends in Ecology & Evolution'. Gli autori sostengono che, poiché l'etanolo è naturalmente presente in quasi tutti gli ecosistemi, è probabile che sia consumato regolarmente dalla maggior parte degli animali che mangiano frutta e nettare. "Ci stiamo allontanando dalla visione antropocentrica secondo cui l'etanolo è qualcosa che solo gli esseri umani usano", afferma l'ecologa comportamentale e autrice senior dell'analisi, Kimberley Hockings dell'Università di Exeter. "E' molto più abbondante nel mondo naturale di quanto pensassimo, e la maggior parte degli animali che mangiano frutta zuccherata saranno esposti a un certo livello di etanolo".

L'etanolo, o alcol etilico, è diventato abbondante per la prima volta circa 100 milioni di anni fa, quando le piante da fiore hanno iniziato a produrre nettare zuccherino e frutti che il lievito poteva fermentare. Oggi in ambienti tropicali a bassa latitudine e umidi le concentrazioni sono più elevate rispetto alle regioni temperate e la produzione avviene tutto l'anno. Il più delle volte, i frutti fermentati naturalmente raggiungono solo l'1-2% di alcol in volume, ma - fanno notare gli autori - a Panama, America Centrale, sono state trovate concentrazioni alte, del 10,2%, nella frutta di palma troppo matura. A far riflettere è anche il Dna: gli animali, spiegano gli esperti, ospitavano già geni che potevano degradare l'etanolo prima che i lieviti iniziassero a produrlo, ma ci sono prove che l'evoluzione abbia perfezionato questa capacità nei mammiferi e negli uccelli che consumano frutta e nettare. In particolare, i primati e le tupaie, piccoli mammiferi simili a scoiattoli, si sono adattati per metabolizzare in modo efficiente l'etanolo.

Gli scienziati hanno provato ad analizzare l''utilità' di assumere alcol per gli animali. "Da un punto di vista ecologico, non è vantaggioso essere ubriachi mentre ci si arrampica sugli alberi o si è circondati da predatori di notte", ragiona l'ecologo molecolare e autore senior Matthew Carrigan del College of Central Florida. E quindi cosa potrebbe muoverli verso il consumo di etanolo? "E' l'opposto degli esseri umani, che vogliono intossicarsi, ma non vogliono davvero le calorie" che derivano dall'alcol. "Dal punto di vista non umano, gli animali vogliono le calorie, ma non l'ebbrezza".

Non è chiaro se consumino intenzionalmente l'etanolo in quanto tale, e sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere il suo impatto sulla fisiologia e l'evoluzione degli animali. Tuttavia, i ricercatori fanno notare che il consumo di etanolo potrebbe portare diversi benefici per gli animali selvatici. Prima di tutto, è una fonte di calorie e i composti odorosi prodotti durante la fermentazione potrebbero guidare gli animali alle fonti di cibo, anche se gli esperti dicono che è improbabile che possano rilevare l'etanolo stesso. E in più l'alcol potrebbe anche avere benefici medicinali: i moscerini della frutta ad esempio depongono intenzionalmente le uova in sostanze contenenti etanolo, che proteggono le loro uova dai parassiti, e le loro larve aumentano l'assunzione di etanolo quando vengono parassitate dalle vespe.

"Dal punto di vista cognitivo, sono state avanzate idee secondo cui l'etanolo, che può innescare il sistema di endorfine e dopamina, porta a sensazioni di rilassamento che potrebbero avere benefici in termini di socialità", osserva l'ecologa comportamentale e prima autrice Anna Bowland dell'Università di Exeter. Una sorta di 'effetto happy hour', cercato volutamente anche dagli animali con uno scopo preciso? "Per testarlo, avremmo davvero bisogno di sapere se l'etanolo sta producendo una risposta fisiologica in natura", conclude Bowland. Ci sono ancora molte domande senza risposta sull'importanza del consumo di alcol per gli animali selvatici. In una ricerca futura, il team prevede di indagare le implicazioni comportamentali e sociali di questo consumo nei primati ed esaminare più a fondo gli enzimi coinvolti nel metabolismo dell'alcol.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Salute e Benessere

Halloween, allarme trucchi e cosmetici fuorilegge:...

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Dall'Associazione italiana di ecodermatologia Skineco la guida per acquisti sicuri per la festa dei travestimenti

Bambini mascherati per la festa di Halloween (Foto )

Dalle dermatiti alle reazioni allergiche gravi: prodotti cosmetici e trucchi 'fuorilegge', non certificati, nascondono insidie e pericoli che non vanno trascurati. In occasione della notte di Halloween milioni di italiani, bambini compresi, sono infatti alle prese con i travestimenti e prodotti di make-up low cost invadono il mercato. Tra questi anche alcuni di dubbia provenienza, che non rispettano le normative comunitarie. Lo denuncia l'Associazione italiana di ecodermatologia Skineco, che lancia l'allarme sui possibili effetti per la salute, specie quella dei bambini. E propone una guida pratica per gli acquisti.

Trucchi pericolosi, i rischi

"La nostra normativa è molto severa, ma nel periodo di Halloween arrivano sul mercato prodotti che non rispettano le rigide disposizioni nazionali ed europee. Si tratta di prodotti a basso costo, spesso di provenienza cinese e asiatica, che possono contenere sostanze potenzialmente pericolose per la salute e in grado di generare reazioni", spiega Pucci Romano, presidente Skineco, medico e docente di tecniche dermatologiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore. "La presenza di sostanze non autorizzate in ombretti, matite, rossetti" e altri cosmetici "può provocare reazioni locali immediate come dermatite allergica da contatto, orticaria, fotosensibilizzazione, dermatite irritativa, fototossicità, alterazioni della pigmentazione. Ci sono poi effetti sistemici legati all'assorbimento percutaneo del cosmetico, all'inalazione o assunzione orale, come vomito, nausea, mal di testa, dispnea, vertigini".

"Più a rischio sono proprio i bambini", avverte la dermatologa. "La loro pelle è molto più delicata di quella degli adulti, l'epidermide è infatti più sottile, il Ph lievemente superiore, il film idrolipidico ancora poco sviluppato e il contenuto di melanina ridotto. Diverse ricerche scientifiche hanno già messo in guardia i genitori circa i rischi delle sostanze chimiche e velenose, come ad esempio piombo, amianto, ftalati e formaldeide, che si possono trovare all'interno di prodotti dedicati alla cosmesi di dubbia provenienza. Ad esempio il glitter può causare danni alla cornea dei bambini, mentre l'uso del rossetto può sviluppare una dermatite periorale".

Sette 'regole d'oro' per acquisti sicuri

La Skineco ha realizzato una guida pratica con una serie di consigli per fare acquisti sicuri di trucchi in occasione di Halloween. Ecco le 'regole d'oro':

1) Diffidate da prezzi troppo bassi. Un cosmetico eccessivamente economico è con ogni probabilità realizzato con materiale scadente che mette in pericolo la vostra salute;

2) Non fatevi ingannare dalla confezione. Il marketing, specie nel settore della cosmetica, è in grado di indirizzare gli acquisti dei consumatori, ma ricordatevi che la qualità del prodotto e molto più importante della confezione che lo contiene;

3) Ogni prodotto cosmetico deve indicare chiaramente l'elenco degli ingredienti che lo compongono (detto Inci). Se manca tale indicazione, evitate l'acquisto;

4) Gli ingredienti devono essere elencati in etichetta in ordine decrescente per quantità, dal più presente al meno presente. Valutate bene le prime 5 voci dell'elenco per capire bene di quali sostanze è composto ciò che state acquistando;

5) Comprare solo nei negozi autorizzati e presso rivenditori affidabili;

6) I brand noti del settore della cosmetica offrono maggiori garanzie, ma anche marche meno conosciute possono rivelarsi ottimi prodotti. E' bene però verificare sempre l'affidabilità del produttore, facendo una ricerca sul web e verificando le recensioni di altri clienti;

7) Meglio usare cosmetici ecodermocompatibili, ossia prodotti sicuri, ipoallergenici, dermatologicamente testati, sostenibili e rispettosi non solo del corpo, ma anche dell'ambiente.

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Salute e Benessere

Da Totti a Balotelli, medico-fisiatra ‘per over 40...

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AFP PHOTO / MARCO BERTORELLO - AFP

La Seria A è pronta al ritorno di Mario Balotelli (34 anni), forse già domani alle 18.30 in Genoa-Fiorentina, e aspetta le nuove mosse dell'ex capitano della Roma Francesco Totti, 48 anni, che in diverse occasioni ha parlato di un suo possibile ritorno in campo. Due campioni che potrebbero arricchire la qualità tecnica del campionato ma che, con una carta d'indentità molto diversa, sono lontani dalla massima serie da parecchio tempo. Due condizioni completamente diverse e non paragonabili, ma che fanno sognare gli appassionati di calcio. "Non possiamo confrontare un atleta di 34 anni con uno di 48. Infatti, anche dopo un periodo di allenamento intenso e di riatletizzazione, parliamo di condizioni fisico-atletiche completamente differenti già a partire dall'età. Basti pensare all'artrosi da overuse degli arti inferiori tipica dei calciatori, o ancora all'incredibile aumento di incidenza delle lesioni muscolari, in particolare a livello della regione posteriore di gamba, nei calciatori over 40". Lo spiega all'Adnkronos Salute il medico-fisiatra Andrea Bernetti, nuovo segretario generale della Simfer, Società italiana di medicina fisica e riabilitativa.

"In sostanza, un calciatore di 34 anni, sebbene non più giovanissimo, può sperare, dopo un periodo intenso di attività fisica ed approccio globale alla sua persona, che includa anche una grande attenzione agli stili di vita, all'alimentazione e all'approccio psicologico, di tornare a competere a discreto livello - chiarisce Bernetti - Un atleta di 48 anni, invece, presenta delle condizioni strutturali e fisiologiche che realisticamente non permettono il ritorno all'attività fisica professionistica del calcio di Serie A ad alto livello, se si intende con questo il competere costantemente tutte le settimane per spezzoni importanti di gioco. Naturalmente il ruolo di un atleta di questo tipo può comunque avere un valore, sia in termini di esempio alle giovani leve e di modello di crescita, sia in caso di condizioni di gioco in cui sia necessaria un'elevata esperienza e tecnica, ma per pochi minuti di partita. Penso ad esempio ai calci piazzati a fine partita o ancora ai calci di rigore".

"Comunque vada, rivolto ad entrambi un grande in bocca al lupo e spero che il loro sia un modello virtuoso soprattutto per i bambini che si avvicinano al mondo del calcio, in termini di immagine, passione e forza di volontà", conclude.

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