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Regionali, da Rauti a Berlusconi (passando per D’Alema): quando le urne locali sono fatali

Il Cavaliere e il lider Maximo ci rimisero il governo, il leader Msi la segreteria. I record del Pci

In foto Pino Rauti, Massimo D'Alema, Silvio Berlusconi (Fotogramma/Ipa)

Cristo si è fermato a Eboli. Berlusconi (con tutto il rispetto) a Catanzaro. E D'Alema a Campobasso. Nei giorni in cui il voto in Liguria mette a dura prova il 'campo largo' e Umbria e Emilia Romagna appaiono più importanti degli 'swing State' per le presidenziali Usa, è facile tenere il conto di quante volte le urne locali si sono rivelate fatali per gli equilibri nazionali. Con memorabili effetti negativi. Qualche volta, però, anche inaspettati e positivi.

Il precedente più celebre è certamente quello del 2000, quando il battito di ali delle regionali di aprile provocò lo tsunami della caduta di un governo. Dopo l'8 a 7 incassato dal centrodestra, il premier Massimo D'Alema annunciò infatti le sue dimissioni "per un atto di sensibilità politica e non certo per dovere istituzionale", come disse lo stesso lider Maximo parlando di una "sconfitta personale". Il centrosinistra perse regioni come Liguria, Lazio, Abruzzo e Calabria. Simbolico il caso Molise, dove il Tar annullò la vittoria dell'ulivista Giovanni Di Stasi. Alle nuove elezioni vinse il candidato di Forza Italia Michele Iorio.

Ma non è questo l'unico caso in cui i territori hanno disfatto ciò che era stato costruito a Roma. Lo scoprì a sue spese Silvio Berlusconi, con effetti meno traumatici di quelli subiti da D'Alema. Perché anche un governo Berlusconi è caduto dopo un voto regionale, solo che a succedergli è stato... un altro governo Berlusconi. Era il 2005, si votava in 14 Regioni. All'alba della stagione dell'Unione il centrosinistra si affermò nettamente con un 12 a 2, un record. La coalizione di governo riuscì a tenere solo nelle roccaforti del Veneto e della Lombardia, cedendo diverse regioni come la Calabria. Il Cavaliere, attingendo da quel bagaglio da politico smaliziato che sempre aveva disprezzato, tirò fuori le dimissioni 'tecniche', liquidando il Berlusconi II per battezzare il Berlusconi III e ricomporre così la crisi politica della coalizione.

E il Pd? Il Pd ha pagato un caro prezzo alle elezioni regionali, il più caro forse. Perché, siamo nel 2009, Renato Soru, uscente, perse la sfida elettorale in Sardegna a favore di Ugo Cappellacci. La reazione di Veltroni spiazzò tutti: "Basta farsi del male, mi dimetto per salvare il progetto al quale ho sempre creduto". Dopo solo un anno e mezzo alla guida del neonato Pd, il segretario gettò la spugna puntando il dito contro il correntismo.

Ma il voto locale non ha 'solo' stoppato o deviato il corso di progetti nazionali. Anzi. Basta bussare alla porta di Gianfranco Fini e chiedergli dell'Euromercato di Casalecchio di Reno. Era il novembre del '93, alla vigilia della storica tornata elettorale in cui per la prima volta si sarebbero scelti direttamente i sindaci. Silvio Berlusconi, allora imprenditore a tempo pieno, stava inaugurando un suo centro commerciale alle porte di Bologna quando gli chiesero cosa avrebbe votato se fosse stato a Roma. Il resto è storia. Il Cavaliere indicò Fini, l'allora leader del Msi perse le comunali ma all'Euromercato nacque il bipolarismo, il centrodestra come lo conosciamo oggi e la parabola politica di Fini leader. Per non parlare della discesa in campo di Berlusconi.

Eppure, per restare a destra, anche da queste parti il voto locale è stato pugno prima ancora che carezza. Nel 1991, alle elezioni amministrative e regionali in Sicilia l'Msi dimezzò i voti. Pino Rauti convocò a stretto giro un Comitato centrale dove entrò segretario e uscì dimissionario. Al suo posto venne eletto proprio Fini. "C'era la necessità di un dibattito approfondito sulla linea politica", raccontò lo stesso ex presidente della Camera a Radio Radicale.

A sinistra, invece, basta pronunciare le parole "prove generali" per riportare la memoria alle elezioni amministrative e regionali del giugno del '75. Il Pci arrivò al 33,46%, ad una incollatura dalla Dc (35,27%). Su circa 30 milioni di elettori oltre 11 milioni votarono Pci. Il famoso "un elettore su tre vota comunista" pronunciato da Berlinguer dal balcone di Botteghe Oscure.

A diventare sindaci furono amministratori poi rimasti celebri come Luigi Petroselli a Roma, Renato Zangheri a Bologna e Diego Novelli a Torino. Il Pci si trovò al comando in cinque regioni e nelle prime cinque città italiane. La Dc accusò il colpo e la legislatura si concluse anticipatamente un anno dopo, con il voto del giugno '76. Nonostante le "prove generali" di un anno prima, però, il sorpasso sulla Dc non arrivò. Ma il Pci sfondò il tetto dei 12 milioni di voti e raggiunse il massimo storico del 34,3%. Da lì (e dalle regionali del '75) la nascita dell'Andreotti III sulla formula inedita della "non sfiducia" del Pci e la stagione del compromesso storico. Ma questa è un'altra storia. (di Giuseppe Greco)

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

Ecco dove risiede la memoria episodica, passo avanti contro...

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I risultati di uno studio del Cnr e della Scuola normale superiore di Pisa in collaborazione con l'università di Amsterdam

Un'immagine relativa al cervello umano (Foto )

Un altro passo avanti contro l'Alzheimer da una ricerca che indaga l'importante ruolo della corteccia entorinale laterale del cervello nella memoria episodica. "Abbiamo dimostrato", attraverso un modello sperimentale, che "la formazione dei ricordi è associata all'aumento del numero di neuroni attivi" in quest'area. Inoltre, "abbiamo potuto verificare che gli stessi neuroni si riattivano durante il recupero del ricordo dell'esperienza specifica, mentre il loro silenziamento inibisce la capacità di richiamare il ricordo stesso", spiegano Francesca Tozzi e Stefano Guglielmo del laboratorio di biologia Bio@sns della Scuola normale superiore di Pisa, evidenziando i risultati della ricerca coordinata dall'Istituto di neuroscienze del Cnr (Cnr-In) della città toscana e in collaborazione con la Vrije Universiteit di Amsterdam.

La ricerca

La ricerca è stata recentemente pubblicata sulla rivista 'Cell Reports', e indaga il ruolo della corteccia entorinale laterale nella memoria episodica, dimostrando che l'inibizione dei neuroni presenti in questa area del cervello ne compromette le prestazioni, mentre la loro stimolazione facilita significativamente il richiamo di questa tipologia di memoria, che consente di ricordare le esperienze vissute. Comprendere questi meccanismi neurobiologici potrà fornire - spiegano i ricercatori - nuove prospettive nella lotta contro le patologie che coinvolgono il deterioramento cognitivo, come l'Alzheimer.

La memoria episodica

La memoria episodica rappresenta una funzione fondamentale del cervello, dal momento che consente di creare e richiamare ricordi complessi che integrano informazioni su cosa è accaduto, quando e dove. "Questi risultati indicano che la corteccia entorinale laterale gioca un ruolo cruciale nel circuito cerebrale responsabile della memoria della nostra vita, della formazione e nel recupero dei ricordi, o engrammi, legati alle esperienze personali", evidenzia Nicola Origlia del Cnr-In, coordinatore del gruppo di ricerca.

"Il deterioramento della memoria episodica è uno dei primi segnali di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer ed è spesso accompagnato da alterazioni nella funzionalità di questa area cerebrale. Conoscere i processi neurobiologici che sono alla base della formazione e del recupero dei ricordi potrà fornire nuovi elementi utili per contrastare lo sviluppo di queste malattie, impattando positivamente sulla nostra salute", conclude Origlia.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Politica

Centrosinistra, lo schiaffo ligure spinge per coalizione...

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Bonaccini: "Siamo a uno snodo, serve un centrosinistra nuovo, senza veti né personalismi". E i dem si chiedono se M5S terrà su alleanza

Schlein e Conte - Fotogramma

Elly Schlein è già pronta a rimettersi in campagna elettorale: domenica sarà in Umbria con Stefano Bonaccini per spingere la candidata Stefania Proietti nella sfida, che si profila all'ultimo voto, per strappare la regione al centrodestra. La segretaria tornerà a battere sui temi che caratterizzano l'opposizione dem. A partire dalla difesa della sanità pubblica dai tagli del governo Meloni. Tagli, sostiene il Pd, che costringono chi ha i soldi per farlo, verso il privato. E la notizia oggi sul sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, offre a Schlein su un piatto d'argento la controprova: "Lo abbiamo sempre detto. La destra non sta smantellando la sanità pubblica per sciatteria, ma per un preciso disegno". Nel mirino lo spot di una clinica privata, di cui Gemmato è socio, come soluzione alle liste d'attesa del pubblico. Un "palese conflitto d'interessi" per Schlein che chiede le dimissioni Gemmato e chiarimenti a Meloni sulla sua nomina.

Se la campagna per le regionali di novembre è in primo piano, lo schiaffo ligure però brucia ancora e la 'lezione' su quanto accaduto porta ad accelerare riflessioni, e non solo, sulla necessità di una coalizione più solida e stabile. Non sono passate inosservate le ultime dal Movimento 5 Stelle con l'appello di Marco Travaglio a Giuseppe Conte perché molli ogni alleanza organica con il Pd. Un campanello d'allarme che non viene ignorato e ragione in più che spinge i dem a riflettere sull'alternativa, da costruire, alla destra.

Il richiamo di Bonaccini

Stefano Bonaccini lo dice così: "In Emilia-Romagna e Umbria tutte le forze di opposizione alla destra si presentano unite a sostegno di Michele de Pascale e Stefania Proietti. Ma non c’è dubbio che siamo a uno snodo: se vogliamo costruire un’alternativa credibile e competitiva alla destra sul piano nazionale, a partire dalle 6 Regioni che andranno al voto l’anno prossimo, bisogna costruire un centrosinistra nuovo, che vada oltre gli accordi occasionali e sappia parlare alla maggioranza degli elettori".

Bonaccini disegna così il 'nuovo centrosinistra' di cui parla: "Io credo che il Pd debba fare fino in fondo il Pd, cioè la forza centrale di una alleanza larga e competitiva di centrosinistra. Così come è indispensabile e preziosa un'alleanza con le forze che stanno alla nostra sinistra, è altrettanto indispensabile avere un'alleanza con forze moderate e liberali, laiche o cattoliche che siano". La gamba 'centrista' che anche ieri animava i capanelli in Transatlantico. In modo trasversale. Non solo tra i riformisti dem, ma anche nella sinistra Pd. Goffredo Bettini, per dire, ne parla da tempo.

Sala l'aggregatore

Chi potrebbe essere l'aggregatore di un nuovo soggetto del genere? Tutti gli indizi portano a Beppe Sala, sebbene ieri alla Camera non ne fossero tutti convinti. Chi allora? Magari Paolo Gentiloni? Chi ci parla, lo esclude. Intanto, il sindaco di Milano si muove. Ha fatto sapere di aver parlato con Schlein e di aver posto alcune condizioni per un suo eventuale impegno a "costruire il centro", a partire dalla constatazione dell'impossibilità di tenere insieme Renzi e Calenda.

Oggi Gianni Cuperlo in un pezzo sull'ultimo film su Enrico Berlinguer ha richiamato alcune riflessioni del segretario Pci sull'esigenza di evitare il saldarsi del centro con la destra: "Anche oggi, come mezzo secolo fa, l’alternativa a questa destra passa dall’urgenza di evitare il saldarsi di un blocco moderato, liberale e di centro con l’anima più trumpiana che alberga tra gli eredi del fascismo e gli epigoni leghisti di legge, ordine e galera per chi protesta". Aggiunge Cuperlo: "Quel mondo moderato, laico e cattolico, se davvero esiste trovi forme, modi, linguaggio e profili per aggregarsi attorno a un progetto alternativo alle pulsioni autoritarie in capo al pessimo governo che c’è. Il tempo" per farlo "non è infinito, ma c’è. Sciuparlo in rimbrotti e recriminazioni sarebbe un peccato quasi imperdonabile".

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Salute e Benessere

Scoppia il caso Gemmato: Fratelli d’Italia fa...

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Il sottosegretario nel mirino della minoranza per la convenzione dell'Asl Bari con Therapia Srl, il centro medico di cui l'esponente di Fdi possiede il 10%

Marcello Gemmato - Fotogramma

Fratelli d'Italia fa quadrato attorno al sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, finito nel mirino delle opposizioni per il caso della Therapia Srl, centro medico in provincia di Bari di cui l'esponente di Fdi possiede il 10% e che sul sito propone di affidarsi ai suoi servizi "senza dover attendere i lunghi tempi del Servizio sanitario pubblico". La società in questione, che gestisce tre poliambulatori medici e diagnostici, tra l'altro ha stipulato con l'Asl di Bari una convenzione della durata di tre anni "per la concessione di delega alla produzione ed utilizzo di emocomponenti per uso topico di origine autologa". Tale atto, come si legge in un documento scaricabile dal sito dell'Asl, è stato recepito con una deliberazione del direttore generale dell'Azienda sanitaria locale Luigi Fruscio adottata il 24 luglio 2024.

Interpellato dall'Adnkronos, Gemmato rimanda al contenuto del suo post su Facebook dove rispedisce al mittente le accuse di conflitto di interessi.

"Una sinistra bugiarda e rancorosa che non sa più a cosa appigliarsi", attacca il sottosegretario di Fratelli d'Italia, secondo il quale "le polemiche stanno a zero". "Ho il 10% di una società senza averne alcuna responsabilità di gestione (figuriamoci poi dei contenuti del sito internet)", prosegue il parlamentare pugliese, che puntualizza: "Non esiste alcun conflitto di interessi come certifica il Garante della concorrenza; con il governo Meloni e il ministro Schillaci ci stiamo occupando del problema delle liste di attesa creato dalla mala gestione di decenni di sinistra al governo", conclude Gemmato allegando la lettera con il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del marcato.

Opposizioni all'attacco: "Si dimetta"

Le opposizioni però invocano un passo indietro del sottosegretario. Per la segretaria del Pd Elly Schlein, Gemmato "non può rimanere al suo posto" alla luce di un "palese conflitto di interessi": la leader dem chiede alla premier Giorgia Meloni di chiarire sulla nomina del sottosegretario. Sulla stessa lunghezza d'onda anche Avs e Movimento 5 Stelle, con Giuseppe Conte che tuona contro il "conflitto d'interessi" di Gemmato, il quale a suo giudizio starebbe "facendo pubblicità, da socio proprietario di una clinica privata" per dire "che da lui le file non ci sono, a differenza della sanità pubblica".

FdI fa quadrato

Il partito di Gemmato però si schiera compatto con il sottosegretario. Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fdi, parla di sinistra "oltre il ridicolo": "Invece di chiedersi perché non vengono scelti dagli italiani ed elaborare una proposta credibile, pensano di risolvere tutto attaccando e delegittimando personalmente qualcuno di centrodestra", scrive in una nota il deputato. Per il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti "la sinistra sceglie un nuovo bersaglio su cui scagliare le proprie frustrazioni e incapacità nella gestione della sanità pubblica". Nei confronti di Gemmato arriva solidarietà anche da parte del presidente dei senatori meloniani Lucio Malan, il quale ricorda come il governo Meloni abbia "stanziato fondi senza precedenti per la sanità, anche per risolvere la grana delle liste d'attesa dovuta a troppi anni di inefficienze e tagli della stessa sinistra che oggi vorrebbe fare la morale".

'Convenzione' con l'Asl di Bari, cosa dice Therapia Srl

Interpellate sulla delibera del direttore generale dell'Asl di Bari, fonti di Therapia Srl precisano che "il termine convenzione si riferisce al protocollo attraverso il quale la Asl, ai sensi del D.M. 2 novembre 2015 recante 'Disposizioni relative ai requisiti di qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti', art. 20 comma 7, disciplina la modalità con cui questo servizio può essere espletato e autorizza la struttura sanitaria in oggetto alla produzione ed utilizzo di emocomponenti per uso topico di origine autologa".

"Trattandosi di prestazioni particolarmente delicate (prelievo di sangue e trasfusioni)", proseguono le stesse fonti, "le Asl hanno attuato un'attività di vigilanza severa su tutte le strutture sanitarie che effettuano tali servizi. Therapia quindi - si sottolinea - non riceve alcun compenso dalla Asl, non essendo un'azienda accreditata, ma al contrario riconosce ai servizi trasfusionali le tariffe previste dalla vigente normativa".

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