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Ue, da lunedì commissari sulla graticola: la parola al Parlamento

Settimana memorabile per l'Ue: dall'Eurogruppo al summit di Budapest passando per le elezioni Usa e le audizioni dei 26 candidati commissari per il von der Leyen bis

Ursula von der Leyen al Parlamento Ue - Afp

La prossima sarà una settimana memorabile per l'Ue. Oltre all’Eurogruppo/Ecofin, lunedì e martedì, si terranno la riunione della Comunità Politica Europea (Epc) e del Consiglio Europeo informale a Budapest, giovedì e venerdì. A metà settimana ci saranno anche le elezioni presidenziali americane, l’evento più importante della settimana, che anche a Bruxelles verrà vissuto con il fiato sospeso. E' talmente rilevante, per l'Ue, che la sera di giovedì i leader terranno una cena dedicata proprio al risultato del voto Usa, dopo la riunione della Epc e prima del summit informale sulla competitività, dove è atteso anche Mario Draghi. Come se non bastasse, da lunedì fino a giovedì 7 e poi ancora martedì 12 novembre, si terranno le audizioni parlamentari dei 26 candidati commissari per la von der Leyen bis.

E’ un passaggio politico importante, perché il Parlamento, l’unica istituzione Ue eletta direttamente dal popolo, tende tradizionalmente a sfruttarlo per affermare la sua autorità nei confronti delle altre istituzioni. Si ricorda bene, a Bruxelles, il trattamento che gli eurodeputati riservarono nel 2019 a Sylvie Goulard, candidata macroniana che venne silurata dopo due audizioni non perché fosse poco qualificata, ma sostanzialmente per vendetta nei confronti del presidente francese, che con la complicità di Angela Merkel aveva infilzato uno dopo l’altro gli Spitzenkandidaten, a partire dal bavarese Manfred Weber, oggi dominus del Ppe.

Il processo per mettere sulla graticola i commissari prevede una prima audizione della durata di tre ore. I commissari designati pronunciano una dichiarazione introduttiva della durata di 15 minuti, cui seguono le domande dei deputati. I commissari designati hanno a disposizione un tempo di risposta doppio rispetto a quello previsto per la domanda. Prima della fine dell’audizione, i commissari designati possono pronunciare una breve dichiarazione conclusiva. In funzione del portafoglio assegnato, i commissari designati vengono valutati da una sola commissione o da più commissioni insieme. All'audizione possono essere invitate anche altre commissioni, che possono intervenire con domande. Tuttavia, la valutazione definitiva dei candidati spetta solamente ai coordinatori dei gruppi politici della commissione o delle commissioni competenti.

Palla nelle mani dei coordinatori gruppi nelle commissioni

Subito dopo l’audizione, il presidente e i rappresentanti dei gruppi delle varie commissioni si riuniscono, per valutare se i commissari designati sono qualificati sia per far parte del collegio che per svolgere i compiti che vengono loro assegnati. Una volta completata la valutazione, entro 24 ore i coordinatori inviano una lettera di raccomandazione riservata, che viene presa in esame dalla Conferenza dei presidenti di commissione e poi trasmessa alla Conferenza dei presidenti dei gruppi (CoP nel gergo comunitario).

Il pallino è saldamente nelle mani dei coordinatori dei gruppi. Sono loro che possono approvare o respingere i commissari designati, per consenso. Se i pareri sono discordanti, è necessario il sostegno di coordinatori di gruppi politici che rappresentino almeno i due terzi dei membri della commissione. Se i coordinatori non raggiungono la maggioranza di due terzi per approvare (o respingere) i candidati, hanno la possibilità di chiedere ulteriori informazioni ai candidati, con altre domande scritte. Possono anche riprendere l'audizione di conferma per chiarire le questioni in sospeso, per un'ora e mezza, previo ok della Conferenza dei Presidenti.

In seguito, i coordinatori possono nuovamente approvare o respingere i commissari designati, a maggioranza di almeno due terzi. Se neppure a questo punto riescono a raggiungere questa maggioranza, allora il presidente della commissione competente convoca una riunione di commissione, a porte chiuse, durante la quale si procede a una votazione a scrutinio segreto, a maggioranza semplice, per raccomandare l'approvazione o meno dei candidati. Una volta terminate tutte le audizioni, la Conferenza dei presidenti di commissione ne valuta l'esito e trasmette le sue conclusioni alla CoP. Quest'ultima procede alla valutazione definitiva e dichiarerà chiuse le audizioni il 21 novembre. Una volta che la CoP avrà dichiarato chiusa la procedura, le lettere di valutazione saranno rese pubbliche.

Audizioni, si parte con Sefcovic

Dopo la fine delle audizioni, la presidente eletta della Commissione, Ursula von der Leyen, presenterà l'intero collegio dei commissari e il suo programma in Aula. Seguirà poi una discussione con i deputati. Qualsiasi gruppo politico o almeno un ventesimo dei deputati (una soglia bassa) può presentare una proposta di risoluzione. La composizione della Commissione nel suo insieme deve essere approvata dal Parlamento, a maggioranza dei voti espressi e per appello nominale (voto palese). La votazione è prevista per la plenaria del 25-28 novembre a Strasburgo. Una volta approvata dal Parlamento, la Commissione è nominata formalmente dal Consiglio Europeo, che delibera a maggioranza qualificata.

Le audizioni si terranno dal 4 al 7 novembre per i commissari e il 12 novembre per i vicepresidenti. Si inizia lunedì 4, nel pomeriggio (14.30-17.30), con lo slovacco Maros Sefcovic (Sicurezza economica) nelle commissioni Inta e Afco, e con il maltese Glenn Micallef nella Cult, seguiti nella fascia serale (18.30-21.30) dal lussemburghese Christophe Hansen (Agricoltura) nella Agri e dal greco Apostolos Tzitzikostas (Trasporti e turismo) nella Tran. Martedì, la mattina (9-12) l’irlandese Michael McGrath (Giustizia) sarà sentito dalle commissioni Libe, Imco e Juri in seduta congiunta; la bulgara Ekaterina Zaharieva (Ricerca e innovazione) dalla Itre. Nel pomeriggio, il danese Dan Joergensen (Energia e politiche abitative) sarà ascoltato in Itre ed Empl, la croata Dubravka Suica (Mediterraneo) dalla Afet. La sera sarà il turno della svedese Jessika Roswall (Ambiente) nella Envi e dell’austriaco Magnus Brunner (Affari Interni e Migrazioni) nella Libe.

Mercoledì 6, la mattina la belga Hadja Lahbib (Gestione crisi e Uguaglianza) sarà audita dalle commissioni Deve, Femm, Libe ed Envi, la portoghese Maria Luis Albuquerque (Servizi Finanziari) nella Econ. Nel pomeriggio, il cipriota Kostas Kadis (Pesca) sarà nella Pech, mentre il ceco Jozef Sikela (Partenariati internazionali) sarà sentito dalla Deve. La sera, sarà il turno del lituano Andrius Kubilius (Difesa e Spazio) in Afet e Itre e dell’ungherese Oliver Varhelyi (Salute) in Envi e Agri. Giovedì 7, la mattina l’olandese Wopke Hoekstra (Clima) sarà sentito nelle commissioni Envi, Itre ed Econ, mentre la slovena Marta Kos (Allargamento) verrà audita nella Afet. Nel pomeriggio, il polacco Piotr Serafin (Bilancio) sarà in Budg e Cont, mentre il lettone Valdis Dombrovskis (Economia e Semplificazione) sarà sentito in Econ e Juri.

Calendario favorevole per Fitto

Martedì 12 novembre sarà infine il turno dei vicepresidenti esecutivi. La mattina Raffaele Fitto (Coesione e Riforme) sarà audito nella commissione Regi, mentre l’estone Kaja Kallas (Alta Rappresentante) sarà nella Afet. Nel pomeriggio la rumena Roxana Minzatu (Lavoro) sarà in Empl e Cult, mentre il francese Stéphane Séjourné sarà ‘grigliato’ da Itre, Imco, Envi ed Econ insieme. La sera sarà il turno della spagnola Teresa Ribera (Transizione pulita, Concorrenza) in Envi, Econ ed Itre e della finlandese Henna Virkkunen (Sovranità tecnologica) in Itre e Imco. L’ordine delle audizioni dei vicepresidenti è stato oggetto di uno scontro politico, risolto dal Ppe alleandosi con i tre gruppi della destra, contro Socialisti e Verdi, che avrebbero preferito un ordine diverso.

I Verdi, e non solo loro, vorrebbero mettere in difficoltà Fitto, unico candidato dell’Ecr, costringendolo perlomeno ad una seconda audizione. Il fatto però che Fitto venga audito per primo e la spagnola Teresa Ribera per ultima, nella giornata del 12, mette i Socialisti in una posizione difficile. Infatti, se dovessero fare la guerra a Fitto, allora scatterebbe la rappresaglia, la sera stessa, su Ribera. La socialista spagnola ha ottenuto deleghe pesantissime e per il governo di Pedro Sanchez si tratta di un indubbio successo. Nicola Zingaretti, capodelegazione del Pd a Strasburgo, ha già chiaramente fatto capire che per gli eurodeputati Dem conta anche l’interesse nazionale, non solo quello di partito. Quindi Fitto, anche se è di Fratelli d’Italia, è pur sempre il commissario italiano.

Se il coordinatore socialista in Regi, che è uno spagnolo, darà via libera a Fitto, la promozione alla prima audizione per il commissario sarà assicurata, poiché, assumendo che tutti i gruppi alla destra del Ppe si schierino a favore del commissario conservatore, Popolari, Socialisti più i tre gruppi della destra contano 29 membri della Regi, più di 28, i due terzi dei 41 eurodeputati che la compongono. I Socialisti italiani e spagnoli, hanno interessi convergenti, per ragioni diverse, alla promozione di Fitto. I primi, perché hanno ben presente l’importanza dell’interesse nazionale (se non tutti, molti). I secondi, per evitare che un tiro mancino all’italiano possa provocare una rappresaglia su Ribera. Se andrà così, è da vedere, perché le audizioni possono sempre prendere pieghe inaspettate, ma le condizioni politiche perché Fitto possa essere promosso alla prima audizione ci sono tutte.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Ucraina-Russia, Kim con Putin e si muove Seul: aiuti a Kiev?

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L'entrata in scena della Corea del Nord scuote la Corea del Sud: arrivano armi all'Ucraina?

Kim Jong un e Vladimir Putin - Afp

La presenza dei soldati della Corea del Nord in Russia, con la prospettiva di partecipare alla guerra contro l'Ucraina, pare destinata a scatenare una reazione a catena. Se il presidente ucraino lamenta la reazione letargica di molti alleati alla mossa di Kim Jong-un, ormai in campo al fianco di Vladimir Putin, c'è un paese che si è attivato in maniera decisa.

La Corea del Sud, nelle ultime settimane, è entrata nell''agone diplomatico' con decisione. Per Seul, ovviamente, l'attivismo di Kim e le operazioni della Corea del Nord - che ha appena lanciato un missile balistico - hanno un peso specifico particolare. Pyongyang ha rafforzato l'asse con Mosca per uscire dall'isolamento e prova a sfruttare l'apparente immobilismo della Cina, che nonostante il pressing degli Stati Uniti al momento si limita ad assistere.

La svolta di Seul

In questo quadro, la Corea del Sud valuta una svolta epocale. Seul negli ultimi anni ha scalato la classifica tra gli esportatori di armi, arrivando nella top ten e puntando ad un'ulteriore crescita entro il 2027. Finora, la Corea del Sud non ha fornito armi all'Ucraina, limitandosi ad inviare elmetti e a garantire aiuti umanitari a Kiev.

Ora, la situazione potrebbe cambiare: il paese potrebbe decidere di inviare armi all'Ucraina. Il dibattito si è acceso a giugno, quando Kim e Putin hanno firmato un patto di assistenza reciproca in caso di aggressione. La Corea del Nord dall'autunno 2023 fornisce armi e munizioni alla Russia: si calcola che sinora siano stati inviati 8 milioni di proiettili. Adesso, sono arrivati alla corte di Putin anche i soldati di Kim.

La linea rossa

La linea rossa è stata superata e la Corea del Sud valuta se abbandonare lo stato di 'quasi neutralità'. Si sta considerando, in particolare, la possibilità di inviare missili Hawk e altri equipaggiamenti militari all'Ucraina, ha anticipato il deputato Yoo Yong-won del partito di Potere popolare al governo.

I missili Hawk, di produzione americana, hanno una gittata di 40 chilometri e sono stati dismessi in Corea del Sud nel 2022, dopo l'acquisizione dei Cheongung prodotti localmente. Nelle mani di Kiev, i missili avrebbero un ruolo fondamentale. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto, apparentemente invano, i missili Tomahawk agli Stati Uniti. Washington, d'altra parte, non autorizza le forze armate ucraine a utilizzare missili a lungo raggio contro obiettivi militari in territorio russo. Le armi sudcoreane offrirebbero agli ucraini altre opzioni.

La decisione potrebbe arrivare a breve. Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, d'altra parte, ha dichiarato che i militari nordcoreani potrebbero essere inviati al fronte prima del previsto, uno scenario considerato "grave" da Seul e che richiederebbe "una risposta decisa e unita" della comunità internazionale. Fonti della presidenza sudcoreana precisano che il primo step sarebbe eventualmente l'invio di armi difensive.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Esteri

Ucraina, droni Usa a rischio: ecco come la Cina usa le...

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La mossa di Pechino: sanzionato il più grande produttore statunitense, Kiev colpita dai rallentamenti alla fornitura

Palazzo del popolo a Pechino, Cina - Fotogramma /Ipa

Pechino 'affossa' i droni Usa e colpisce indirettamente anche l'Ucraina usando le sanzioni come un'arma. Skydio, il più grande produttore di droni degli Stati Uniti, nonché principale fornitore delle forze armate ucraine nella guerra contro la Russia, si trova infatti di fronte a una grave crisi delle catene di approvvigionamento a causa delle sanzioni cinesi. A spiegarlo è il Financial Times, sottolineando che la mossa di Pechino sta privando Skydio di componenti essenziali. Le sanzioni imposte dal ministero degli Esteri cinese l'11 ottobre hanno colpito anche altre due società di difesa e una dozzina di individui, come ritorsione dopo che gli Stati Uniti avevano approvato 567 milioni di dollari in aiuti alla difesa di Taiwan. Skydio, che aveva recentemente siglato un accordo con i vigili del fuoco di Taiwan, ha subito gli effetti della sanzione senza aver avuto il tempo di trovare fornitori alternativi.

L'azienda ha chiesto aiuto all'amministrazione Biden: la scorsa settimana, l'amministratore delegato Adam Bry ha incontrato il vice segretario di Stato americano Kurt Campbell e alti funzionari della Casa Bianca, condividendo la preoccupazione per l'interruzione da parte della Cina delle catene di approvvigionamento e i rallentamenti alla fornitura all'Ucraina di droni fondamentali anche per le operazioni d'intelligence.

“Questo è un momento chiarificatore per l'industria dei droni - ha scritto Bry in una nota ai clienti ottenuta dal Financial Times -. Se mai ci fosse stato qualche dubbio, questa azione chiarisce che il governo cinese userà le catene di fornitura come arma per far prevalere i propri interessi sui nostri”. “Si tratta di un tentativo di eliminare l'azienda americana leader nel settore dei droni e di aumentare la dipendenza del mondo dai fornitori di droni cinesi”, il suo monito.

Skydio ha fatto sapere ai suoi clienti di star razionando il numero di batterie a una per drone a causa della mossa cinese, e non prevede di avere nuovi fornitori prima della primavera. Negli ultimi giorni l'azienda è stata costantemente in contatto con i partner asiatici per trovare soluzioni alternative, ed è stata contattata anche la vicepresidente di Taiwan Hsiao Bi-khim. John Moolenaar, presidente repubblicano della commissione Cina alla Camera, ha affermato che il controllo cinese delle catene di fornitura di droni, prodotti farmaceutici e altri settori è una “pistola carica” puntata sull'economia statunitense. “L'amministrazione e il Congresso devono collaborare con l'industria per stabilire dei paletti che proteggano le nostre aziende dalla coercizione economica del Pcc e proteggano il popolo americano dal nostro principale avversario - che arma contro di noi questo tipo di dipendenze della catena di approvvigionamento”.

Skydio, con sede a San Mateo in California, vende a clienti privati e governativi, tra cui l'esercito statunitense. Ha inviato più di 1.000 droni in Ucraina per raccolta di informazioni e ricognizione, ma anche per documentare i crimini di guerra russi. L'azienda ha dichiarato che il suo ultimo modello, l'X10, è stato il primo drone statunitense a superare i test ucraini di guerra elettronica - il che significa che sono difficili da disturbare - motivo per cui Kiev ne ha richiesti a migliaia. La mossa cinese arriva mentre il Congresso degli Stati Uniti sta valutando una legge che vieterebbe agli americani di utilizzare droni prodotti da Dji, l'azienda di Shenzhen che domina l'industria globale dei droni commerciali.

“Sospettiamo che Skydio sia stata presa di mira da Pechino perché probabilmente è vista come concorrente di Dji - ha dichiarato un funzionario statunitense al Financial Times - Se c'è un lato positivo, possiamo usare questo episodio per accelerare il nostro lavoro di diversificazione delle catene di fornitura dei droni lontano dalla Cina”.

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Zelensky contro Usa, Nato e alleati. Russia esulta:...

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Non solo Alleanza atlantica e Stati Uniti per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino critica anche l'Occidente per la reazione "nulla" all'arrivo delle truppe di Kim. E Mosca attacca

Volodymyr Zelensky - Fotogramma /Ipa

Non solo Nato e Usa per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky critica anche l'Occidente per la non-reazione all'arrivo delle truppe nordcoreane mandate da Kim Jong-un in Russia. Le dure parole del leader di Kiev arrivano in un'intervista rilasciata ai media sudcoreani, colloquio durante il quale ha anche affermato di essere in particolare "sorpreso dal silenzio della Cina" su questo dispiegamento. Pyongyang ha inviato migliaia di militari in Russia: in totale, dovrebbero essere circa 12mila. Le prime unità avrebbero raggiunto la regione russa di Kursk, invasa dalle forze di Kiev all'inizio di agosto, e sarebbero pronte ad entrare in azione.

"Penso che la reazione su questa questione sia stata nulla", ha detto Zelensky, che solo poche ore prima aveva già alzato la voce contro Stati Uniti e Alleanza Atlantica per gli aiuti centellinati e i divieti imposti in una fase decisamente critica del conflitto. Mosca infatti continua intanto a compiere progressi sul fronte nel Donetsk mentre l'esercito di Kiev è surclassato in termini di armamenti.

"Le truppe nordcoreane non hanno ancora iniziato a combattere, ma è questione di giorni, non di mesi", ha poi sottolineato ai media sudcoreani mentre gli Usa parlano di 8mila soldati di Pyongyang già dispiegati a Kursk. "Quando saranno schierati, saranno spinti in prima linea e subiranno pesanti perdite", ha detto ancora il presidente ucraino, secondo cui "la Russia cerca di minimizzare la mobilitazione delle proprie truppe, una questione politicamente delicata per Putin a livello nazionale" perché "danneggia il suo indice di gradimento". Per Zelensky, "la maggioranza" in Russia non sostiene la mobilitazione.

A esultare intanto per l'evidente difficoltà del leader ucraino è, ovviamente, la Russia. Secondo il rappresentante di Mosca presso le Nazioni Unite, Vasili Nebenzia, il “crollo” delle truppe ucraine in prima linea sarebbe infatti dovuto principalmente alla perdita di “ogni legittimità” da parte del presidente Zelensky.

"La ragione principale del crollo delle truppe ucraine in prima linea è che la gente ha semplicemente smesso di credere a quell'ex attore, che già da maggio ha perso ogni legittimità", le parole di Nebenzia in riunione del Consiglio di Sicurezza riprese dalla Tass. Il rappresentante russo ha quindi sottolineato che "anche Washington e i suoi alleati" si sono già resi conto di questa situazione e stanno iniziando a capire che "il problema del regime di Zelensky non è che non ha abbastanza armi e munizioni", ma che ha perso la fiducia della sua stessa popolazione.

La critica e il messaggio agli Usa

"Prima del summit di Washington" a luglio, "i nostri partner hanno detto che non erano pronti ad accogliere l'Ucraina nella Nato ma avrebbero fornito 6 o 7 sistemi di difesa aerea per proteggere i nostri cieli. Non abbiamo ancora ricevuto questi sistemi e abbiamo avuto solo il 10% del pacchetto varato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2014. Non è questione di denaro ma di burocrazia e logistica", aveva detto due giorni fa Zelensky nella sua critica agli Usa.

"Riteniamo che la Russia riceva tra i 10 e 12 miliardi di dollari al mese" tra aiuti e operazioni che sfuggono alle sanzioni. "Se consideriamo il sostegno che l'Ucraina ha ricevuto durante la guerra da tutti i partner, vedrete che è inferiore a quello che ha ricevuto la Russia perché le sanzioni funzionano ma non al 100%", affermava.

C'è un motivo particolare, poi, che induce Zelensky a esprimere una dose di malcontento supplementare. Il New York Times ha diffuso la notizia secondo cui Kiev avrebbe chiesto invano agli Usa la fornitura di missili Tomahawk. "Era un'informazione riservata", spiegava. La richiesta di missili Tomahawk con una gittata di 2.400 chilometri faceva parte del "pacchetto di deterrenza non nucleare" segreto incluso nel piano di vittoria dell'Ucraina.

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