Storie di speranza e salvataggi: la lotta per Melody e altri amici animali a “Dalla parte degli Animali”
Una vera sfida per i veterinari del CRAS “Stella del nord” è il caso della capriolina Melody, semiparalizzata da un brutto incidente. Hanno bisogno di aiuto anche un coloratissimo fagiano maschio e una civetta “nera” perché caduta in una canna fumaria. Questo e molto altro a “Dalla Parte degli Animali”, la trasmissione più animalista della tv italiana, ideata e condotta dall’on. Michela Vittoria Brambilla, in onda ogni domenica alle 10.05 su Rete4 e in replica domenica alle 16.30 su La5 e il martedì, in seconda serata, sempre su Retequattro.
Melody è rimasta ferita dal crollo di una legnaia e purtroppo ha bisogno di un’imbracatura per restare in posizione eretta, e di molta fisioterapia, ma non ha lesioni irreversibili, è vigile ed ha voglia di vivere. C’è speranza, e tanto basta agli operatori del CRAS. La polizia provinciale porta uno splendido esemplare di fagiano maschio liberato per la caccia, coloratissimo ma ferito ad una zampa, e una civetta sporca di fuliggine. Tornano a volare quattro piccioni curati nell’ospedale degli animali. Sui 469 cervi che in Abruzzo rischiano l’abbattimento “Dalla parte degli animali” registra l’accorato appello di tanti vip che, come la maggioranza degli italiani, li vorrebbero vivi. A proposito di vip, questa volta conosceremo i due “figli pelosi” dell’ex bomber della nazionale di calcio Luca Toni. Il salvataggio di LEIDAA racconta la storia della cagnolina Claudine, investita e recuperata in Albania.
Daremo uno sguardo al Centro cinofili della polizia di Stato, di fatto la “scuola” dei “binomi” uomo-cane che entreranno in servizio antidroga e per varie missioni di ordine pubblico. Un altro bel servizio è dedicato al salvataggio del maiale Totò, che ora vive felice con Vito come se fosse il suo cagnolino. Per la rubrica “Impariamo divertendoci” Susanna ci insegnerà il richiamo. Don Cosimo ci parlerà dell’orso, un animale potente che ama la mitezza dei santi. Immancabili le rubriche di Stella: “Un cavallo per amico”, dove si fa spiegare come si chiamano le parti del corpo di un cavallo, e Stella’s world, dedicato al cavallo alato Pegaso. Per la cucina veg, largo a sua maestà il fungo porcino, mentre Speedy racconterà tutto sull’allodola, uccellino caro ai poeti, e farà un appello per la micina smarrita Moka.
Ecco il momento delle adozioni, tante come sempre. C’è Giuliano il molosso, otto anni, che ha urgente bisogno d’amore, Cheyenne salvata dalle perreras spagnole, la cagnolina Nora che viene dalla Sardegna, la micina Rory trovata in una cascina abbandonata. L’adozione live è quella della beagle Hope, fattrice sfruttata fino all’ultimo in un allevamento, che incontra il nuovo amico, Franco.
Il video promo della puntata è visibile al link https://www.youtube.com/watch?v=kTT8gU_7ojE.
Attualità
La storia del telefono cellulare: Dal sogno alla...
Proviamo a immaginare com’era la vita senza i telefoni cellulari. Strano, vero? Oggi sembra quasi impossibile pensarci, ma c’è stato davvero un tempo in cui tutto questo semplicemente non esisteva. Immaginate di voler parlare con qualcuno e dover per forza trovare un telefono fisso, o magari aspettare di tornare a casa per fare quella chiamata. Magari eravate per strada, sotto la pioggia, cercando una cabina telefonica che funzionasse e spesso le monete finivano proprio sul più bello. Niente messaggi veloci, niente videochiamate, niente selfie da mandare al volo. Insomma, era un altro mondo. Nessuna possibilità di prenotare un taxi all’ultimo momento o di chiedere indicazioni semplicemente guardando lo schermo del vostro telefono.
Tutte queste piccole comodità che oggi diamo per scontate, un tempo erano sogni irraggiungibili. Gli smartphone che ormai ci portiamo dietro ovunque sono il risultato di anni di prove, errori, fallimenti e sogni grandi. Ci sono stati momenti di successo, ma anche tanti fallimenti e ognuno di questi ci ha portato più vicini a quello che oggi consideriamo normale. Ma da dove è partito tutto? Andiamo a scoprirlo passo dopo passo, tra storie pazze e momenti epici. Prendetevi un po’ di tempo, la storia è più incredibile di quanto si possa immaginare.
Dove tutto comincia: i primi esperimenti
Allora, la storia del telefono cellulare inizia con tentativi che sembrano quasi pazzie. Parliamo degli anni ’40, quando c’erano questi pionieri, veri e propri visionari, che facevano esperimenti senza neanche sapere se sarebbero riusciti. Tutto comincia nei laboratori della Bell Labs, una divisione di AT&T. Immaginate questi scienziati, chiusi in stanze piene di cavi e valvole, roba strana che forse manco noi capiremmo. Già negli anni ’40, stavano provando a inventare qualcosa che somigliasse alla telefonia mobile. Ma lasciate perdere: era tutto rudimentale, un disastro. Nel 1946, Bell mise insieme la prima rete mobile, ma non pensate ai cellulari che conosciamo oggi: erano enormi, installati sulle automobili, pesanti e scomodissimi. Altro che metterli in tasca, impossibile!
Nel frattempo, in altre parti del mondo, nessuno stava con le mani in mano. Negli Stati Uniti, la RCA stava facendo esperimenti con nuovi sistemi di comunicazione radio. In Europa, la Plessey cercava di migliorare la copertura e la qualità del segnale. Ma qual era il problema più grande? La “banda”. Non c’era abbastanza spazio per tutte le chiamate, una specie di ingorgo telefonico continuo. L’idea di avere una piccola scatoletta in tasca per parlare con qualcuno dall’altra parte del mondo? Beh, scordatevelo. Era pura fantascienza, un sogno lontanissimo.
Il momento storico: Martin Cooper e il primo vero cellulare
Per arrivare a parlare di telefoni cellulari veri e propri, dobbiamo spostarci negli anni ’70. E qui entra in gioco Martin Cooper, uno di quei tipi che cambiano tutto. Martin Cooper, ingegnere in Motorola, viene ricordato come il “padre” del telefono cellulare. Siamo al 3 aprile 1973 e sapete cosa fa? Prende questo enorme aggeggio, un mattone di nome DynaTAC 8000X, pesante come un dannato chilo e chiama il suo rivale, Joel Engel di Bell Labs. Una cosa tipo: “Hey Joel, ce l’abbiamo fatta!”. Provate a immaginarvi la scena: un telefono che pesava più di una bottiglia d’acqua, con un’autonomia ridicola di 30 minuti dopo 10 ore di ricarica… eppure, era magia pura.
Cooper e il suo team ci avevano messo l’anima in quel progetto. Tre anni di ricerca, prove e tanti problemi da risolvere. Dovevano capire come rendere più piccoli tutti quei componenti elettronici, come far sì che la batteria durasse abbastanza da fare almeno una chiamata decente. Non era facile, affatto. Ma alla fine ce l’hanno fatta. Quel giorno d’aprile ha cambiato tutto. La telefonia mobile, che fino a quel momento sembrava da film di fantascienza, stava diventando realtà.
Gli anni ’80: la prima commercializzazione
Dopo quella chiamata epica di Cooper, passano altri dieci anni… dieci anni! Prima che il primo cellulare vero e proprio finisse nelle mani del pubblico. Arriva il Motorola DynaTAC 8000X, nel 1983. E sapete qual era il prezzo? Tenetevi forte: circa 4.000 dollari. Cioè, una piccola fortuna per quei tempi, roba da pochi eletti. E infatti, nonostante il prezzo assurdo, il DynaTAC diventò subito un simbolo di status. Lo vedevi nelle mani di uomini d’affari e di quei pionieri digitali pieni di soldi che volevano far vedere che erano avanti.
E questi telefoni, in quegli anni, erano proprio dei mattoni: enormi, pesanti, con pochissime funzioni. Facevano una cosa sola e facevano pure fatica: le chiamate vocali. Niente messaggi, niente app, niente fotocamere. Praticamente era un telefono fisso, ma senza il filo, che però potevi portarti dietro… sempre che avessi abbastanza forza per farlo!
Il boom degli anni ’90: GSM e la democratizzazione del cellulare
Gli anni ’90… che anni! I telefoni cellulari cambiarono completamente. Le vecchie reti analogiche? Un disastro: limitate, piene di interferenze. Piano piano, però, queste reti vennero sostituite dal GSM (Global System for Mobile Communications) e fu un vero punto di svolta. Era il 1991 e l’Europa per prima disse: “Facciamo qualcosa di diverso, rendiamo queste reti standard per tutti!”. E il GSM permise proprio questo: ora potevi usare il cellulare anche fuori dai confini del tuo Paese. Tutto questo fece decollare la produzione di massa e i costi iniziarono a scendere. Fu un momento decisivo.
E poi, sempre negli anni ’90, i telefoni stessi cominciarono a cambiare aspetto: sempre più piccoli, leggeri e finalmente un po’ meno costosi. Nokia, Ericsson e altri brand iniziarono a creare modelli che non erano più dei mattoni, ma qualcosa che la gente poteva usare senza troppi problemi. Chi se lo dimentica il Nokia 3210, uscito nel 1999?? Quello sì che era un telefono: robusto, con il mitico Snake che ci ha fatto perdere ore intere. Subito un successo tra giovani e adulti, un pezzo di storia.
Ma già qualche anno prima, nel 1996, Motorola aveva fatto parlare di sé con un altro colpo di genio: il Motorola StarTAC. Il primo telefono a conchiglia, piccolo, leggero, finalmente qualcosa che potevi davvero infilare in tasca senza sembrare un cyborg. Era un simbolo, un oggetto che faceva dire a tutti: “Wow, guarda che roba!”. Non era solo pratico, era figo. La gente impazziva per questo telefono. Non più un mattone, ma qualcosa di davvero portatile. Il StarTAC ha segnato un passaggio importante, quasi un anticipo dei telefoni moderni. È stato un successo enorme e ha dato il via a tutto ciò che è venuto dopo.
E poi, il Nokia 3310… chi non se lo ricorda? Snake, la resistenza infinita, cadute che avrebbero distrutto qualsiasi altra cosa, ma non lui! Era diventato un’icona e senza dubbio ha contribuito alla diffusione dei cellulari come pochi altri modelli.
E poi, negli anni ’90, c’è un’altra piccola rivoluzione. Gli SMS. Sì, i messaggini. Allora, pensate un attimo: il primo messaggio di testo venne mandato nel 1992. Sì, era un semplice “Merry Christmas”. Roba semplice, niente di epico. Mandato da un computer a un cellulare. Una cosa piccola, ma se ci pensate bene, era l’inizio di qualcosa di enorme. Niente di che, vero? Ma fu solo l’inizio. Da lì in poi, i messaggi di testo diventano uno dei modi più popolari per comunicare. Un “dove sei?”, un “ti voglio bene”, tutto in pochi caratteri. Qualcosa che cambia le relazioni, il modo di parlare, tutto quanto.
Gli anni 2000: la nascita degli smartphone
E poi, eccoci agli anni 2000. Il cellulare smette di essere solo per chiamare. Diventa molto di più. Iniziano a chiamarli smartphone. La vera svolta arriva con il BlackBerry: email sul telefono, internet sempre con te. Nokia, ovviamente, non rimane a guardare. Nel 1996 lancia il Nokia Communicator, qualcosa che cercava di unire le funzionalità di un computer con un telefono. Era strano, ma era un inizio. Un tentativo di fare qualcosa di diverso, di innovativo. E non era l’unico. Tutti volevano essere i primi a creare il vero smartphone.
Ma il vero spartiacque? Beh, arriva nel 2007. E chi c’era? Steve Jobs. Sale sul palco e presenta al mondo l’iPhone. Una presentazione pubblica e il pubblico resta senza parole. Jobs tira fuori questo dispositivo e non è solo un telefono: è un lettore musicale, un navigatore, tutto in uno. La reazione? Incredibile, la gente impazzisce. L’entusiasmo è immediato, le notizie esplodono ovunque, tutti ne parlano. Non è solo un salto tecnologico, è un fenomeno culturale.
La gente fa la fila fuori dagli Apple Store, ore e ore, persino giorni interi, pur di essere tra i primi a metterci le mani sopra. Questo dispositivo segna davvero l’inizio di qualcosa di nuovo, l’era degli smartphone. Cambia per sempre il nostro modo di vivere la tecnologia. Non era solo un telefono, era tutto: una fotocamera, un lettore musicale, un navigatore. Un piccolo computer in tasca, con quella interfaccia touch che cambiava tutto. L’iPhone ridefinisce cosa significa avere un cellulare. E poi, arriva l’era degli app store: puoi scaricare funzionalità, giochi, strumenti di lavoro, social network. Un mondo tutto nuovo e tutto a portata di mano.
Le reti 3G e 4G: connessione sempre più veloce
Ma, diciamocelo, uno smartphone senza una rete come si deve, non avrebbe cambiato molto. E qui entra in gioco il 3G. Prima, navigare in internet era una roba da matti, lento come una tartaruga. Poi arriva il 3G e finalmente la navigazione diventa qualcosa di sopportabile, più fluida, più veloce. Ma non ci fermiamo lì. Dopo un po’, ecco il 4G. Era il 2010 e all’improvviso tutto cambia ancora. Streaming di video in alta definizione, applicazioni che divorano dati senza problemi. E così il cellulare non era più solo per fare chiamate o mandare messaggini. No, diventava lo strumento per guardare contenuti multimediali, Youtube, Netflix, tutto a portata di mano. Insomma, lo smartphone diventa una finestra vera e propria sul mondo.
I giorni nostri: 5G e il futuro del cellulare
Oggi siamo nell’era del 5G. Roba veloce, velocissima. Promette cose mai viste prima, tipo la realtà aumentata, la realtà virtuale e poi tutte quelle applicazioni avanzate per l’Internet delle Cose. Pensateci un attimo: i telefoni di oggi, tipo gli ultimi iPhone o Samsung Galaxy, sono praticamente dei supercomputer che fanno sembrare i computer usati per andare sulla Luna negli anni ’60 delle calcolatrici giocattolo. Assurdo, no?
E il futuro? Dove andremo a finire? Qualcuno dice dispositivi indossabili, roba da tenere addosso tutto il tempo. Occhiali smart, auricolari che non ti togli mai, sempre connessi, senza neanche dover tirare fuori il telefono dalla tasca. Oppure, cose ancora più folli: chip sottopelle, comunicazione invisibile. Magari l’intelligenza artificiale farà tutto per noi, senza nemmeno accorgercene. Chissà… sembra fantascienza, ma piano piano, ci stiamo arrivando davvero.
Un cambiamento culturale profondo
Il telefono cellulare non ha solo cambiato come comunichiamo, ha stravolto il modo in cui viviamo. Negli anni ’80 era un affare per businessman, roba da gente con la valigetta. Poi, anni ’90 e 2000, boom: diventa un oggetto di massa, ce l’avevano tutti. E oggi? Beh è praticamente un pezzo di noi, una estensione del nostro corpo. Pensateci: quante volte al giorno lo controllate? È il nostro calendario, ci dice dove andare, ci fa da macchina fotografica, ci tiene in contatto con tutti. Non possiamo farne a meno.
Questa rivoluzione del cellulare è stata così profonda che ha cambiato tutto: cultura, relazioni, persino la psicologia. Ci ha reso dipendenti, ma allo stesso tempo ci ha dato opportunità incredibili di connessione e accesso all’informazione. Insomma, è una lama a doppio taglio. Ha cambiato le regole del mondo del lavoro, permettendo il remote working e nuove forme di business.
Un viaggio incredibile che continua
La storia del telefono cellulare è fatta di tutto: innovazione continua, tentativi assurdi, fallimenti, sogni, successi… un mix di tutto. Immaginate Martin Cooper, nel 1973, che chiama il suo rivale con un apparecchio enorme, un “mattone” che pesava un chilo. E da lì, passo dopo passo, errori su errori, alla fine siamo arrivati ai dispositivi di oggi, quelli che ti porti in tasca e sono più potenti di un computer da tavolo di vent’anni fa. È stato un viaggio lungo, strano, pieno di colpi di scena. Affascinante, insomma.
Ma non è finita qui: il viaggio continua. Ogni anno vediamo nuove funzionalità, nuove tecnologie, nuovi modelli. E chissà come sarà il telefono cellulare tra venti o trent’anni. Forse non avremo nemmeno più bisogno di un “telefono” come lo intendiamo oggi. Forse comunicheremo direttamente con la nostra mente. O forse torneremo a riscoprire il piacere della conversazione faccia a faccia, senza schermi a separarci.
D’ora in poi potrebbe succedere qualsiasi cosa. Ma una cosa è sicura: il cellulare, un oggetto che abbiamo sempre in tasca, ha davvero cambiato tutto. Una svolta epocale. Siamo solo all’inizio e questa tecnologia, non sappiamo neanche dove ci porterà ancora. Siamo all’alba di qualcosa di enorme e ci stiamo solo scaldando i motori.
“Il telefono cellulare non è solo tecnologia, è l’evoluzione di un sogno che ha cambiato il nostro modo di vivere, comunicare e sognare il futuro.” – Junior Cristarella
Attualità
Anticiclone in arrivo: meteo stabile, nebbie persistenti e...
Le ultime settimane ci hanno portato un bel po’ di maltempo, ma ora le cose stanno cambiando. Un nuovo anticiclone si sta rafforzando, questa volta anche in quota, il che significa che ci aspetta un periodo di stabilità piuttosto garantita. Niente più vortici ciclonici a disturbarci, ormai si sposteranno verso l’area iberica, lasciando al massimo qualche pioggia isolata sulle nostre Isole maggiori. Ma attenzione, la stabilità non significa solo belle giornate: ci faranno infatti compagnia anche nebbie, nubi basse e un po’ di smog, specialmente nelle aree pianeggianti e densamente popolate.
Ora che l’atmosfera si uniformerà, anche in quota, avremo una sincronia lungo tutta la colonna d’aria. In parole povere, meno contrasto tra caldo e freddo, niente più spinte alla formazione di nuvole pesanti e nessuna precipitazione intensa. Tuttavia, è l’umidità che potrebbe diventare un problema: è già bella alta di suo e con la pressione che sale tenderà a concentrarsi negli strati bassi dell’atmosfera. Insomma, aspettatevi nebbie sempre più insistenti, specialmente nelle grandi pianure interne e nelle valli, che potrebbero persino diventare persistenti in alcune zone. Nel frattempo, le aree collinari e montuose vedranno un clima decisamente atipico per la fine di ottobre, caratterizzato da tanto sole e temperature piuttosto miti.
Vediamo più nel dettaglio cosa aspettarci nei prossimi giorni
Meteo martedì: Cominciamo con il Nord e il medio alto Adriatico, dove avremo foschie, nebbie e nubi basse in pianura, con una parziale dissoluzione durante il giorno, ma attenzione: lungo il corso del Po queste nebbie potrebbero essere davvero persistenti. Sole pieno sulle Alpi e sul resto della Penisola, con qualche nube a dare fastidio sulle Isole maggiori e sul medio-basso Adriatico, ma senza precipitazioni. Le temperature? Stazionarie e sopra le medie del periodo, quindi ci godremo ancora un po’ di quel caldo atipico che sembra non volerci lasciare. I venti saranno di scirocco sulle Isole e di maestrale altrove, con mari mossi soprattutto sui bacini più occidentali e sull’Adriatico, mentre gli altri saranno più tranquilli.
Meteo mercoledì: Anche qui, lo scenario non cambia di molto: foschie, nebbie e nubi basse continueranno a caratterizzare le pianure del Nord e il medio alto Adriatico, con qualche resistenza persino nelle ore diurne. Ancora tanto sole sulle Alpi e sulle altre zone peninsulari, mentre sulle Isole maggiori avremo qualche disturbo nuvoloso, con possibilità di fenomeni sporadici in Sardegna. Le temperature resteranno stabili e superiori alla media, mentre i venti continueranno ad essere sciroccali sulle Isole e di maestrale altrove. Per quanto riguarda i mari, la situazione rimarrà invariata: mossi quelli occidentali e l’Adriatico, più calmi gli altri.
Meteo giovedì: Giovedì ci porta una situazione molto simile, con foschie, nebbie e nubi basse che persisteranno in pianura al Nord, nelle valli del Centro e sul medio alto Adriatico. Anche qui, non aspettatevi grandi cambiamenti: sole sulle Alpi e nelle altre aree, mentre sulle Isole maggiori potremmo vedere qualche nuvola e qualche fenomeno isolato in Sardegna. Le temperature resteranno stazionarie, con un possibile lieve calo al Nord, ma comunque superiori alle medie stagionali. I venti saranno sempre di scirocco sulle Isole maggiori e di maestrale altrove e i mari si manterranno mossi a Ovest e sull’Adriatico meridionale.
In sostanza, l’arrivo dell’anticiclone ci garantirà qualche giorno di stabilità e bel tempo, almeno per chi si trova lontano dalle aree più soggette alla nebbia. Per chi vive nelle grandi pianure, però, la nebbia potrebbe diventare una presenza piuttosto scomoda e con essa anche il rischio di inquinamento atmosferico in aumento. Godiamoci il sole dove c’è, ma non dimentichiamoci di fare attenzione all’aria che respiriamo, soprattutto nelle aree più urbanizzate.
Attualità
Tradizione messicana del 27 ottobre: il ritorno degli...
C’è questa storia, una di quelle che ti fanno fermare un attimo e pensare. Il 27 ottobre è una data particolare, un po’ magica se vogliamo. Non è che la segni sul calendario, o che tutti ne parlino, ma vale la pena sapere cosa succede in quel giorno. Secondo una vecchia tradizione messicana, gli animali che abbiamo amato e che non ci sono più, tornano. Solo per una notte, ma tornano davvero. Cani, gatti, coniglietti, uccellini… quei piccoli compagni di vita che ci hanno fatto ridere, ci hanno consolato e che, quando se ne sono andati, hanno lasciato un vuoto enorme. Ecco, loro tornano. Giusto per farci un saluto.
Adesso, parliamoci chiaro. La perdita di un animale domestico non è una cosa da poco. Anzi, chi ne ha avuto uno sa quanto fa male. Per qualcuno è come perdere un familiare. E no, non è un’esagerazione. Chi non ci è passato magari non lo capisce, ma per chi ha condiviso anni con un cane, un gatto, o qualunque altro amico peloso, beh, è come perdere un pezzo di sé. Quel vuoto che rimane non lo riempi facilmente. E allora, quando senti di questa leggenda, ti viene quasi da sorridere, anche solo un po’.
Si parla del Ponte dell’Arcobaleno, un posto bellissimo dove, secondo la leggenda, vanno tutti gli animali quando se ne vanno da questo mondo. Lì non c’è più sofferenza, non c’è malattia. Solo prati verdi, colline infinite, aria profumata e tanto gioco. È un’immagine che consola, diciamoci la verità. Pensare che i nostri amici siano lì, felici e sereni, mentre aspettano il giorno in cui ci rivedremo, è qualcosa che ci fa stare meglio.
Ma la parte più bella di tutta questa storia è che, secondo la tradizione messicana, c’è un giorno – il 27 ottobre – in cui tutti gli animali possono tornare per una notte. A casa. Tornano dai loro umani, quelli che li hanno amati tanto e che, sì, continuano a pensare a loro ogni singolo giorno. Questa tradizione viene dagli aztechi, che consideravano il cane una sorta di guida spirituale, anche nell’aldilà. Insomma, il cane era il compagno di viaggio delle anime. Ed è da lì che viene questa credenza che, una volta all’anno, i nostri amici possano tornare tra noi.
E allora cosa si fa per accoglierli? In Messico c’è questa usanza bellissima. Si preparano degli altari, chiamati ofrendas. Sopra ci si mette una foto del nostro animale – quella che magari già teniamo in bella vista, sullo scaffale o sul comodino. Poi c’è una ciotola d’acqua, un piatto con il loro cibo preferito, magari anche un giocattolo. Quello con cui facevano avanti e indietro per la casa, che si portavano ovunque. E poi una candela, accesa per tutta la notte, o anche solo per un po’, giusto per indicare loro la strada. Così, possono trovare di nuovo la via di casa, ritrovare la famiglia che li ha amati.
La cosa bella è che non c’è spazio per la tristezza. No, niente lacrime. È un momento per ricordare, per sorridere. È un modo per sentirli di nuovo vicini, anche solo per qualche ora. Un modo per dire: “Ehi, non ti ho mai dimenticato”. Pensare che, ovunque siano, i nostri animali stanno bene, corrono felici e magari per quella notte tornano qui, con noi. Anche solo per sentirci, per farci sentire che sì, quel legame non si è mai spezzato.
Quindi ecco il punto. Il 27 ottobre, se volete partecipare a questa tradizione, preparate qualcosa per loro. Non serve chissà che. Una foto, un po’ d’acqua, il loro cibo preferito, una candela. È un gesto semplice, ma pieno di significato. Non è solo per loro, ma anche per noi. Per ricordare quei momenti belli, per sentirci di nuovo vicini e per non dimenticare mai quanto ci hanno dato.
E chissà, magari quella notte, quando tutto è tranquillo, sentirete qualcosa. Un rumore, un soffio d’aria che sembra più caldo, o quel silenzio che sembra carico di presenze. Forse sarà solo la nostra immaginazione, o forse no. Ma in fondo, che importa? È il pensiero che conta. L’amore non se ne va mai, resta lì e anche se loro non ci sono più fisicamente, quel legame non muore. E il 27 ottobre è il momento perfetto per ricordarcelo.