Furto banche dati, Ronzulli in procura come teste: “Mai chiesto dossier a Pazzali”
La vicepresidente del Senato sentita per oltre un'ora come testimone nell'inchiesta sui presunti dossieraggi illeciti: "Chi mi ha definita spiona ne risponderà a tutela della mia immagine, onorabilità e integrità"
"Dopo aver letto le ricostruzioni giornalistiche in cui venivo coinvolta, da non indagata, ho chiesto di essere ascoltata dai magistrati. La procura aveva già inteso e oggi ha preso definitivamente atto che non ho mai fatto richiesta di alcun dossier a Enrico Pazzali. Ho chiesto di essere ascoltata per sgombrare il campo da ricostruzioni fantasiose, allusioni e tesi che mi vedrebbero accostata ai cosiddetti spioni, questo è totalmente falso". Lo afferma Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia e vicepresidente del Senato, sentita per oltre un'ora come testimone nell'inchiesta sui presunti dossieraggi illeciti.
"Questa mattina ho raccontato come sono andati i fatti e ho spiegato chiaramente che non ho mai commissionato al presidente della fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali alcun controllo su una professionista", diversamente da come appare in un'intercettazione finita agli atti dell'inchiesta. Il suo nome compare in un'intercettazione, ma la senatrice - sentita dal pm Francesco De Tommasi - ha ribadito di non aver "mai chiesto" a Enrico Pazzali, titolare della Equalize, alcun controllo. "Le ricostruzioni fantasiose sono quindi false: non ero a conoscenza che Pazzali aveva un'agenzia investigativa, cosa che ho scoperto dalla stampa; non avrei avuto alcun motivo di chiedere informazioni su una professionista che stimo e che conosco da tantissimi anni".
E aggiunge: "Se sono stati chiesti dei controlli su di lei sono stati fatti in totale autonomia da qualcun altro, non so con quale obiettivo ma non escluso che fosse quello di cercare di screditarla. Le allusioni che ho letto sui giornali sono infondate, fuori dalla realtà e chiunque mi abbia definito spiona o cliente di Pazzali ne risponderà in tribunale, a tutela della mia immagine e della mia onorabilità e integrità".
Politica
Fini: “Torna il fascismo? E’ una cosa che fa...
La presentazione del libro 'Il terzino e il Duce' di Alessandro Fulloni con il direttore dell’Adnkronos, Davide Desario
“Torna il fascismo? Quando si è disperatamente alla ricerca di argomenti per delegittimare l’avversario si arriva a dire anche questo… ma è una cosa che fa ridere e fa ridere anche chi la dice perché sa che non è vero”. Così Gianfranco Fini alla presentazione del libro ‘Il terzino e il Duce’ di Alessandro Fulloni con il direttore dell’Adnkronos, Davide Desario.
“Il centrosinistra? Ci si può anche mettere tutti insieme contro le destre - continua l'ex presidente della Camera e ministro - ma poi si dura poco. Serve un progetto. Il centrosinistra non ha trovato il modo di stare in campo né l’allenatore. È un problema di contenuti”.
“Antisemitismo? Oggi c’è l’antisemitismo. Ha una matrice nazi fascista? In minima parte. È alimentato da Santa Romana Chiesa? No. È alimentato da chi, anche in buona fede, ritiene che Israele sia la causa non solo di quello che sta accadendo a Gaza ma anche dell’impossibilità di tradurre in fatti la soluzione dei ‘due popoli, due stati’”, continua. Ma i massacri, sottolinea Fini, “sono sempre conseguenza delle guerre, una guerra che per Israele è integralmente di difesa”.
"La reazione degli italiani alle leggi razziali? C’è stata una reazione? La domanda forse è questa. Non si aveva la più pallida idea di cosa significasse realmente. Non c’era la libertà di stampa”, continua l'ex An.
Politica
Migranti, nuovo stop da Catania. Ira governo:...
Per il tribunale di Catania "l'Egitto non è un Paese sicuro". Fonti dell'esecutivo parlano di "scelta politica che non spetta ai giudici". Salvini: "Per colpa di giudici comunisti il Paese insicuro ormai è l'Italia". A Roma il giudice si appella alla Corte Ue
Il modello Albania "va avanti con ancor più convinzione". Nessuno stop, dunque, "anche perché quel che sta accadendo conferma quel che sostenevamo sin dal principio: il problema non è il Memorandum firmato con Tirana, il problema vero è che, stando alle pronunce di alcuni giudici, i rimpatri non avrebbero più ragione d'essere, dovremmo tenerci tutti gli irregolari in Italia. E così non può andare...". Fonti di governo all'Adnkronos non nascondono "la rabbia", così la definiscono senza giri di parole, per un nuovo stop arrivato da un Tribunale, stavolta da un giudice di Catania che non ha convalidato il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall'Egitto, in barba al dl varato dal governo lo scorso 21 ottobre per blindare la lista dei Paesi considerati, giustappunto, sicuri, Cairo compreso. "Una scelta politica che non spetta ai giudici", la convinzione che rimbalza nel governo.
Tuona Matteo Salvini: "Per colpa di alcuni giudici comunisti che non applicano le leggi, il Paese insicuro ormai è l'Italia. Ma noi non ci arrendiamo”, promette battaglia il leader della Lega. E non è l'unico nelle file della maggioranza. Perché nel governo si rafforza la convinzione di tirare dritto, nonostante il modello Albania al momento arranchi, con i due hotspot battenti bandiera italiana al momento vuoti. E i due esposti targati M5S e Iv sul tavolo della Corte dei Conti per danno erariale.
"Arrendersi vorrebbe dire sostenere non solo che il modello Albania è sbagliato quando è destinato a diventare un modello in Europa - si dicono convinte le stesse fonti - ma rinunciare al meccanismo dei rimpatri tout court. E allora dovremmo rendere conto in Europa del perché non tuteliamo i nostri confini, che sono confini europei". Forte di questa convinzione, il governo guarda alla nave Libra che, a largo di Lampedusa, ha iniziato i recuperi di naufraghi adulti, maschi, sani provenienti da Paesi ritenuti sicuri da trasferire in Albania.
"L'idea è di sfruttare il più possibile i due centri di Shëngjin e Gjader - viene spiegato - con numeri crescenti, sempre nei modi e nelle modalità corrette". Dunque con numeri più sostanziosi rispetto ai primi 16, poi diventati 12, migranti approdati in Albania? "Vedremo in base alle condizioni. Quel che è certo è che non arretriamo. Il modello Albania è uno dei fiori all'occhiello di questo governo, non permetteremo che ci venga sfilato...".
A Roma giudice si appella a Corte Ue
Intanto però, a Roma, il giudice Luciana Sangiovanni, presidente della sezione immigrazione del tribunale, ha emesso un decreto di sospensione dell’efficacia del diniego posto dalla commissione territoriale riguardo la richiesta di asilo di uno dei migranti che erano stati trasferiti in Albania. Con questo atto in particolare, il giudice sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con richiesta di “trattazione urgente”.
“Non sfuggirà alla Corte la grave crisi istituzionale provocata in Italia dalle prime decisioni dei tribunali di non convalidare provvedimenti di trattenimento nelle procedure di frontiera, di cui si è avuta vasta eco non solo sui media italiani, ma anche su quelli europei e persino extra-europei e l’interesse con cui molti governi europei guardano all’ ‘esperimento’ italiano". “Le decisioni già adottate da alcuni tribunali italiani – si legge ancora nell’ordinanza – sulle quali a tutt’oggi non è intervenuta alcuna pronuncia di legittimità o di costituzionalità, hanno rivelato aspetti critici di tale ‘esperimento’ e ne hanno minato l’operatività”. Sentenze che, sottolinea Sangiovanni, “sono state fortemente criticate dal governo tanto da suggerire l'adozione del decreto legge 158/2024, il cui contenuto innovativo è però anch'esso oggetto di quesiti pregiudiziali". La stessa sezione immigrazione del tribunale di Roma solo poche settimane fa non aveva convalidato il trattenimento di dodici migranti nel centro italiano in Albania. Un atto a cui ha fatto seguito pochi giorni dopo il decreto legge del governo.
Nell’ordinanza, il magistrato chiede fra l’altro alla Corte europea di stabilire “se il diritto dell’Unione (…) osti a che un legislatore nazionale, competente a consentire la formazione di elenchi di Paesi di origine sicuri ed a disciplinare i criteri da seguire e le fonti da utilizzare a tal fine, proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro”.
Politica
Camilla contro la violenza domestica: la regina in...
Nei 90 minuti di 'Her Majesty The Queen: Behind Closed Doors', le telecamere seguono la regina mentre partecipa a impegni ufficiali e a incontri privati mai visti prima con vittime e attivisti
La regina Camilla ha giurato di voler continuare a lottare per porre fine al flagello della violenza domestica. In un nuovo, toccante documentario della Itv, la sovrana inglese parla ampiamente del coraggio dei sopravvissuti che la spinge ad andare avanti e che ha ispirato la sua lunga campagna per porre fine agli abusi nelle famiglie. La moglie di re Carlo viene filmata mentre incontra molte vittime, tra cui una donna che racconta nervosamente la sua storia per la prima volta, poco dopo essere arrivata in un centro d'accoglienza. La regina ammette che finché non ha incontrato qualcuno che aveva subito violenza dal suo partner, non le era "mai venuto in mente" che una donna potesse esserne vittima.
Nel suo primo documentario da quando è salita al trono, Camilla dà voce alle vittime di abusi domestici. Nei 90 minuti di 'Her Majesty The Queen: Behind Closed Doors', che andrà in onda prossimamente, le telecamere seguono la regina nel corso dell'ultimo anno, mentre partecipa a impegni ufficiali e a incontri privati mai visti prima con vittime e attivisti contro gli abusi domestici. La si vede mentre visita centro d'accoglienza e parla con le donne delle loro esperienze personali, oltre a rivelare cosa l'ha spinta a trascorrere l'ultimo decennio a sensibilizzare l'opinione pubblica.
All'inizio dell'anno, Camilla ha sostenuto la campagna Brick by Brick del'Independent per costruire due nuovi centri per donne in fuga dagli abusi. Grazie alle generose donazioni dei lettori, l'obiettivo iniziale di 350mila euro è stato superato, arrivando a quasi 600mila euro di donazioni finora versate. Parlando dell'importanza dei centri d'accoglienza, nel documentario Camilla dice: "Scappa e arriva in questo rifugio. Una stanza tutta per te, una porta che si può chiudere a chiave. E con il passare del tempo, si incomincia a recuperare la sicurezza e a ricominciare la vita".