All’International Art Exhibition espone la pittrice Stefania Fois
'Ho rappresentato una donna assorta nei suoi pensieri, padrona di sè stessa, accanto a un fenicottero, simbolo di libertà e richiamo alla mia terra, la Sardegna'
'Le belle gambe 1' (tecnica mista su carta lavorata a mano cm 60X80) è il titolo dell’opera della pittrice Stefania Fois scelta dalla Biennale di Barcellona per l’esposizione 'International art exhibition' al Museo Europeo d’Arte Moderna. Una mostra collettiva promossa dalla Fondazione Effetto Arte e a cura del critico e storico dell’Arte Sandro Serradifalco e con la consulenza scientifica della professoressa Leonarda Zappulla.
"Per questa esposizione prestigiosa ho voluto riproporre una versione rivisitata con una tecnica più leggera di un’opera realizzata negli anni ottanta - spiega Stefania Fois - rappresenta un momento intimo di una donna. È seduta e completamente rilassata, a suo agio, assorta nei suoi pensieri e circondata da bellezza. Il fenicottero è nell’immaginario un simbolo di libertà ed un richiamo alla mia terra, la Sardegna. È l’idea di una donna padrona di sé stessa".
Un quadro particolare per la Fois che nelle sue opere rappresenta tipicamente paesaggi interiori. Le sue esposizioni donano momenti di incredibile serenità. Le tele ad olio, gli acquerelli e le tecniche miste disegnano scenari anche deserti, ma timidamente vivi. Sono visioni con una concentrazione di colori che allontanano metaforicamente lo spettatore dal caos, lasciandolo attingere alla fonte di un non luogo o di una collocazione armoniosa. L’intento è quello di raccontare la nell’esistenza, un processo rigenerativo che l’arte dona al pubblico. Stefania Fois sta lavorando, oggi, alla preparazione del suo nuovo catalogo, 'FOISs Artist'.
Cultura
A Lucca Comics Mirka Andolfo presenta ‘Blasfamous’, il lato...
L’autrice di ‘Paprika sweet’ torna con una nuova miniserie dark fantasy
L'ossessione per la fama, la manipolazione e la ricerca dell'identità. Mirka Andolfo, in occasione di Lucca Comics & Games 2024, svela i retroscena del suo nuovo fumetto, ‘Blasfamous 1’, edito da Star Comics: un'opera che esplora il lato oscuro della fama nel mondo musicale. "A volte faccio fatica a capire da dove nascono le mie idee", confessa Andolfo all'Adnkronos. “Mi lascio influenzare da ciò che mi piace sul momento. Per 'Blasfamous' mi ha incuriosito il concetto di star system, i vip come divinità moderne”.
E rivela: "Amo molto Lady Gaga e per la protagonista, Clelia, mi sono ispirata un po' a lei, anche se non è immediatamente palese". Clelia è una star venerata, costretta a un'immagine di perfezione che contrasta con la sua vera natura. "C'è questa santificazione di persone ricche e famose”, spiega l’artista napoletana, e Clelia, “pur essendo cattiva dentro, deve apparire perfetta, come una santa, una beata. E questo la costringe a rinunciare un po’ alla sua natura”. In realtà, “lei dentro è una persona molto cattiva che ha fatto delle cose terribili. Quindi, questa dicotomia la porta ad avere problemi con se stessa".
La storia presenta "una grande bugia venduta al pubblico” che alla fine scoprirà che “non tutto quello che sembra immacolato lo è veramente”. L'opera è una satira del mondo social e dell'ossessione per la fama. "Sui social, come nel mio fumetto, si fa a gara a chi ha più follower e per Clelia diventa un'ossessione", afferma l’autrice. Riguardo al suo stile, in continua evoluzione, l'autrice spiega: "Cerco di adattarlo alla storia. Per ‘Blasfamous’ ho cercato una via di mezzo tra il cartoon di ‘Sweet Paprika’ e un tratto più realistico, spingendo sul grottesco per gli elementi horror”.
Ed è proprio ‘Sweet Paprika’ che ha consacrato Mirka Andolfo a star del panorama fumettistico internazionale. Il fumetto ha vinto il prestigioso Harvey Award americano come miglior fumetto internazionale nel 2022 ed è stato nominato agli Eisner Award (gli ‘Oscar del fumetto’) come miglior numero unico nel 2024. Il successo dell'opera ha portato alla pubblicazione anche in Giappone. Entusiasta del riscontro internazionale, Andolfo sottolinea l'importanza di una maggiore presenza femminile nel settore: "Si sono fatti tanti passi avanti, ma non c'è mai fine. Oggi ci sono molte più autrici e la strada è positiva". Nonostante viva a Torino da 14 anni, Andolfo mantiene un forte legame con Napoli: "Napoli è una città che spesso viene sottovalutata. Con ‘Sweet Paprika’ ho voluto – nel mio piccolo - omaggiare la mia città. La protagonista, pur essendo un diavolo, è napoletana e nel terzo volume si vedono le strade di Napoli".
Infine, un'anticipazione sul prossimo progetto: "Sto lavorando a una nuova serie sempre per la casa editrice americana Dstlry con un protagonista maschile e vampiri. Mi piacciono le cose sovrannaturali e sono certa che arriverà anche in Italia", conclude l'autrice. Intanto, i fan possono godersi il primo numero di ‘Blasfamous’, con il secondo in uscita a dicembre e il terzo, e ultimo, a gennaio 2025.
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Cultura
Cos’è l’hopecore, il trend virale della Gen Z...
Un hashtag per celebrare la vita in tutte le sue forme impazza tra i giovanissimi
Con oltre 2 miliardi di visualizzazioni e 200 milioni di like su TikTok impazza sui social il trend hopecore. Un hashtag virale per celebrare la vita in tutte le sue forme dalle cose più grandi a quelle più piccole, brevi sprazzi di colore per ricordare che in questo percorso non tutto è perduto e persistono speranza e bellezza. Un trend in netto contrasto con quello del doomscrolling, la ricerca consapevole di notizie ed eventi negativi, “premiata” come parola dell'anno nel 2020 secondo l'Oxford Dictionary e neologismo inserito ufficialmente nei dizionari Merriam-Webster a partire dallo stesso anno. I video possono essere di qualsiasi tipo, da una coppia che si bacia al proprio matrimonio all'attore Hugh Jackman che abbraccia un fan entusiasta, fino a una carrellata di immagini con un breve testo in sovraimpressione, solitamente “Be Kind” (Sii gentile), “Be Happy” (Sii felice), “Life is beautiful” (La vita è bella).
Di sottofondo la ballata “Evergreen” di Richy Mitch & the Coal Miners, band folk rock del Colorado o “Viva la Vida” dei Coldplay. L'utente conosciuto con lo pseudonimo “hopecorez” pubblica solamente questo genere di contenuti e da solo vanta quasi 800mila follower e 122 milioni di like. E sono i Gen Z quelli che compongono la maggior parte degli utenti a cui è indirizzato questo tipo di contenuti. Una generazione che ha attraversato in pochi anni numerose difficoltà, come la pandemia da Covid, una diffusa ansia generazionale e una lotta continua contro la depressione. Negli ultimi 3 anni i disturbi mentali sono aumentati del 28%, secondo la S
Di sottofondo la ballata “Evergreen” di Richy Mitch & the Coal Miners, band folk rock del Colorado o “Viva la Vida” dei Coldplay. L'utente conosciuto con lo pseudonimo “hopecorez” pubblica solamente questo genere di contenuti e da solo vanta quasi 800mila follower e 122 milioni di like. E sono i Gen Z quelli che compongono la maggior parte degli utenti a cui è indirizzato questo tipo di contenuti. Una generazione che ha attraversato in pochi anni numerose difficoltà, come la pandemia da Covid, una diffusa ansia generazionale e una lotta continua contro la depressione. Negli ultimi 3 anni i disturbi mentali sono aumentati del 28%, secondo la Società italiana di psichiatria.
L'uso eccessivo dei social ha desensibilizzato gli zoomer dal mondo che li circonda e l'hopecore può anche essere visto come una forma di ribellione alla negatività presente nella vita di tutti i giorni. La speranza può essere utilizzata come meccanismo di adattamento, permettendo di concentrarsi sugli aspetti positivi quando tutto sembra andare male. Una mentalità opposta all'immobilismo associato alle situazioni di apatia e depressione, che permette di sopravvivere e prosperare nonostante tutto. L'hopecore è fatto di contenuti motivazionali per la vita di tutti i giorni, realizzati su misura per una Gen Z che tenta di emergere nel mondo moderno. Un sentimento di ribellione fatto di speranza e umanità che risulta essere continuamente in crescita sui social.
Cultura
Il Ciclope dell’Odissea? “Esiste, è il Monte...
Il ricercatore Emiliano Ciotti in un saggio ripercorre i passaggi del libro X dell'Odissea e traccia una mappa sulle tracce di Ulisse, dalla dimora della maga Circe ai 'giganti' di Lamo
Il Ciclope? Esiste davvero ed è ancora tra noi. La "scoperta" è di un ricercatore di Latina, Emiliano Ciotti, che ha elaborato uno studio per rintracciare i luoghi di Ulisse nel Lazio. Nel saggio "L'Odissea e la pianura pontina", Ciotti, che si è molto occupato in passato di storia del Novecento ed è il presidente dell'Associazione vittime delle Marocchinate, ricostruisce il peregrinare di Ulisse dall'approdo nell'isola della maga Circe fino all'incontro con il ciclope: "Era un mostro gigante; e non somigliava a un uomo mangiatore di pane, ma a picco selvoso d’eccelsi monti, che appare isolato dagli altri", si legge nella traduzione dell'Odissea di Calzecchi Onesti. E, in effetti, è proprio questa la teoria di Ciotti: il Ciclope sarebbe il monte Leano, una montagna con un’altezza di circa 500 metri e una lunghezza di un paio di chilometri, "con i lineamenti di un vero e proprio ciclope".
A sostegno della sua teoria, Ciotti ripercorre i passaggi del Libro X dell'Odissea precedenti l'incontro con il Ciclope, collocandoli sul territorio in una sorta di mappa che li collega effettivamente al monte Leano. In particolare, il ricercatore parte dall'incontro con la maga Circe e dall'identificazione delle “cave grotte” dove l'equipaggio nasconde arnesi e carico della nave tirata in secco. Quelle grotte, complice un progetto di indagine approfondita supportato dal Parco Nazionale del Circeo, sono state identificate con una vertiginosa fenditura carsica della Grotta Spaccata di Torre Paola, al Circeo. Secondo i ricercatori il complesso scavato nella roccia combacia alla perfezione con la descrizione e i riferimenti geografici della narrazione omerica. A riprova c’è anche una Carta del Monte Circeo e Circondari di S. Felice, realizzata da Giovanni Battista Cipriani nel 1830, dove la fenditura è descritta come "due grotte una sopra dell’altra" e si specifica che "in quella a mare entrano i bastimenti".
Sono diverse poi le prove che hanno fatto identificare la dimora della Maga Circe nel Monte Circeo, dove, in tempi lontani, i romani costruirono un tempio dedicato proprio a Circe. "Abitato fin di tempi dell’uomo di Neanderthal, sulle pendici del Monte Circeo, che si protende nel Mar Tirreno ergendosi fino a 541 m di altezza, sono stati ritrovati i resti di un’acropoli e di mura megalitiche - sottolinea Ciotti - Qui, in epoca romana, venne fondata Circei, probabilmente nello stesso sito dove, nel Medioevo, sorse il CastrumSancti Felici, l’attuale San Felice Circeo". La distanza tra la grotta dove è sbarcato Ulisse e le mura ciclopiche della presunta dimora della Maga Circe è di circa 4 km.
Ciotti riporta poi le ipotesi che identificano in Terracina la città di Lamo, anche chiamata Lestrigonia o Lamia (da Lamo, suo fondatore all'epoca della guerra di Troia del XII secolo a.C.), altra tappa del viaggio omerico. Secondo la leggenda, i Lestrigoni sono un popolo di giganti antropofagi che distrussero l’intera flotta di Ulisse, con l'unica eccezione della nave dell'eroe. Già nel 1852 l’archeologo Pontificio D. Pietro Matragna affermava nel suo libro intitolalo “La città di Lamo stabilita in Terracina” che l’Acropoli di Terracina, potrebbe essere il luogo in cui Ulisse vide la città abitata dai giganti, appunto Lamo. A circa 300 metri dal (presunto) villaggio dei Lestrigoni, peraltro, furono scoperti casualmente, nella primavera del 1969, ben cinquanta sarcofagi di terracotta, con altrettanti scheletri umani, tutti molto alti (la statura era compresa fra 1,83 e 2,13 metri, il che fa escludere che si trattasse di antichi romani, che non superavano, di molto, il metro e mezzo).
"Ulisse resterà sull’isola Eea, ospite di Circe, per un intero anno, poi, supplicato dai suoi compagni di ricordarsi della lontana patria, riprenderà il mare. Durante il periodo di permanenza su Eea o durante l’esplorazione della terra dei giganti (Lamo), l’equipaggio di Ulisse sicuramente si è imbattuto nella visione del Ciclope - è la teoria di Ciotti - Ma dove si trova il Gigante? A 15 km dal promontorio del Circeo e a 5 km da Lamo. Ha un’altezza di circa 500 metri e lunghezza di un paio di chilometri… Parliamo di 'Monte Leano', una montagna con i lineamenti di un vero e proprio ciclope". Il ricercatore, a sostegno della propria tesi, ricorda anche che come un affresco raffigurante una montagna con il volto da Gigante sia stato ritrovato nella Domus di via Graziosa sull’Esquilino.
"C'è un dibattito che dura da secoli sull'individuazione dei luoghi dell'Odissea e l'ipotesi del Lazio meridionale non è nuova - spiega all'Adnkronos l'archeologo e filologo Gianluca Mandatori - Ma quello che sicuramente è possibile, e su cui pone l'accento lo studio di Ciotti, è la frequentazione del Lazio pontino da parte dei Micenei prima e dei Greci poi, una frequentazione che ha diverse prove archeologiche. I greci stanziati in Campania, a Cuma, a Pithecusa, sull'isola d'Ischia, risalendo costa costa, venivano dalle nostre parti. E da questo punto di vista non è improbabile che il Lazio pontino abbia contribuito anche in maniera importante alla formazione del nucleo narrativo fondante dell'Odissea. Una narrazione stratificata che si cristallizza, così come la conosciamo, non prima dell'età dip Pisistrato, ma che affonda le origini nelle storie orali di almeno 6 secoli prima. Ecco allora che la suggestione determinata appunto dalla conformazione di Monte Leano, come dice Ciotti, può dar vita alla figura del Ciclope: è una suggestione, ma non è improbabile che, come è una suggestione per noi, lo sia stata magari per l'uomo del bronzo finale, che attraversando questi luoghi ha fatto proprio un bagaglio immagini, che ha poi riversato nel prorio patrimonio di narrazioni mitologiche".