Valencia travolta dall’alluvione: una tragedia che spezza il cuore della Spagna
Valencia. Era una città solare, viva, piena di energia. Oggi invece è un’altra cosa. Oggi Valencia… beh, non è più Valencia. È un posto che non riconosci più, completamente distrutto dall’alluvione. Ha fatto male, tanto male, non solo a chi vive lì ma ha colpito tutti quanti, tutta la Spagna. In questi giorni, Valencia è diventata un simbolo. Un simbolo di dolore, di forza, di quella voglia matta di andare avanti anche quando non sembra fattibile. Di non mollare, di resistere, anche se tutto sembra senza speranza. È una battaglia, quella contro la natura. Vediamo insieme cosa è successo, perché siamo arrivati a questo punto e quali sono state le conseguenze.
Tutto è iniziato la notte del 29 ottobre. La pioggia è arrivata e non si è fermata. Forte, senza sosta. In sole otto ore è caduta la pioggia che normalmente cade in un anno: 490 millimetri. Valencia non era preparata, nessuno lo era. I fiumi… si sono gonfiati, troppo in fretta. Nessuno ha avuto nemmeno il tempo di capire. L’acqua, boom, straripa. E invade tutto. Le strade, i quartieri, le case. Tutto. Senza un attimo per respirare, senza un secondo per dire ‘cosa sta succedendo?’. Era tutto troppo veloce. In un attimo, la città si è trovata in ginocchio. Scuole chiuse, ospedali pieni di feriti e persone con ipotermia. Non c’era nessun piano magico per gestire una cosa del genere. Bisognava solo cercare di resistere, trovare riparo, sopravvivere.
Quella notte è sembrata interminabile e quando è arrivato il giorno, il 30 ottobre, la luce ha mostrato la vera faccia della tragedia. Già da subito si è capito quanto fosse grave: 95 persone erano già morte e tante altre erano ancora disperse. Gente sorpresa nelle loro auto mentre tentavano di fuggire. Le strade allagate, frane ovunque e il rischio di altri crolli. I soccorsi sono stati una battaglia impossibile. Vigili del fuoco, Protezione Civile, tutti hanno fatto il massimo, con gommoni, elicotteri, qualsiasi mezzo disponibile. Ma la situazione era davvero al limite.
Poi è arrivato il 31 ottobre. E il numero delle vittime è salito ancora. 150 morti. E tanti ancora dispersi. E sono iniziate anche le critiche. Le critiche, pesanti come macigni. Molti abitanti hanno parlato di ritardi negli avvisi. Ritardi che forse hanno causato tante morti. “Non ci hanno avvisato in tempo, non c’è stato nessun allarme adeguato”. Sono parole che fanno male, che lasciano l’amaro in bocca. Intanto l’acqua continuava a salire e i soccorritori non hanno mai smesso di lottare. Ma l’impressione è che questa tragedia potesse essere, almeno in parte, evitata.
1 novembre. Valencia era una città al buio. Niente elettricità. Niente acqua potabile. Niente di niente, nemmeno i servizi essenziali. Era tutto andato. Le vittime? Ormai 213. Tante. Troppe. E migliaia, migliaia di persone senza casa, senza un tetto, senza niente. Le autorità hanno cercato di fare qualcosa, di portare acqua, cibo, con punti di raccolta qui e là. Ma è stata una catastrofe, davvero difficile. Caos ovunque. E poi c’era ancora l’allerta meteo. La paura di nuove piogge, di nuove tragedie.
Il 2 novembre, i soccorsi si sono intensificati. I sommozzatori militari sono entrati in azione, cercando superstiti nei parcheggi sotterranei, completamente sommersi. Le immagini erano strazianti: auto sommerse, edifici distrutti, persone disperate che cercavano un po’ di normalità. Ma poi, ecco, c’è stato anche un lato umano. Un po’ di speranza in mezzo a tutta quella disperazione. La gente non si è tirata indietro. I volontari, quelli locali, hanno fatto squadra con i soccorritori. Hanno portato cibo, acqua, un po’ di conforto a chi era rimasto isolato. Si sono messi a disposizione, hanno dato tutto quello che potevano, senza pensarci due volte. È questo che ti fa dire: ok, anche quando sembra tutto perduto, anche quando è buio pesto, l’umanità riesce sempre a trovare quella forza per rialzarsi, per aiutarsi a vicenda.
3 novembre, il governo spagnolo ha deciso tre giorni di lutto nazionale. Un gesto, certo, simbolico. Ma che ha un peso enorme, per ricordare le vittime e per far capire che siamo tutti uniti in questo dolore. In tutta la Spagna si è respirato il lutto e nelle zone più devastate sono iniziati quei funerali collettivi che spezzano il cuore solo a pensarci. E poi le autorità hanno detto che ci saranno aiuti. Economici, fiscali, per ricostruire, per fare qualcosa, insomma. E non solo: hanno anche pensato al supporto psicologico per chi ha visto la propria vita andare in pezzi. Perché questa non è solo una tragedia fisica. È anche mentale emotiva. Il trauma resta, la paura non va via così facilmente.
4 novembre e l’emergenza ancora non era finita. I soccorsi si sono concentrati nelle aree più isolate, quelle difficili da raggiungere per via dell’acqua ancora alta. Anche la comunità internazionale ha dato il suo contributo. Vari Paesi hanno inviato aiuti umanitari e risorse. È stato particolarmente toccante il contributo della comunità cinese in Spagna, che ha inviato volontari e beni di prima necessità. Un segno di solidarietà che ha superato ogni confine. In momenti come questi, le divisioni spariscono e rimane solo il desiderio di aiutare.
5 novembre, il bilancio ufficiale delle vittime è salito a 217. Un numero che fa venire i brividi. Ogni numero è una persona, una storia, una famiglia spezzata. Le autorità… beh, hanno cercato di fare quello che potevano. Hanno provato ad aiutare chi è stato colpito, chi ha perso tutto. Nei quartieri più distrutti hanno messo su dei centri di accoglienza, per chi non aveva più una casa, per chi non aveva più nulla. Hanno fatto del loro meglio, davvero ma non era facile. Non lo era per niente. La vera sfida ora è ricostruire. Tornare alla normalità non sarà facile, richiederà tempo e risorse. Ma l’obiettivo è non solo ricostruire ma farlo meglio. Per evitare che una tragedia simile possa ripetersi.
Questa alluvione ha lasciato una ferita aperta. Valencia è una città ferita ma non è sconfitta. E nemmeno la Spagna. Questa è un’occasione, sapete, per imparare davvero qualcosa. Per provare a migliorare, fare meglio. Per rendere il mondo un po’ più sicuro, un po’ più forte. Non è facile ma bisogna provarci. Valencia si rialzerà. Perché è una città forte. E il popolo spagnolo ma non solo è con lei, pronto a sostenere ogni passo verso la rinascita.
Cronaca
Diabete tipo 1, riprende quota il palloncino blu di...
Al via la quarta edizione della campagna promossa da Medtronic per sensibilizzare su impatto patologia
Parte l'edizione 2024 della #BlueBalloonChallenge, la campagna internazionale di Medtronic volta ad aumentare la consapevolezza su cosa significa vivere con il diabete di tipo 1. L'idea alla base dell'iniziativa, giunta al quarto anno, è quella di 'rendere visibile l'invisibile' attraverso la potente metafora del palloncino blu, tramite molteplici iniziative. A partire dalla condivisione del video ufficiale della campagna che - spiega una nota - quest'anno celebra anche i familiari e le persone care che condividono il peso del diabete e fanno sentire meno soli coloro che convivono con questa condizione e che sono gli eroi nascosti che aiutano a tenere in equilibrio il palloncino blu quando medici e infermieri non sono presenti.
Novità di quest'anno è, inoltre, un tour nazionale che farà tappa nei centri commerciali di alcune importanti città italiane. Durante gli eventi programmati - Firenze (8-9 novembre: I Gigli); Roma (14 novembre: Roma Est); Milano (16 novembre: Il Centro di Arese); Cagliari (23 novembre: Le Vele Millennium); Napoli (27 novembre: La Cartiera) e Torino (13 novembre: Complesso Nuvola Lavazza) - il pubblico verrà coinvolto in qualcosa di davvero inaspettato che permetterà di conoscere più da vicino la campagna e scoprire come contribuire a diffondere consapevolezza sul diabete di tipo 1.
Vivere con questa patologia è, infatti, come mantenere costantemente in aria un palloncino mentre si affrontano le attività quotidiane. E' un delicato gioco di equilibrio che richiede attenzione continua e supporto costante. La challenge rinnova l'invito a sperimentare questa realtà condividendo sui social il video della campagna, oppure realizzando un video o una foto, magari insieme a familiari o persone care, mantenendo in equilibrio un palloncino blu durante le attività quotidiane. Per partecipare basterà utilizzare l'hashtag #BlueBalloonChallenge e taggare @medtronicita su Instagram, @MedtronicDiabetes su LinkedIn o @Medtronicdiabete su Facebook. Attraverso questa semplice, ma potente metafora - evidenziano i promotori - la campagna mira a far emergere le difficoltà quotidiane di chi convive con il diabete che spesso restano invisibili agli occhi degli altri. Per sensibilizzare più persone possibili su questo tema verrà diffuso il nuovo video della campagna Blue Balloon (disponibile sulla pagina Facebook di Medtronic) che racconta, non solo attraverso le esperienze di chi convive con questa condizione, ma anche di coloro che quotidianamente affiancano queste persone, la resilienza e il supporto quotidiano dei familiari evidenziando l'importanza di un cammino condiviso per superare le sfide quotidiane.
"Medtronic è da sempre impegnata a offrire soluzioni terapeutiche innovative per la gestione del diabete, supportando anche iniziative di sensibilizzazione come la Blue Balloon Challenge - afferma Luigi Morgese, Senior Business Director di Medtronic Diabete Italia, Grecia e Israele - Questa campagna mira a combattere i pregiudizi sul diabete e quest'anno vuole anche sottolineare l'importanza del ruolo del caregiver nel supporto quotidiano delle persone che convivono con questa patologia e come la tecnologia possa aiutare a gestire la condizione senza creare limitazioni nel quotidiano e nel futuro. Per avvicinarci ancora di più alle persone, abbiamo organizzato eventi in 5 gallerie commerciali che ci permetteranno di aumentare ancora di più la consapevolezza su questa condizione".
Anche in Italia sono in aumento le persone con la patologia: si stimano più di 3 milioni e mezzo di casi, pari al 6% della popolazione. Di questi, circa 260mila persone hanno diabete di tipo 1. L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) identifica questa condizione tra le priorità globali a cui i sistemi sanitari nazionali devono prestare attenzione e invita a un maggiore impegno nel migliorarne la conoscenza e la consapevolezza, per arginare l'epidemia di diabete nel mondo, dove le diagnosi accertate sono più di 530 milioni, numero destinato ad aumentare a 640 milioni nel 2030.
Medtronic - conclude la nota - esprime il proprio sostegno a pazienti e familiari anche attraverso iniziative filantropiche, come la donazione a Breakthrough T1D (ex Jdrf), associazione che finanzia la ricerca sul diabete di tipo 1 e lavora attivamente per ottenere normative che favoriscano la ricerca medica e l'approvazione di modalità di trattamento sempre più innovative ed efficaci. In occasione dell'edizione 2024 della campagna Blue Balloon, Medtronic conferma il suo impegno nell'attuazione di pratiche sostenibili per ridurre l'impatto ambientale utilizzando palloncini realizzati con materiali biodegradabili e sostenibili, limitando così anche la produzione di rifiuti.
Cronaca
Studio italiano, alto consumo cibi ultraprocessati accelera...
Coinvolti 22mila partecipanti del progetto Moli-sani
Un elevato consumo di alimenti ultraprocessati è associato all'accelerazione dell'invecchiamento biologico, indipendentemente dalla qualità nutrizionale della dieta. Sono i risultati di uno studio condotto dall'Unità di ricerca di Epidemiologia e prevenzione dell'Irccs Neuromed di Pozzilli, Isernia, in collaborazione con l'Università Lum (Libera università mediterranea) di Casamassima, Bari, e pubblicati su 'The American Journal of Clinical Nutrition'.
L'indagine, che ha coinvolto oltre 22mila partecipanti del Progetto Moli-sani - spiega una nota - ha utilizzato oltre 30 diversi biomarcatori ematici per misurare l'età biologica che, a differenza dell'età cronologica che dipende solo dalla data di nascita, riflette le condizioni biologiche del nostro corpo, inclusi organi, tessuti e apparati. Grazie a un dettagliato questionario alimentare, i ricercatori hanno potuto stimare il consumo di alimenti ultraprocessati (Upf), ossia quei cibi fatti in parte o interamente con sostanze che non vengono utilizzate abitualmente in cucina (per esempio proteine idrolizzate, maltodestrine, grassi idrogenati) e che contengono generalmente diversi additivi come coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti. Tra questi non solo snack confezionati o bevande zuccherate, ma anche prodotti insospettabili come pane industriale, yogurt alla frutta, alcuni cereali per la colazione o zuppe pronte, per fare alcuni esempi. Lo studio ha dimostrato che le persone che consumano molti alimenti ultraprocessati sono biologicamente più vecchie della loro effettiva età cronologica. L'invecchiamento biologico è infatti un 'orologio interno' del nostro corpo, che può ticchettare più velocemente o più lentamente rispetto agli anni segnati sul calendario, riflettendo il vero stato di salute dell'organismo.
"Questo studio - commenta Licia Iacoviello, direttore dell'Unità di ricerca di Epidemiologia e prevenzione dell'Irccs Neuromed e professore ordinario di Igiene generale e applicata all'Università Lum - ci invita ancora una volta a ripensare le raccomandazioni alimentari: non basta limitarsi alla qualità nutrizionale, ma occorre considerare anche il grado di lavorazione industriale dei cibi. Anche alimenti apparentemente 'sani', infatti, possono essere stati sottoposti a processi di lavorazione che ne alterano le caratteristiche". Aggiunge la ricercatrice Simona Esposito, primo autore dello studio: "I nostri dati mostrano che un elevato consumo di cibi ultra-processati non solo ha un impatto negativo sulla salute in generale, ma potrebbe anche accelerare proprio l'invecchiamento, suggerendo un collegamento che va oltre la scarsa qualità nutrizionale di questi alimenti".
"I meccanismi attraverso cui gli alimenti ultraprocessati possono danneggiare la salute non sono ancora del tutto chiari - spiega la ricercatrice Marialaura Bonaccio, responsabile degli studi su alimentazione e salute dell'Irccs Neuromed - Oltre a essere inadeguati da un punto di vista strettamente nutrizionale, essendo ricchi di zuccheri, sale e grassi saturi o trans, questi alimenti subiscono una intensa lavorazione industriale che, di fatto, ne altera la matrice alimentare, con la conseguente perdita anche di nutrienti e fibre. Questo può avere importanti ripercussioni su una serie di funzioni fisiologiche, incluso il metabolismo del glucosio, e la composizione e funzionalità del microbiota intestinale. Non va inoltre dimenticato che spesso questi prodotti vengono venduti in confezioni di plastica diventando così veicoli di sostanze tossiche per l'organismo".
Partito nel marzo 2005, lo studio Moli-sani ha coinvolto circa 25mila cittadini, residenti in Molise, per conoscere i fattori ambientali e genetici alla base delle malattie cardiovascolari e dei tumori. Lo studio, oggi basato presso l'Irccs Neuromed, ha trasformato un'intera regione italiana in un grande laboratorio scientifico.
Cronaca
Accensione riscaldamenti, quali città mancano: date, limiti...
Da Roma a Palermo ecco le città che accenderanno i termosifoni a novembre
Le temperature iniziano ad abbassarsi e tra poco sarà il momento di tornare ad accendere il riscaldamento anche in Centro e Sud Italia. Da Roma fino a Palermo, ecco quando sarà possibile accendere i termosifoni e quali regole bisogna rispettare.
Roma
Secondo l'ordinanza del sindaco Gualtieri a Roma gli impianti potranno essere attivati dal prossimo 15 novembre e fino al 7 aprile 2025. Potranno restare accesi per un massimo di 11 ore giornaliere, comprese tra le ore 5 e le ore 23. L’ordinanza numero 124 del 30 ottobre, che stabilisce la riduzione di 1°c rispetto ai limiti indicati nel dpr n. 74/2013, dispone che la temperatura massima negli edifici per attività industriali, artigianali e simili sia di 17°c (+2°c di tolleranza), e di 19°c (+2°c di tolleranza) per tutti gli altri edifici.
Sono previste deroghe per specifiche categorie di edifici: le limitazioni al periodo e alle ore di accensione non si applicano a strutture sanitarie, case di riposo, scuole materne e nidi, piscine e saune, e sedi diplomatiche non ubicate in edifici condominiali.
Le altre città
Al Nord i riscaldamenti sono accesi praticamente ovunque, fatta eccezione per la provincia di Imperia, che si trova in zona C e ha un clima più mite. Lì l'accensione dei riscaldamenti è prevista a partire dal 15 novembre 2024, per un massimo di dieci ore al giorno, con spegnimento dei termosifoni al 31 marzo 2025. Come di consueto sono però previste deroghe in caso di abbassamento improvviso delle temperature.
Nella fascia 15 novembre 2024 - 31 marzo 2025 per l'accensione e lo spegnimento dei termosifoni, con una durata massima giornaliera di 10 ore, rientrano molte province del Sud: Napoli, Latina, Caserta, Salerno, Bari, Brindisi, Benevento, Catanzaro, Cagliari, Lecce, Ragusa, Cosenza, e Taranto.
L'1 dicembre è invece la data di accensione fissata per le città in zona B: Palermo, Siracusa, Trapani, Reggio Calabria, Agrigento Messina, e Catania. Qui i riscaldamenti potranno restare accesi per un massimo di 8 ore al giorno e fino al 31 marzo.
Anche in A i riscaldamenti potranno essere accesi dal 1 dicembre, ma solo per sei ore al giorno e fino al 15 marzo: in questa zona rientrano solo i comuni di Lampedusa, Linosa e Porto Empedocle.
Dove sono già accesi i riscaldamenti
Nelle altre città italiane, invece, il riscaldamento è già acceso. Milano, che fa parte della fascia E, ha acceso i termosifoni subito dopo aree come Cuneo, Belluno e Trento, grazie a un'ordinanza del sindaco Sala che ha dato l'ok già dal 15 ottobre 2024 e fino al 15 aprile prossimo.
Fanno parte della fascia E (accensione il 15 ottobre) anche le province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna e Rimini: in queste aree - sia nelle città capoluogo che nei comuni di provincia - è possibile accendere i termosifoni per un totale di 13 ore al giorno, con una temperatura massima interna agli edifici che non deve superare i 19 gradi, mentre negli stabilimenti industriali il limite massimo scende a 17 gradi. Il regolamento prevede comunque due gradi di tolleranza. Anche la provincia di Forlì-Cesena rientra nella categoria E, a esclusione dei comuni di Forlì e Forlimpopoli, che il regolamento inserisce in fascia D, considerata più calda. Per questo, nei territori dei due comuni è stato possibile accendere il riscaldamento a partire dal 1° novembre 2024 e fino al 15 aprile 2025. Nelle aree comprese in fascia D i termosifoni possono rimanere accesi per un massimo di 12 ore al giorno, mentre non cambiano le temperature massime per gli edifici pubblici e le abitazioni private.
Simile la situazione in Veneto, dove l'accensione è scattata il 15 ottobre per tutte le aree ricadenti nella zona climatica E, vale a dire la stragrande maggioranza dei comuni. Il riscaldamento può essere tenuto acceso per un massimo di 14 ore giornaliere (anche frazionabili), tra le 5 e le 23. Per i restanti comuni ricadenti nella zona climatica F, ossia la zona alpina, non vige invece alcuna limitazione.
In Liguria, tre province su quattro appartengono alla zona climatica D. Ne fanno parte le province di Genova, La Spezia e Savona i cui cittadini hanno acceso i riscaldamenti a partire dal primo novembre 2024 per un massimo 12 ore al giorno fino al 15 aprile 2025. L'unica provincia più mite è quella imperiese, che si trova in zona C. In questo caso l'accensione dei riscaldamenti è prevista a partire dal 15 novembre 2024, per un massimo di dieci ore al giorno, con spegnimento dei termosifoni al 31 marzo 2025. Come di consueto sono però previste deroghe in caso di abbassamento improvviso delle temperature.
Dal 15 ottobre 2024 al 15 aprile 2025, per un massimo di 14 ore giornaliere, riscaldamenti accesi a Torino, mentre nel Comune di Firenze è stato permesso accendere gli impianti di riscaldamento dal 1° novembre al 15 aprile 2025.
Infine, ci sono alcuni comuni dell’arco appenninico in cui il clima autunnale e invernale risulta particolarmente rigido. Questi territori sono inseriti in fascia F e non hanno alcuna limitazione per quanto riguarda il periodo di accensione del riscaldamento e i limiti per la temperatura interna agli edifici. Provincia di Bologna: Lizzano in Belvedere, Porretta Terme e Granaglione, Castel d'Aiano, Loiano, Monghidoro. Provincia di Modena: Frassinoro; Pievepelago; Fiumalbo; Riolunato; Montefiorino, Palagano, Lama Mocogno, Montecreto, Sestola e Fanano. Provincia di Reggio Emilia: Reggio Emilia: Ramiseto; Collagna; Busana; Ligonchio; Villa Minozzo, Toano; Castelnovo ne’ Monti e Vetto. Provincia di Parma: Corniglio; Monchio; Palanzano; Albareto; Borgotaro; Compiano; Bedonia e Tornolo. Provincia di Piacenza: Zerba, Cerignale, Ottone e Ferriere. Provincia di Forlì-Cesena: il comune di Verghereto.