Vaiolo delle scimmie, nel Regno Unito primi casi autoctoni europei del nuovo ceppo Mpox
Sono 2 familiari di un paziente risultato positivo al clade 1b dopo un viaggio in Africa. Oms Europa: "Sappiamo cosa funziona per fermare il virus, applicare le misure"
Anche l'Europa ha i suoi primi casi autoctoni della nuova variante di Mpox che, dopo essersi diffusa in Africa, ha portato l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a dichiarare il virus un'emergenza globale. A confermare i contagi locali è il Regno Unito, dove una persona era risultata positiva al clade 1b di Mpox dopo un viaggio in diversi Paesi africani. In questi giorni anche 2 suoi familiari si sono contagiati e questo "li rende i primi casi di clade 1b di Mpox trasmessi localmente nella regione europea dell'Oms", evidenzia l'Ufficio regionale dell'agenzia Onu per la salute in una nota. "In effetti", rileva l'Oms Europa, questi sono anche "i primi" casi autoctoni che si sono verificati "fuori dall'Africa da quando è stata dichiarata per la seconda volta l'emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale nell'agosto 2024".
Come si trasmette
L'Mpox, ricordano gli esperti, si diffonde tra le persone principalmente attraverso uno stretto contatto fisico, incluso il contatto sessuale. E' implicato nella trasmissione del patogeno anche il contatto con oggetti contaminati dal virus, come biancheria da letto o indumenti, e anche la diffusione dalle goccioline respiratorie a coloro che sono stati a stretto contatto può verificarsi in determinate circostanze, ma quest'ultima non è considerata una modalità di trasmissione comune.
Come ridurre il rischio di contagio
Come ridurre il rischio di contagio? Le misure, in particolare durante i viaggi in Paesi in cui si verificano epidemie, includono l'evitare il contatto ravvicinato, pelle a pelle, compreso il contatto sessuale, con chiunque presenti sintomi. Occorre poi mantenere le mani pulite e sottoporsi al vaccino, se disponibile. Le linee guida dell'Oms sulla vaccinazione contro l'Mpox rimangono invariate, al momento. Ove disponibili, i vaccini, efficaci contro entrambi i cladi, dovrebbero essere considerati prioritari per i gruppi a rischio, inclusi coloro che hanno maggiori probabilità di entrare in stretto contatto con casi infetti, "come gli operatori sanitari e le persone con più partner sessuali, inclusi gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini".
In caso di contagio con il virus Mpox, indipendentemente dal clade, "il proprio medico consiglierà cosa fare durante la convalescenza - informa l'Oms Europa - e occorre seguire le indicazioni nazionali per sapere se questa convalescenza va fatta a casa o sono necessarie cure in una struttura sanitaria". Se viene consigliato l'isolamento a casa, l'invito è a "proteggere il più possibile le persone con cui si vive isolandosi in una stanza separata, evitando di condividere vestiti, biancheria da letto, asciugamani e utensili, assicurando una buona ventilazione in casa e facendo in modo che tutti i membri della famiglia si lavino le mani e disinfettino frequentemente le superfici".
Nel 2022 era stato il clade 2 di Mpox a causare l'epidemia nella regione europea dell'Oms, colpendo principalmente gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (Msm). Nel frattempo una nuova variante ritenuta più aggressiva, il clade 1b, si è invece ampiamente diffuso nella Repubblica democratica del Congo (Rdc) negli ultimi mesi, ma sono stati segnalati successivamente anche casi in Burundi, Ruanda, Uganda, Kenya, con infezioni importate anche in Svezia, India, Thailandia e Germania. "Sulla base della nostra esperienza con Mpox, sappiamo cosa funziona - elenca l'Oms Europa - una forte sorveglianza per identificare i casi, isolamento e trattamento dei casi infetti, tracciamento dei contatti e attento monitoraggio dei contatti, una chiara comunicazione del rischio che affronti la paura e lo stigma e una regolare condivisione dei dati".
Ora, esorta Hans Kluge, direttore regionale di Oms Europa, "è il momento di applicare ampiamente queste misure, coinvolgendo le comunità colpite e prevenendo la trasmissione successiva. L'Oms Europa è pronta a supportare gli Stati membri, anche attraverso la rete paneuropea per il controllo delle malattie recentemente lanciata, attualmente presieduta dall'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (Ukhsa)".
Kluge: "Rischio resta basso ma alzare sorveglianza"
"Il rischio complessivo per la popolazione generale nel Regno Unito e nella regione" europea "più ampia rimane basso, ma la trasmissione locale del clade 1b di Mpox dovrebbe essere l'impulso per i sistemi sanitari della nostra regione ad aumentare le misure di sorveglianza ed essere preparati per un rapido tracciamento dei contatti di casi sospetti e confermati". Restare pronti è l'invito lanciato da Kluge. "Insieme, possiamo fermare la diffusione di Mpox", esorta il direttore regionale di Oms Europa in una nota in cui fa il punto. "Le persone che sospettano di essere infette devono anche essere incoraggiate a farsi avanti per i test, per le cure e per la prevenzione di ulteriori trasmissioni, libere da stigma e discriminazione".
L'emergere di nuovi patogeni, analizza l'Oms Europa, è un 'sottoprodotto' del nostro mondo interconnesso, quindi "non è inaspettato che i contatti stretti e ad alto rischio di una persona infetta possano anche essere infettati da Mpox", chiarisce l'ufficio regionale dell'agenzia Onu per la salute. "Questa incertezza rappresenta tuttavia un rischio, come per qualsiasi epidemia di malattia in evoluzione", osserva ancora l'Oms Europa. "Ecco perché è così essenziale che restiamo vigili per rilevare e rispondere ai casi sospetti e combattere lo stigma, le false informazioni e la paura", che spesso possono ostacolare gli sforzi di risposta e scoraggiare le persone dal fare i test o cercare assistenza. Nel frattempo, i Paesi devono condividere le informazioni "in modo rapido, completo e trasparente", consentendo ad altri di adottare misure appropriate per fermare la diffusione dell'Mpox. Questa la strategia da adottare, secondo l'Oms Europa.
"Mi congratulo con il Regno Unito per la sua pronta azione per rilevare e controllare questo focolaio - commenta Kluge - per la comunicazione chiara e trasparente" che permette di "garantire una segnalazione tempestiva e per la condivisione dei dati. Ancora una volta, esorto tutti i 53 Stati membri della regione europea dell'Oms a seguire le raccomandazioni permanenti" sul virus, "a migliorare la sorveglianza per rilevare i cladi I e II di Mpox, a emettere consigli di salute pubblica e rafforzare l'accesso a vaccini e antivirali. È inoltre fondamentale fornire supporto ai contatti familiari stretti dei casi infetti. L'Oms - ribadisce infine - scoraggia qualsiasi restrizione commerciale o di viaggio a causa dell'Mpox".
Cosa dicono gli esperti
I primi casi autoctoni europei del nuovo ceppo Mpox nel Regno Unito "non mi stupiscono", dice all'Adnkronos Salute l'infettivologo Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova. "Era normale attenderli dopo i casi importati in Svezia e Germania. La modalità di trasmissione è quella del contatto ravvicinato, bisogna fare attenzione e vigilare come stanno facendo le autorità. Soprattutto vanno sensibilizzati i medici, se vedono lesioni compatibili con Mpox devono allertarsi. Il quadro clinico di questo Clade 1b è un pochino più aggressivo rispetto al vaiolo delle scimmie che abbiamo visto 2-3 anni fa. Ma comunque nessun allarmismo".
"Il Clade 1b del Mpox gironzola da tempo in Europa, arrivato da chi è rientrato in Africa - spiega all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Massimo Ciccozzi - I rapporti sessuali non protetti e toccare le pustole del vaiolo sono i comportamenti a rischio. Chi viaggia in Africa dove c'è l'epidemia Mpox deve stare attento, in Repubblica Democratica del Congo c'è il Clade 1 che è anche peggio perché ha una letalità più alta del Clade 1b. C'è un vaccino efficace del vaiolo umano che funziona anche per il Mpox, chi va in zone a rischio deve fare almeno un dose di vaccino, il richiamo va fatto a 3 mesi di distanza. Se invece si ritorna e si convive con altre persone è bene essere attenti per una settimana che è il periodo di incubazione del Mpox".
I primi casi autoctoni europei del nuovo ceppo di vaiolo delle scimmie, confermati nel Regno Unito, "purtroppo ci dicono che la diffusione globale di virus è un fenomeno a cui dobbiamo abituarci", commenta l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente d'Igiene all'università del Salento. "L’espansione dell’epidemia in Africa faceva temere una diffusione internazionale. È importante essere preparati localmente e bloccare i focolai mano a mano che vengono identificati", conclude.
Salute e Benessere
Telemedicina, accordo Regione Puglia e Novartis per...
Il protocollo si inserisce nel percorso già avviato con Progetto Hermes
Regione Puglia e Novartis Italia uniscono le forze per avviare un progetto finalizzato a migliorare la gestione delle cronicità sul territorio, attraverso l’ottimizzazione dei percorsi organizzativi e facendo leva sulle potenzialità offerte dalla tecnologia. Il protocollo si aggiunge al percorso sinergico già avviato con il Progetto Hermes, volto al potenziamento della gestione digitale dei pazienti cronici pugliesi grazie alla telemedicina con oltre 630 tele-visite organizzate tra il 2022 e 2023.
Circa il 13% dei cittadini pugliesi convive con una malattia cronica, in cui rientrano anche i tumori, con circa il 2,5% costretti a fare i conti con due o più patologie croniche. Questi dati significativi - spiega una nota - sono destinati a crescere anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. La Regione Puglia è da sempre in prima linea nel rispondere ai bisogni assistenziali e di cura delle persone con cronicità, anche attraverso le opportunità offerte dalla tecnologia. In questa prospettiva nasce la condivisione di un progetto nell’ambito del protocollo siglato da Regione Puglia e Novartis Italia, per migliorare la gestione dei pazienti cronici sul territorio regionale. Il progetto si concentrerà sull’ottimizzazione dei percorsi per i pazienti con particolare attenzione alla continuità assistenziale ospedale-territorio e sulle potenzialità offerte dalla tecnologia, in particolare dalla telemedicina, già al centro del progetto Hermes che ha visto la condivisione di una sperimentazione tra la Regione Puglia e Novartis Italia per potenziare la gestione digitale de pazienti cronici.
“Garantire una risposta concreta ai bisogni dei pazienti cronici è una delle priorità della nostra amministrazione - afferma vicepresidente della Regione Puglia e neo-assessore alla Salute, Raffaele Piemontese - con l’impegno di risorse tecnologiche e competenze condivise, intendiamo rendere più accessibile e vicina l’assistenza sanitaria ai cittadini. Il nostro obiettivo è che, grazie a modelli assistenziali moderni come la telemedicina, il paziente pugliese possa contare su un sistema di cure efficace, rapido e monitorabile in ogni fase del percorso”. A tale proposito, “la sinergia di tutti gli attori del sistema salute – osserva Valentino Confalone, Country President di Novartis Italia – è fondamentale per dare risposte efficaci alle sfide poste dalla cronicità e migliorare la presa in carico dei pazienti cronici, anche attraverso l'utilizzo della tecnologia. Ed è proprio in questo senso che si inserisce l’impegno di Novartis ad agire al fianco della Regione Puglia. Una collaborazione che vede aggiungersi un nuovo e significativo tassello per reimmaginare la sanità del futuro mettendo a fattore comune le rispettive competenze tecniche e scientifiche”.
Guidato da un tavolo di lavoro regionale, il progetto Hermes ha portato alla co-ideazione di un modello operativo digitale e quindi di un ‘percorso paziente’ digitalizzato che è stato implementato come progetto pilota nelle Unità operative di riferimento dell’Aou Policlinico di Bari e dell’Aou Policlinico di Foggia. Dall’avvio del progetto – tra il 2022 e il 2023 – sono state effettuate complessivamente oltre 630 tele-visite nel Policlinico di Bari in neurologia, reumatologia e medicina interna.
Il progetto Hermes si inserisce nell’impegno della Regione Puglia per sperimentare le potenzialità del digitale in ambito sanitario attraverso l’implementazione di modelli innovativi nell’ambito delle patologie croniche e mette al centro il paziente in tutte le fasi della malattia, dallo screening al follow-up, garantendo così anche continuità e prossimità di cura.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
Salute e Benessere
Malattie rare, Omar e Biogen su proposte per accelerare...
Esperti pazienti e istituzioni a confronto su necessità più urgenti di pazienti con Sma Sla e Atassia di Friedreich
Potenziare programmi di formazione per i medici coinvolti nel patient journey delle patologie rare neuromuscolari e neurodegenerative quali l’Atrofia muscolare spinale (Sma), la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e l’Atassia di Friedreich (Af), al fine di aumentare la sensibilità alla precoce identificazione dei segni e sintomi e accelerare la diagnosi e la presa in carico dei pazienti da parte di centri specializzati. È una delle istanze emerse nel corso dell’evento ‘Il percorso della rarità: dalle sfide alle soluzioni’, oggi a Roma, organizzato da Biogen Italia con la media partnership di Omar, Osservatorio malattie rare. L’incontro si è strutturato in tre tavole rotonde: un dibattito che, a partire dalle specificità di patologie rare neuromuscolari e neurodegenerative come Sma, Sla e Atassia di Friedreich - spiega una nota - ha voluto far emergere necessità comuni legate al mondo delle patologie rare e alle aree su cui è prioritario un intervento delle Istituzioni.
Tra le richieste emerse: dotare il territorio nazionale di infrastrutture e percorsi adeguati e omogenei ai fini dell’esecuzione dei test genetici per le patologie rare neuromuscolari, anche attraverso un’attenta mappatura dei laboratori e dei dipartimenti di genetica medica, per garantire ai pazienti e alle loro famiglie una capillarità ed equità di accesso, sia sul piano della diagnostica che della consulenza genetica; collaborare, insieme alle associazioni dei pazienti e ai clinici, alla costruzione di Piani diagnostico terapeutico assistenziali (Pdta) nazionali e regionali per le patologie rare neuromuscolari, garantendo standard uniformi di assistenza. E ancora, strutturare la transizione dal setting pediatrico a quello dell’adulto, immaginando protocolli ad hoc. Rendere lo screening neonatale uniforme su tutto il territorio nazionale, ma anche accelerare l’iter parlamentare e l’approvazione della legge sul caregiver familiare, figura quanto mai cruciale nell’assistenza di persone con malattie rare neuromuscolari e neurodegenerative.
“In Biogen crediamo che il nostro ruolo come azienda debba andare oltre l’ambito della ricerca medico-scientifica e dello sviluppo di soluzioni terapeutiche – ha affermato Giuseppe Banfi, amministratore delegato Biogen Italia – Da questa premessa nasce l'incontro di oggi, che vuole essere un momento di ascolto delle istanze di pazienti e clinici e di confronto con le istituzioni, affinché possano scaturire proposte concrete per migliorare la diagnosi e la presa in carico delle persone che convivono con una malattia neurologica rara. Il progresso della scienza deve necessariamente essere accompagnato da un'evoluzione dei modelli di presa in carico e gestione di queste patologie, in cui si rilevano ancora oggi dei gap, dalla diagnosi complessa e spesso tardiva, alla necessità di strutturare percorsi uniformi di presa in carico. Biogen, con il suo crescente e solido impegno nel mondo delle patologie rare e in linea con il suo storico approccio ‘di sistema’, vuole continuare a essere promotrice di questo dialogo costruttivo tra tutti gli attori, per contribuire a un miglioramento complessivo della vita di queste persone”.
Come ha osservato Nicola Ticozzi, direttore Uo Neurologia, Irccs Istituto Auxologico Italiano, Università degli Studi di Milano e Coordinatore GdS Malattie del Motoneurone della Sin, Società italiana di neurologia: “Le patologie rare di origine neuromuscolare e neurodegenerativa rappresentano un paradigma nel panorama delle malattie rare poiché, la gran parte di queste condizioni, ha un decorso cronico e richiede spesso un approccio multidisciplinare. In questo contesto, il neurologo ha un ruolo centrale nel coordinare la presa in carico e supportare i pazienti e le loro famiglie nel complesso percorso diagnostico e terapeutico. Negli ultimi anni, le malattie rare neurologiche sono state oggetto di crescente attenzione da parte della comunità scientifica e, di fronte agli straordinari progressi della ricerca e della diagnostica, è quanto mai urgente condividere le informazioni e le best practice, facendo network tra i centri specializzati, i medici e i ricercatori, le società scientifiche e le associazioni dei pazienti, dialogando con le Istituzioni al fine di colmare i gap infrastrutturali, garantire al paziente una presa in carico adeguata e omogenea e assicurare equità nell’accesso all'informazione e alle possibilità terapeutiche”.
Sull’Atassia di Friedreich (Af), “ribadiamo con forza - ha detto Carlo Rossetti, presidente onorario, responsabile Rapporti istituzionali e federativi Associazione italiana per la lotta alle sindromi atassiche (Aisa) Odv – la necessità di rafforzare l’expertise dei pediatri, dei medici di medicina generale e degli specialisti coinvolti nel patient journey dell’atassia per renderli più pronti al sospetto diagnostico e accelerare così il referral al neurologo e, di conseguenza, la diagnosi. Sul fronte della presa in carico, un aspetto molto sentito è quello della fisioterapia, rispetto a cui sono due le esigenze più cogenti. Da una parte, avremmo bisogno che venisse modificato il riconoscimento della nostra patologia, definita cronica”, per “avere accesso continuo alla riabilitazione fisioterapica e anche alla logopedia. Dall’altra parte, occorrerebbe mappare, sistematizzare e uniformare su scala nazionale i servizi di fisioterapia, oggi ancora subordinati a un’offerta che varia da Regione a Regione o anche da un distretto sanitario all’altro, senza dimenticare la forte presenza di strutture private su cui non sempre è possibile garantire un rigoroso controllo della qualità del servizio offerto”.
Sulla Sla, Pina Esposito, segretario nazionale Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) Aps ha osservato: “Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha fatto grandi progressi nello studio delle cause della malattia, rivelando un'importante componente genetica. Le mutazioni genetiche identificate sono responsabili del 70% dei casi familiari e di circa il 12% dei casi sporadici, sottolineando l'importanza dei test genetici per una comprensione dei meccanismi e per le implicazioni pratiche della malattia. Stiamo vivendo un momento di cambiamento nella prospettiva terapeutica, che segna l'inizio di una nuova fase nella lotta contro la malattia dopo 150 anni. La diagnosi precoce riveste quindi un ruolo fondamentale nell'accesso a trial clinici e terapie mirate. È stato scientificamente dimostrato che nel caso delle persone con Sla associata a mutazione del gene Sod1, un intervento tempestivo è cruciale per garantire il successo di queste terapie all'avanguardia. Tuttavia, in Italia l'accesso ai test genetici non è uniforme su tutto il territorio nazionale, con tempi di refertazione. È necessario che il sistema sanitario si adegui ai progressi scientifici e alle legittime aspettative dei pazienti; pertanto, Aisla chiede al ministero della Salute di lavorare insieme a pazienti e caregiver e alla comunità scientifica per adottare linee guida nazionali che possano standardizzare i metodi di analisi e i tempi di consegna dei risultati. La sfida è quella di una presa in carico condivisa in modo collaborativo tra Istituzioni, clinici, ricercatori e le persone che vivono l'esperienza della malattia, compresi i familiari che se ne prendono cura”.
Anche “accedere o meno allo screening neonatale per la Sma può fare un’enorme differenza nella prospettiva di vita dei bambini - ha sottolineato Anita Pallara, presidente di Associazione famiglie Sma Ats Eps - Per questo, anche alla luce del parere positivo emesso dal Gruppo di lavoro del ministero della Salute su questo tema, credo non sia più accettabile che questo diritto alla salute non possa essere garantito su tutto il territorio nazionale in egual misura, lasciando alla discrezione regionale la possibilità di accedervi. Chiediamo con forza alle Istituzioni che venga affrontata con urgenza, in modo organico e uniforme, la messa a sistema dell’accesso allo Screening neonatale. La ricerca ha introdotto le condizioni per cambiare la storia della malattia. Oggi parliamo di un’altra Sma, vediamo i nostri bambini diventare adulti, con bisogni clinici, progetti e aspettative di vita molto diversi da come potevamo sperare solo qualche anno fa. Per questo diventa sempre più importante ripensare anche ai percorsi di presa in carico nella transizione dall’età pediatrica all’età adulta, trasferendo le migliori pratiche dei centri esperti multidisciplinari a tutti i presidi clinici. Occorrono standard di cura condivisi e formazione degli operatori per accogliere una nuova generazione di giovani e adulti che - ha concluso - vivono la malattia in modo diverso”.
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Eventi estremi, Consulcesi lancia corsi per chi opera in...
In occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sugli tsunami la proposta formativa ‘che salva la vita’
Le recenti inondazioni di Valencia e dell’Emilia-Romagna sono una chiara testimonianza di una crisi climatica che rende sempre più urgente la necessità di sanitari preparati alle emergenze. Consulcesi Club, in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza sugli tsunami, che si celebra oggi, 5 novembre, ribadisce il ruolo cruciale della formazione per gli operatori in situazioni estreme, dove ogni minuto conta e un intervento preparato può fare la differenza tra la vita e la morte. Anche se è un’emergenza forse poco conosciuta nel nostro Paese, visto che gli tsunami sono tipici di altre regioni del mondo, il cambiamento climatico e gli avvenimenti nefasti che si stanno accumulando in Italia e in Europa ci fanno comprendere come il mondo sia cambiato e anche noi, che sembravamo al riparo da certi tipi di eventi, dobbiamo essere pronti e in grado di fronteggiarli. In primi, ovviamente, gli operatori sanitari.
In questo scenario, la necessità di personale sanitario costantemente aggiornato e formato diventa cruciale, non solo nelle tecniche di primo soccorso, ma anche nella gestione delle situazioni di stress e del rischio, per intervenire con tempestività ed efficacia anche in contesti operativi molto difficili. Per supportarli in questo percorso di crescita professionale, Consulcesi Club mette a disposizione degli operatori sanitari diversi corsi formativi incentrati proprio sugli eventi catastrofici ed emergenziali.
Nel dettaglio, i corsi interessano: Medicina dei disastri e gestione delle emergenze sanitarie (7,5 crediti Eecm), progettato per preparare gli operatori sanitari a gestire situazioni di emergenza complesse con l'obiettivo di ripristinare rapidamente la normalità e ridurre il numero delle vittime. Attraverso video-lezioni e materiali di approfondimento, i partecipanti acquisiranno competenze pratiche e strategie basate su best practice per affrontare disastri, anche in contesti con risorse limitate. Il corso, supervisionato d Andrea Andreucci, presidente della Società italiana degli infermieri di emergenza territoriale (Siiet), include un test finale ed è focalizzato sull’innovazione e gestione in ambito sanitario; Emergency Assistance in Severe Terrains: le scelte giuste in emergenza estrema (15 crediti Ecm), per la formazione specifica per il soccorso in ambienti difficili, con approfondimenti sui dispositivi di immobilizzazione, tecniche ‘Stop the bleed’, e nuovi presidi introdotti dal conflitto in Ucraina.
Si trattano tecniche di gestione delle vie aeree e approcci farmacologici adattati alla scarsità di risorse in contesti remoti. Vengono anche esplorati temi come la sicurezza dell'operatore, il Crew Resource Management e le abilità non tecniche. Inoltre, il corso include cenni sul soccorso in valanga, la gestione di pazienti ipotermici e l’uso di mezzi ad ala rotante. Il corso è strutturato in video-lezioni con materiali di approfondimento e un test finale, ed è guidato dai responsabili scientifici Andrea Andreucci e Marco Servetti, rispettivamente infermiere di emergenza-urgenza e tecnico di emergenza territoriale.
Un altro corso, ‘Il ruolo del Peimaf nelle maxiemergenze’ (6 crediti Ecm), il cui responsabile scientifico è Muzio Stornelli, infermiere, formatore e consulente sanitario legale-forense, si concentra sulla medicina d'urgenza nelle catastrofi, ispirata a eventi come l'11 settembre e altri tragici disastri, e sulla gestione del Peimaf (Piano di emergenza interno per il massiccio afflusso di feriti). Questo piano, redatto dalle Regioni, è essenziale per coordinare le risorse e rispondere rapidamente in situazioni di emergenza per salvare il maggior numero di vite e garantire la sicurezza del personale. Il Peimaf si articola in 4 fasi - allarme, attivazione, soccorso, cessato allarme - per trasformare il caos iniziale in un’organizzazione efficiente. Al termine del corso, i partecipanti saranno in grado di pianificare e gestire operazioni di soccorso nelle maxiemergenze, applicando il Peimaf per ridurre confusione e tempi di intervento.
Infine è previsto anche un corso su ‘Soccorso in mare: gestione efficace e in sicurezza delle emergenze’ (4,5 crediti Ecm) che prepara i professionisti a intervenire in contesti caratterizzati da rischi elevati e condizioni logistiche difficili. Si focalizza sia sulle competenze tecniche sanitarie (algoritmi terapeutici e procedure di trattamento) sia sulle competenze non tecniche (gestione dello stress e delle abilità psicologiche necessarie per affrontare situazioni ad alto carico emotivo). I partecipanti apprenderanno l’organizzazione e la gestione dei sistemi di soccorso in mare, incluse le operazioni di soccorso a migranti e i sistemi di accoglienza a terra, oltre a tecniche di supporto psicologico. Il responsabile scientifico del corso, anche questo con lezioni multimediali e un test finale, è Andrea Andreucci.
Questi corsi fanno parte dell’offerta formativa che Consulcesi Club dedica ai professionisti sanitari da anni con una vasta gamma di corsi Fad multimediali e interattivi, pensati per supportare la crescita professionale dei sanitari, con oltre 300 corsi, webinar ed eBook che coprono più di 1.800 crediti Ecm in ambiti come management, medicina, sicurezza e aspetti legali. Accessibile da qualsiasi dispositivo digitale, la piattaforma include strumenti innovativi come film formativi e videoclip educativi. Oltre alla formazione, Consulcesi Club offre numerose risorse essenziali per la pratica quotidiana attraverso podcast, video, infografiche e articoli personalizzati. Il Club mette a disposizione anche un network di avvocati specializzati per il supporto legale, un assistente personale dedicato e consulenze assicurative. Inoltre, favorisce il networking tra colleghi grazie all'Elenco professionisti sanitari, che facilita collaborazioni e connessioni tra i membri del settore sanitario. Per ulteriori dettagli sul corso e sulle modalità di iscrizione, è possibile visitare il sito di Consulcesi Club.
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