Elezioni Usa, come si elegge il presidente: dal voto ai risultati, ecco chi vince
Gli americani alle urne per la sfida tra Trump e Harris. E non solo...
Le elezioni presidenziali americane del 2024 non sono solo una sfida tra Donald Trump e Kamala Harris. I risultati decideranno ovviamente il nuovo presidente. Ma oltre ad assegnare il controllo della Casa Bianca, determineranno la composizione del Senato, della Camera dei rappresentanti. E definiranno la linea su temi chiave in molti Stati. Ma cosa succede alla chiusura delle urne? I primi risultati nelle ore successive potrebbero non essere determinanti e, nonostante le ripetute rassicurazioni su uno spoglio più veloce rispetto al 2020, potrebbe essere necessario aspettare giorni o settimane per proclamare il vincitore.
Gli stati infatti decidono le proprie procedure elettorali e l'ordine in cui contano i voti anticipati, per posta e il giorno delle elezioni varia, così come la rapidità con cui alcune città, contee e regioni comunicano i loro risultati.
Quanti voti servono per vincere
Per vincere bisogna arrivare al numero magico di 270 voti per avere la maggioranza nel Collegio Elettorale. Come è noto, ad ogni stato corrisponde un numero di grandi elettori: sono loro a scegliere il presidente.
È estremamente improbabile che conosceremo il vincitore del concorso presidenziale la notte delle elezioni. I funzionari negli uffici elettorali che contano i voti e certificano i risultati delle elezioni determinano il vincitore. La certificazione avviene giorni o addirittura settimane dopo le elezioni.
Quasi tutti gli Stati adottano un sistema "winner-takes-all"(il vincitore prende tutto), dove il candidato che ottiene la maggioranza dei voti popolari in uno stato conquista tutti i suoi voti elettorali. Le uniche eccezioni sono rappresentate da Maine e Nebraska, in cui i voti elettorali sono assegnati in modo proporzionale.
7 Stati chiave e 13 contee decisive
Dalla nostra mezzanotte, con i primi risultati da Indiana e Kentucky, fino alle 6 del mattino, con quelli di Alaska e Hawaii di mercoledì, inizia la lunga maratona dell'election night americana. I sondaggi continuano a descrivere il duello come un testa a testa all'ultimo voto, anche se non si prevede che si dovranno aspettare cinque giorni, come 4 anni fa con Joe Biden.
Harris e Trump si stanno scontrando su sette stati decisivi: Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, i tre stati dei Grandi Laghi che formano il "muro blu" che il tycoon ha infranto nel 2016 ma che il presidente Joe Biden ha conquistato nel 2020, e Arizona, Georgia, Nevada e North Carolina, i quattro campi di battaglia della Sun Belt.
Ma da tenere d'occhio per le sorti del duello sono 13 le contee di questi Stati: secondo una mappa elettorale del Cook Political Report ripresa da Axios, tre sono in Pennsylvania, due in Georgia, North Carolina, Wisconsin e Michigan, ed una sia in Arizona che in Nevada.
Come funziona il Collegio elettorale e chi sono i grandi elettori
Il risultato del voto più importante non è quello nazionale, ma di collegio. Il sistema del collegio elettorale è il meccanismo con cui viene eletto il presidente negli Stati Uniti, diverso dal voto popolare 'diretto' comune in Europa.
Ecco come funziona: ognuno dei 50 stati americani ha un certo numero di Grandi Elettori, basato sulla sua rappresentanza al Congresso, cioè numero di senatori più il numero di rappresentanti. In totale ci sono 538 Grandi Elettori (100 senatori e 435 deputati). A questi, secondo quanto previsto dal XXI emendamento si aggiungono gli elettori eletti dal Distretto di Columbia, che sono in numero pari al numero di elettori previsto dallo Stato meno popoloso dell'Unione, attualmente tre. Quando gli elettori votano, stanno in realtà scegliendo i Grandi Elettori, che poi voteranno il candidato presidente che ha vinto il voto popolare nello Stato di cui sono rappresentanti. Per vincere un candidato deve ottenere almeno 270 voti elettorali.
Ogni stato ha un numero di grandi elettori pari alla somma dei suoi senatori (sempre due) e dei rappresentanti alla Camera, che variano in base alla popolazione. La California, ad esempio, ha 54 elettori; il Texas ne ha 40, mentre gli scarsamente popolati Alaska, Delaware, Vermont e Wyoming ne hanno solo tre ciascuno. La maggior parte sono funzionari eletti a livello locale o leader di partito, ma i loro nomi non compaiono sulle schede elettorali.
Cosa succede il 16 dicembre e il 6 gennaio
Dopo le elezioni di novembre, i grandi elettori si riuniscono il lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre (quest'anno il 16) nei rispettivi stati per votare formalmente per il presidente e il vicepresidente. Il 6 gennaio il Congresso degli Stati Uniti procede all'apertura della buste e al conteggio dei voti che ciascun grande elettore ha espresso. È possibile che un candidato vinca la presidenza senza ottenere la maggioranza dei voti popolari, come accaduto nel 2016, quando Donald Trump ha ottenuto 306 voti elettorali, ben più dei 270 necessari, pur non avendo la maggioranza del voto popolare, andato a Hillary Clinton. Questo sistema ha lo scopo di bilanciare il potere tra stati più e meno popolosi, sebbene susciti critiche per il rischio di distorcere la volontà popolare complessiva.
Esteri
Finlandia, cavo sottomarino danneggiato da petroliera:...
La polizia indaga per sabotaggio aggravato. Nato: "Pronti al supporto"
La polizia finlandese sta indagando sulla petroliera "Eagle S" proveniente dalla Russia in relazione all'interruzione di servizio, a partire dal mezzogiorno di ieri, del cavo sottomarino "Estlink-2" che porta energia elettrica dalla Finlandia all'Estonia e ha aperto una inchiesta per sabotaggio aggravato.
La petroliera con bandiera delle Isole Cook trasportava benzina senza piombo caricata in un porto russo e farebbe parte della cosiddetta 'Flotta fantasma' delle navi che operano per escludere il regime sanzionatorio, ha spiegato Sami Rakshit, direttore generale delle dogane finlandesi.
Il Presidente della Finlandia Alexander Stubb sollecita l'eliminazione dei "rischi provocati" dalle navi della cosiddetta 'Flotta fantasma russa", che portano il petrolio da vendere fuori dal regime sanzionatorio. "Da ieri seguiamo la situazione", ha spiegato il Premier finlandese, Petteri Orpo. Nel frattempo, in Estonia è stata convocata una riunione straordinaria di governo. Lo scorso novembre erano stati messi fuori uso altri due cavi sottomarini nel Mar Baltico: uno dalla Finlandia alla Germania e l'altro fra la Lituania e la Svezia. Nel settembre 2022 erano stati datti esplodere i gasdotti NordStream. "Siamo in stretto contatto con i nostri colleghi nel Baltico settentrionale", ha affermato il Pemier estone, Kristen Michal.
Rutte: "Nato pronta al supporto"
"Ho parlato con il premier estone Kristen Michal del presunto possibile sabotaggio dei cavi del Mar Baltico. La Nato - scrive su X il segretario generale Mark Rutte - è solidale con gli alleati e condanna qualsiasi attacco alle infrastrutture critiche. Stiamo seguendo le indagini di Estonia e Finlandia e siamo pronti a fornire ulteriore supporto".
Ue chiede una stretta
Mentre l'Unione europea anticipa la proposta di ulteriori misure per contrastare la Flotta fantasma di petroliere che portano petrolio russo in modo illecito dopo che la Finlandia ha indicato una di queste navi come probabilmente responsabile del danno al cavo sottomarino elettrico diretto in Estonia, solo "l'ultimo di una serie di attacchi sospetti contro infrastrutture critiche", come si legge in una dichiarazione congiunta della Commissione e dell'Alta rappresentante.
"In risposta a questi incidenti - si fa riferimento anche a quelli dello scorso novembre - stiamo potenziando gli sforzi per proteggere i cavi sottomarini, incluso con uno scambio di informazioni rafforzato, nuove tecnologie per individuare i responsabili e capacità di riparazione sottomarina e cooperazione internazionale", si precisa, evidenziando che "al momento non ci sono rischi per la sicurezza dei rifornimenti di energia elettrica nella regione".
Esteri
Siria, la moglie di Assad gravemente malata: “Ha la...
Lo riferisce The Telegraph, secondo il quale l'ex first lady di origine britannica è stata isolata per ridurre al minimo il rischio di infezione
Asma al-Assad, moglie del deposto presidente siriano Bashar al-Assad, starebbe combattendo contro la leucemia e avrebbe una probabilità di sopravvivenza del 50%. Lo riferisce The Telegraph, secondo il quale l'ex first lady di origine britannica è stata isolata per ridurre al minimo il rischio di infezione e sta seguendo un trattamento.
Asma aveva già combattuto contro il cancro al seno nel 2019, da cui era guarita dopo un anno di cure. Ma si ritiene che la sua leucemia sia ricomparsa dopo un periodo di remissione. La presidenza siriana aveva annunciato a maggio di quest'anno che all'allora first lady era stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta, un cancro aggressivo del midollo osseo e del sangue.
Nata a Londra nel 1975 da genitori siriani, Asma al-Assad ha una doppia cittadinanza britannica e siriana. Ha conseguito lauree in informatica e letteratura francese al King's College di Londra prima di intraprendere una carriera nell'investment banking. Asma ha sposato Bashar al-Assad nel dicembre 2000. La coppia ha tre figli: Hafez, Zein e Karim.
L'8 dicembre, in seguito a un'offensiva ribelle guidata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS) contro il regime di Damasco, la famiglia è fuggita dalla Siria e si è rifugiata in Russia. Sembra che Asma abbia cercato di esiliarsi a Londra con i suoi figli da quando è iniziata la rivolta siriana, ma il ministro degli Esteri inglese David Lammy ha dichiarato che l'ex first lady siriana non benvenuta nel Regno Unito.
I resoconti suggeriscono che abbia anche chiesto il divorzio dal presidente siriano detronizzato perché "insoddisfatta" della sua vita a Mosca. Tuttavia, il Cremlino ha respinto le indiscrezioni, affermando che " non corrispondono alla realtà".
Esteri
Ucraina, Lavrov: “Una tregua ora sarebbe...
Il ministro degli Esteri russo: "Abbiamo bisogno di accordi giuridici definitivi"
La Russia gela le speranze di una tregua in Ucraina. "Un cessate il fuoco è una strada che non porta da nessuna parte", ha detto in una intervista a giornalisti russi e stranieri il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, secondo il quale "sono necessari degli accordi affidabili".
"Sulla questione molto è stato detto. Ne ha parlato anche il Presidente russo. Non ci accontenteremo di chiacchiere. Finora abbiamo sentito parlare della necessità di arrivare a un cessate il fuoco, ma nessuno nasconde che l'obiettivo di una tregua è quello di guadagnare tempo per continuare a inondare l'Ucraina di armi e consentire alle forze ucraine di raggrupparsi, di mobilitare personale e osì via”, ha osservato.
“Il cessate il fuoco è un vicolo cieco”, ha sottolineato Lavrov. “Abbiamo bisogno di accordi definitivi e giuridicamente vincolanti che documentino le condizioni per garantire la sicurezza della Russia e, naturalmente, gli interessi legittimi dei nostri vicini, ma in un modo basato sul diritto internazionale, che renderà impossibile la violazione di tali accordi”, ha aggiunto.
La Francia ha contattato la Russia molteplici volte attraverso canali riservati per offrire assistenza per aprire un dialogo sull'Ucraina, ha poi reso noto Lavrov, sottolineando come tali contatti sono avvenuti "senza coinvolgere Kiev". Lavrov ha denunciato il comportamento "ambiguo" della Francia.
Lavrov ha poi parlato di contatti in corso con le nuove autorità al potere in Siria dedicati alla sicurezza dei russi e dell'ambasciata a Damasco senza dire nulla della questione delle basi di Tartus e Kmeimim concesse in uso alle forze russe dal regime di Assad. La Russia è "interessata e disponibile" al dialogo anche su altro, si limita a proporre Lavrov, sottolineando che Mosca condivide quanto detto di recente dal nuovo leader siriano Ahmed Sharaa, secondo cui le relazioni fra Mosca e Damasco sono strategiche. "Non abbiamo ritirato i nostri diplomatici da Damasco, la nostra ambasciata continua a operare come molte altre. Stiamo mantenendo contatti con le nuove autorità siriane attraverso la nostra missione diplomatica. Stiamo discutendo di questioni pratiche relative alla sicurezza dei russi e al funzionamento sicuro dell'ambasciata", ha spiegato, lasciando intendere che ci vorrà tempo perché altre questioni saranno sollevate e anche la pazienza della Russia.
Qatar, Arabia saudita o Emirati località possibili per vertice Trump-Putin
La Russia prova intanto a definire le condizioni per il vertice fra Donald Trump e Vladimir Putin che non è ancora stato fissato e prima ancora dell'insediamento del Presidente americano eletto. Il quotidiano Izvestia cita esperti secondo cui le località più probabili sono in Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Paesi neutrali, impegnati da tempo in uno sforzo di mediazione fra Mosca e Kiev sulla facilitazione degli scambi di prigionieri di guerra (ma anche sul ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, ndr) e che non hanno aderito alla Corte penale internazionale. Izvestia precisa che pur se la Svizzera ha confermato la sua disponibilità a ospitare un vertice Trump-Putin, non potrebbe andare bene perché per Mosca non è più un Paese neutrale. Scarse probabilità anche che la riunione si tenga in un Paese europeo. Ma non si esclude la Turchia.
Vventati attentati contro ufficiali difesa, arrestati russi reclutati da Kiev
L'Fsb in Russia rivendica di aver sventato attentati contro diversi alti ufficiali del ministero della Difesa coinvolti con l'operazione militare speciale contro l'Ucraina. Due russi "reclutati da Kiev" sono stati arrestati. Uno dei due in flagrante mentre cercava di sistemare un ordigno esplosivo sotto l'auto di un alto ufficiale del ministero della Difesa a Mosca. L'ordigno avrebbe dovuto essere fatto esplodere in remoto. La persona arrestata in flagrante ha confessato di essersi trasferito in Ucraina nel novembre del 2020 e di essere stato reclutato da Kiev. Sarebbe poi arrivato in Russia dalla Moldova e dalla Georgia. Anche il secondo ha confessato all'Fsb di essersi trasferito in Ucraina e di essere stato reclutato dalle forze speciali di Kiev. Che gli hanno ordinato di tornare in Russia per tenere sotto controllo alti ufficiali del ministero della Difesa e le loro famiglie. A metà mese è stato ucciso a Mosca il comandante delle forze di protezione radiologica, chimica e biologica, Igor Kirillov.