Malattie della pelle, efficace il pre-screening online su ‘Derma-Point.it’
Con progetto digitale diagnosi più rapida per circa il 50% di persone a rischio di cheratosi attinica
Grazie alla compilazione di un semplice test online sul sito Derma-Point.it, 1 persona su 2 con significativi fattori di rischio per la cheratosi attinica ha ottenuto gratuitamente una diagnosi specialistica e un rapido accesso alle cure. A 3 anni dall'avvio, Derma-Point.it si afferma un punto di riferimento autorevole in Rete, grazie alla collaborazione editoriale di un board di circa 30 dermatologi, e una vera e propria esperienza digitale interattiva che incoraggia il paziente ad assumere un ruolo attivo nella gestione della sua salute. Nato per favorire la diagnosi precoce di alcune tra le più diffuse patologie cutanee come la psoriasi, la dermatite atopica e la cheratosi attinica, migliorare la collaborazione tra medico e paziente, a vantaggio del successo terapeutico e del benessere complessivo dell'assistito, il progetto digitale ha il patrocinio di Sidemast, Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e di malattie sessualmente trasmesse, e delle associazioni di pazienti Anda (Associazione nazionale dermatite atopica) e Apiafco, con il supporto dell'azienda farmaceutica Almirall. Significativo, in termini di numeri e potenziale prognostico - si legge in una nota - il test di pre-screening per la cheratosi attinica ideato dagli esperti di Derma-Point.it e compilato ogni anno da oltre 10mila utenti.
"Ringrazio Sidemast - afferma Grazia Minuto, Head of Derma Health Sales & Marketing di Almirall - per aver collaborato alla realizzazione e validazione scientifica di tale strumento digitale, che ha costituito il pilastro di un'importante campagna di sensibilizzazione supportata da Almirall. La campagna ha permesso a mille persone con significativi fattori di rischio per la cheratosi attinica di recarsi gratuitamente nei principali ospedali italiani per ottenere, nel 50% dei casi, un'effettiva diagnosi e un rapido accesso alle cure. Ricordiamo che la cheratosi attinica, dovuta a un eccesso di esposizione solare senza adeguata protezione, in alcuni casi può portare al tumore cutaneo".
Così, "dopo il successo ottenuto con la cheratosi attinica - aggiunge Laura Lertora, Customer Engagement Operations Lead di Almirall - gli esperti del portale stanno lavorando a uno strumento di pre-screening digitale per individuare il sommerso di pazienti potenzialmente affetti da dermatite atopica. Purtroppo, questa malattia ancora oggi viene diagnosticata - e quindi curata - con grande ritardo, causando ripercussioni sulla qualità di vita di chi ne soffre. La diagnosi precoce e l'eventuale accesso ai farmaci esistenti ed altri in arrivo potranno migliorare le condizioni di queste persone".
Altri strumenti digitali ideati da Derma-Point.it sono quelli di aiuto nella gestione quotidiana della cronicità. Ne è un esempio il test per il follow-up a distanza della psoriasi, che invita i pazienti a seguire l'andamento della loro condizione e le ripercussioni sulla qualità di vita, così da poterne discutere proficuamente con il medico. "Costruire relazioni di fiducia tra dermatologo e paziente è una delle chiavi del successo terapeutico, soprattutto quando parliamo di patologie croniche, curabili, ma non guaribili, come psoriasi e dermatite atopica - commenta Giuseppe Argenziano, presidente di Sidemast - Un rapporto basato su una comunicazione aperta e onesta incoraggia i pazienti a seguire i trattamenti prescritti e, se necessario, permette allo specialista di fare aggiustamenti nel piano di cura. Non a caso, pazienti soddisfatti dell'interazione col proprio medico tendono ad avere migliori risultati complessivi, perché sono più inclini ad impegnarsi attivamente nella gestione della loro salute".
Sempre nell'ottica della costruzione di relazioni di fiducia, su Derma-Point.it trovano spazio questionari di preparazione alla visita dermatologica, grazie ai quali il paziente può raccogliere dati per poter affrontare un dialogo più efficace con lo specialista; da parte sua, il medico può rispondere in modo più mirato alle domande valutando in anticipo le informazioni ricevute. "La durata delle visite è spesso troppo breve per poter discutere approfonditamente di tutte le necessità di un paziente - osserva Mario Picozza, consigliere e rapporti con la comunità scientifica di Anda - D'altro canto, il paziente non sempre ha la capacità di sottoporre tutti i suoi dubbi in modo chiaro. Ecco perché abbiamo contribuito alla realizzazione di un questionario che il paziente con dermatite atopica possa autosomministrarsi con cadenza periodica, scaricando poi il riepilogo delle risposte date per discuterne con il dermatologo. E' anche questo un modo per rafforzare quell'alleanza terapeutica che si conferma fondamentale - conclude - per il benessere della persona".
Salute e Benessere
Vaiolo delle scimmie, nel Regno Unito primi casi autoctoni...
Sono 2 familiari di un paziente risultato positivo al clade 1b dopo un viaggio in Africa. Oms Europa: "Sappiamo cosa funziona per fermare il virus, applicare le misure"
Anche l'Europa ha i suoi primi casi autoctoni della nuova variante di Mpox che, dopo essersi diffusa in Africa, ha portato l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a dichiarare il virus un'emergenza globale. A confermare i contagi locali è il Regno Unito, dove una persona era risultata positiva al clade 1b di Mpox dopo un viaggio in diversi Paesi africani. In questi giorni anche 2 suoi familiari si sono contagiati e questo "li rende i primi casi di clade 1b di Mpox trasmessi localmente nella regione europea dell'Oms", evidenzia l'Ufficio regionale dell'agenzia Onu per la salute in una nota. "In effetti", rileva l'Oms Europa, questi sono anche "i primi" casi autoctoni che si sono verificati "fuori dall'Africa da quando è stata dichiarata per la seconda volta l'emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale nell'agosto 2024".
Come si trasmette
L'Mpox, ricordano gli esperti, si diffonde tra le persone principalmente attraverso uno stretto contatto fisico, incluso il contatto sessuale. E' implicato nella trasmissione del patogeno anche il contatto con oggetti contaminati dal virus, come biancheria da letto o indumenti, e anche la diffusione dalle goccioline respiratorie a coloro che sono stati a stretto contatto può verificarsi in determinate circostanze, ma quest'ultima non è considerata una modalità di trasmissione comune.
Come ridurre il rischio di contagio
Come ridurre il rischio di contagio? Le misure, in particolare durante i viaggi in Paesi in cui si verificano epidemie, includono l'evitare il contatto ravvicinato, pelle a pelle, compreso il contatto sessuale, con chiunque presenti sintomi. Occorre poi mantenere le mani pulite e sottoporsi al vaccino, se disponibile. Le linee guida dell'Oms sulla vaccinazione contro l'Mpox rimangono invariate, al momento. Ove disponibili, i vaccini, efficaci contro entrambi i cladi, dovrebbero essere considerati prioritari per i gruppi a rischio, inclusi coloro che hanno maggiori probabilità di entrare in stretto contatto con casi infetti, "come gli operatori sanitari e le persone con più partner sessuali, inclusi gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini".
In caso di contagio con il virus Mpox, indipendentemente dal clade, "il proprio medico consiglierà cosa fare durante la convalescenza - informa l'Oms Europa - e occorre seguire le indicazioni nazionali per sapere se questa convalescenza va fatta a casa o sono necessarie cure in una struttura sanitaria". Se viene consigliato l'isolamento a casa, l'invito è a "proteggere il più possibile le persone con cui si vive isolandosi in una stanza separata, evitando di condividere vestiti, biancheria da letto, asciugamani e utensili, assicurando una buona ventilazione in casa e facendo in modo che tutti i membri della famiglia si lavino le mani e disinfettino frequentemente le superfici".
Nel 2022 era stato il clade 2 di Mpox a causare l'epidemia nella regione europea dell'Oms, colpendo principalmente gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (Msm). Nel frattempo una nuova variante ritenuta più aggressiva, il clade 1b, si è invece ampiamente diffuso nella Repubblica democratica del Congo (Rdc) negli ultimi mesi, ma sono stati segnalati successivamente anche casi in Burundi, Ruanda, Uganda, Kenya, con infezioni importate anche in Svezia, India, Thailandia e Germania. "Sulla base della nostra esperienza con Mpox, sappiamo cosa funziona - elenca l'Oms Europa - una forte sorveglianza per identificare i casi, isolamento e trattamento dei casi infetti, tracciamento dei contatti e attento monitoraggio dei contatti, una chiara comunicazione del rischio che affronti la paura e lo stigma e una regolare condivisione dei dati".
Ora, esorta Hans Kluge, direttore regionale di Oms Europa, "è il momento di applicare ampiamente queste misure, coinvolgendo le comunità colpite e prevenendo la trasmissione successiva. L'Oms Europa è pronta a supportare gli Stati membri, anche attraverso la rete paneuropea per il controllo delle malattie recentemente lanciata, attualmente presieduta dall'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (Ukhsa)".
Kluge: "Rischio resta basso ma alzare sorveglianza"
"Il rischio complessivo per la popolazione generale nel Regno Unito e nella regione" europea "più ampia rimane basso, ma la trasmissione locale del clade 1b di Mpox dovrebbe essere l'impulso per i sistemi sanitari della nostra regione ad aumentare le misure di sorveglianza ed essere preparati per un rapido tracciamento dei contatti di casi sospetti e confermati". Restare pronti è l'invito lanciato da Kluge. "Insieme, possiamo fermare la diffusione di Mpox", esorta il direttore regionale di Oms Europa in una nota in cui fa il punto. "Le persone che sospettano di essere infette devono anche essere incoraggiate a farsi avanti per i test, per le cure e per la prevenzione di ulteriori trasmissioni, libere da stigma e discriminazione".
L'emergere di nuovi patogeni, analizza l'Oms Europa, è un 'sottoprodotto' del nostro mondo interconnesso, quindi "non è inaspettato che i contatti stretti e ad alto rischio di una persona infetta possano anche essere infettati da Mpox", chiarisce l'ufficio regionale dell'agenzia Onu per la salute. "Questa incertezza rappresenta tuttavia un rischio, come per qualsiasi epidemia di malattia in evoluzione", osserva ancora l'Oms Europa. "Ecco perché è così essenziale che restiamo vigili per rilevare e rispondere ai casi sospetti e combattere lo stigma, le false informazioni e la paura", che spesso possono ostacolare gli sforzi di risposta e scoraggiare le persone dal fare i test o cercare assistenza. Nel frattempo, i Paesi devono condividere le informazioni "in modo rapido, completo e trasparente", consentendo ad altri di adottare misure appropriate per fermare la diffusione dell'Mpox. Questa la strategia da adottare, secondo l'Oms Europa.
"Mi congratulo con il Regno Unito per la sua pronta azione per rilevare e controllare questo focolaio - commenta Kluge - per la comunicazione chiara e trasparente" che permette di "garantire una segnalazione tempestiva e per la condivisione dei dati. Ancora una volta, esorto tutti i 53 Stati membri della regione europea dell'Oms a seguire le raccomandazioni permanenti" sul virus, "a migliorare la sorveglianza per rilevare i cladi I e II di Mpox, a emettere consigli di salute pubblica e rafforzare l'accesso a vaccini e antivirali. È inoltre fondamentale fornire supporto ai contatti familiari stretti dei casi infetti. L'Oms - ribadisce infine - scoraggia qualsiasi restrizione commerciale o di viaggio a causa dell'Mpox".
Cosa dicono gli esperti
I primi casi autoctoni europei del nuovo ceppo Mpox nel Regno Unito "non mi stupiscono", dice all'Adnkronos Salute l'infettivologo Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova. "Era normale attenderli dopo i casi importati in Svezia e Germania. La modalità di trasmissione è quella del contatto ravvicinato, bisogna fare attenzione e vigilare come stanno facendo le autorità. Soprattutto vanno sensibilizzati i medici, se vedono lesioni compatibili con Mpox devono allertarsi. Il quadro clinico di questo Clade 1b è un pochino più aggressivo rispetto al vaiolo delle scimmie che abbiamo visto 2-3 anni fa. Ma comunque nessun allarmismo".
"Il Clade 1b del Mpox gironzola da tempo in Europa, arrivato da chi è rientrato in Africa - spiega all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Massimo Ciccozzi - I rapporti sessuali non protetti e toccare le pustole del vaiolo sono i comportamenti a rischio. Chi viaggia in Africa dove c'è l'epidemia Mpox deve stare attento, in Repubblica Democratica del Congo c'è il Clade 1 che è anche peggio perché ha una letalità più alta del Clade 1b. C'è un vaccino efficace del vaiolo umano che funziona anche per il Mpox, chi va in zone a rischio deve fare almeno un dose di vaccino, il richiamo va fatto a 3 mesi di distanza. Se invece si ritorna e si convive con altre persone è bene essere attenti per una settimana che è il periodo di incubazione del Mpox".
I primi casi autoctoni europei del nuovo ceppo di vaiolo delle scimmie, confermati nel Regno Unito, "purtroppo ci dicono che la diffusione globale di virus è un fenomeno a cui dobbiamo abituarci", commenta l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente d'Igiene all'università del Salento. "L’espansione dell’epidemia in Africa faceva temere una diffusione internazionale. È importante essere preparati localmente e bloccare i focolai mano a mano che vengono identificati", conclude.
Salute e Benessere
Eleonora Daniele e il libro verità contro i tabù sulla...
'Ma siamo tutti matti?' è il titolo provocatorio dell'opera per dire basta a "un sistema che è rimasto a guardare". Dieci storie più una, quella del fratello Luigi morto nel 2015. "La sua mano è sulla mia e con lui scrivo queste pagine"
"Storie di malati mentali, delle loro famiglie e di un sistema che è rimasto a guardare". Eleonora Daniele, giornalista e conduttrice Rai, voce e volto di tante campagne solidali, le mette nel libro 'Ma siamo tutti matti?', edito da Rizzoli. Dieci storie di cronaca raccolte dall'autrice in oltre vent'anni di racconto della società italiana, più l'undicesima. La sua storia, la storia della sua famiglia, quella del fratello Luigi morto una mattina di febbraio a 44 anni in un istituto sanitario di Padova. "Soffriva di autismo, trattato per anni come un matto, senza capire la differenza sostanziale tra malattia mentale e disabilità mentale grave", dichiara Daniele in un'intervista all'Adnkronos Salute. Luigi non ce l'ha fatta, ma "è ancora qui con me e insieme stiamo scrivendo queste pagine", si legge nel capitolo 'La sua mano sulla mia', che apre l'opera.
"E' un libro tosto", dice Daniele. A cominciare dal titolo che "è una chiara provocazione". Siamo tutti matti "intanto perché la parola matto viene usata con troppa leggerezza, in maniera assolutamente sbagliata e discriminatoria. Sulla malattia e la disabilità mentale c'è e persiste un'ignoranza di base e diffusa", riflette l'autrice. E poi siamo tutti matti perché "dopo la legge Basaglia del 1978, in tutti questi anni, il sistema di presa in carico del paziente è stato demandato in toto alle famiglie e questa oggi è diventata un'emergenza sociale". Nell'Italia del post-Covid, nell'era dei social, dell'uso sempre più frequente in ogni piazza d'Italia di sostanze stupefacenti, il disagio latente si amplifica a dismisura ed esplode, analizza Daniele. "E' un'emergenza così evidente, ormai, che se non si fa qualcosa con urgenza si rischia veramente di non riuscire più a salvare nemmeno il salvabile".
E invece "l'idea di salvezza" è la ragione di vita più forte per le famiglie di chi soffre. L'autrice lo spiega quando prova a descrivere la "mancanza costante e continua" che prova per Luigi che non c'è più: "La cosa che mi manca di più è il fatto di non avere avuto il tempo. Perché tu hai un'idea di salvezza, tu familiare vuoi comunque salvare la persona che hai accanto, la vuoi salvare della sofferenza, dal pregiudizio e dallo stigma, dai pensieri cattivi e da tutto il male del mondo, dalle cattiverie delle persone che non capiscono, dall'ignoranza", incalza Daniele. "La vuoi salvare e invece non ti viene permesso farlo. O perché ti manca il tempo o semplicemente perché ti trovi a combattere contro i mulini a vento". Nessuno che riesca ad aiutare davvero chi ami, intorno c'è il vuoto e "tu ti senti perso, solo e abbandonato. Ti senti disperato e vivi in maniera disperata, non dormi la notte". Non ci riesci oppure non puoi, perché "questi malati a volte non ti fanno dormire, a causa della loro malattia passi le notti in bianco. C'è gente che si chiude nelle camere a chiave, per paura o per vergogna. Ma puoi vivere chiuso a chiave per tutta le vita?", domanda l'autrice.
"Di fatto la Basaglia è stata applicata a metà - denuncia - Dovevano essere inserite nel territorio tutta una serie di strutture di presa in carico e di difesa, per gli stessi malati, per i loro familiari e anche per quelli che non li conoscono, che girano per le strade e devono poterlo fare in tranquillità e in sicurezza. Tutto questo non è successo" e Daniele lo sa perché ne ha sperimentato "i danni emotivi", i traumi che feriscono i parenti tanto quanto i "danni effettivi" subiti dai malati. "Sono la più giovane di 4 figli", ricorda. "Due sorelle più grandi, poi Luigi e dopo 6 anni io. Nella mia infanzia ho vissuto la sua adolescenza come una madre, perché mia mamma lavorava e le mie sorelle erano già fuori casa. Da bambina mi sono trovata ad affrontare il momento più difficile di mio fratello, quello in cui non era più bambino e tu non sai più come fare, perché un bimbo più o meno lo gestisci, mentre un ragazzo grande e grosso no".
Dopo un periodo in un ospedale psichiatrico di Padova - un posto che gli occhi di Eleonora bambina guardavano senza capire "cosa c'entrasse Luigi lì, perché dovesse stare in mezzo ai matti", scrive nel libro - il fratello dell'autrice tornò a casa fino a quando i genitori furono costretti a prendere "la decisione più sofferta", quella di trasferirlo in un istituto di Treviso. Fu "un taglio vertiginoso" eppure "non c'era più via di scampo né soluzione, gli attacchi aggressivi erano diventati ormai all'ordine del giorno e mio padre non riusciva più a trattenere l'impeto fisico di un ragazzone di vent'anni che aveva troppe crisi, autolesionistiche e non", continua il testo. "Nemmeno quel luogo c'entrava nulla" con Luigi, però con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni "lui pian piano capì che quella era la sua nuova vita e quel posto la sua nuova casa". Insomma "sembrava tutto filasse liscio, ma avevamo sulla testa una legge tale per cui i disabili ricoverati in Rsa o strutture paraospedaliere dovevano essere ricondotti in residenze appartenenti al nucleo del comune di nascita". Così Luigi tornò "a Padova in un istituto più grande, con più strutture sanitarie per la cura e la logopedia". Di nuovo una speranza, invece fu quello "l'inizio della fine". Il 17 febbraio 2015 Luigi morì.
"In quell'istante provai il dolore più forte della mia vita, urlai senza fermarmi, sprofondata in un burrone dal quale ancora non sono risalita", mette nero su bianco l'autrice. E a voce lo ripete: "Tutto questo ha avuto chiaramente un impatto pesantissimo su di me e oggi la mia vita è dedicata anche a questo", a far sì che le cose possano cambiare. "La presa in carico di mio fratello, e oggi lo dico con grande consapevolezza, è stata traumatica - confida Daniele - per lui e per tutta la famiglia, perché già al tempo non c'erano strutture per i disabili mentali" e "negli anni la situazione è persino peggiorata". Per le persone con disabilità e per quelle con psicosi o che arrivano a commettere atti criminali: "Ci sono madri e padri che si trovano costretti a denunciare i figli e che nonostante tutto ce li hanno in casa. Ci sono situazioni in cui non scattano i codici rossi, donne come Rosa Maria Scorese stalkerizzata dall'assassino della sorella". Intanto "le Rems sono tutte piene, non ci sono posti e i pazienti psichiatrici sono nelle case". Mentre gli istituti che dovrebbero occuparsi delle persone con disabilità mentale "magari le ricoverano, ma raramente le recuperano e la differenza è netta".
"Chiedo ancora una volta: come è stata applicata la legge Basaglia?", insiste l'autrice. "Servono strutture a cui le famiglie si possano appoggiare, perché oggi le strutture sono pochissime e le famiglie restano abbandonate. Questa è la verità, questo è quello che raccontano tutti i familiari e questo è il dramma al quale voglio dare voce. Perché quando tratto certe storie lo faccio non da giornalista, ma da familiare, in questi problemi mi riconosco. Anche quando si parla di pazienti con malattie mentali gravissime o di assassini, che non c'entrano nulla con i disabili mentali" com'era Luigi, "i problemi assistenziali e le difficoltà di relazionarsi con le istituzioni competenti sono gli stessi e si stanno aggravando", avverte Daniele.
"Questo discorso lo faccio perché vorrei essere costruttiva - precisa - dare il mio contributo a un sistema che però va rivoluzionato e ripensato". La prima dedica dell'autrice è "ai nostri figli, affinché possano vivere in un mondo più sano". La seconda è "per Barbara Capovani, la giovane psichiatra che nell'aprile 2023 a Pisa è stata vittima di un femminicidio avvenuto per mano di un paziente psichiatrico. E qui si apre tutta la voragine delle violenze ai medici, dei giovani che certe professioni non le vogliono più nemmeno fare perché vengono aggrediti o comunque sono a rischio, in una situazione di costante pericolo perché chi dovrebbe essere preso in carico cammina per le strade". Daniele vuole "dare voce a queste persone e alle famiglie dei pazienti, che non hanno voce e che si isolano perché di malattie mentali non si può parlare. Voglio sfregiare questo tabù, gettarlo in pasto ai lupi" e lenire tanto dolore. "Nonostante lo abbia messo sotto la brace, il mio rimane rovente", confessa.
"Mio fratello lo vivo tutti i giorni, è una presenza costante nella mia vita", assicura la sorella. "Non posso lasciare la sua mano, perché lui mi sta ancora accompagnando", scrive nel libro. "La sua mano mi stringe e il suo sorriso mi infonde, nonostante tutto, la voglia di lottare". Ecco perché Luigi "non è morto. Mi sta accompagnando per stravolgere le cose, tenendosi in equilibrio tra cielo e terra. Servono coraggio e determinazione per spaccare un macigno che continua a roteare all'infinito schiacciando vite umane e i loro diritti. Servono nuove idee per ripensare la malattia mentale dentro un sistema di vita efficace che diminuisca sofferenza e faccia filtrare luce ove l'oscurità ci ha inghiottiti. Affinché la morte di ogni nostro familiare abbia un senso e la dignità di essere ricordata, io lotto". Il primo grazie è quello di Simone Cristicchi che di 'Ma siamo tutti matti?' firma la prefazione: "Le storie che ci racconti - scrive il cantautore che ha portato gli ospedali psichiatrici sul palco di Sanremo vincendo il festival nel 2007 con il brano 'Ti regalerò una rosa' - serviranno per vincere quel silenzio complice e ridare una dignità a chi è stato travolto, prima dall'uragano del destino e poi dalla cattiveria degli uomini. Saranno storie per debellare il virus più nefasto dei nostri tempi: l'indifferenza. Saranno specchi per guardarsi nell'altro, perché, come diceva qualcuno, 'da vicino nessuno è normale'".
Salute e Benessere
Telemedicina, accordo Regione Puglia e Novartis per...
Il protocollo si inserisce nel percorso già avviato con Progetto Hermes
Regione Puglia e Novartis Italia uniscono le forze per avviare un progetto finalizzato a migliorare la gestione delle cronicità sul territorio, attraverso l’ottimizzazione dei percorsi organizzativi e facendo leva sulle potenzialità offerte dalla tecnologia. Il protocollo si aggiunge al percorso sinergico già avviato con il Progetto Hermes, volto al potenziamento della gestione digitale dei pazienti cronici pugliesi grazie alla telemedicina con oltre 630 tele-visite organizzate tra il 2022 e 2023.
Circa il 13% dei cittadini pugliesi convive con una malattia cronica, in cui rientrano anche i tumori, con circa il 2,5% costretti a fare i conti con due o più patologie croniche. Questi dati significativi - spiega una nota - sono destinati a crescere anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. La Regione Puglia è da sempre in prima linea nel rispondere ai bisogni assistenziali e di cura delle persone con cronicità, anche attraverso le opportunità offerte dalla tecnologia. In questa prospettiva nasce la condivisione di un progetto nell’ambito del protocollo siglato da Regione Puglia e Novartis Italia, per migliorare la gestione dei pazienti cronici sul territorio regionale. Il progetto si concentrerà sull’ottimizzazione dei percorsi per i pazienti con particolare attenzione alla continuità assistenziale ospedale-territorio e sulle potenzialità offerte dalla tecnologia, in particolare dalla telemedicina, già al centro del progetto Hermes che ha visto la condivisione di una sperimentazione tra la Regione Puglia e Novartis Italia per potenziare la gestione digitale de pazienti cronici.
“Garantire una risposta concreta ai bisogni dei pazienti cronici è una delle priorità della nostra amministrazione - afferma vicepresidente della Regione Puglia e neo-assessore alla Salute, Raffaele Piemontese - con l’impegno di risorse tecnologiche e competenze condivise, intendiamo rendere più accessibile e vicina l’assistenza sanitaria ai cittadini. Il nostro obiettivo è che, grazie a modelli assistenziali moderni come la telemedicina, il paziente pugliese possa contare su un sistema di cure efficace, rapido e monitorabile in ogni fase del percorso”. A tale proposito, “la sinergia di tutti gli attori del sistema salute – osserva Valentino Confalone, Country President di Novartis Italia – è fondamentale per dare risposte efficaci alle sfide poste dalla cronicità e migliorare la presa in carico dei pazienti cronici, anche attraverso l'utilizzo della tecnologia. Ed è proprio in questo senso che si inserisce l’impegno di Novartis ad agire al fianco della Regione Puglia. Una collaborazione che vede aggiungersi un nuovo e significativo tassello per reimmaginare la sanità del futuro mettendo a fattore comune le rispettive competenze tecniche e scientifiche”.
Guidato da un tavolo di lavoro regionale, il progetto Hermes ha portato alla co-ideazione di un modello operativo digitale e quindi di un ‘percorso paziente’ digitalizzato che è stato implementato come progetto pilota nelle Unità operative di riferimento dell’Aou Policlinico di Bari e dell’Aou Policlinico di Foggia. Dall’avvio del progetto – tra il 2022 e il 2023 – sono state effettuate complessivamente oltre 630 tele-visite nel Policlinico di Bari in neurologia, reumatologia e medicina interna.
Il progetto Hermes si inserisce nell’impegno della Regione Puglia per sperimentare le potenzialità del digitale in ambito sanitario attraverso l’implementazione di modelli innovativi nell’ambito delle patologie croniche e mette al centro il paziente in tutte le fasi della malattia, dallo screening al follow-up, garantendo così anche continuità e prossimità di cura.