Rapporto Etifor, tutela della biodiversità è una responsabilità condivisa
Evidenziato impegno dell'Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile
Come stanno affrontando la sfida della tutela della biodiversità le aziende italiane? Quali sono i problemi e le soluzioni disponibili? Risposte a questi cruciali interrogativi sono contenute nel rapporto "Biodiversity and the Private Sector in Italy: Trends, Policies, and Financial Instruments” presentato da Etifor, società di consulenza ambientale nata come spin off dell’Università di Padova, a Cali, in Colombia, dove si è da poco conclusa la Conferenza delle Parti sulla Biodiversità (COP16) guidata dalle Nazioni Unite. Il report, realizzato in collaborazione con l'Università di Padova e con il supporto di Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, ASviS, B Lab Italy, Koinètica e Forum per la Finanza Sostenibile, analizza scenari, pratiche e strumenti a disposizione delle imprese per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di arrestare e invertire la perdita di biodiversità.
I dati raccolti - si sottolinea in una nota - "offrono un quadro chiaro dello scenario attuale, evidenziando i rischi e le opportunità da affrontare in un panorama normativo e di mercato in rapida evoluzione. Il 25% delle aziende italiane valuta regolarmente il proprio impatto sulla biodiversità, mentre il 48% prevede di integrare strategie più avanzate che la includano entro i prossimi cinque anni. Direttive europee come la CSRD, da poco recepita nell’ordinamento italiano, obbligheranno circa 4.000 imprese ad adattare le proprie strategie per misurare, monitorare e rendicontare questi aspetti, con un effetto a cascata su tutte le PMI. Attualmente, il 33% delle aziende già rendiconta sulla biodiversità anche se solo il 19% segue gli Standard Europei (ESRS)".
Come ha sottolineato Alessandro Leonardi, AD di Etifor “L’evidente aumento di consapevolezza in Italia e nel mondo è incoraggiante, tuttavia è necessaria un'azione più rapida e diffusa per integrare la biodiversità nelle strategie aziendali e raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Le aziende che agiscono ora saranno meglio posizionate per adattarsi alle nuove normative e sfruttare le opportunità di mercato emergenti” . "La partecipazione dell'Unione come networking partner alla realizzazione di questo interessante rapporto riflette il nostro impegno e quello dei nostri Associati a promuovere un modello di produzione e approvvigionamento dell'olio di palma che sia rispettoso dell’ambiente, della biodiversità e delle comunità - osserva Mauro Fontana, Presidente dell'Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile - Le questioni ambientali e sociali legate alla filiera dell'olio di palma sono complesse. Serve un impegno congiunto e una stretta collaborazione tra tutte le parti coinvolte nella catena del valore per trovare soluzioni efficaci."
Filiera olio di palma già punta a produzione sostenibile e “climate-smart'
Nella filiera dell’olio di palma è già da tempo in atto un cambio di rotta verso una produzione sostenibile e “climate-smart”. La protezione della biodiversità richiede un'ampia gamma di approcci, dalla tutela delle aree ad alto valore di conservazione (HCV) e alto valore di carbonio (HCS), alla gestione e al ripristino degli habitat, al monitoraggio delle specie e al coinvolgimento delle comunità locali e della supply chain.
Requisiti a tutela della biodiversità e degli ecosistemi sono già previsti dallo standard di sostenibilità della Roundtable on Sustainable Palm Oil. I principi e i criteri RSPO (P&C), in base ai quali i produttori vengono sottoposti a verifica, comprendono diversi elementi rilevanti, incluso il divieto di deforestazione e incendi, la protezione e ripristino delle aree HCV e HCS, la riduzione dell'uso di pesticidi chimici e pratiche agronomiche sostenibili. I membri RSPO non coltivatori, sono soggetti ai requisiti di responsabilità condivisa e sono chiamati a sviluppare politiche sulla biodiversità che si applichino a tutti i loro fornitori valutandone l’aderenza e ad aiutare gli smallholder ad implementare le migliori pratiche.
Nuovi modelli di piantagioni sostenibili basati su agroforestazione e agricoltura rigenerativa stanno emergendo come risposta alle sfide ambientali e sono diversi i progetti di sviluppo di soluzioni basate sulla natura (NbS) portati avanti in partenariato da aziende del settore con il supporto della comunità scientifica e di organizzazioni non governative.
"Come sottolinea il rapporto di Etifor - conclude Fontana - includere la biodiversità nelle strategie aziendali non è piu solo una questione di etica o adeguamento normativo, ma rappresenta una leva fondamentale per garantire la resilienza delle imprese e delle loro catene di approvvigionamento. Tuttavia, soprattutto in settori come il nostro, per investire risorse in certificazioni di filiera e soluzioni in grado di guidare la transizione globale verso un modello di sviluppo nature-positive è fondamentale la cooperazione tra pubblico e privato ed il supporto di adeguate risorse e strumenti finanziari. Preoccupa quindi dover constatare che, nonostante i risultati positivi conseguiti su alcuni importanti temi, la COP16 si sia conclusa con uno stallo sugli aspetti finanziari”.
Sostenibilità
Rifiuti: imballaggi in alluminio, materiale ‘usa e...
Cial a Ecomondo 2024
Alluminio paradigma dell'economia circolare grazie alle sue proprietà che ne consento un riciclo al 100%. Nel corso del 2023 è stato avviato a riciclo il 70,3% degli imballaggi in alluminio immessi sul mercato (ovvero 59.300 tonnellate) e, con il recupero energetico, il totale di quelli complessivamente recuperati si assesta a quota 74,1%. Sono i numeri dell'economia circolare dell'alluminio illustrati da Cial - Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio a Ecomondo 2024, Fiera della Green Economy a Rimini fino all'8 novembre.
Con una media del 70% il tasso di riciclo degli imballaggi in alluminio in Italia supera dunque abbondantemente, ormai da alcuni anni, gli obiettivi Ue al 2025 (50%) e al 2030 (60%). Numeri importanti che hanno consentito di evitare emissioni serra pari a 417mila tonnellate di CO2 e di risparmiare energia per oltre 182mila tonnellate equivalenti di petrolio.
"Cial è un consorzio nazionale del sistema Conai che lavora in tutta Italia e si occupa del riciclo degli imballaggi in alluminio - spiega all'Adnkronos Gennaro Galdo, responsabile comunicazione Cial - Avviamo al riciclo ciò che i Comuni con i cittadini raccolgono, portando dopo la selezione del materiale tutto l'alluminio raccolto in una delle fonderie per il riciclo sul territorio, in tutto ne abbiamo 11".
"Quando parliamo di alluminio parliamo di imballaggi, ovvero contenitori che vengono usati soprattutto per il food e la cosmetica: ad esempio, lattine per bevande, scatolette, vaschette, bombolette spray, imballaggi che tutti noi abbiamo in casa, che usiamo, utilizziamo quotidianamente e che consentono, una volta riciclati, di tornare a nuova vita con un risparmio di energia e materia altissimo", precisa. I numeri del riciclo, poi, salgono se si considerano solo le lattine per bevande, "in assoluto l'imballaggio più rappresentativo tra tutti quelli in alluminio". In questo caso, "le percentuali di riciclo superano il 93%, raggiungendo dei livelli che sono in assoluto i più alti in Europa".
"L'alluminio può essere considerato il paradigma perfetto dell'economia circolare - rimarca - Innanzitutto perché è un materiale che si ricicla completamente, al 100%, non si butta via niente. E soprattutto perché può subire innumerevoli e infiniti cicli di riciclo senza perdere le sue caratteristiche. Non è dunque possibile riconoscere se un oggetto è fatto in alluminio primario da bauxite o in alluminio secondario da riciclo".
Grazie alle sue proprietà "quando parliamo di alluminio, non parliamo tanto di 'usa e getta', ma di 'usa e ricicla'. Basta guardare i dati: addirittura il 75% dell'alluminio mai prodotto nella storia è ancora in circolo grazie ad innumerevoli fasi di riciclo che gli consentono di rimanere sostanzialmente lo stesso, nonostante molteplici e infiniti usi".
Sostenibilità
Rifiuti, primo Bilancio di Sostenibilità per Gruppo...
Presentato a Ecomondo
Durante Ecomondo 2024, il Gruppo Dimensione Ambiente ha presentato il suo primo Bilancio di Sostenibilità, testimonianza dell’impegno del Gruppo per una gestione sempre più sostenibile e innovativa dei rifiuti speciali. Realizzato con il supporto di Amapola, società benefit di consulenza in sostenibilità e comunicazione, il bilancio è stato illustrato in una tavola rotonda, presso lo stand dell’Azienda a Ecomondo, dal titolo 'Sostenibilità ed Economia circolare, l'importanza della rendicontazione'.
Il Bilancio di sostenibilità descrive come il Gruppo, attivo con società specializzate nella gestione dei rifiuti pericolosi e non pericolosi - due discariche per rifiuti speciali e due impianti di trattamento e smaltimento - abbia pienamente integrato nella propria politica il tema della sostenibilità, ponendo particolare attenzione agli aspetti legati alla tutela ambientale e a quelli della crescita dei propri dipendenti. Tutela ambientale che si è manifestata con interventi nei propri impianti per ridurre l’impatto sul suolo e sulle acque delle due discariche gestite e adottando rigorosi protocolli nella gestione dei rifiuti.
Nel 2023, il Gruppo con un fatturato di circa 120 milioni di euro, ha registrato i seguenti risultati: oltre 1,1 milioni di tonnellate di rifiuti gestiti, con un consumo energetico ottimizzato pari a 453 MWh ed emissioni complessive di CO2 di 349 tonnellate.
Il Gruppo segnala inoltre di non avere avuto infortuni tra i dipendenti nei due anni analizzati dal Bilancio di sostenibilità a dimostrazione dell’attenzione alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Le ore di formazione del personale sono aumentate di oltre il 10% nel 2023 rispetto all’anno precedente e anche l’impegno verso le comunità locali è continuativo, con numerosi progetti culturali, sportivi e infrastrutturali che puntano all qualità della vita e alla sostenibilità del territorio.
“Questo documento rappresenta per noi del Gruppo Dimensione Ambiente un importante momento di condivisione con tutti gli stakeholder della responsabilità e rappresenta la nostra risposta alle sfide sempre più urgenti della transizione ecologica, della gestione dei rifiuti in ottica di economia circolare e della tutela del clima, in un impegno che abbraccia anche la salute, la sicurezza dei lavoratori e la sostenibilità delle nostre infrastrutture”, afferma Stefano Capra, Amministratore Unico di SM Ambiente Holding, proprietaria del Gruppo.
Sostenibilità
Proxigas, Assogas, Assogasliquidi-Federchimica e Utilitalia...
Dal momento che "la direttiva ‘Case Green’ non vieta incentivi per nuove caldaie a gas rinnovabili" Proxigas, Assogas, Assogasliquidi-Federchimica e Utilitalia chiedono una conferma in Legge di Bilancio delle "agevolazioni previste dall’Ecobonus anche per la sostituzione delle vecchie caldaie a gas con nuove caldaie a condensazione alimentabili con green gas": l'obiettivo è "garantire, anche per il 2025, i benefici dell’ecobonus per le caldaie per permettere a tutti i cittadini italiani, anche quelli con meno disponibilità economiche, di proseguire sulla strada della decarbonizzazione e dell’efficientamento dei consumi residenziali". Con una nota le associazioni ricordano come la Direttiva EPBD ('Case Green'), "peraltro non ancora recepita dal nostro Paese, ... definisce solo obiettivi di risparmio energetico e di decarbonizzazione con riferimento al parco immobiliare. Le Linee Guida emanate dalla Commissione Europea per favorirne l’attuazione rappresentano un documento non vincolante dal punto di vista giuridico e lasciano agli Stati membri individuare le tecnologie funzionali al percorso di decarbonizzazione e di efficientamento più adatto per il proprio contesto nazionale".
A questo proposito le associazioni sottolineano come "secondo uno studio realizzato da Bip Consulting, le caldaie a condensazione, che impiegheranno quote crescenti di green gas, rappresentano la tecnologia più economica, efficace e praticabile per decarbonizzare i consumi residenziali italiani. Le ragioni di questa evidenza sono diverse. Prima di tutto, il parco residenziale italiano è caratterizzato da immobili costruiti per oltre il 70% prima degli anni ’80. Gli stessi sono posizionati per il 50% nelle ultime classi energetiche, F e G, e si trovano in aree geografiche con caratteristiche climatiche fredde per il 50% dei casi. Inoltre, gli immobili che ricadono nella categoria degli edifici storici sono numerosi". Un altro dato significativo è che il 60% degli appartamenti con riscaldamento autonomo non presenta un giardino privato, un terrazzo o uno spazio esterno. Elementi che limitano le alternative tecnologiche realmente utilizzabili per il riscaldamento. Per questo lo studio stima che – dato il contesto – dei 16,6 milioni di abitazioni in classe F e G solo meno di 6 milioni potrebbero accogliere una pompa di calore elettrica. Ma se si affina l’analisi e si considerano anche i fattori legati al reddito delle famiglie, essendo le pompe di calore elettriche molto costose, il numero si riduce a meno di 2 milioni di abitazioni. Inoltre, confrontando oltre che i costi di installazione anche i costi di gestione dell’impianto lo studio dimostra come le caldaie a condensazione si confermino le soluzioni più economiche per il consumatore.
"Per attuare concretamente un percorso di efficientamento e decarbonizzazione dei consumi residenziali nel nostro Paese - concludono - è necessaria quindi una presa di consapevolezza delle peculiarità del nostro territorio e del nostro contesto sociale ed economico guardando prioritariamente all’interesse dei consumatori".