Elezioni Usa, Litvak: ”Trump pensa solo a sé stesso e non aiuterà Israele come Biden”
Il professore dell'Università di Tel Aviv preoccupato per la ''decisione pericolosa e assurda'' di rimuovere Gallant, che dimostra che Netanyahu non vuole la fine della guerra
Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ''non sarà generoso come Joe Biden nel fornire aiuti a Israele''. Perché ''pensa solo a se stesso, figuriamoci se pensa a Israele''. Lo ha dichiarato Meir Litvak, professore di storia del Medio Oriente, commentando con l'Adnkronos l'esito delle elezioni americane e l'effetto della vittoria di Trump sul Medio Oriente. ''Sono preoccupato per la vittoria di Trump. Non mi fido di lui'', ha affermato Litvak. L'esperto riflette sulle promesse fatte dal candidato repubblicano in campagna elettorale: ''Dice che porrà fine alla guerra in fretta, come? Qual è la sua visione? Non credo che sarà generoso come Biden nel fornire aiuti a Israele''.
Le preoccupazioni di Litvak riguardano anche l'approccio che la nuova Amministrazione americana avrà rispetto all'aggressione russa dell'Ucraina. ''Temo che Trump venderà l'Ucraina alla Russia e questo avrà conseguenze molto negative per la nostra regione'', ha avvertito Litvak.
Lo storico ha inoltre definito una ''decisione assurda e molto pericolosa'' quella di sollevare dall'incarico di ministro della Difesa di Israele Yoav Gallant. Una mossa che dimostra che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ''non vuole porre fine alla guerra'' nella Striscia di Gaza e in Libano e ''dà la precedenza ai suoi interessi personali''. Una decisione che, sul fronte interno di Israele, potrebbe portare alla ''rimozione del procuratore generale'', aprendo così la strada a nuove contestazioni sociali.
''Ritengo che la decisione'' di rimuovere Gallant ''sia insensata e molto pericolosa'', afferma Litvak sottolineando che ''prima di tutto dimostra che, anche nel mezzo di una guerra difficile, Netanyahu dà la precedenza ai suoi interessi personali egoistici su ogni altra considerazione''. Ma non è solo questo. Secondo l'esperto, la decisione di Netanyahu è ''irragionevole'' anche perché ''rimuove una persona esperta e capace e la sostituisce con un leccapiedi che non ha esperienza in questioni di sicurezza e non ha avuto successo nei suoi precedenti incarichi ministeriali''. Ovvero Israel Katz, già ministro degli Esteri, la cui nomina è stata contestata da migliaia di israeliani scesi in piazza la stessa notte dell'annuncio dato da Netanyahu e ancora ieri sera, per la seconda manifestazione in meno di 24 ore. Numerose anche le petizioni presentate all'Alta Corte, alla quale è stato chiesto di intervenire, e le contestazioni dei politici di opposizione.
In politica estera, oltre che interna, la sostituzione di Gallant con Katz ''significa che Netanyahu sarà l'unica persona che prenderà decisioni su qualsiasi questione, senza che nessuno offra una visione o una prospettiva diversa''. Descritto da Litvak come ''un adulatore, un ruffiano'', il nuovo ministro della Difesa ''Katz avrà molto poco rispetto o autorità rispetto al comando militare''.
Diverso, invece, era lo spessore di Gallant che ''ha sottolineato varie debolezze nella nostra strategia, ad esempio pensando al 'giorno dopo' di Hamas'' per la Striscia di Gaza, spiega l'analista. Inoltre aveva evidenziato ''la nostra mancanza di obiettivi strategici in Libano''. Per cui, prosegue Litvak, ''rimuoverlo significa che Netanyahu intende portare avanti la sua linea il più possibile, che non vuole porre fine alla guerra''. Inoltre, allontanare Gallant potrebbe essere solo un primo passo di un disegno più ampio. ''Rimuovere Galant potrebbe essere un passo avanti verso la rimozione del Procuratore generale e per consentire alla corruzione di regnare sovrana'', avverte l'esperto. ''Felice'', di questa mossa, è invece il ministro per la Sicurezza nazionale Itamar ''Ben Gvir perché crede che il sogno del suo partito di cacciare i palestinesi da Gaza e costruire lì insediamenti ebraici si realizzerà''.
Esteri
Migranti, Orban: “Italia come Ungheria, governo...
Il primo ministro ungherese: in Europa c'è "una trappola", che si chiama "attivismo giurisdizionale"
In Europa c'è "una trappola", che si chiama "attivismo giurisdizionale". Per "non citare solo l'Ungheria", è "la stessa storia quello che sta succedendo in Italia. E' la stessa situazione: i governi prendono decisioni, poi una Corte a livello europeo decide negativamente". Lo dice il primo ministro ungherese Viktor Orban, a Budapest al termine del summit dell'Epc, con un evidente riferimento all'accordo tra Italia e Albania sui migranti.
In questo modo, continua, "gli sviluppi nazionali seguono non le leggi nazionali, ma le decisioni europee, così l'intero sistema di difesa contro l'immigrazione nazionale collassa. Questa è la prassi che sperimentiamo regolarmente, che paralizza il governo nazionale. I governi nazionali in queste circostanze non possono dare leadership ai loro Paesi, perché in quasi tutti i Paesi la maggioranza delle persone è contraria all'immigrazione illegale".
"E i governi nazionali - aggiunge - non possono soddisfare le richieste della gente: invece, devono spiegare che non possono agire a causa di leggi internazionali che sono al di sopra di loro. Questo pone un grosso punto di domanda sulla loro capacità di leadership. E chi diavolo voterebbe per un governo che non può guidare un Paese? Gli elettori non possono accettarlo: eleggono i leader perché li servano. Se gli attivisti giudiziari li fermano, questo è contro la democrazia. E' una questione di sovraregolazione", che sposta il piano decisionale "dal livello nazionale a quello europeo", dice Orban.
Ucraina
Parlando della guerra in Ucraina, Orban spiega: "Quello di cui sto parlando non è la pace. La pace è il secondo passo. Il primo passo è il cessate il fuoco. La mia preoccupazione è che, se si pensa troppo e si parla troppo della soluzione di pace a lungo termine, del dopoguerra, possiamo ridurre la possibilità di avere un cessate il fuoco".
"Non bisogna dimenticare - prosegue - che avere un'idea chiara di quale tipo di pace ci possa essere alla fine del conflitto non è una precondizione di un cessate il fuoco. Perché dove siamo in questo momento non c'è comunicazione. La prima precondizione di ogni pace è la comunicazione. E la precondizione della comunicazione è il cessate il fuoco: questa è la logica".
"Quindi quello che sto sostenendo - aggiunge - è un cessate il fuoco, che dia spazio e tempo alle parti in guerra per comunicare e iniziare a negoziare sulla pace, smettendo di uccidersi a vicenda. Questa è la mia raccomandazione: si chiama cessate il fuoco. Sostengo innanzitutto il cessate il fuoco, perché questo è il primo passo verso la pace. Poi, dopo il cessate il fuoco, parliamo di quale potrebbe essere una pace che sia accettabile, durevole, a lungo termine per le parti in guerra, che è una questione difficile. In ogni caso ci vuole tempo per negoziare, ma prima c’è il cessate il fuoco", ribadisce.
Elezioni Usa
Orban spiega anche che durante il summit della Comunità Politica Europea nella discussione sui temi relativi alla sicurezza si sono registrate "visioni diverse", ma c'è stato "accordo" sul fatto che in Europa "serve la pace il prima possibile" e che "non possiamo aspettare che ci difendano gli Usa". Con le elezioni americane "si è chiuso un capitolo" e "il mondo cambierà velocemente".
Quando Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali americane, "mi trovavo in Kirghizistan", racconta in conferenza stampa, dove hanno "tradizioni diverse", pertanto "ho rispettato solo in parte la promessa di brindare a champagne", e "ci siamo affidati alla vodka" per festeggiare "questo fantastico risultato".
Incontro con Draghi
Orban oggi a Budapest ha incontrato l'ex premier italiano ed ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, per discutere delle questioni relative alla competitività dell'Ue. Lo comunica il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs, via social.
I colloqui "si sono concentrati sulle sfide alla competitività dell’Ue, con Draghi che ha fatto ricorso alla sua esperienza in qualità di autore di un recente rapporto strategico sull’argomento. Domani Draghi parteciperà anche al Consiglio Europeo informale a Budapest, aggiungendo una voce chiave alle discussioni sul futuro economico dell'Europa".
Esteri
Kennedy jr alla sanità Usa? Le reazioni: “Come...
I commenti di Burioni e Lopalco. Rezza: "Rischio estremismi in sanità americana limitati, politiche vaccinali gestite da Stati"
Robert Kennedy jr a capo della sanità americana? Sarebbe come mettere "Dracula alla direzione dell'Avis. La realtà supera ogni fantasia". Così sui social Roberto Burioni, professore di virologia e microbiologia all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, commenta il possibile ruolo del rampollo della dinastia Kennedy, avvocato noto per le teorie complottiste contro i vaccini e Big Pharma, nell'amministrazione Usa nuovamente guidata da Donald Trump.
Secondo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento, "Robert Kennedy jr come consulente per la sanità sarebbe come nominare Erode a protettore dei diritti dell'infanzia. E' un complottista permeato di idee bislacche sui temi della salute. Pensarlo a capo della sanità della più grande democrazia occidentale mette i brividi: una iattura di portata globale", dice all'Adnkronos Salute.
Per l'epidemiologo Gianni Rezza, i rischi di un governo 'estremista' della sanità statunitense, in particolare su posizioni no vax, "sono limitati". Sia perché "sono gli Stati a gestire il settore, vaccini compresi", sia perché "ci sono molti interessi di cui non si può non tenere conto" è la riflessione, all'Adnkronos Salute, dell'ex Dg Prevenzione del ministero della Salute durante la pandemia, oggi docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
"Credo non sia assolutamente certo che Kennedy jr diventi il prossimo responsabile della sanità americana - afferma Rezza - Di fatto ha alle spalle un percorso politico controverso, una forte sensibilità ambientalista, e delle posizioni articolate in politica estera. Da noi è più noto per alcune posizioni complottiste, in particolare su vaccini e Covid-19. E una certa avversione nei confronti di Big Pharma, che rappresenta comunque una lobby potente ed economicamente importante negli Usa".
"Per questo, qualora dovesse avere degli incarichi, dovrebbe per forza moderare le sue posizioni. E in ogni caso, negli Usa, la sanità è decentrata a livello dei singoli Stati federali, e così le politiche vaccinali. Per tutte queste ragioni - conclude - credo si debba essere al momento molto cauti sui futuri scenari".
Esteri
Trump presidente, Biden: “Gli ho assicurato...
Il Presidente uscente: "Onorerò la costituzione, è quello che meritano gli americani. Non si può amare il nostro Paese soltanto quando si vince". E ringrazia Kamala Harris: "Ha dato tutta se stessa"
Sarà un passaggio di consegne "pacifico e ordinato" quello tra Joe Biden e Donald Trump alla Casa Bianca, dopo il risultato netto delle elezioni americane che hanno consegnato la vittoria al tycoon.
Nel corso di un colloquio avuto con Donald Trump, ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti in un discorso alla Nazione, "l'ho rassicurato sul fatto che darò istruzioni alla mia Amministrazione per una transizione pacifica e ordinata. E' ciò che meritano gli americani".
"Per oltre 200 anni, l'America ha portato avanti il più grande esperimento di autogoverno nella storia del mondo - ha ricordato Biden, parlando dal Giardino delle rose della Casa Bianca - Non è un'iperbole. È un dato di fatto", in un'America in cui "il popolo vota e sceglie i propri leader, e lo fa in modo pacifico. Siamo in una democrazia. La volontà del popolo prevale sempre”.
"Noi accettiamo la scelta che è stata fatta dal Paese. L'ho detto tante volte - ha ribadito - non si può amare il nostro Paese soltanto quando si vince. Non si può amare il tuo vicino solo quando sei d'accordo con lui. Non importa per chi si è votato, spero che possiamo vederci non come avversari ma come concittadini americani".
"Onorerò la costituzione ed il 20 gennaio ci sarà una transizione pacifica dei poteri in America", ha aggiunto in un passaggio successivo del suo intervento.
"Orgogliosi della campagna di Harris"
Biden ha poi speso parole anche per la vice presidente Kamala Harris, sconfitta dalla competizione elettorale: "Ha portato avanti una campagna che è stata fonte di ispirazione. Lei ha la scorza dura, ha un carattere forte, ha dato tutta se stessa e lei ed il suo team devono essere orgogliosi della loro campagna elettorale", ha scandito.
Quindi il ringraziamento al suo staff. "E' stata una presidenza storica non perché sono stato io il presidente ma per quello che avete fatto".