Scuola, Christian Raimo sospeso per 3 mesi da insegnamento dopo offese a ministro Valditara
Con una decurtazione del 50% dello stipendio. La solidarietà delle opposizioni: "Attacco alla libertà di espressione"
L'insegnante e scrittore Christian Raimo è stato sospeso per tre mesi dall'insegnamento, con una decurtazione del 50% dello stipendio. È il provvedimento dell'Ufficio scolastico regionale per le offese di Raimo nei confronti del ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
"In merito alla recente sanzione inflitta al Prof. Christian Raimo a seguito di dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti del Ministro Valditara che definiscono quest’ultimo 'cialtrone' e 'lurido' e che 'va colpito come la Morte Nera' non possono essere considerate una critica costruttiva; al contrario, si configurano come un'offesa che viola i principi fondamentali di rispetto reciproco e dialogo civile", dichiara Anna Paola Sabatini, direttore generale dell'Usr Lazio. "Preme ricordare che il docente era stato già precedentemente oggetto di sanzione perché, in occasione di un suo intervento in una trasmissione televisiva, aveva affermato di incitare i giovani alla violenza". "L'offensività delle dichiarazioni - aggiunge Sabatini - assume un carattere di particolare gravità quando sono indirizzate a un rappresentante delle istituzioni. La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che tali affermazioni sono state proferite da un docente. I docenti ricoprono un ruolo fondamentale nella formazione delle giovani generazioni e dovrebbero rappresentare un esempio di comportamento etico e civile per gli studenti. Incoraggiare il rispetto e la tolleranza è parte integrante della loro missione educativa".
Da M5s a Pd, la solidarietà a Raimo
Tanti i membri dell'opposizione che hanno visto il provvedimento come un'attacco alla libertà di espressione. A cominciare dai parlamentari del Pd delle commissioni Istruzione di Camera e Senato che hanno dichiarato di ritenere la decisione "molto grave": "Per quanto ci riguarda è inaccettabile che un docente venga sospeso con lo stipendio dimezzato per aver espresso un proprio parere sull'idea di scuola della destra. Solo nei regimi questo diritto viene censurato e punito. Il Ministero dell'Istruzione è diventato il Minculpop? È abbastanza sconcertante la battaglia personale ingaggiata dal Ministero contro un suo dipendente". "Il governo - hanno detto ancora - nella sua ansia di creare nuovi reati vuole introdurre quello di lesa maestà? Il dissenso è il cuore della democrazia e la sospensione rischia di ledere pesantemente la libertà di opinione e costituisce un precedente inquietante. Raimo ha espresso un parere legittimo peraltro a una festa di partito e non nello svolgimento della sua funzione".
Gli esponenti del M5S nelle commissioni Cultura della Camera e del Senato considerano la sospensione del professor Raimo "un atto repressivo e intimidatorio gravissimo, che mina dalle fondamenta due pilastri su cui si fonda la nostra democrazia: la libertà di espressione e quella di insegnamento". "Siamo di fronte - scrivono - a un vero e proprio atto di violenza che pesa come un macigno sulle spalle del ministro Giuseppe Valditara e in generale del governo di Giorgia Meloni. Siamo stati spesso lontanissimi dalle idee e dalle espressioni utilizzate da Raimo, ma mai come oggi è necessario esprimere nei suoi confronti piena vicinanza e solidarietà, perché attraverso di lui è stata inferta una ferita a tutto il mondo della scuola. Crediamo che la società civile e tutti coloro che credono nella libertà di espressione quale fondamento del nostro ordinamento democratico debbano prendere posizione su questo brutto fatto che ci riporta indietro di decenni".
Il portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli ha espresso "piena solidarietà" e ha parlato di "ennesimo atto censorio da parte di chi non tollera alcuna forma di dissenso". "Quello che sta accadendo in questo Paese - ha aggiunto - è ormai inaccettabile: ci troviamo di fronte a esponenti di governo che si sentono autorizzati a dire tutto il contrario di tutto, sdoganando anche offese nei confronti di avversari politici e giornalisti, tutto ciò è inaccettabile. Il clima che si sta creando nel nostro Paese pone un problema serio per la qualità della nostra democrazia".
Nicola Fratoianni di Avs ha dichiarato: "Totale solidarietà a Christian Raimo, che subisce una sanzione ingiusta e fuori da ogni logica: tre mesi di sospensione dall'insegnamento e stipendio dimezzato per aver pubblicamente espresso la sua opinione e aver criticato Valditara, con una metafora e fuori dal contesto scuola. Un chiaro tentativo di intimidire una persona libera". "Colpirne uno per educarne cento, si sarebbe detto. È così - prosegue il leader di Sinistra italiana - che la punizione a Raimo diventa esemplare ed è un messaggio agli altri docenti, a studenti e studentesse e alle famiglie: la libertà di espressione e la libertà di dissenso costano e lo paghi a caro prezzo e sulla tua pelle. Ma quello che devono capire è che l'Italia non abbassa la testa di fronte all'ingiustizia e al sopruso del potere. Infatti questa mattina, non appena saputa la notizia, studentesse e studenti del liceo dove insegna Raimo hanno appeso uno striscione in sua difesa e convocato un'assemblea d'istituto straordinaria. Vogliamo quindi raccogliere il loro testimone e ripartire dalla loro iniziativa di solidarietà e mandare anche noi un messaggio a tutte e tutti coloro che hanno paura: non siete soli. Noi siamo al loro fianco, non tolleriamo le ritorsioni di questi signori e signore con l’ossessione per i bavagli e i manganelli. Non ci faremo intimidire e non faremo passi indietro".
Claudia Pratelli, assessora alla scuola formazione e lavoro di Roma Capitale, ha parlato di Christian Raimo come di "un intellettuale prezioso che sta subendo una sanzione ingiusta, figlia di un approccio punitivo che non ammette dissenso e pensiero libero". "È un precedente gravissimo, intimidatorio, - ha detto - che non può passare inosservato perché palesemente rivolto a dare un messaggio non solo a lui ma a chiunque abbia una idea che si discosta da quella del governo''.
Ai messaggi di solidarietà si unisce il Gruppo consiliare Roma Futura. "Essere liberi in questo Paese - si legge in una nota - sta diventando sempre più difficile. Essere liberi di esprimere il proprio pensiero, come sancito dalla nostra Costituzione, non è più un diritto, ma un pericolo. Lo sta ampiamente dimostrando il ministro Valditara con la sanzione nei confronti di Christian Raimo: 3 mesi di sospensione dall’insegnamento e stipendio al 50% per aver esercitato il diritto di espressione e di critica nei confronti del Ministro. Un messaggio chiaro a tutti: il dissenso verso l’operato del Governo non è ammesso. E così arriva la vendetta. Solidarietà a Christian Raimo. Siamo con lui in nome della libertà”.
Urs Lazio: "Stupisce che si difenda a oltranza Raimo"
D'altra parte Anna Paola Sabatini, direttore generale dell’Usr Lazio, si dice stupida "che si difenda ad oltranza chi, nonostante il proprio ruolo educativo, abbia, oltretutto, nel proprio percorso dichiarato pubblicamente che avrebbe insegnato storia militare per formare truppe volte ad assediare il Ministero dell'Istruzione, quanto fosse giusto picchiare un avversario politico, che abbia definito la premier in modi indicibili, e altri episodi analoghi divulgati peraltro anche attraverso mezzi caratterizzati da una diffusività elevatissima. Il suo ruolo di docente e di educatore, soprattutto, non può non tenere in considerazione che questa dicotomia non possa essere scissa".
Il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia definisce invece Raimo "spregevole pseudo professore, istigatore all’odio e alla violenza" e giudica la sospensione "un atto dovuto oltreché giusto". "La critica è legittima, anzi, è la benvenuta, - dice - la violenza verbale, l’insulto, la minaccia da parte di un educatore pagato da tutti noi per formare la coscienza civica dei nostri figli anche no. Chi sbaglia paghi, qualunque sia la tessera di partito che ha in tasca o la sua fede, e sia buon esempio per tutti gli studenti. E non si faccia malsano vittimismo su una vicenda di ordinaria amministrazione che nulla ha a che fare con il legittimo diritto a esprimere opinioni. Decisione sacrosanta".
II deputato della Lega e capogruppo in commissione Cultura e Istruzione, Rossano Sasso, ha dichiarato: "Le posizioni dell’Ufficio scolastico regionale sulle parole di Raimo sono chiare: definire Valditara ‘lurido’ e da ‘colpire come la morte nera’ non è una critica ma, semplicemente, una vera e propria offesa ad un rappresentante delle istituzioni. Comportamento non tollerabile, come avevamo sostenuto sin dal primo momento, da parte di un docente che, nel rispetto della propria missione educativa, non solo deve trasmettere concetti agli studenti ma rappresentare anche un esempio e modello di civiltà, e non incitare a violenze o rivolgere insulti a ministri della Repubblica". "Raimo - ha continuato - non è nuovo a violenze verbali, come quando disse in tv che lui esorta in classe alla violenza politica anche fisica. La legge è uguale per tutti e chi la viola paga, anche se è un docente comunista che fa politica, se ne facciano una ragione Pd e Avs. La Cgil invece ripassi il codice di comportamento dei pubblici dipendenti, al quale anche Raimo è soggetto: non è che se sei di sinistra puoi insultare e diffamare, e passarla liscia”.
Anche la deputata della Lega ed ex magistrata Simonetta Matone si chiede: "Questo docente che già in passato aveva minacciato il Ministro e istigato i giovani alla violenza cosa può insegnare ancora ai suoi studenti?". E ancora: "La sanzione potrebbe essere forse, (dico forse) di per se sufficiente ma assume carattere di gravità assoluta se la mettiamo insieme alle parole del leader della Cgil Landini che invita alla ‘rivolta sociale’. Dobbiamo seriamente indagare, a questo punto, da che parte vengano i veri pericoli per la democrazia e la stabilità delle istituzioni", conclude.
Cronaca
Malaria in Veneto, sintomi e come si trasmette: prevenzione...
E' una malattia infettiva causata da un protozoo (parassita del genere Plasmodium) che si trasmette all'uomo attraverso la puntura di zanzare del genere Anopheles
In Veneto è stato diagnosticato un caso autoctono di malaria. Ma cos'è? E come si trasmette? Si tratta di una malattia infettiva causata da un protozoo, parassita del genere Plasmodium, che si trasmette all'uomo attraverso la puntura di zanzare del genere Anopheles. Le zanzare infette sono dette "vettori della malaria" e pungono principalmente tra il tramonto e l'alba. Occasionalmente, la trasmissione avviene per trasfusione di sangue, trapianto di organi, condivisione di aghi o verticalmente dalla madre al feto si legge sul sito del ministero della Salute.
La malaria è uno dei principali problemi di salute pubblica mondiale, causando 350-500 milioni di infezioni in tutto il mondo e circa 1 milione di morti all'anno. I neonati, i bambini sotto i 5 anni, le donne in gravidanza, i viaggiatori e le persone affette da HIV o AIDS sono a maggior rischio di infezione grave.
Come si trasmette
La trasmissione richiede un ospite intermedio, la zanzara anofele, che si trova in tutto il mondo. Dopo l'esposizione (una puntura di zanzara infetta) il periodo di incubazione varia nella maggior parte dei casi da una a quattro settimane. A seconda della specie di Plasmodium coinvolta sono possibili periodi di incubazione molto più lunghi. La malaria non si diffonde da persona a persona. L'intensità della trasmissione dipende da fattori connessi con il parassita, con il vettore, con l'ospite umano e con l'ambiente.
In Italia è scomparsa a partire dagli anni '50 e i casi di malattia che si verificano, comunque, ogni anno nel nostro Paese sono legati principalmente ai turisti che rientrano da Paesi interessati dalla malaria e all'immigrazione da tali Paesi o al trasporto involontario di zanzare infette da aree endemiche, si legge ancora sul sito del ministero.
La malaria umana è una malattia che può avere esito fatale, sottolinea l'Istituto superiore di Sanità. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) definisce la malaria umana una malattia seria, prevenibile e curabile se diagnosticata tempestivamente e trattata con farmaci adeguati.
Sintomi
I sintomi, a seconda della specie di plasmodio, compaiono dopo 7, 15 o più giorni dalla puntura della zanzara infetta. Sono di varia natura, ma solitamente consistono in febbre, spesso molto alta, mal di testa, vomito, diarrea, sudorazioni e brividi scuotenti, tutti sintomi, almeno inizialmente, comuni a una qualsiasi sindrome influenzale o ad altre infezioni. La patogenicità dei plasmodi è legata alla loro capacità di invadere e distruggere i globuli rossi a cui segue la sintomatologia principale della malattia, rappresentata da accessi febbrili ricorrenti e anemia.
Le specie di plasmodi responsabili della malaria umana sono: Plasmodium falciparum; P. vivax; P. ovale; P. malariae e P. knowlesi. La malaria da P. falciparum rappresenta la forma più grave in termini di morbosità e mortalità. Raggiunge parassitemie molto elevate e oltre a causare una forte anemia può arrivare a ostruire i capillari del cervello (malaria cerebrale) o di altri organi vitali (reni, milza, fegato). Se non trattata tempestivamente può evolvere in malattia grave e invalidante, e/o portare alla morte. Le forme di malaria dovute alle altre specie di plasmodio sono in genere meno gravi.
La particolarità di P. vivax e P. ovale è che possono dare origine a recidive per via di forme che rimangono silenti nel fegato (ipnozoiti) e che si possono riattivare dopo mesi dall’attacco primario. In questi ultimi anni sono state descritte forme gravi di malaria da infezioni di P. vivax, caratterizzate da edema polmonare, sindrome da distress respiratorio acuto (Ards) e disfunzione multiorgano. P. malariae invece, può dare recrudescenze, anche a distanza di decenni. Forme del parassita possono rimanere nel circolo ematico a livello subclinico in modo da evadere il sistema immunitario e riattivarsi causando un nuovo accesso malarico quando le difese si dovessero abbassare per motivazioni diverse.
P. knowlesi, che presenta il ciclo schizogonico ematico di 24 ore, causa in genere una forma di malaria non complicata, sensibile al trattamento con clorochina. Nella letteratura recente tuttavia sono state descritte diverse forme gravi dovute a questo parassita, di cui 6 con esito fatale. P. malariae invece, può dare recrudescenze, anche a distanza di decenni. Forme del parassita possono rimanere nel circolo ematico a livello subclinico in modo da evadere il sistema immunitario e riattivarsi causando un nuovo accesso malarico quando le difese si dovessero abbassare per motivazioni diverse.
Diagnosi e cura
Una diagnosi accurata e precoce è una delle chiavi per gestire in modo efficace questa malattia. La pratica diagnostica si basa inizialmente su l’approccio clinico, che con la caratterizzazione dei sintomi indirizza verso un sospetto caso di malaria, e successivamente quello volto a identificare la specie di plasmodio, utilizzando più comunemente la diagnosi microscopica, con eventuale supporto di test rapidi immuno-cromatografici e metodiche molecolari (Pcr, Real Time Pcr, Lamp). Attualmente, il miglior trattamento disponibile, in particolare per la malaria da P. falciparum, è rappresentato dalla terapia combinata a base di derivati dell’artemisinina (ACT). L'Oms raccomanda di confermare con la diagnosi di laboratorio tutti i casi di sospetta malaria prima di somministrare il trattamento terapeutico.
Vaccino contro la malaria
Dopo oltre 30 anni d’intensa ricerca, è stato messo a punto il primo vaccino contro la malaria, l’RTS,S/AS01, che ha mostrato una parziale protezione contro la malaria da P. falciparum nei bambini. In studi clinici su larga scala tra i bambini di 5-17 mesi che hanno ricevuto 4 dosi, il vaccino è riuscito a prevenire circa 4 casi su 10 di malaria per un periodo di 4 anni. A causa però di questa protezione solo parziale, l’RTS,S/AS01 potrà affiancare gli altri metodi di lotta contro la malaria ma non sostituirli. Ad aprile 2019 è partito un programma di vaccinazione pilota, coordinato dall’Oms, per l’introduzione graduale del vaccino RTS,S/AS01 nel programma vaccinale di routine di 3 Paesi dell'Africa sub-sahariana: Malawi, Ghana e Kenya. Questo studio pilota, che prevede di vaccinare fino a 360.000 bambini per anno nei tre Paesi, affronterà diverse questioni ancora aperte, quali valutare l’efficacia del vaccino in contesti reali; comprendere il modo migliore per fornire le quattro dosi richieste; il ruolo potenziale del vaccino nel ridurre le morti infantili; la sua sicurezza nell’uso di routine.
Cronaca
Malaria, diagnosticato un caso autoctono in Veneto
A Verona: si tratta di una persona che non aveva viaggiato in Paesi a rischio. Regione: "Attivate misure sorveglianza"
"E' stato diagnosticato dall'Azienda ospedaliera di Verona un caso di malaria autoctona in una persona senza storia di viaggi recenti in Paesi in cui la malattia è endemica". Lo ha comunicato la Direzione Prevenzione della Regione Veneto.
La Regione, si legge in una nota, "in stretta collaborazione con l'Ulss 9 e con l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, appena ricevuta comunicazione del caso ha attivato tempestivamente le misure di sorveglianza previste: approfondimento dell'indagine epidemiologica sul caso; indagine sul campo con cattura e analisi dei vettori locali; misure di sorveglianza sanitaria rivolte agli altri soggetti nei luoghi di possibile esposizione; attività di disinfestazione preventiva nell'area da effettuare in base agli esiti controlli effettuati".
Cronaca
Depistaggio Borsellino, Pm: “Poliziotti reticenti e...
(dall'inviata Elvira Terranova) - Per la Procura di Caltanissetta i quattro poliziotti che facevano parte del Gruppo investigativo ‘Falcone e Borsellino’, e che oggi sono imputati per depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio, nel corso dei processi, sono stati “reticenti” e “in malafede”, hanno “reso false dichiarazioni”, con l’obiettivo di “inquinamento probatorio”. Maurizio Zerilli, Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi e Angelo Tedesco, oggi sessantenni, rischiano il processo depistaggio per aver mentito, secondo l’accusa, al processo in cui si cercava la verità sul falso pentito Vincenzo Scarantino. Non usa mezzi termini il pm Maurizio Bonaccorso nella discussione davanti al gup di Caltanissetta, David Salvucci. Una discussione durata quasi due ore in cui il magistrato, che tra pochi giorni lascerà la Procura di Caltanissetta per fare ritorno a Palermo, elenca le contestazioni ai quattro poliziotti, tutti presenti in aula. Per ribadire, alla fine,la richiesta di rinvio a giudizio. “Agli imputati vengono contestate una serie di condotte che si concretizzano in false dichiarazioni e reticenze, secondo l’impostazione accusatorie mascherate da ‘non ricordo’. A parte dei singoli casi di false dichiarazioni e reticenze che si riferiscono a episodi specifici, singoli, ad esempio quella è la falsa dichiarazione di Di Gangi a proposito della pistola puntata a Vincenzo Scarantino, quando ci fu la famosa colluttazione dopo la ritrattazione televisiva, tutte la altre false dichiarazioni, tutte le altre reticenze mascherate da ‘non ricordo’ si riferiscono a momenti scuri dell’attività investigativa del Gruppo Falcone e Borsellino che, secondo la tesi accusatoria, rappresentano dei momenti fondamentali nell’attività di inquinamento probatorio”, dice.
"Per comprendere quello che è l’atteggiamento psicologico dei testi che sono venuti qui a deporre, testi coinvolti in quelle indagini, occorre procedere a una analisi di questi momenti che sono scottanti”, dice ancora Bonaccorso. “E c'è una proporzionalità diretta dei ‘non ricordo’, che sono tantissimi, che sono stati tutti cristallizzati nei capi di imputazione- prosegue il pm Bonaccorso- C’è un rapporto di proporzionalità diretta tra la maggiore connotazione negativa di questa attività di indagine è il numero dei ‘non ricordo’. Questo perché c’è la percezione di muoversi in un campo minato dove una risposta sbagliata può avere conseguenze devastanti. Il dato su cui bisogna riflettere, e ora farò un esempio diretto, progressioni dichiarative nel corso degli anni dei testimoni che venivano a deporre in qualità di appartenenti al Gruppo Falcone e Borsellino. Per comprendere a pieno l’atteggiamento di assoluta malafede dei testimoni che hanno fatto parte del Gruppo Falcone e Borsellino, nel processo Borsellino quater e depistaggio, sarebbe opportuna una analisi completa della evoluzione dei processi che si sono celebrati Noi abbiamo un prima e dopo, un avanti Spatuzza e dopo Spatuzza. Abbiamo Borsellino uno, bis e ter prima di Spatuzza e dopo Spatuzza abbiamo il Borsellino quater e depistaggio. Se andiamo ad esaminare le dichiarazioni dei poliziotti nei primi tre tronconi quando ancora non si era il smantellato il castello di menzogne, abbiamo dei testimoni tranquilli e sereni che rendono dichiarazioni che dopo scopriremo essere totalmente false”.
Le accuse del legale dei figli del giudice 'Avete umiliato memoria vostri colleghi'
Subito dopo tocca all’avvocato di parte civile, Fabio Trizzino, che rappresenta i figli del giudice Paolo Borsellino. Trizzino è anche il figlio di Lucia Borsellino, figlia maggiore del magistrato ucciso in via D’Amelio. “Avete visto che stavano creando il mostro (Scarantino ndr) e avete taciuto. Poi, quando finalmente l’impostura si è disvelata, dovevate darci una mano. Dovevate dirci quello che avete visto, quello che i vostri colleghi hanno commesso. Alcuni hanno mentito in maniera spudorata. Abbiamo assistito a momenti in cui avete umiliato i vostri colleghi, la memoria dei vostri colleghi”. Rivolgendosi direttamente ai 4 poliziotti imputati per il depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio, l’avvocato Fabio Trizzino, che rappresenta i figli del giudice insieme con l’avvocato Vincenzo Greco, ha chiesto al gup di Caltanissetta David Salvucci il rinvio a giudizio per i quattro poliziotti accusati del depistaggio.
“Chi ha partorito il depistaggio lo ha fatto nel momento in cui ha deciso di accelerare la strage- dice il legale - L’agenda rossa non l’hanno presa né Zerilli né Di Gangi o Maniscaldi. E’ stata fatta sparire da chi aveva da temere qualcosa. Però non ci avete aiutato, ci avete umiliato. E questo a mio giudizio è grave. Vi siete accorti e avete coperto”. Per Trizzino il depistaggio “è iniziato alle 17 del 19 luglio 1992. Loro sono stati chiamati a fare parte di un abominio. Ciascuno è entrato, ha fatto il suo. Siccome sono validi poliziotti, sono convinto che si sono resi conto di quello che stava accadendo. Hanno in un primo momento taciuto, durante il primo, secondo e terzo dibattimento. In qualche modo è comprensibile il loro atteggiamento”. E ancora: “Ho avuto la sensazione che loro vivessero questi processi come una somma ingiustizia in ragione del fatto che coloro che li dovevano dirigere nel corso delle indagini, sono stati semplicemente sfiorati e non coinvolti per come era necessario quantomeno con riferimento alla figura di Giovanni Tinebra (ex Procuratore di Caltanissetta ndr), Carmelo Petralia e Annamaria Palma (ex pm di Caltanissetta ndr). Ma questo non li giustifica”. Rivolgendosi ancora ai poliziotti imputati dice: “Avete taciuto durante il processo bis quando è venuto fui il problema dell’indottrinamento a Scarantino. Con una sentenza aberrante i giudici del secondo grado hanno trasformato in una attività meritoria quella di Mattei e Ribaudo. Che Scarantino fosse antropologicamente inadeguato, ad avere avuto qualche ruolo nella esecuzione di una strage, per la vostra esperienza investigativa lo sapevate”.
Poco prima, uno dei 4 imputati, Vincenzo Maniscaldi, oggi in pensione, chiede di rendere dichiarazioni spontanee e di essere esaminato. Mette subito in chiaro: “Non ho reso false dichiarazioni" durante il processo a Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, i tre poliziotti accusati di concorso in calunnia aggravata dall'avere favorito Cosa nostra. Sono quattro le condotte che vengono contestate a Maniscaldi. Come ricorda il suo legale, l'avvocato Giuseppe Panepinto, nel corso dell’esame di Maniscaldi il poliziotto avrebbe dichiarato il falso nel corso dell'udienza dibattimentale a carico di Bo "nel momento in cui Giuseppe Orofino avrebbe riferito al Tribunale che già alla data del 10 agosto 1992 avrebbe denunciato lo smarrimento del documento della 126". Orofino venne arrestato nel 1993, poi condannato in via definitiva e quindi assolto nel processo di revisione nel 2017. Ad accusare il carrozziere e altre 6 persone era stato il falso pentito Vincenzo Scarantino che si era autoaccusato di avere partecipato alla strage insieme a Salvatore Candura, anche lui calunniatore. Secondo l'accusa iniziale, supportata dalle indagini del gruppo di investigatori Falcone-Borsellino capitanato da Arnaldo La Barbera, Orofino avrebbe fornito una targa pulita per la 126 rubata - che avrebbe anche tenuto nella sua officina - utilizzata come autobomba in via Mariano D'Amelio a Palermo il 19 luglio 1992 per uccidere il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e gli agenti della Polizia di Stato Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
L'avvocato Panepinto ha poi ricordato la seconda contestazione a Maniscaldi: "Nell'ambito dello stesso procedimento penale avrebbe dichiarato falsamente che i brogliacci della trascrizione dell'intercettazione telefonica presso l'abitazione di Vincenzo Scarantino a San Bartolomeo al Mare, avrebbe dichiarato falsamente che dovevano essere sottoscritti i brogliacci anche da un ufficiale di Polizia giudiziaria che non aveva partecipato all'ascolto". "Era una frase di considerazione generale- spiega Mansicaldi - ho dato la mia idea che poteva succedere, perché succedeva molto spesso anche alla Squadra mobile di Palermo. Perché prima di andare al gruppo 'Falcone e Borsellino' mi capitava che il collega si dimenticasse di mettere una firma". Poi Vincenzo Maniscaldi ha parlato del funzionamento della sala d'ascolto per ascoltare le conversazioni di Scarantino, che da poco aveva iniziato a collaborare con i magistrati. "Era una prevenzione, non era un servizio importante. Lui poteva solo fare telefonate ma non riceverle. Noi non sapevamo quando telefonava e a chi telefonasse". Alla domanda dell'avvocato Giuseppe Panepinto su chi facesse l'attività per le intercettazioni presso l'abitazione di Vincenzo Scarantino, Maniscaldi risponde: "A volte saliva l'operatore e diceva: ci sono delle telefonate. L'attività di ascolto la faceva l'ufficiale e non l'agente". E aggiunge: "Non avevamo una presenza fissa nella sala d'ascolto ma ci recavamo saltuariamente. La mattina accompagnavamo i figli di Scarantino a scuola e poi passavamo alla sala ascolto, se c'erano telefonate le ascoltavamo”. Però tiene a precisare che il “22 e il 23 giugno del 1995” era a Palermo, quando secondo l’accusa ci sarebbero state delle ‘anomalie’ sul telefono di Scarantino. “Io arrivo a Imperia solo il 24 giugno – spiega - e ascolto e verifico le telefonate di Scarantino avvenute in precedenza”. Secondo l’accusa nei giorni precedenti si sarebbero verificate delle anomalie, persino delle ‘manomissioni’. Poi Maniscaldi, visibilmente emozionato, aggiunge: “Non ho mai travisato né travisato niente".
A inizio udienza a intervenire è l’avvocato dello Stato Giuseppe La Spina,m che chiede l’esclusione della Presidenza del Consiglio e del Viminale dalla responsabilità civile. "La Presidenza del Consiglio non può essere chiamata come responsabile civile perché non vi sono appartenenti alla Presidenza del Consiglio, non vi sono lavoratori, manca il nesso di immedesimazione organica. L'articolo 538 del Codice di procedura penale impone la condanna in solido del responsabile civile solo quando c'è un imputato la cui attività può essere riferita alla responsabilità civile. La citazione va ritenuta nulla per difetto dei requisiti", dice. Il legale ha anche chiesto l'esclusione di responsabilità civile del Ministero dell'Interno. Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Caltanissetta, David Salvucci, ha citato invece nella scorsa udienza la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell'Interno quali responsabili civili. Nell'ambito di un troncone dell'inchiesta sul depistaggio, in sede di udienza preliminare, si sono costituiti parte civile i figli di Borsellino, Manfredi, Lucia e Fiammetta, rappresentati dagli avvocati Vincenzo Greco e Fabio Trizzino. Sono state, invece, rigettate tutte le altre richieste avanzate di costituzione come parte civile dai parenti delle vittime della strage di via D'Amelio, dal poliziotto Antonio Vullo, l'unico superstite della strage, e da Salvatore Borsellino, fratello del giudice. Gli imputati sono gli agenti Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli, già parte del pool investigativo ''Falcone Borsellino’ difesi dagli avvocati Giuseppe Panepinto, Giuseppe Seminara e Maria Giambra. Gli imputati sono tutti presenti in aula. "Le funzioni della Polizia Giudiziaria sono subordinate all'ufficio del Pubblico ministero. Deposito la documentazione dei decreti di istituzione del Gruppo Falcone e Borsellino il primo decreto da conto che si tratta di un organo ad hoc che avrà funzioni di polizia giudiziaria". Per l'avvocato di parte civile, Fabio Trizzino, che rappresenta i figli del giudice, la Presidenza del Consiglio "è responsabile civile". Ma il Gip non accoglie la richiesta dell'Avvocatura dello Stato. Viminale e Presidenza del Consiglio restano responsabili civili. Prossima udienza il 13 novembre.