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Piano Mattei a Ecomondo, al centro filiera biocarburanti e formazione in rinnovabili

'Africa Green Growth Forum' organizzato con Mase e Struttura missione Presidenza del Consiglio per il Piano Mattei

(Fotolia)

Formare nuovi professionisti delle rinnovabili e delle infrastrutture elettriche nel continente africano e sostenere la filiera dei biocarburanti in Kenya: sono questi i due obiettivi di altrettanti progetti supportati dal Piano Mattei per l’Africa. Dei loro sviluppi si è parlato nella terza giornata di Ecomondo, in occasione dell’edizione 2024 dell’Africa Green Growth Forum, organizzato da Ecomondo e dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in collaborazione con la struttura di missione della Presidenza del Consiglio per il Piano Mattei. L’appuntamento ha portato alla luce anche nuove opportunità di cooperazione nei settori dell’economia circolare che possano coinvolgere l’Italia con il continente africano. (VIDEO)

Il Piano Mattei sta sostenendo la costituzione in Marocco di un centro di eccellenza per la formazione nel settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, rivolto a tutto il continente africano. Il centro formerà esperti, amministratori e tecnici nei settori delle rinnovabili e delle infrastrutture elettriche, promuovendo nello spirito del Piano Mattei uno sviluppo energetico sostenibile attraverso il rafforzamento delle capacità manageriali e professionali 'in loco'. Il funzionamento e gli avanzamenti del progetto, sviluppato sotto l’egida dei governi italiano e marocchino, sono stati esposti dal managing director della Fondazione Enel Giulia Genuardi, da Abdessamad Faik dell’Università Politecnica Mohammed VI, da Mirco Torquati, responsabile commerciale impianti di larga scala di 3SUN Gigafactory, e da Simone Pasquini, Area Manager Africa di Cesi Spa.

In Kenya, invece, il Piano Mattei sostiene attraverso un finanziamento del Fondo Italiano per il Clima lo sviluppo della filiera dei biocarburanti, attraverso la produzione di olio vegetale, da utilizzare come materia prima per le bioraffinerie: si parte da coltivazioni su terreni degradati o abbandonati, da colture di secondo raccolto, non in competizione ma in sinergia con la produzione agricola alimentare. Il progetto prevede anche la valorizzazione di scarti e residui forestali ed agro-industriali, supportando processi di economia circolare.

Caratterizzata da una forte valenza socioeconomica, l’iniziativa già coinvolge oltre 100.000 piccoli coltivatori locali in 16 contee, con l’obiettivo di arrivare a 200.000 nei prossimi anni, garantendo la creazione di reddito rurale, l’accesso al mercato per gli agricoltori, il recupero di aree marginali e contribuendo, al contempo, la decarbonizzazione globale nei trasporti attraverso la produzione di biocarburanti avanzati. Ne hanno discusso il Direttore Ccus, Forestry & Agri-Feedstock di Eni Luigi Ciarrocchi, Francesco Masera di Cassa Depositi e Prestiti (Responsabile Promozione Business, Governance e Partnership, Cooperazione Internazionale allo Sviluppo) e Laetitia Dumas della International Labour Organization (Programma e operazioni di gestione del Team, ramo sicurezza e salute sul lavoro).

Nella seconda sessione del convegno, moderato dal presidente del comitato tecnico scientifico di Ecomondo Fabio Fava, sono stati sviluppati, a cura di Confindustria Assafrica & Mediterraneo e attraverso il contributo di aziende e consorzi di imprese, alcuni case history che possano rappresentare esempi per prospettive future di cooperazione nei settori dell’economia circolare, applicato ai settori del tessile, di Raee, packaging e bioenergie.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Economia

Pil e disuguaglianze, come stanno veramente gli italiani?

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Un'analisi dei dati Istat che tiene conto delle differenze territoriali, di genere e di istruzione

Istat

Ogni volta che si discutono i dati economici - Pil, Occupazione e Inflazione sono i principali - ci si chiede quanto siano in grado di rappresentare le reali condizioni di vita degli italiani. C'è una distanza tra i dati e la realtà e c'è anche una diversa velocità tra le rilevazioni periodiche, che inevitabilmente scontano un ritardo di raccolta ed elaborazione, e le effettive condizioni di chi deve fare i conti con il costo della propria vita. Può aiutare a fare un po' di chiarezza un'analisi che mette insieme i principali indicatori Istat e la pubblicazione 'Benessere e disuguaglianze in Italia', sempre Istat, del 4 novembre scorso.

Aprendo il sito dell'Istat sono in evidenza tre grafici significativi. Quello del Pil fa segnare nel terzo trimestre 2024 il dato più alto in valore assoluto dal 1996, 481.587 milioni di euro; gli occupati a settembre 2024 sono 23.983.000, sui massimi dal 2004, l'inflazione a ottobre 2024 è allo 0,9%, su valori non lontano dal minimo di gennaio 2015, 0,6%. Quindi, l'economia italiana è in piena salute e le condizioni economiche degli italiani lo sono altrettanto?

E' utile, a questo punto, andare a sfogliare la pubblicazione 'Benessere e diseguaglianze in Italia'. Il primo fattore che va considerato è che a livello territoriale persistono forti disuguaglianze. Le regioni del Nord emergono con valori di benessere superiori alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno presenta ancora situazioni di marcato svantaggio, soprattutto nei quando si parla di lavoro e conciliazione dei tempi di vita e relazioni sociali. La maggior parte degli indicatori mostrano, inoltre, uno svantaggio femminile. Le donne restano fortemente penalizzate nel mercato del lavoro, sia sugli indicatori quantitativi che su quelli qualitativi. Il tasso di occupazione è marcatamente più basso, mentre sono più elevati sia il tasso di mancata partecipazione al lavoro, sia l’incidenza del part-time involontario.

Considerare gli indicatori per titolo di studio è fondamentale alla luce del legame profondo tra istruzione e qualità della vita. Avere un alto livello di istruzione significa godere di più elevati livelli di benessere e di una maggiore protezione dalle vulnerabilità date dalla combinazione di più fattori discriminanti. L’investimento in capitale umano è uno dei principali fattori di protezione dalle difficoltà economiche. Il rischio di povertà dei laureati è più che dimezzato rispetto al totale della popolazione. Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché il rischio di povertà è minimo tra i laureati residenti al Nord e massimo tra i residenti al Mezzogiorno con bassa istruzione.

Questa analisi dell'Istat aiuta a capire perché c'è una distanza considerevole tra quello che dicono i macro dati e le condizioni reali di vita degli italiani.

Entrando nello specifico del disagio economico si riesce ad andare oltre. "Il disagio economico è poi molto differenziato sul territorio perché al Nord il rischio è inferiore al 10% (3,6% se laureati) e al Mezzogiorno sale al 30,8% (40,7% se con bassa istruzione)". Se si considerano anche le differenze di genere si vede come "il gruppo più svantaggiato è costituito dalle donne con bassa istruzione residenti al Mezzogiorno, tra le quali il rischio di povertà raggiunge il 42,7%". Inoltre, le differenze territoriali si aggiungono a quelle per istruzione, anche considerando le fasce di età, con "un rischio di povertà che nel Mezzogiorno è più elevato e tra i giovani adulti con basso titolo di studio sale al 56,7%". All’interno del mercato del lavoro il capitale umano ha un ruolo estremamente positivo. Il tasso di occupazione dei laureati (84,3%) e diplomati (73,4%) è ben al di sopra del valore medio per l’Italia (69,1%) mentre per chi ha un basso titolo di studio scende al 54,2%. Inoltre, anche nel Mezzogiorno essere laureati (82,5% contro 59% degli uomini con bassa istruzione) ed in particolare laureate (71,8% contro appena il 21,8% delle meno istruite) pone in condizioni di vantaggio rispetto agli esiti occupazionali e riduce la distanza con gli occupati di pari istruzione nelle altre zone del Paese.

La conclusione a cui si arriva è che dentro i macro dati c'è una realtà che cambia molto rispetto alla collocazione geografica, al genere e al livello di istruzione. Come dire, lo stesso dato del Pil si porta dietro una realtà frammentata e piena di disuguaglianze. (Di Fabio Insenga)

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Economia

Agroalimentare, Centinaio (Lega): “L’Italia è...

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 Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

Gian Marco Centinaio

“L’agroalimentare è uno dei settori più importanti del nostro Paese. Oggi trattiamo quelle che sono le potenzialità del nostro Paese. Quindi, il fatto che l'Italia sia il paese della biodiversità e dell'agroalimentare, ma anche il fatto che l'agricoltura sta attraversando un momento di crisi dovuto anche al cambiamento climatico e alla crisi economica. Vogliamo capire quelli che sono i modi per affrontare questo momento di crisi e quindi pensiamo alle nuove tecnologie, alla ricerca scientifica al fatto che attraverso i fondi che vengono dati alle nuove generazioni si riesce a pensare a un futuro per l'agricoltura italiana”. Così il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, durante il convegno ‘Agricoltura, sostenibilità ed innovazione: le sfide per coltivare il nostro futuro’, promosso da Bper in collaborazione con il settimanale “il Ticino” e organizzato a Pavia.

“È necessario ragionare a livello europeo perché il maggior finanziamento dell'agricoltura viene dall’Europa - prosegue Centinaio - Va revisionata questa politica agricola comunitaria che non deve semplicemente dare soldi agli agricoltori, ma deve aiutarli attraverso delle politiche, pensiamo alla reciprocità con i Paesi terzi che importano in Europa. Poi è necessario anche un piano strategico a livello nazionale perché perché altri Stati l'hanno fatto, penso soprattutto alla Spagna, e l'Italia non può venire meno a questo impegno”.

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Economia

Sostenibilità, Sindaco Fermignano: “Da Cresco Award...

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Così il sindaco Emanuele Feduzi

Sostenibilità, Sindaco Fermignano:

Il comune di Fermignano (Pu) è tra i cinque premiati da Fondazione Sodalitas alla 9a edizione di Cresco Award - Città Sostenibili, al Centro Congressi Lingotto di Torino. "Il nostro progetto si chiama 'Fermignano 2030, dalla sostenibilità all'inclusione sociale' - commenta il sindaco Emanuele Feduzi - Siamo partiti dalla raccolta differenziata, portandola in maniera stabile sopra l'85%, quindi diventando il comune più riciclone della regione Marche per la categoria, 5-10 mila abitanti. Abbiamo poi costruito una nuova struttura, una scuola primaria per 500 bambini, completamente autosufficiente da un punto di vista energetico. Grazie al risparmio energetico che ne è scaturito abbiamo finanziato parte degli interventi nel sociale, ad esempio l'acquisto di un nuovo mezzo e il recupero di strutture per i disabili, e altre attività come la campagna per la sensibilizzazione contro la violenza di genere".

"Cresco Award è un momento di crescita, di confronto e soprattutto di stimolo - aggiunge il sindaco Feduzi - Abbiamo partecipato per la prima volta, quasi come una scommessa insieme ai miei colleghi e collaboratori. Nell'arco di pochi mesi abbiamo ricevuto due premi, Cresco Award, appunto, e un premio dal GSE a livello nazionale per essere riusciti a rivoluzionare la spesa energetica sfruttando fonti alternative appunto per alimentare le nostre strutture e rifinanziando in questo modo il sociale. Per noi è stato uno stimolo, un momento di confronto e soprattutto, ripeto, un momento di crescita non soltanto per l'amministrazione e per la dirigenza, ma per tutta la città".

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