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Trump, la prima intervista: “Via gli immigrati illegali, non c’è scelta”

Il presidente risponde alle domande della Nbc: "Vogliamo che le persone entrino, ma legalmente"

Donald Trump

La deportazione degli immigrati illegali è una priorità per Donald Trump. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, dopo la vittoria alle elezioni contro Kamala Harris, apre l'agenda nell'intervista al network Nbc. In cima alla lista dei 'to do' c'è "il confine solido e forte".

La deportazione degli immigrati, annunciata in ognuno degli oltre 900 comizi della campagna, "non è questione di costi. Non lo è davvero, non abbiamo scelta. Ovviamente dobbiamo rendere il confine forte e sicuro e, allo stesso tempo, vogliamo che le persone entrino nel nostro Paese -aggiunge- Non sono uno che dice, 'No, non potete entrare'. Vogliamo che le persone entrino".

"Non c'è una questione di costi quando persone hanno ucciso, quando signori della droga hanno distrutto paesi. Ora stanno per tornare in quei paesi, non resteranno qui", ribadisce, evidenziando che il tema della sicurezza del confine ha fatto presa sugli elettori: "Vogliono avere confini, sono favorevoli all'arrivo di persone che però devono arrivare con amore per il paese. Devono entrare legalmente".

Trump ha avuto colloqui telefonici con Harris e con il presidente uscente Joe Biden. "Sono state splendide telefonate, molto rispettose in entrambe le direzioni", dice. Con Harris si è "parlato della transizione, ha detto che vorrebbe fosse il più fluida possibile. Sono d'accordo, ovviamente". E Biden? "Molto presto ci sarà un pranzo".

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Esteri

Putin: “Pronto al dialogo su Ucraina”. Trump:...

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Il presidente russo: "La Russia è pronta a collaborare con ogni presidente americano che gode della fiducia del suo popolo"

Vladimir Putin e Donald Trump

Vladimir Putin chiama, Donald Trump risponde: il dialogo tra Russia e Usa, con riflettori accesi sull'Ucraina, è possibile.

Putin apre le danze congratulandosi con il nuovo presidente degli Stati Uniti e mostrandosi disponibile alla ripresa di colloqui. Il presidente russo, che oggi interviene al Club Valdai, si complimenta con il candidato repubblicano che ha trionfato alle elezioni americane e evidenzia la disponibilità a sedersi al tavolo, in particolare per discutere della guerra in corso tra Russia e Ucraina.

Trump da tempo si mostra convinto di poter favorire una rapida soluzione pacifica del conflitto. Le parole del tycoon, dice Putin, "meritano attenzione". La risposta di Trump arriva a stretto giro nell'intervista a Nbcnews: "Penso che ci parleremo".

"Vorrei cogliere l'occasione per congratularmi con lui, per la sua elezione a presidente degli Stati Uniti. Ho già detto che lavoreremo con qualsiasi capo di Stato di cui il popolo americano si fida". Il leader del Cremlino, riferisce l'agenzia Tass, è "pronto a discutere" con Trump. "Se qualcuno vuole riprendere i contatti, non mi dispiace. Sono pronto", dice Putin. "La Russia è pronta a ripristinare i rapporti con gli americani, ma la palla è nel loro campo

Gli elogi al "coraggioso" Trump

Il presidente russo riserva anche elogi particolari a Trump. "Il suo comportamento quando hanno provato ad ucciderlo mi ha impressionato. E' stato molto coraggioso", dice riferendosi all'attentato subito da Trump a luglio, durante un comizio a Butler, in Pennsylvania. Il nuovo presidente degli Stati Uniti è stato ferito ad un orecchio da un cecchino che ha aperto il fuoco ed è stato ucciso dagli agenti del Secret Service.

Trump, anche nella campagna elettorale appena conclusa, ha fatto riferimento al rapporto creato con Putin e non ha mancato di elogiare la risolutezza del leader russo. In particolare, il tycoon ha evidenziato "gli ottimi rapporti" con Putin quando ha ricevuto a New York il presidente Volodymyr Zelensky. Più volte, negli ultimi mesi, Trump si è detto certo sulla propria capacità di mediare tra Mosca e Kiev per porre fine alla guerra che dura da quasi 1000 giorni: "Li farò mettere d'accordo rapidamente", ha detto e ripetuto. Secondo Putin, le dichiarazioni di Trump durante la campagna elettorale "meritano attenzione". Il numero del Cremlino, però, evidenzia anche che "nel primo mandato", Trump "aveva paura di compiere un passo".

Il messaggio ai leader occidentali

Putin è disponibile al dialogo non solo con Trump. Il presidente russo si dice disponibile a riprendere i contatti con i leader occidentali "se loro stessi lo vorranno". "I leader degli Stati occidentali ad un certo punto mi hanno chiamato quasi ogni settimana, ma poi all'improvviso hanno smesso", prosegue Putin, secondo cui "se qualcuno di loro vorrà riprendere i contatti, l'ho sempre detto e lo voglio ripetere: non abbiamo nulla in contrario".

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Esteri

Migranti, Orban: “Italia come Ungheria, governo...

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Il primo ministro ungherese: in Europa c'è "una trappola", che si chiama "attivismo giurisdizionale"

Viktor Orban e gli altri leader al summit (Afp)

In Europa c'è "una trappola", che si chiama "attivismo giurisdizionale". Per "non citare solo l'Ungheria", è "la stessa storia quello che sta succedendo in Italia. E' la stessa situazione: i governi prendono decisioni, poi una Corte a livello europeo decide negativamente". Lo dice il primo ministro ungherese Viktor Orban, a Budapest al termine del summit dell'Epc, con un evidente riferimento all'accordo tra Italia e Albania sui migranti.

In questo modo, continua, "gli sviluppi nazionali seguono non le leggi nazionali, ma le decisioni europee, così l'intero sistema di difesa contro l'immigrazione nazionale collassa. Questa è la prassi che sperimentiamo regolarmente, che paralizza il governo nazionale. I governi nazionali in queste circostanze non possono dare leadership ai loro Paesi, perché in quasi tutti i Paesi la maggioranza delle persone è contraria all'immigrazione illegale".

"E i governi nazionali - aggiunge - non possono soddisfare le richieste della gente: invece, devono spiegare che non possono agire a causa di leggi internazionali che sono al di sopra di loro. Questo pone un grosso punto di domanda sulla loro capacità di leadership. E chi diavolo voterebbe per un governo che non può guidare un Paese? Gli elettori non possono accettarlo: eleggono i leader perché li servano. Se gli attivisti giudiziari li fermano, questo è contro la democrazia. E' una questione di sovraregolazione", che sposta il piano decisionale "dal livello nazionale a quello europeo", dice Orban.

Ucraina

Parlando della guerra in Ucraina, Orban spiega: "Quello di cui sto parlando non è la pace. La pace è il secondo passo. Il primo passo è il cessate il fuoco. La mia preoccupazione è che, se si pensa troppo e si parla troppo della soluzione di pace a lungo termine, del dopoguerra, possiamo ridurre la possibilità di avere un cessate il fuoco".

"Non bisogna dimenticare - prosegue - che avere un'idea chiara di quale tipo di pace ci possa essere alla fine del conflitto non è una precondizione di un cessate il fuoco. Perché dove siamo in questo momento non c'è comunicazione. La prima precondizione di ogni pace è la comunicazione. E la precondizione della comunicazione è il cessate il fuoco: questa è la logica".

"Quindi quello che sto sostenendo - aggiunge - è un cessate il fuoco, che dia spazio e tempo alle parti in guerra per comunicare e iniziare a negoziare sulla pace, smettendo di uccidersi a vicenda. Questa è la mia raccomandazione: si chiama cessate il fuoco. Sostengo innanzitutto il cessate il fuoco, perché questo è il primo passo verso la pace. Poi, dopo il cessate il fuoco, parliamo di quale potrebbe essere una pace che sia accettabile, durevole, a lungo termine per le parti in guerra, che è una questione difficile. In ogni caso ci vuole tempo per negoziare, ma prima c’è il cessate il fuoco", ribadisce.

Elezioni Usa

Orban spiega anche che durante il summit della Comunità Politica Europea nella discussione sui temi relativi alla sicurezza si sono registrate "visioni diverse", ma c'è stato "accordo" sul fatto che in Europa "serve la pace il prima possibile" e che "non possiamo aspettare che ci difendano gli Usa". Con le elezioni americane "si è chiuso un capitolo" e "il mondo cambierà velocemente".

Quando Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali americane, "mi trovavo in Kirghizistan", racconta in conferenza stampa, dove hanno "tradizioni diverse", pertanto "ho rispettato solo in parte la promessa di brindare a champagne", e "ci siamo affidati alla vodka" per festeggiare "questo fantastico risultato".

Incontro con Draghi

Orban oggi a Budapest ha incontrato l'ex premier italiano ed ex presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, per discutere delle questioni relative alla competitività dell'Ue. Lo comunica il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs, via social.

I colloqui "si sono concentrati sulle sfide alla competitività dell’Ue, con Draghi che ha fatto ricorso alla sua esperienza in qualità di autore di un recente rapporto strategico sull’argomento. Domani Draghi parteciperà anche al Consiglio Europeo informale a Budapest, aggiungendo una voce chiave alle discussioni sul futuro economico dell'Europa".

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Esteri

Kennedy jr alla sanità Usa? Le reazioni: “Come...

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I commenti di Burioni e Lopalco. Rezza: "Rischio estremismi in sanità americana limitati, politiche vaccinali gestite da Stati"

Robert Kennedy jr (Afp)

Robert Kennedy jr a capo della sanità americana? Sarebbe come mettere "Dracula alla direzione dell'Avis. La realtà supera ogni fantasia". Così sui social Roberto Burioni, professore di virologia e microbiologia all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, commenta il possibile ruolo del rampollo della dinastia Kennedy, avvocato noto per le teorie complottiste contro i vaccini e Big Pharma, nell'amministrazione Usa nuovamente guidata da Donald Trump.

Secondo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento, "Robert Kennedy jr come consulente per la sanità sarebbe come nominare Erode a protettore dei diritti dell'infanzia. E' un complottista permeato di idee bislacche sui temi della salute. Pensarlo a capo della sanità della più grande democrazia occidentale mette i brividi: una iattura di portata globale", dice all'Adnkronos Salute.

Per l'epidemiologo Gianni Rezza, i rischi di un governo 'estremista' della sanità statunitense, in particolare su posizioni no vax, "sono limitati". Sia perché "sono gli Stati a gestire il settore, vaccini compresi", sia perché "ci sono molti interessi di cui non si può non tenere conto" è la riflessione, all'Adnkronos Salute, dell'ex Dg Prevenzione del ministero della Salute durante la pandemia, oggi docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

"Credo non sia assolutamente certo che Kennedy jr diventi il prossimo responsabile della sanità americana - afferma Rezza - Di fatto ha alle spalle un percorso politico controverso, una forte sensibilità ambientalista, e delle posizioni articolate in politica estera. Da noi è più noto per alcune posizioni complottiste, in particolare su vaccini e Covid-19. E una certa avversione nei confronti di Big Pharma, che rappresenta comunque una lobby potente ed economicamente importante negli Usa".

"Per questo, qualora dovesse avere degli incarichi, dovrebbe per forza moderare le sue posizioni. E in ogni caso, negli Usa, la sanità è decentrata a livello dei singoli Stati federali, e così le politiche vaccinali. Per tutte queste ragioni - conclude - credo si debba essere al momento molto cauti sui futuri scenari".

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