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Melania Trump torna alla Casa Bianca: “Questa volta sarà diverso”

La first lady potrebbe interpretare in modo diverso, più assertivo, il suo ruolo al fianco di Donald Trump. Lo ha lasciato intendere lei stessa in un'intervista

Donald e Melania Trump (Afp)

Soprannominata otto anni fa "la first lady riluttante" per essersi trasferita con mesi di ritardo alla Casa Bianca e per essersi tenuta spesso lontana dai riflettori, Melania Trump questa volta potrebbe interpretare in modo diverso, più assertivo, il suo ruolo al fianco di Donald Trump. Lei stessa lo ha lasciato capire nell'intervista rilasciata a Fox and Friends una settimana prima della vittoria elettorale del marito.

A chi le chiedeva se la prospettiva di poter essere di nuovo first lady le provocasse ansia, ha risposto: "No, perché questa volta sarà diverso, ho molta più esperienza, conoscenza. Sono già stata alla Casa Bianca e quindi so esattamente cosa aspettarmi". Ma a segnalare la possibilità di un nuovo approccio da parte della 54enne ex modella di origine slovena è stato soprattutto il messaggio alla nazione da lei postato sui social dopo la vittoria elettorale: "La maggioranza degli americani ci hanno affidato questa importante responsabilità, noi salvaguarderemo il cuore della repubblica, la libertà".

Parole e tono che fanno immaginare quindi un desiderio di essere coinvolta nella seconda Casa Bianca di Trump molto più di quanto sia avvenuto durante la prima presidenza, quando spesso impegni e incombenze tradizionalmente della first lady venivano svolte da Ivanka Trump, allora consigliere alla Casa Bianca.

La lettera agli americani

Il messaggio post elettorale conferma come la signora Trump, che negli anni scorsi media americani descrivevano come 'separata in casa' dal marito e insofferente per tutte le cause, anche imbarazzanti, che l'ex presidente accumulava, non solo abbia sconfessato tutti ripresentandosi al suo fianco nei momenti clou della sua nuova campagna. Ma anche che sia riuscita, nei suoi termini, a trovare una sua più distinta voce, come ha mostrato con la lunga lettera agli americani dopo il tentato assassinio del marito il 13 luglio scorso in Pennsylvania.

"Quando ho visto quel proiettile colpire mio marito Donald, ho capito che la mia vita e quella di Barron erano sull'orlo di un cambiamento devastante", scriveva la futura first lady, parlando poi di "un mostro che ha visto in mio marito una macchina politica disumana" e "ha tentato di eliminare la passione di Donald - la sua risata, l'ingegno, l'amore per la musica e l'ispirazione".

Il libro 'Melania'

Nei mesi scorsi, Melania ha avuto occasione di sperimentare questa nuova voce nel libro di memorie, dal titolo 'Melania', uscito lo scorso settembre e lodato dal marito, nel discorso della vittoria, un best seller. Bisogna notare che nel libro, però, la futura first lady ha assunto una posizione a difesa del diritto d'aborto, parole che apparvero in contrasto con l'orientamento del partito repubblicano e del marito stesso.

"E' imperativo garantire che le donne abbiano l'autonomia di decidere la loro preferenza riguardo all'avere figli, basata sulle proprie convinzioni, libere da ogni intervento o pressione del governo", si legge nel libro in cui si insiste sul concetto della difesa delle libertà.

"Il fondamentale diritto di una donna alla libertà individuale le garantisce l'autorità di interrompere la gravidanza se lo desidera", recita il libro senza possibilità di appello. E ancora: "Restringere il diritto di una donna a scegliere se interrompere una gravidanza indesiderata è lo stesso che negarle il controllo del suo corpo, io ho nutrito questa convinzione per tutta la mia vita adulta".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Tregua in Libano, la fretta di Netanyahu: attesa per...

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Secondo i media israeliani, il Paese dei Cedri dovrebbe replicare entro 24 ore alla proposta di cessate il fuoco inviata tramite gli Stati Uniti

Raid su Beirut - Afp

Potrebbe arrivare nell'arco delle prossime 24 ore una risposta dal Libano a una proposta di cessate il fuoco inviata a Beirut tramite gli Stati Uniti. A riferirlo è Channel 12 in una notizia rilanciata dal Times of Israel mentre proseguono le operazioni militari israeliane contro Hezbollah nel Paese dei Cedri.

Cessate il fuoco in Libano, perché Israele ha fretta

Secondo il Washington Post, che cita tre funzionari ed ex funzionari israeliani, un consigliere del premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe riferito questa settimana a Donald Trump e Jared Kushner che Israele si sta affrettando verso un cessate il fuoco in Libano per consegnare al presidente eletto un primo successo in politica estera.

Ron Dermer, ministro per gli Affari strategici del governo Netanyahu, ha fatto domenica a Mar-a-Lago - ha scritto il giornale - la prima tappa del suo viaggio negli Stati Uniti, per parlare della proposta israeliana di cessate il fuoco in Libano, per poi andare a Washington ad aggiornare funzionari dell'Amministrazione Biden, compreso Amos Hochstein, sullo stato dei colloqui.

Un portavoce di Dermer ha confermato al Post che la missione è servita per parlare di una serie di questioni, senza entrare nei dettagli. No comment dall'ufficio di Netanyahu e da un portavoce di Trump. Nessuna risposta da un portavoce di Kushner, che contribuì alla normalizzazione tra quattro Paesi arabi e Israele durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca.

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Esteri

“Ucraina può sviluppare una bomba nucleare in pochi...

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Secondo un documento di un think tank ucraino presentato al ministero della Difesa di Kiev che però smentisce

Soldati ucraini - (Afp)

Nel giro di "mesi" l'Ucraina potrebbe sviluppare una bomba nucleare rudimentale, da utilizzare in teoria nella guerra contro la Russia, qualora il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, decidesse di sospendere l'assistenza militare a Kiev.

Lo indica un documento pubblicato dal Center for Army, Conversion and Disarmament Studies (Cacds), un influente think tank militare ucraino, secondo cui Kiev sarebbe in grado rapidamente di costruire un ordigno elementare con una tecnologia simile alla 'Fat Man', la bomba sganciata su Nagasaki nel 1945.

Ecco come l'Ucraina potrebbe sviluppare la bomba atomica

"Creare una semplice bomba atomica, come hanno fatto gli Stati Uniti nell'ambito del Progetto Manhattan, non sarebbe un compito difficile 80 anni più tardi", si legge nel documento citato dal Times, mentre martedì prossimo saranno mille giorni dall'inizio dell'invasione. Senza tempo per costruire e gestire le strutture necessarie per arricchire l'uranio, l'Ucraina userebbe il plutonio estratto dalle barre di combustibile esaurito prelevate dai suoi reattori nucleari. L'Ucraina può ancora contare su nove reattori operativi e ha una notevole competenza in ambito nucleare nonostante nel 1996 abbia accettato di disfarsi del terzo arsenale nucleare più grande al mondo.

Secondo il rapporto, l'Ucraina ha plutonio a sufficienza per realizzare "centinaia di testate con una resa tattica di diversi kilotoni". Una bomba del genere avrebbe circa un decimo della potenza di 'Fat Man', concludono gli autori del documento, che è stato condiviso con il vice ministro della Difesa ucraino e verrà presentato mercoledì a una conferenza a cui probabilmente parteciperanno i ministri della Difesa e delle Industrie strategiche.

La smentita di Kiev

Il rapporto del think tank non è avallato dal governo di Kiev, ma stabilisce la base giuridica in base alla quale l'Ucraina potrebbe ritirarsi dal Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), la cui ratifica era subordinata alle garanzie di sicurezza fornite da Stati Uniti, Regno Unito e Russia nel memorandum di Budapest del 1994.

Il mese scorso il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato di aver detto a Donald Trump che l'Ucraina avrebbe bisogno di armi nucleari per garantire la sua sicurezza se le venisse impedito di entrare nella Nato.

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Esteri

Ucraina-Russia, Trump e il dialogo in salita: le condizioni...

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L'analisi dell'Isw evidenzia che le posizioni della Russia non sono cambiate: Mosca vuole la resa di Kiev

Putin e Trump

Vladimir Putin non ha intenzione di fare alcuna concessione a Donald Trump. La Russia non cambia linea: vuole dettare le condizioni per la conclusione della guerra con l'Ucraina. E' il quadro che l'Institute for the study of war (Isw), think tank che monitora il conflitto quotidianamente, elabora in un momento cruciale nello scacchiere internazionale.

Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, si insedierà a gennaio e appena arrivato alla Casa Bianca cercherà di dare seguito agli annunci fatti in campagna elettorale: lavorerà per favorire un rapido accordo tra Mosca e Kiev.

Il piano di Trump

Secondo il Wall Street Journal, i consiglieri di Trump avrebbero tracciato un perimetro del piano da sviluppare per arrivare alla pace: una zona demilitarizzata lungo la linea del fronte, con forze internazionali ma non americane presenti, e l'Ucraina fuori dalla Nato per almeno 20 anni. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sempre rifiutato l'ipotesi di sacrifici territoriali, ma a Kiev - evidenziano media Usa - la posizione potrebbe mutare parzialmente se un'eventuale intesa prevedesse garanzie di sicurezza blindate per il paese.

La Russia non cambia obiettivo

In realtà, secondo l'Isw, tali ragionamenti non tengono conto di un elemento chiave: la posizione della Russia e quella del suo presidente Vladimir Putin non pare cambiata rispetto all'inizio del conflitto e l'obiettivo ultimo di Mosca rimane sempre lo stesso, "la completa resa dell'Ucraina". "Il Cremlino -osserva il think tank- sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto.

"Il Cremlino sembra poco disposto a fare concessioni alla nuova amministrazione Trump, così come non è stato disposto a farne all'attuale amministrazione", si legge nel rapporto. Putin si è congratulato con Trump per l'elezione e nelle dichiarazioni pubbliche ha manifestato una generica disponibilità a riprendere il dialogo con Washington. Mosca ha smentito il contatto diretto tra i due presidenti che, secondo il Washington Post, sarebbe avvenuto con una telefonata giovedì 7 novembre.

I messaggi da Mosca

Nelle ultime ore, le posizioni russe sono state illustrate dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov e dalla sua portavoce Maria Zakharova. Per Lavrov, l'avvento di Trump non modificherà la situazione e l'ipotesi di congelare il conflitto va scartata. Per Zakharova, c'è solo un modo per arrivare alla pace: "Serve lo stop all'assistenza militare che l'Occidente fornisce all'Ucraina".

Apparentemente, quindi, lo spazio per dialogare è poco. A completare il quadro, le parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino: non ci sono stati contatti con la nuova amministrazione americana, gli eventuali piani di Trump in relazione all'Ucraina al momento sono ignoti.

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