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E.Romagna, Richetti (Az): “Prossimo quinquennio centrale per crisi automotive”

"Vedo una legge di bilancio che da un lato riduce le risorse agli enti locali e dall'altro non vedo gli effetti legati all'attuazione del Pnrr"

Matteo Richetti - (Fotogramma)

"Credo che il prossimo quinquennio di governo della regione sia centrale, anche perché su questa Regione insisterà tutta la crisi dell'automotive che è davanti a noi". Così Matteo Richetti, deputato di Azione e membro della I commissione Affari costituzionali, intervistato da Adnkronos nell’ambito dello speciale ‘Regioni al voto’, dedicato al prossimo appuntamento elettorale in Umbria ed Emilia-Romagna.

"Sono giorni di polemica, siamo stati davanti a Maserati con Calenda, la regione Emilia-Romagna, ribattezzata ‘Motor Valley’, sarà una regione che pagherà un prezzo altissimo su questo. E allora devi stare molto attento che ogni centesimo che arriva in termini di sostegno al sistema economico vada a cercare di rilanciare questi segmenti - ha aggiunto -. L'Emilia-Romagna ha in pancia una delle manifatture più importanti d'Italia, forse d'Europa. Io in questa regione ci vivo, l'ho amministrata, conosco il settore della meccanica, della metalmeccanica, della ceramica, abbiamo il tessile, il biomedicale, tutti i segmenti produttivi sono concentrati nell'Emilia-Romagna. E la prima causa di sofferenza della manifattura oggi è il costo dell'energia. La seconda è una richiesta forte di infrastrutturazione, che non è più solo la logistica tradizionale, è anche una infrastrutturazione materiale di dati, di velocità, di connessioni".

"E su questo l'Emilia-Romagna ha fatto tanto la scorsa legislatura, quando eravamo in consiglio noi, facemmo una legge che non solo semplificava ma metteva in connessione il lavoro e l'università in maniera molto snella, favorendo quel connubio ricerca, innovazione, sviluppo del quale vive la nostra competitività, ma si deve fare di più, soprattutto sul carico di oneri", ha proseguito.

Sul fronte economico, fondamentale anche il ruolo delle filiere che vanno sostenute, secondo Richetti: "Noi l'abbiamo fatto con delle leggi di distretto, cioè che riconoscevano appunto l'aspetto della filiera e che provavano a sostenere non solo la singola azienda, ma il complesso della filiera che dà vita a un prodotto. Secondo aspetto, lo si fa con la fiscalità di territorio, cioè immaginando che un'impresa laddove abbia elementi di opportunità o di difficoltà li condivida con l'elemento territoriale. Quindi che gli si applichi una fiscalità di filiera, di distretto, di territorio e non solo una fiscalità, di singolo fatturato".

Anche in un’ottica di attrattività di imprese e investimenti, la regione ha ottenuto ottimi risultati ma bisogna continuare su questa strada, per Richetti: "Non dobbiamo dimenticare che negli ultimi anni nella nostra regione sono arrivate la Lamborghini, la Philip Morris, grandi imprese. Perché hanno deciso di investire in Emilia Romagna? Dovremmo porcela questa domanda. Tra queste ragioni, oltre a logistica, infrastrutture e supporto, ci sono state anche politiche fiscali che hanno attratto. C'è un nesso fortissimo tra l'attrattività di imprese, soprattutto di grandi dimensioni o multinazionali, e la necessità che questi esprimono di un'occupazione di alto livello".

Infine, un commento sulla manovra: "Vedo una legge di bilancio che da un lato riduce le risorse agli enti locali, alle regioni, e dall'altro non vedo gli effetti dell'attuazione del Pnrr. I dati di crescita del Pil, che Confindustria ha anche rivisto un po' a ribasso, dello 0,7 invece che lo 0,8% non sono numeri che ci aspettavamo rispetto a un Paese che ha sprigionato centinaia di miliardi di investimenti col Pnrr. Il prossimo settennato di fondi europei va fortemente piegato sugli investimenti, perché altrimenti, se la progettazione è software, noi rischiamo come Italia di perdere molto terreno sul piano di quello sviluppo che sedimenta, cioè occupazione e occupazione di qualità", ha concluso il deputato di Azione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

Autonomia, dopo stop Consulta opposizione esulta:...

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Schlein: "Ennesimo flop, bastava leggere meglio la Costituzione". Ma Zaia: "Orgoglioso della sentenza, confermata la legittimità della riforma"

Elly Schlein - Fotogramma

Dopo lo stop della Consulta alla riforma sull'Autonomia differenziata ritenuta incostituzionale in alcune parti, l'opposizione va all'attacco del governo con i maggiori partiti che parlano di una "riforma smontata" dai giudici costituzionali. Mentre dal centrodestra il governatore del Veneto Luca Zaia rivendica la tenuta della riforma non giudicata incostituzionale nel suo complesso.

Schlein

"Qualche mese fa il ministro Salvini si è rivolto a me dicendo che l'autonomia è prevista nella Costituzione e me ne avrebbe regalato una. Può tenersela - ironizza la segretaria Dem Elly Schlein - e regalarla alla Meloni, che se la rileggano insieme. Bastava leggere insieme la Costituzione per evitare l'ennesimo flop, e non è l'unico".

Conte

Di "un importante stop all'autonomia differenziata" parla invece il leader M5S Giuseppe Conte. "L'Italia è una. Abbiamo combattuto in Parlamento (prendendo anche pugni), nelle piazze a suon di firme, con la nostra Governatrice Alessandra Todde, che si è vista accogliere i motivi del ricorso. Oggi la Corte Costituzionale frena il progetto di autonomia con cui Meloni, Salvini e Tajani volevano fare a pezzi il tricolore e la nostra unità".

"La Consulta ha bocciato la riforma in tanti punti cardine - spiega Conte - : nella determinazione dei Lep con Dpcm del governo esautorando il Parlamento, nella previsione di trasferire intere materie e non specifiche funzioni legislative, nei criteri di finanziamento delle funzioni trasferite, nella violazione dei vincoli di solidarietà nel concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, nell’incapacità di distinguere Regioni a statuto ordinario e Regioni a statuto speciale e in tante altre questioni che smantellano l’impianto complessivo e i più specifici pilastri del malsano progetto autonomistico perseguito dal governo". "L'Italia è una e solidale, la difenderemo sempre, con la massima determinazione. Con la più intensa passione. Se ne facciano una ragione", conclude l'ex premier.

Bonelli

"La decisione della Corte Costituzionale di ritenere illegittime alcune disposizioni sull'autonomia differenziata è una buona notizia", afferma Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra. "Abbiamo sempre sostenuto che il problema risiedeva nell'illegittimità di alcune norme sull'autonomia differenziata, che rischiavano di portare l’Italia verso frammentazione e disuguaglianze sociali in settori fondamentali come la sanità, la scuola e l'energia. La Corte ha ribadito l'importanza di salvaguardare l'unità d’Italia e l'uguaglianza sociale, andando contro le proposte di Salvini e Meloni".

"La sentenza - prosegue Bonelli - è una demolizione della legge Calderoli e lo stop del mercimonio politico tra Meloni e Salvini, che scambiano il premierato con l'autonomia differenziata. L’Italia non è in vendita e auspico che i giudici della Corte Costituzionale siano rispettati e non attaccati come accaduto con i giudici di Roma definiti comunisti da Salvini”, conclude il parlamentare di Avs.

Calenda

Di una sentenza "che ha demolito la legge sull’autonomia differenziata" parla anche il leader di Azione Carlo Calenda secondo cui "possiamo trarre una prima conclusione: il Governo non potrà fare quello che voleva e che la Consulta ha ritenuto lesivo dei poteri del Parlamento, degli equilibri della finanza pubblica, della coesione nazionale e di un riparto delle funzioni legislative e amministrative tra Stato e Regioni fondato su principi di efficienza e di sussidiarietà e non di scambio politico. Non sappiamo - prosegue Calenda - quel che il Governo a questo punto deciderà di fare, ma sarebbe opportuno che tutti, anche all’interno delle opposizioni, avviassero una riflessione sulla necessaria riforma del regionalismo italiano, che non funzionava prima della legge sull’autonomia differenziata e continuerà a non funzionare anche dopo la sua neutralizzazione da parte della Corte Costituzionale".

Italia Viva

Fa un passo avanti invece il partito di Matteo Renzi. "Italia Viva ha accolto la notizia della bocciatura della Legge Calderoli mentre era in corso la Cabina di Regia nazionale. Avevamo chiesto a Calderoli alcune modifiche proprio sui punti bocciati dalla Corte. Ora è fondamentale che si vada al referendum come chiesto da seicentomila italiani per cancellare definitivamente la follia della Lega e dare una spallata a un Governo incapace e inconcludente”. Così in una nota l’ufficio stampa di Italia Viva.

Zaia

Di segno opposto la lettura del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia che esprime soddisfazione per la sentenza. "La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità della legge sull’autonomia differenziata, sancendo ancora una volta che il nostro percorso è in linea con la Costituzione - rivendica il governatore - . È una conferma importante e rappresenta un passaggio storico per il Veneto e per tutto il Paese. Questo verdetto, di cui attendo di leggere il dettaglio delle motivazioni - prosegue Zaia - rafforza il lavoro svolto negli anni e conferma che l’autonomia non è una questione divisiva, ma un’opportunità per dare voce e valore a ogni singolo territorio, nel rispetto dell’unità della Repubblica. La riforma dell’autonomia con questa legge ha aperto un dibattito e riforme importanti per questo Paese. L’alternativa sarebbe stata un’accettazione stantia e supina di un centralismo che nei decenni ha prodotto molti danni, con 3mila miliardi di debito pubblico e cittadini che talvolta, inaccettabilmente, spesso costretti a curarsi fuori dalla propria regione. Questo percorso ha il merito di aver dato vita a un dibattito assolutamente costruttivo".

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Politica

Autonomia differenziata, Consulta: legge costituzionale ma...

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La Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità sull’intera legge

La sede della Consulta - Fotogramma

La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie, considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo. Lo rende noto la stessa Consulta, in attesa del deposito della sentenza.

In particolare i giudici della Consulta sottolineano che la forma di Stato riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle Regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le Regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio.

Il principio di sussidiarietà e lo stop al trasferimento di materie

Pertanto la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione non deve corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma deve avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni. In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.

Partendo da queste premesse viene ritenuta incostituzionale la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola Regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà.

No alla delega legislativa sui Lep

La Corte contesta poi il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, i cosiddetti Lep, priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento. Incostituzionale è poi la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, vale a dire un Dpcm, a determinare l’aggiornamento dei Lep e quindi la determinazione dei Lep con Dpcm sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge. per definire i Lep.

Incostituzionale modificare aliquote con decreto

Incostituzionale viene poi considerata la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito, perché in base a tale previsione potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che –dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite- non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni.

Indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica

Pollice verso poi per la facoltatività, piuttosto che per la doverosità, per le Regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica. Giudicata poi incostituzionale l’estensione della legge sull’autonomia, e dunque dell’articolo116, terzo comma, della Costituzione alle Regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.

Il rinvio alle Camere

La Corte ha poi fornito alcuni criteri interpretativi tali da garantire la costituzionalità di altre parti della legge. In particolare l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo; la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa ('prendere o lasciare') ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata. La limitazione della necessità di predeterminare i Lep ad alcune materie (distinzione tra 'materie Lep'e 'materie-no Lep') va intesa nel senso che, se il legislatore qualifica una materia come 'no-Lep', i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

L'individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza, liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che, nonostante la devoluzione, restano comunque a carico dello stesso. Infine la clausola di invarianza finanziaria richiede inoltre che, al momento della conclusione dell’intesa e dell’individuazione delle relative risorse, si tenga conto del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Ue.

La Consulta sottolinea che spetterà ora al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle Regioni ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge. La Corte resterà poi competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre Regioni o in via incidentale.

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Politica

Manovra, Meloni: “Risorse anche da banche e...

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La presidente del Consiglio: "Ispirata a buon senso, smesso di gettare soldi da finestra"

Giorgia Meloni - (Afp)

Da dove arriva una parte dei soldi della manovra? Da banche e assicurazioni, "una cosa che nessuno aveva avuto il coraggio di fare finora e che rappresenta una grande novità rispetto al passato". Ad affermarlo via social è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni dopo aver riepilogato alcuni dei principali provvedimenti contenuti nella legge di bilancio.

"Abbiamo reso strutturale il taglio del cuneo fiscale, abbiamo esteso l'esonero contributivo per le mamme lavoratrici con almeno due figli anche alle lavoratrici autonome e abbiamo rinnovato la detassazione dei premi di produttività e dei fringe benefit. Abbiamo confermato la super deduzione del 120% del costo del lavoro per le nuove assunzioni, e scelto di rifinanziare la Nuova Sabatini, portando il fondo per il 2025 a 607 milioni di euro e incrementando le risorse fino al 2029", ha affermato per poi aggiungere: "E dove abbiamo preso i soldi per fare tutto questo, visto che di soldi non ne abbiamo molti? Una parte arriva dal nuovo rapporto che abbiamo costruito tra fisco e contribuenti e che ci ha permesso di avere più entrate nelle casse dello Stato. Un'altra dal contenimento della spesa dei ministeri e un'altra parte ancora da banche e assicurazioni. È una cosa che nessuno aveva avuto il coraggio di fare finora e che rappresenta una grande novità rispetto al passato".

"Abbiamo, di fatto, smesso di gettare i soldi dei cittadini dalla finestra, o in cose secondarie o addirittura inutili, quando non controproducenti, e abbiamo abbassato le tasse, nonostante la situazione dei conti pubblici che abbiamo ereditato non esattamente facile", ha scritto ancora.

"In un tempo di grandi trasformazioni, di cambiamenti che sono epocali nel modo di produrre, nel modo di lavorare e nel modo di investire, penso che il compito del Governo debba essere quello di accompagnare le piccole e medie imprese nelle sfide di questo tempo, fornire loro gli strumenti per liberare al massimo il loro potenziale. Penso all'attenzione per la produttività del lavoro, alla necessità di garantire il ricambio generazionale, alla priorità di assicurare il fabbisogno di personale qualificato. E penso al taglio della burocrazia e all'obiettivo di costruire uno Stato che sia un alleato di chi fa impresa, e non un ostacolo o un nemico", ha sottolineato ancora la premier.

"Su queste e su molte altre sfide -ha proseguito - il Governo è costantemente al lavoro. Lo abbiamo dimostrato in questi due anni, e ci impegniamo ovviamente a farlo per i prossimi, a partire dalla nuova legge di bilancio. Una manovra ispirata al buon senso e al pragmatismo, che concentra le risorse a disposizione per sostenere le imprese che assumono e creano posti di lavoro, e per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie".

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