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Farmaci, ok a rimborso per fenfluramina Ucb in crisi epilettiche associate a Lgs

Già impiegata per sindrome di Dravet oggi è indicata anche per sindrome di Lennox-Gastaut

Farmaci, ok a rimborso per fenfluramina Ucb in crisi epilettiche associate a Lgs

Ha ottenuto la rimborsabilità in Italia per il trattamento delle crisi epilettiche associate alla sindrome di Lennox-Gastaut (Lgs) la fenfluramina di Ucb. L'indicazione riguarda l'uso in combinazione con altri farmaci anticrisi per pazienti di età pari o superiore ai 2 anni che abbiano mostrato una risposta insufficiente o assente ad almeno 2 terapie anticrisi precedenti. Il farmaco aveva avuto l'autorizzazione all'immissione in commercio dalla Commissione europea per la Lgs nel febbraio 2023, ma fenfluramina è già utilizzata in Italia dal 2022 per il trattamento delle crisi epilettiche associate alla sindrome di Dravet, sempre come terapia aggiuntiva per pazienti di età pari o superiore ai 2 anni.

La sindrome di Lennox-Gastaut - si legge in una nota - è una rara encefalopatia dello sviluppo con epilessia (Dee - Developmental and Epileptic Encephalopathy), caratterizzata da crisi epilettiche resistenti ai farmaci e disordini dello sviluppo tra cui disabilità intellettiva, disturbi motori, comportamentali, relazionali e psichiatrici complessi. E' quindi un disturbo dello sviluppo cerebrale accompagnato da epilessia. Questa patologia rara ha una prevalenza stimata di 1-5 casi ogni 10mila persone, con una maggiore incidenza nei maschi rispetto alle femmine, e rappresenta l'1-4% dei casi totali di epilessia infantile. Solitamente l'insorgenza si manifesta tra i 3 e i 5 anni, quasi sempre prima degli 8. Le cause della Lgs sono molteplici. Quella più comune è un danno cerebrale provocato da ipossia alla nascita, infezioni o traumi cranici. In circa un quarto dei casi non è possibile identificare una causa specifica, suggerendo un possibile coinvolgimento genetico.

Tre caratteristiche 'chiave che definiscono la sindrome di Lennox-Gastaut ci sono: diversi tipi di convulsioni, deficit cognitivo e attività anomala all'elettroencefalogramma. Le convulsioni più comuni includono: 'toniche', con contrazioni muscolari; 'di assenza atipica', caratterizzate da brevi perdite di coscienza, e gli 'attacchi con caduta', pericolosi per le brusche cadute che possono provocare lesioni. La maggior parte dei bambini con Lgs (80-90%) presenta difficoltà di apprendimento, spesso accompagnate da problemi comportamentali come iperattività, aggressività e comportamenti autistici. L'elettroencefalogramma mostra, inoltre, un pattern distintivo di onde elettriche durante le crisi e talvolta anche tra una crisi e l'altra. La Lgs è particolarmente difficile da trattare. Non esiste una cura definitiva e l'obiettivo principale delle terapie è ridurre la frequenza delle crisi più gravi. Sebbene il controllo completo delle crisi non sia sempre raggiungibile, esistono diverse opzioni terapeutiche che possono aiutare a gestire le convulsioni.

L'approvazione di fenfluramina per il trattamento delle crisi epilettiche associate alla Lgs è supportata dai dati di sicurezza ed efficacia di uno studio registrativo di fase 3 che ha dimostrato come, in aggiunta ad altri trattamenti anticrisi, riduce significativamente le crisi da caduta rispetto al placebo.

Sul meccanismo d'azione, secondo Bernardo Dalla Bernardina, già professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli Studi di Verona e direttore del Centro di ricerca per le epilessie pediatriche dell'Aoui ospedale Donna e Bambino di Verona, il farmaco esercita un'azione anticrisi grazie al suo effetto serotoninergico. Inoltre, possiede un effetto modulante positivo sul recettore Sigma 1, coinvolto nei meccanismi di neuroprotezione e nei processi cognitivi e comportamentali. "Nella sindrome di Lennox-Gastaut - illustra Dalla Bernardina - l'obiettivo principale della terapia è ottenere un miglior controllo delle crisi, riducendo al contempo gli effetti collaterali spesso inevitabili con i trattamenti attualmente disponibili. Inoltre, è auspicabile che il farmaco contribuisca direttamente a migliorare le performance e la qualità di vita del paziente".

Una fase molto delicata per le persone con Lgs riguarda la transizione dall'età pediatrica a quella adulta, con il conseguente passaggio sotto la responsabilità di un altro professionista. In particolare, nelle patologie complesse come le encefalopatie dello sviluppo e, in modo specifico, nella Lgs, la presa in carico non riguarda solo il trattamento delle crisi epilettiche, l'effettuazione dell'Eeg e le visite neurologiche, ma coinvolge una serie di problematiche più ampie. "Uno degli aspetti più critici di questa transizione è che, durante l'età pediatrica, il paziente viene seguito in modo globale, con un approccio a 360 gradi - afferma Antonietta Coppola, neurologa del Centro Epilessia Aou Federico II di Napoli - Il neuropsichiatra infantile, per formazione, si occupa non solo delle crisi, ma anche dello sviluppo psicomotorio, delle abilità cognitive, degli aspetti riabilitativi, dei disturbi comportamentali e del sonno. Al momento del passaggio all'età adulta, tuttavia, questa visione integrata non è più possibile. Purtroppo - osserva - non esiste una figura equivalente al pediatra o al neuropsichiatra infantile per l'adulto. In questa fase, diventa indispensabile il coinvolgimento di altre figure professionali: il fisiatra per le problematiche legate alla deambulazione e alla postura, lo psichiatra per i disturbi comportamentali, e così via. Il problema principale, però, è che il sistema sanitario nazionale non ha ancora previsto una rete strutturata per gestire questi pazienti complessi in modo olistico. La rete di supporto deve essere spesso costruita ad hoc, con uno sforzo significativo in termini di energie e tempo, che non sempre è oggi sostenibile. A volte, infatti, mancano le risorse economiche, umane e infrastrutturali necessarie per implementarla".

Aggiunge Katia Santoro, presidente dell'Associazione Famiglie Lgs Italia: "Spesso accade che, dopo aver sostenuto i ragazzi per 18 anni nel raggiungimento delle proprie autonomie, queste vengano perse durante la transizione all'età adulta, semplicemente perché non vengono più mantenuti gli stessi stimoli. Nei pazienti con patologie complesse come la Lgs, l'indipendenza acquisita deve essere consolidata e mantenuta; invece, spesso, si perde già nell'adolescenza, molto prima dei 18 anni. Un giovane che non viene supportato nella comunicazione dei propri bisogni primari sin dall'infanzia, purtroppo, non ha molte possibilità di costruirsi una vita adulta che possa definirsi dignitosa. C'è poi un altro aspetto importante da sottolineare: l'attenzione verso i genitori e i sibling", cioè i fratelli, "spesso i principali caregiver di questi ragazzi, è del tutto insufficiente e non esistono tutele adeguate a supportarli. Questo evidenzia un problema significativo di welfare e di etica, oltre alla solitudine che molte famiglie si trovano a vivere. Accanto all'innovazione terapeutica, sarebbe fondamentale sviluppare parallelamente un'innovazione nell'ambito della tutela sociale e dell'assistenza, per garantire un supporto più adeguato per una vita sociale soddisfacente, con il giusto supporto e le opportunità necessarie per farlo".

Come sottolinea Laura Antonioli, Medical Affairs Head di Ucb Italia: "Se nessuno è a conoscenza del problema, non sarà possibile riconoscerlo come una priorità. Ucb ha sviluppato una solida esperienza nel trattamento dell'epilessia, mantenendo sempre un'attenzione particolare verso le sindromi rare, come quella di Lennox-Gastaut, e restando costantemente in ascolto delle esigenze e dei bisogni irrisolti dei pazienti. Siamo convinti che il progresso debba avvenire su due fronti complementari: scientifico e organizzativo, terapeutico e tecnologico, per elevare continuamente gli standard di trattamento e migliorare le cure. Un esempio concreto di questo impegno è il supporto di Ucb al Progetto DEEstrategy, finalizzato a ottimizzare la gestione delle epilessie rare. Il progetto si concentra sul miglioramento dei percorsi assistenziali, dove, ad esempio, la telemedicina gioca un ruolo fondamentale nell'agevolare l'accesso alle cure, nel monitoraggio dei pazienti e - conclude - nella gestione tempestiva delle emergenze".

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Cronaca

Scacchi e ballo, le attività anti-demenza per il cervello

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Neurologa Perani: "La riserva cerebrale va stimolata nell'arco di una vita"

Giocatore di scacchi (Fotogramma/Ipa)

Essere bilingui, avere un istruzione superiore e un lavoro di un certo livello di complessità, ballare ("più che fare le flessioni"), giocare a scacchi. Sembrano attività che non hanno molto in comune, ma un filo rosso le lega. Una missione condivisa che ha a che fare con un tesoro nel nostro cervello. Una 'riserva aurea' che si alimenta tutta la vita e per non dissiparla serve un impegno costante, soprattutto quando l'età avanza. La posta in gioco? A livello ideale il sogno dell'eterna giovinezza, ma più concretamente questo tesoretto che si costruisce con esperienze e stimoli cognitivi aiuta il cervello a compensare i danni neurodegenerativi, a spingerli più in là nel tempo, ritardando il momento in cui si faranno sentire. Una forma di prevenzione delle demenze. E come mettere questo patrimonio al sicuro in banca lo spiega una scienziata che ha studiato per decenni proprio questo.

"Cos'è la riserva cerebrale? La caratteristica fondamentale del cervello è che è plastico, cioè si adatta alle situazioni esterne e interne per ottenere una risposta migliore, si modifica in accordo a stimoli sensoriali cognitivi rilevanti, all'esperienza, per modularsi a breve e lungo termine", illustra all'Adnkronos Salute Daniela Perani, neurologa e neuroradiologa, professore emerito di Neuroscienze all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che approfondirà l'argomento domani, sabato 16 novembre, aprendo l'appuntamento con la proiezione di 'Remember' di Atom Egoyan nell'ambito del festival 'Cervello & Cinema' (in corso fino al 17 novembre all'Anteo Palazzo del Cinema). Quest'anno il festival esplorerà la longevità con il titolo 'Forever Young?', presentando 7 film cult che fanno riflettere sulle sfide dell'allungamento della vita.

"Il cervello è capace di cambiare nel giro di pochi secondi - assicura Perani -. Andando a studiare i topolini con la microscopia ottica si vedono le spine dendritiche che immediatamente dopo una stimolazione elettrica cominciano a formarsi, il neurone butta fuori questi bottoni che sono poi la base delle modifiche sinaptiche. La plasticità è questo: modifiche sinaptiche. Perché noi non moltiplichiamo i neuroni, per ora almeno non c'è evidenza di questo se non probabilmente nell'ippocampo, ma è una struttura unica quella. In ogni caso, la nostra corteccia si modifica per alcuni precisi motivi: si modificano la quantità dei dendriti, i punti in cui si toccano i neuroni, aumenta la vascolarizzazione cerebrale, possono anche ingrossarsi i neuroni", elenca. "La cosa importante di questa capacità plastica del cervello è che è possibile in tutto l'arco della vita. Quindi in tutto l'arco della vita possiamo creare la riserva cerebrale, che è questo nuovo assetto del nostro sistema nervoso centrale che ci permette di funzionare meglio da un punto di vista cognitivo, sensorimotorio, comportamentale, e per tante delle sue componenti".

Si chiama riserva, prosegue l'esperta, "perché oggi si sa che è legata a degli stimoli". E' come un tesoretto, appunto, perché "lo costruiamo tutta la vita e dietro c'è la plasticità. La riserva è tutte queste modifiche che oggi sappiamo però essere correlate ad alcune esperienze in particolare. Due su tutte: l'educazione e i livelli di occupazione. Se una persona fa l'Università, ha un bagaglio di esperienze e un modo di far funzionare il cervello che è diversissimo da un'altra persona che si è fermata alle elementari. L'Università, poi, genera occupazione di tipo diverso, almeno percentualmente nella storia. Certo, oggi la società sta cambiando, ma questo è quanto è stato misurato finora in persone anziane. Quindi l'occupazione della vita, se è di un livello elevato, fa sì che ci sia una quantità maggiore, anche misurabile con le tecniche di imaging, di spessore corticale, di forza della connettività dei sistemi neurali. Anche qualsiasi tipo di lavoro cognitivamente è uno stimolo. Questa è la riserva cognitiva che stimola per tutta la vita una riserva cerebrale, il cosiddetto tesoretto".

L'elenco di esperienze che consentono di custodire questo tesoro in realtà non è breve: "Sapere più lingue, ad esempio - dice Perani - un aspetto su cui ho fatto diverse ricerche. Ovviamente parlarle, non imparare solo 5-10 parole. Sono lo sforzo e l'esperienza di un certo livello che incidono". Ancora: "Giocare a scacchi è impressionante come crei plasticità e quindi contribuisca alla riserva. Pure l'attività motoria è fondamentale per il cervello, perché ad esempio aumenta il fattore neurotrofico Bdnf (Brain Derived Neurotrophic Factor). Per alzare l'asticella ci vuole tanto e costante". E infatti l'attività che ha più sorpreso la specialista per l'impatto sulla riserva cognitiva è "sicuramente quella che dura tutta la vita, quindi l'educazione e l'occupazione, e abbiamo evidenze fortissime su questo. Ci sono più studi epidemiologici. Per esempio uno canadese su 6.800 soggetti seguiti per anni e per tutte le demenze - vascolare, Alzheimer, frontotemporale - mostra che più sale la scolarità più si abbatte l'incidenza di queste patologie. La riserva non ti toglie la demenza, però la rallenta".

Il bilinguismo

L'impatto del bilinguismo è emerso invece "studiando gli indiani: livello scolastico basso, spesso contadini, ma parlano 5 o 6 dialetti, o non potrebbero commerciare e sopravvivere. Quello di cui i neurologi si sono accorti esaminando queste popolazioni è che la demenza insorge da 6 a 7 anni dopo" nei bilingui, "quindi questo gruppo ha un'età di insorgenza che è molto più anziana. Noi abbiamo poi fatto degli esperimenti che mostrano che c'è una riserva: il cervello dei bilingui anziani e con demenza è diverso da quello dei" corrispettivi "monolingui, perché hanno network rafforzati, connettività migliore, e così via. Così come ci sono gli effetti della musica, ma sono meno misurabili rispetto a qualcosa che dura tutta la vita".

Quali sono dunque i consigli per coltivare la propria riserva cognitiva? "Negli anziani vanno considerati alcuni fattori negativi - avverte la scienziata - smettere il lavoro ha un effetto deleterio, magari si associa anche a un po' di depressione reattiva, l'anziano si chiude in se stesso. Questo va combattuto. Si deve stimolare la persona a continuare a mangiare bene, ad avere una vita sociale, a trovare svaghi e divertimenti stimolanti. Non è male imparare uno strumento, una lingua, ascoltare la musica, anche con un certo approfondimento culturale, e fare moto. Quando si diventa anziani si perde massa muscolare, ma i fisiologi hanno studiato i motoneuroni della corteccia e del midollo spinale e questi si riducono, riducono le spine, la mielina degli assoni. Quindi bisogna fare moto per stimolarli".

Il movimento fisico

Quale tipo di movimento fisico è migliore? "Gli studi hanno anche dimostrato che l'attività motoria monotona fa bene alle fibre muscolari, certamente, ma parlando di cellule nervose si è scoperto che per esempio il ballo è la cosa migliore: ti muovi tanto, però i movimenti sono vari e devi mantenere l'equilibrio. Quindi per mantenere le cellule nervose, per quanto riguarda il sistema motorio, è meglio il ballo, che fare i piegamenti", sorride Perani. A che età cominciare? Dal giorno zero di vita, sembra essere il suggerimento. "Va detto che per esempio i bambini che sanno suonare gli strumenti sono molto bravi nel linguaggio, sulle capacità matematiche, esecutive e così via. E' tutto l'arco della vita che conta, perché il cervello si modifica. Però non bisogna mollare invecchiando, o dopo la pensione. Oggi si può vivere fino a 90-100 anni e ritardare la malattia di 6-7 anni è anche un risparmio" per il sistema sociosanitario "che vale miliardi".

'Cibo' per neuroni

I neuroni vanno anche nutriti bene. "La saggezza è la cosa migliore - conclude l'esperta - fa molto male l'eccesso di cibo pieno di grassi, che è dannoso per il cuore, il sistema vascolare e quindi anche per il cervello. La carenza di vitamine è dimostrato essere un problema, e infatti la prima cosa che si fa quando arrivano dei pazienti con disturbi cognitivi è misurare la vitamina B12 per vedere se è bassa. Il cervello ha bisogno di vari meccanismi metabolici. Incide negativamente la disidratazione, la carenza di vitamine, sono fondamentali anche le proteine perdendo massa muscolare. E oggi si scopre sempre di più che magari mangiare a intervalli regolari e soprattutto lasciare lunghi periodi di digiuno sembra faccia bene, perché le cellule del corpo, per dirlo in maniera semplice, sono più in grado di organizzare le scorie, di buttarle fuori meglio, quindi di non ammalarsi e morire".

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Cronaca

Progetto Giovani debutta in Tv con la sitcom ‘Ho...

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L'Istituto nazionale tumori di Milano diventa un set. Dal 18 novembre su Mediaset una serie scritta e recitata dagli adolescenti che combattono il cancro

Il team di Progetto Giovani

C'è il latin lover di natura, chi è già influencer, c'è il musicista in erba e chi incarna debolezze, vizi e virtù: l'agofobico, la viziata, la problem solver. Scene di adolescenza che la malattia non può cambiare, nemmeno il cancro. Le racconta 'Ho preso un granchio', sitcom scritta e recitata dai ragazzi del Progetto Giovani dell'Istituto nazionale tumori (Int) di Milano. Avviato nel 2011 con l'obiettivo di creare e promuovere un modello di assistenza su misura per chi affronta una patologia oncologica nell'età più difficile, il 18 novembre il progetto debutterà in Tv su Mediaset con la serie realizzata in collaborazione con Mediafriends e con il supporto della Fondazione Bianca Garavaglia Ets. Sette episodi di 7 minuti l'uno, girati in un set speciale: l'Ambulatorio di oncologia pediatrica dell'Int, dove tutto è nato.

Ai teenager colpiti da un cancro - 'apolidi' troppo grandi per essere curati come bambini, non abbastanza per essere trattati come adulti - Progetto Giovani vuole dare una casa, una 'terra di mezzo' tra l'oncologia pediatrica e l'oncologia tout court, offrendo spazi di espressione creativa che permettono di elaborare e condividere le emozioni complesse legate al percorso di cura. Tante le iniziative artistiche firmate in questi anni dai ragazzi di Andrea Ferrari, l'oncologo pediatra coordinatore di Progetto Giovani: canzoni diventate 'hit', incursioni nel mondo della moda, esperienze di scrittura e fotografia. Adesso anche la televisione, nuova avventura, stessa filosofia: parlare di paure e speranze con sincerità e ironia.

"La qualità della vita è una componente essenziale - sottolinea Ferrari - tanto quanto la qualità della cura. Per questo abbiamo riservato ai nostri pazienti adolescenti spazi esclusivi dove possono partecipare a progetti che utilizzano percorsi artistici e creativi per permettere loro di raccontarsi, di esprimere paure, speranze e sogni. Questi progetti, che richiedono diversi mesi di realizzazione, offrono ai ragazzi un obiettivo verso cui tendere, una prospettiva di futuro". E intanto "servono a porre l'attenzione sulle peculiarità mediche dei pazienti adolescenti, che hanno meno probabilità dei bambini di essere curati nei centri di eccellenza e nei protocolli clinici - evidenzia Maura Massimino, direttore della Divisione di Oncologia pediatrica dell'Int - e per diverse neoplasie hanno meno problemi di guarire dei pazienti più piccoli".

La nuova sitcom "è stato un progetto meraviglioso - testimonia Ferrari - I ragazzi sono stati sceneggiatori e attori. E' stato divertente, impegnativo e, soprattutto, un momento di unione e condivisione". Supervisionati da un team multidisciplinare, i ragazzi sono stati protagonisti di ogni fase creativa del progetto. Ogni episodio affronta un aspetto della vita in ospedale, dalle difficoltà di chi arriva in reparto odiandolo per poi scoprire una seconda famiglia, alla festa a base di sushi organizzata alle spalle dei medici. "Forse sorprenderanno i temi che abbiamo scelto di raccontare - dicono Edoardo e Marta - ma in realtà sono proprio quelli che per un ragazzo della nostra età contano sul serio: come ti vedi allo specchio, come ti sai o non ti sai relazionare ai tuoi amici, alle ragazze con cui vorresti provarci, ma non hai il coraggio di farlo". Partire da storie vere e "renderle comunicabili agli altri, ridendoci sopra", aggiunge Marco. "La sitcom - spiega - ci ha permesso di affrontare tematiche che, per noi, leggere e ironiche purtroppo non sono. Non è facile raccontare la propria storia di malattia, gli ostacoli che ogni giorno abbiamo affrontato o che ancora dobbiamo affrontare. Possiamo dire, in questo senso, che è stato davvero terapeutico".

'Ho preso un Granchio' debutterà lunedì in seconda serata su La 5, il canale 30 del digitale terrestre, con un episodio della serie arricchito dalla partecipazione straordinaria di Aldo, Giovanni e Giacomo, che verrà riproposto il giorno successivo alle 17 su Cine34, spiega una nota.

Tutte e 7 le storie, che vedono protagonisti 25 ragazzi tra i 15 e i 24 anni, saranno invece visibili su Mediaset Infinity. Una campagna di sensibilizzazione sul tema dei giovani oncologici che durerà un anno e che sarà disponibile per tutto questo arco di tempo, gratuitamente, su Mediaset Infinity, in una sezione arricchita da contenuti extra, realizzati sempre dai protagonisti.

Anche il programma di Italia 1 'Le Iene', attraverso i propri canali social, sarà parte attiva nel sostenere il Progetto Giovani dell'Int, che rappresenta un modello di eccellenza nell'oncologia adolescenziale, considerando la cura come un percorso che va oltre il trattamento clinico e includendo strumenti innovativi per migliorare la qualità della vita e favorire la resilienza.

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Cronaca

Covid Italia oggi, 2.631 casi e 86 morti: bollettino ultima...

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Contagi in calo e tasso di positività scende dal 6% al 4%. Le vaccinazioni non decollano: lo ha fatto solo il 2% della popolazione a rischio

Covid test - Afp

Casi e morti Covid ancora in calo nell'ultima settimana in Italia. Dal 7 novembre al 13 novembre sono stati registrati 2.631 casi, in diminuzione rispetto ai 3.911 della settimana precedente. I decessi sono stati 86, 10 in meno rispetto ai 96 della settimana precedente. E' quanto indica il bollettino diffuso sul sito del ministero della Salute. A fronte di 66.289 tamponi (erano 65.685 la settimana prima), il tasso di positività scende dal 6% al 4%.

La Lombardia è la regione che in valori assoluti riporta più nuovi positivi (712 contro 1.019 contro della settimana precedente).

Non si vaccina più nessuno: meno del 2% da inizio campagna 2024

Intanto le vaccinazioni Covid non decollano. In totale - secondo i dati pubblicati sulla pagina del Governo dedicata - dall'inizio della campagna 2024-2025 ad oggi sono state somministrate 281.964 dosi, nell'ultima settimana 62.261. Un andamento 'lumaca' rispetto ad esempio all'antinfluenzale che fa registrare numeri più grandi in molte regioni (in Lombardia già 1,3 milioni di vaccinati, nel Lazio 713mila), con dati in rialzo rispetto allo scorso anno.

Perché la campagna di prevenzione contro il Covid non decolla? "I dati ci dicono che, nonostante 3mila decessi per Covid nel 2024, le persone al momento si vaccinano poco. Se i candidabili all'immunizzazione, tra anziani, fragili e immunocompromessi, si stimano in 18 milioni di soggetti, ad oggi meno del 2% si ha fatto il vaccino anti-Covid". E' la risposta all'Adnkronos Salute di Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali.

Secondo Andreoni, "un certo numero di persone non si vaccina perché ha fatto la malattia durante l'estete quando c'è stato un rialzo di casi". Comunque "al momento la campagna vaccinale per il Covid non sembrerebbe essere un successo, anzi. Si sta salvando un po' quella antinfluenzale. Ma i conti - precisa - poi si faranno alla fine".

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