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Tajani: “Linea armi non cambia, vanno usate in territorio ucraino”

Il ministro degli Esteri: "Stiamo con Kiev, spero che la Cina svolga un ruolo positivo"

Antonio Tajani (Fotogramma)

L'Italia continua a "stare dalla parte dell'Ucraina", lavorando contemporaneamente "per la pace", sperando che Pechino "possa svolgere un ruolo positivo". Lo sottolinea il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a Bruxelles a margine del Consiglio Affari Esteri.

"C'è una posizione molto chiara da parte del G7 - afferma - noi stiamo dalla parte dell'Ucraina e continueremo a sostenerla. Questo non vuol dire che non si debba contemporaneamente lavorare per la pace, lo abbiamo sempre detto. Siamo favorevoli ad una conferenza di pace, come quella che c'è stata in Svizzera, con la presenza però dei russi, dei cinesi, degli indiani, dei brasiliani".

"Io mi auguro - continua - che la Cina possa svolgere un ruolo positivo, per far comprendere alla Russia che non bisogna continuare con questa guerra insensata. Certo, la presenza militare di militari nordcoreani non è un ben segnale. Ecco perché bisogna impedire che ci sia un'escalation. Per quanto ci riguarda, noi continueremo a seguire la linea che abbiamo sempre seguito, quella dell'utilizzo delle nostre armi all'interno del territorio ucraino. Non cambia la nostra linea: andiamo avanti in questa direzione", dice Tajani.

Israele

Riguardo al Medio Oriente, il titolare della Farnesina sottolinea che sospendere il dialogo politico con Israele, come chiede di fare l'Alto Rappresentante Josep Borrell nell'ambito dell'accordo di associazione tra Bruxelles e Tel Aviv, "non ha senso" e l'Italia non è "assolutamente d'accordo".

La proposta di vietare l'importazione di merci prodotte nei Territori occupati dai coloni israeliani, risponde il ministro, "vedremo come sarà formulata, ma boicottare il dialogo con Israele non ha alcun senso. Se si vuole lavorare per la pace, non si può non parlare con Israele. E' una proposta che non ci trova assolutamente d'accordo", soprattutto perché "non è utile se si vuole arrivare alla pace".

Commissione Ue

Riguardo alla Commissione von der Leyen bis "vediamo come andranno le cose. Io sono ottimista - dice Tajani - perché credo che alla fine il buon senso prevarrà". "Sarebbe un errore gravissimo - scandisce - dannosissimo per mezzo miliardo di cittadini europei, impedire alla Commissione Europea di poter cominciare a lavorare" il primo dicembre come programmato.

"C'è una situazione internazionale molto complicata - ricorda - con la guerra in Ucraina, la guerra in Medio Oriente, la situazione nel Mar Rosso. Ci sono tensioni in tante parti del mondo. E' stato eletto un nuovo presidente degli Stati Uniti: l'Europa non può non essere un interlocutore. Perdere tempo per dei capricci politici mi pare un grave errore".

"Aspettiamo l'audizione della signora Teresa Ribera davanti alle Cortes e poi bisognerà procedere. Noi siamo assolutamente convinti che Raffaele Fitto abbia tutti i requisiti da fare non solo il commissario, ma anche il vicepresidente esecutivo", afferma il vicepremier.

"In Venezuela arrestato italiano, liberare tutti i prigionieri politici"

Parlando della situazione Venezuela, Tajani spiega che ieri "è stato arrestato un italiano che faceva parte di una organizzazione non governativa, un italiano senza doppia cittadinanza. Noi chiediamo la liberazione di tutti i prigionieri politici: non si risolvono i problemi del Venezuela arrestando". "Abbiamo incontrato le opposizioni: devono essere i venezuelani a decidere del loro destino, non un dittatore. Chiediamo la liberazione immediata di tutti i prigionieri politici, compreso l'italiano arrestato ieri, non si capisce per quale motivo. Era un volontario di una Ong: lavorava a scopi umanitari", conclude.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Ucraina, Atacms e Storm Shadow: ecco i missili contro russi...

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I missili a lungo raggio americani e anglo-francesi sono già negli arsenali di Kiev. Ora, con limiti, potranno essere usati in territorio russo

Un missile Atacms

L'Ucraina può utilizzare missili a lungo raggio per colpire la Russia nella guerra in corso ormai da 1000 giorni. Le armi non sono una novità, da tempo sono presenti negli arsenali di Kiev: gli Atacms americani e gli Storm Shadow britannici, battezzati Scalp nella versione francese. Cambiano i potenziali obiettivi: prima le forze armate ucraine potevano colpire i russi solo nel territorio invaso, adesso il bersaglio diventano uomini, mezzi e basi oltre il confine.

I missili Atacms sono già stati trasferiti dagli Stati Uniti all'Ucraina lo scorso anno a condizione che fossero usati solo in territorio ucraino. Ora il limite è stato rimosso e potranno essere impiegati dalle forze di Kiev contro le unità russe e nordcoreane dispiegate nel Kursk.

Il presidente Joe Biden ha infatti imposto a Kiev l'uso dei sistemi americani solo contro obiettivi in questa regione della Russia, ha reso noto Axios. Biden ha comunicato a Kiev la sua decisione circa tre giorni fa, decisione presa per esercitare deterrenza contro Pyongyang, per evitare che il regime nordcoreano invii a combattere al fianco della Russia altre unità militari.

Atacms, velocità e gittata

Gli Atacms hanno una gittata di 300 chilometri (non sono quindi missili a lungo raggio come invece spesso vengono definiti, ma possono colpire obiettivi in maggiore profondità in Russia di qualsiasi altro sistema a disposizione degli ucraini) e come missili balistici ricadono sul loro obiettivo con forza moltiplicata rispetto ai razzi ma hanno una velocità ridotta rispetto ai missili da crociera.

Possono essere lanciati dai lanciatori mobili Himars, che gli Stati Unti avevano già fornito all'Ucraina nel 2022, e anche dagli M270 di produzione britannica e tedesca. Il Pentagono ne ha in magazzino due versioni: una per testate a grappolo e una per testate singole.

Sono prodotti dalla Lockheed Martin ma non sono più acquistati dall'esercito americano: l'inventario è limitato e prossimo al punto in cui gli Stati Uniti potrebbero avere problemi con le loro riserve. Si tratta di un sistema che risale agli anni Ottanta per colpire obiettivi sovietici di valore elevato in profondità. Ne vengono ancora prodotti alcune centinaia di unità l'anno, ma sono venduti all'estero. Il nuovo sistema Usa, Precision Strike Missile, ha cominciato solo ora a essere dispiegato ma in numeri limitati. Atacms si pronuncia 'attaccali'.

Cosa sono gli Storm Shadow

Raggio d'azione meno ampio per gli Storm Shadow (Scalp per i francesi), missili da crociera franco britannici con una gittata massima di 250 chilometri. Sono stati già forniti a Kiev da Londra e Parigi, ma lo stop al loro impiego in territorio russo potrebbe essere cancellato sulla scia della decisione dell'Amministrazione Usa sugli Atacms.

Lo Storm Shadow è considerato il sistema ideale per penetrare nei bunker blindati e nei magazzini di munizioni in Russia. Ogni missile costa quasi un milione di dollari, quindi vengono usati usualmente in attacchi ben pianificati, come il raid contro la base della Flotta del mar nero a Sebastopoli. Rendono, per la marina russa, l'intera Crimea insicura.

Kiev chiede di poterli usare contro le basi militari russe lontane dal confine, in Russia, da cui sono lanciati gli attacchi con bombe plananti o aerei. Con i droni Kiev riesce infatti ad arrivare anche molto in profondità in territorio russo. Ma possono portare solo un carico di piccole dimensioni e molti vengono intercettari.

Per questo l'Ucraina ha bisogno dei missili come gli Storm Shadow, o degli Atacms americani, che hanno una gittata ancora superiore. Mosca aveva spostato in le basi o gli obiettivi importanti ancora più a est, fuori dalla portata di missili come gli Storm Shadow, in vista del sollevamento dei caveat lo scorso settembre. Ma la decisione improvvisa dell'Amministrazione Biden, e lo spostamento in corso da parte di Mosca delle operazioni nel Kursk per la controffensiva, potrebbe aver colto la Russia in contropiede.

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Esteri

Ucraina, ambasciatore Zazo: “Con soldati Nordcorea no...

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L'ex capo missione a Kiev: 'Putin si sente incoraggiato dopo Scholz, non conti troppo su Trump'

Pier Francesco Zazo

L’invio di migliaia di soldati nordcoreani nel Kursk difficilmente darà “una svolta” al conflitto in Ucraina, ma potrebbe essere stato uno degli elementi alla base della decisione di Joe Biden di autorizzare Kiev all’uso di missili a lungo raggio per colpire obiettivi in territorio russo. E’ l’analisi fatta dall’ambasciatore Pier Francesco Zazo, a capo della missione italiana in Ucraina fino al luglio scorso, con un’esperienza precedente anche a Mosca.

“E’ improbabile – dice all’Adnkronos alla vigilia del millesimo giorno di guerra e all’indomani del via libera arrivato da Washington - che il dispiegamento dei circa dodicimila soldati nordcoreani possa rappresentare un "game changer" - in grado di imprimere una svolta militare decisiva al conflitto”.

Secondo Zazo, “il loro utilizzo può essere da un lato interpretato come un pericoloso segnale di escalation della determinazione della Russia di voler andare avanti nella sua offensiva militare e dall’altro come una conferma dell’evidente difficoltà del Cremlino costretto a ricorrere al sostegno esterno di regimi repressivi quali l’Iran e la Corea del Nord pur di poter continuare nel suo sforzo bellico”.

E allora ecco “la recente decisione di Biden di autorizzare finalmente l’utilizzo delle armi a lungo raggio – sostiene l’ ambasciatore - può essere letto come una reazione all'alleanza militare tra Mosca e Pyongyang ed al dispiegamento delle truppe nordcoreane nell’area di Kursk. L’obiettivo è quello di consentire agli ucraini di cercare di mantenere il controllo della regione di Kursk come merce di scambio nell’ipotesi di un futuro avvio di negoziati”.

Non solo: Zazo sottolinea anche “un aspetto potenzialmente positivo per Kiev” dell’invio di soldati nordcoreani: “Il coinvolgimento diretto di Pyongyang nel conflitto ha messo in allarme la Corea del Sud, la quale era stata finora restia a concedere aiuti e che invece potrebbe ora essere indotta a fornire un forte sostegno bellico all’Ucraina”.

L'ambasciatore commenta poi il colloquio di venerdì scorso tra Olaf Scholz e Putin - a seguito del quale il leader russo non ha cambiato atteggiamento, mentre si sente tuttora incoraggiato ad andare avanti nella sua offensiva militare, come hanno dimostrato i bombardamenti di ieri - e l’atteggiamento di Donald Trump, che non è detto accetti la resa incondizionata di Kiev auspicata da Mosca, per non dare l’immagine di sé di “presidente debole”. Zazo esorta a essere “più cauti che ottimisti” dinanzi alle dichiarazioni che arrivano sia da Washington che da Kiev sulla possibilità di una fine rapida del conflitto. Mentre la notizia dell’ok di Joe Biden all’uso di missili a lungo raggio in territorio russo è stata accolta con soddisfazione dall’Ucraina che ha la possibilità di “combattere finalmente senza le mani legate dietro la schiena”.

“Penso che sia più opportuno essere cauti anziché ottimisti - afferma - poiché non è affatto scontato che Trump riuscirà nel suo intendimento di porre fine al conflitto subito dopo il suo insediamento come da lui promesso. Anche se non si conoscono ancora i dettagli del suo piano è presumibile che Trump proporrà da un lato un congelamento del conflitto consentendo così alla Russia l’acquisizione de facto dei territori già occupati e dall’altro una sospensione temporanea della richiesta d’ingresso dell’Ucraina nella Nato”. In cambio, secondo l’ambasciatore, “potrebbe offrire a Kiev un forte sostegno nel settore della difesa al fine di rafforzare la sua capacità di deterrenza militare”.

Ma il punto fondamentale, ricorda, “è che sarà comunque sempre e solo Putin a decidere se e quando sarà arrivato il momento di negoziare venendo incontro a Trump, non certo l’Ucraina che dipende troppo dagli aiuti militari e finanziari degli alleati occidentali”. E in effetti, il Cremlino ha reagito “in maniera cauta all’apertura di Trump mettendo in chiaro che gli obiettivi dell’operazione militare speciale rimangono inalterati”.

Resta il fatto, è l’analisi di Zazo, che “finora il bilancio per la Russia è alquanto magro e pertanto Putin difficilmente potrà accontentarsi di una semplice tregua: innanzitutto la Russia dovrà perlomeno completare l’occupazione delle quattro regioni (Donetsk e Lugansk nel Donbass, Zaporizhzhia e Kherson) già formalmente annesse nel settembre 2023 ma che in parte sono ancora sotto il controllo ucraino. Inoltre Putin non ha mai specificato gli obiettivi dell’operazione militare speciale poiché egli si riserva tuttora la possibilità di cercare di occupare la maggior parte possibili dei territori russofoni dell’Ucraina orientale e meridionale”.

“Soprattutto al momento Putin è tuttora convinto di poter vincere”, insiste l’ambasciatore, sottolineando “l’evidente soddisfazione con cui a Mosca hanno accolto la telefonata del cancelliere tedesco Scholz che consente finalmente a Putin di uscire per la prima volta dall’isolamento internazionale ed a restituirgli la legittimità di poter interloquire con i leader occidentali nonostante il mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei suoi confronti" .

"Il Cremlino interpreta l’iniziativa di Scholz, dopo una totale assenza di contatti negli ultimi due anni, come un segnale di debolezza e si sente pertanto incoraggiato ad andare avanti nella sua offensiva militare – ragiona Zazo - come del resto confermato dagli ultimi massicci bombardamenti alle infrastrutture energetiche e città ucraine, e di continuare a premere per una resa incondizionata di Kiev. Soprattutto Mosca spera che la mossa di Scholz possa preludere ad un indebolimento della compattezza del fronte occidentale antirusso e che la Germania possa diventare un primo anello debole tra i Paesi europei, disponibile a riavviare un dialogo con il Cremlino”.

Ma, avverte l’ex ambasciatore a Kiev, “qualora Putin dovesse andare avanti nella sua offensiva militare ed insistere per una resa incondizionata di Kiev Trump potrebbe irrigidirsi e decidere di dare invece un sostegno convinto a Kiev non volendo certo accreditare di se l’immagine di un Presidente debole responsabile della sconfitta dell’Ucraina. E’ questa l’aspettativa e la speranza degli ucraini, che non mancano anche di evidenziare la variabile rappresentata dalla notoria imprevedibilità di Trump anche se è indubbio che in passato i suoi rapporti con Zelensky non sono mai stati facili. Gli ucraini ricordano come durante la sua precedente presidenza Trump, nonostante le esternazioni di ammirazione nei confronti di Putin, diede comunque il via libera all’esportazione di armamenti verso Kiev e all’adozione di sanzioni nei confronti della Russia”.

In questo contesto, “la tanto attesa autorizzazione data da Biden all’utilizzo dei missili a lungo raggio Atacms per colpire gli obiettivi militari in territorio russo da cui partono gli attacchi alle infrastrutture energetiche ed obiettivi civili ucraini sembrerebbe al momento limitata solo alla regione di Kursk, ma è stato nondimeno accolto con grande soddisfazione dal governo di Zelensky che nel suo piano della vittoria ha sempre insistito di poter finalmente combattere ad armi pari con i russi senza una mano legata dietro alla schiena”. E d’ altro canto, “gli ucraini sono convinti che la minaccia di un escalation nucleare da parte della Russia rappresenti un bluff, principalmente per spaventare le opinioni pubbliche occidentali e ridurre il sostegno degli alleati a Kiev, tenuto conto che l’eventuale ricorso alle armi atomiche tattiche non solo la esporrebbe alla dura condanna dell’intera comunità internazionale, compresa il suo principale alleato, la Cina, ma comporterebbe anche grandi rischi di nubi radioattive diretti sui territori russi confinanti”.

Nel caso in cui dovessero finalmente partire negoziati tra Mosca e Kiev, “per Putin la vera linea rossa è rappresentata dal divieto di ingresso dell’Ucraina nella Nato laddove potrebbe invece accettare di limitare le sue conquiste territoriali fermo restando che presumibilmente sarà inflessibile nel non cedere neanche un millimetro delle aree già occupate”, spiega infine Zazo, parlando di quali potrebbero essere i punti chiave della trattativa. “Dal canto suo l’Ucraina, in crescente difficoltà sul fronte bellico ed alle presa con il grave problema della carenza di uomini da inviare a combattere, potrebbe adottare un atteggiamento più flessibile e rinunciare ad esempio alla richiesta, al momento poco realistica, di un ritorno alle frontiere del 1991 – è l’analisi dell’ambasciatore - E’ probabile che, qualora pressato dagli alleati occidentali, il governo Zelensky sarebbe disponibile ad accettare sia pure a malincuore il recupero dei territori occupati dai russi ma in cambio insisterebbe per ottenere il via libera ad una futura adesione di Kiev nella Nato, considerata dagli ucraini come l’unica credibile garanzia di sicurezza per scongiurare future aggressioni da parte del potente vicino russo”.

Dinanzi a queste posizioni negoziali inconciliabili, secondo Zazo, “nell’attuale congiuntura uno scenario alternativo più credibile, ma sicuramente meno rassicurante per Kiev, per arrivare ad una tregua è che gli alleati occidentali aiutino l’Ucraina a dotarsi di una forte capacità di deterrenza militare ed a rafforzare la sua industria di difesa, replicando cosi il modello già adottato per Israele e la Corea del Sud che non sono membri della Nato”. “Si ripeterebbe cosi una situazione simile a quello del passato conflitto coreano conclusasi con un armistizio – chiosa - In tal caso il lungo confine tra i due Paesi sarebbe comunque destinato a rimanere un’area di elevata instabilità poiché Kiev sarebbe inevitabilmente esposta al rischio di future nuove aggressioni da parte della Russia di Putin non potendo godere dell’ombrello protettivo della Nato”.

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Esteri

Bassetti: “Kennedy Jr che mangia McDonald’s?...

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L'infettivologo: "Il suo approdo alla Salute Usa è una chance per l'Europa"

Robert Kennedy jr - Agenzia Fotogramma

"La coerenza, questa sconosciuta". È il commento laconico via X dell'infettivologo Matteo Bassetti alla foto che ritrae Robert Kennedy jr mentre si appresta a consumare hamburger e patatine di McDonald's a bordo dell'aereo di Donald Trump. A postarla sempre su X il figlio di Trump, Donald Trump jr, con tanto di battuta: "Make America Healthy Again starts tomorrow', cioè 'la missione di rendere l'America di nuovo sana parte domani'. Il riferimento è a una delle battaglie più sbandierate da RFK jr, che guiderà il Dipartimento Salute nella nuova era Trump: la lotta ai cibi ultra processati e l'impegno annunciato per migliorare l'alimentazione degli americani.

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Bassetti è critico sulla scelta di Kennedy jr alla Salute Usa, ma - spiega anche su Facebook il direttore Malattie infettive ospedale policlinico San Martino di Genova - per l'Europa questa "è una grande chance. Siamo già più bravi degli americani così li supereremo anche in ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e vaccini". Se Kennedy si occuperà di salute negli Usa, "noi europei festeggeremo - conclude in un altro post social - Sarà una straordinaria opportunità per la vecchia Europa di affermare la sua leadership anche nel campo della scienza, della ricerca e della medicina. Viva l'Europa".

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