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Il coraggio di Cassandra: La storia emozionante della giovane cantante che ha sfidato il destino con la sua voce

Cassandra… un nome che non puoi dimenticare, che ti si appiccica addosso, che ti resta lì, come un marchio, una cicatrice che non va via. Ti entra dentro e non se ne va più. Antonia Cassandra Capasso, o meglio, Cassandra. Una ragazza di Napoli, una che magari avresti incrociato per strada senza sapere che dietro quel sorriso c’era un mondo intero. Una voce che non veniva da qui, veniva da un altro pianeta, da un posto dove tutto è più vero, più intenso.

La sua vita è stata breve, troppo breve, ma capace di lasciare un segno che niente e nessuno potrà mai cancellare. Cassandra era normale, sì, come tante altre ragazze, ma aveva quel qualcosa che pochi hanno. Un dono, qualcosa che la bruciava dentro, che non le dava tregua: la musica. E quella forza, quella dannata forza di non mollare mai, quella voglia di lottare fino all’ultimo respiro, anche quando tutto sembrava crollarle addosso. Cassandra non era solo una cantante. Era una guerriera. Di quelle che la vita le prende a pugni, le sbatte per terra, ma lei… lei si rialza sempre. Era una di quelle persone che ti fanno credere ancora nella bellezza della vita, anche quando la vita sembra volerti portare via tutto. Anche quando sembra non ci sia più niente di bello da dare, Cassandra era lì, con la sua voce, a ricordarti che vale ancora la pena lottare.

Una passione che nasce a Frattamaggiore

Cassandra era di Frattamaggiore, un piccolo paesino vicino Napoli, ma dentro di lei c’erano sogni che non ci stavano, troppo grandi per restare chiusi lì. Da bambina già era speciale, aveva quel fuoco dentro che non si spegne mai, che brucia e ti spinge a fare musica, sempre, comunque. A 12 anni suonava il pianoforte, cantava, come se quella fosse l’unica cosa che la faceva respirare, come se senza la musica non ci fosse aria. Non era solo talento, no, era qualcosa di più, era la sua vita, la sua anima che parlava. E ogni volta che cantava, la gente restava senza parole, toccata, scossa nel profondo. La sua voce… non era solo potente, era piena di emozioni, così vera che ti entrava dritta nel cuore, ti faceva venire i brividi, ti faceva sentire vivo, anche solo per un attimo.

Il sogno di “Amici” e il destino beffardo

Nel 2020, Cassandra aveva un sogno grande, un sogno di quelli che ti fanno tremare le gambe solo a pensarci: voleva entrare ad “Amici” di Maria De Filippi. Voleva farsi vedere, voleva gridare al mondo chi era davvero. Non era solo un desiderio qualunque, era la sua occasione per far vedere a tutti di cosa era capace. E ce l’aveva quasi fatta, superò le prime selezioni con quella grinta che solo lei aveva, quella voglia di mangiarsi il mondo. Tutto stava andando come doveva, sembrava che finalmente la vita le stesse sorridendo.

Poi, proprio quando tutto sembrava a un passo dalla realizzazione, la vita le tirò uno schiaffo in pieno viso. A gennaio, un linfonodo gonfio sul collo… niente di che, pensava, ma purtroppo era l’inizio del suo incubo. Una serie infinita di visite, esami, paure. Poi quella parola, quella maledetta parola che non avrebbe mai voluto sentire: leucemia linfoblastica acuta. Un tumore aggressivo, uno di quelli che ti toglie il respiro solo a pronunciarlo. Da lì in poi, la sua vita cambiò per sempre.

La lotta e il rifugio nella musica

Molti, davanti a una notizia del genere, avrebbero mollato tutto. Avrebbero detto basta, avrebbero lasciato andare, si sarebbero chiusi in se stessi. Ma non Cassandra. Lei no. Lei era fatta di un’altra pasta, di quella rara, quella che non si spezza mai. Non ha perso nemmeno un attimo, si è buttata subito nella battaglia, iniziando le cure all’ospedale Cardarelli di Napoli, sapendo bene che sarebbe stato un inferno, ma pronta, con la testa alta, a combattere ogni maledetto giorno.

Giornate tutte uguali, infinite, piene di dolore, di stanchezza che ti fa mancare il fiato. Ma lei aveva la musica e la musica non l’ha mai tradita. Era il suo rifugio, il suo respiro, il modo in cui riusciva a sentirsi viva. Anche quando la malattia la stava consumando, non ha mai smesso di cantare, mai. E poi, un giorno, è successo qualcosa di magico: un’infermiera, colpita da quella voce che sembrava davvero venire da un altro mondo, l’ha registrata mentre cantava “If I Ain’t Got You” di Alicia Keys. Quel video è finito sui social e boom… è diventato virale. Migliaia di persone lo hanno visto, migliaia di persone sono rimaste senza parole. Perché lì non c’era solo una ragazza malata che cantava, c’era un’anima, una vita intera che si aggrappava con tutte le forze, che non voleva lasciar andare. E quel canto… quel canto era un grido di vita, una preghiera, un pugno al cuore di chiunque l’ascoltasse.

Un provino speciale per “Amici” e un talento che non si spegne

Quella performance non passò inosservata nemmeno alla redazione di “Amici”. La videro, la sentirono e rimasero spiazzati. C’era qualcosa in lei, qualcosa di troppo grande per ignorarlo. Così, decisero di offrirle un provino. Ma non uno qualunque: un provino tramite Skype, perché Cassandra non poteva muoversi dall’ospedale, le terapie erano troppo pesanti.

Eppure, nonostante tutto, lei accettò. E si esibì. Cantò “Titanium” di David Guetta e Sia e la sua voce era… era ancora più forte, ancora più piena di tutto quel dolore e quella forza che solo chi sta lottando con tutto se stesso può mettere in ogni nota. Non era solo una canzone, era la sua vita, la sua battaglia, era tutto quello che aveva dentro. E chiunque l’ascoltasse non poteva fare a meno di sentirlo. Ancora una volta, dimostrò che non era solo una cantante, era un’artista, una vera, capace di prendere il cuore di chiunque e farlo vibrare, farlo piangere, farlo sentire vivo.

Cassandra, però, non era solo musica. Era anche una ragazza determinata a sensibilizzare su quanto importante sia una diagnosi precoce e accurata. Raccontò sui social delle difficoltà incontrate durante il percorso diagnostico, dei sintomi sottovalutati dai medici. Un messaggio potente che servì da monito per tante altre persone, per non abbassare mai la guardia e per pretendere sempre attenzione ai segnali che il corpo ci manda.

La scomparsa di una guerriera

Il 19 novembre 2024, Cassandra se n’è andata. Solo 25 anni, solo una vita a metà, ma vissuta più intensamente di tanti altri che di anni ne hanno molti di più. Le terapie, il trapianto, tutto quello che poteva fare l’ha fatto. Ma a volte, la vita decide per te e non c’è niente da fare.

La sua famiglia, i suoi amici, tutti quelli che l’avevano conosciuta, anche solo tramite quel video che ha toccato migliaia di cuori… sono rimasti tutti con un vuoto dentro, un buco che niente e nessuno potrà mai colmare. I messaggi, le parole di cordoglio sono arrivati da ogni parte, pieni di ammirazione per quella guerriera che non ha mai mollato, per quella forza, quella dolcezza che Cassandra aveva dentro di sé e che riusciva a trasmettere a tutti.

L’eredità di Cassandra: una voce che non smetterà mai di risuonare

Cassandra… lei è ancora qui, è qui con noi, perché ci ha insegnato che la passione è più forte di qualsiasi maledetta malattia. Più forte della sofferenza, più forte di tutto quello che la vita le ha tirato addosso. Non è solo la storia di una ragazza che sognava di cantare, no, è la storia di una guerriera. Di una che non ha mai voluto arrendersi, nemmeno quando sembrava che tutto fosse perduto.

Lei ha lottato fino all’ultimo respiro. E quella sua voce… quella voce non se ne andrà mai. Non è solo in qualche vecchia registrazione, è nei cuori di chi l’ha ascoltata, di chi l’ha amata, di chi ha trovato un po’ di speranza in quella sua voce spezzata ma così piena di vita. Cassandra è e sarà sempre una luce, una voce che non si spegne mai.

Un ultimo pensiero

La vita di Cassandra è stata breve, troppo breve, ma cavolo se è stata intensa. Piena fino all’orlo. Di luce, di sogni, di quella passione che solo chi ama davvero qualcosa sa cosa vuol dire. Una passione che non ti lascia mai, che ti tiene sveglio la notte, che ti fa respirare anche quando tutto va a rotoli.

Anche quando la vita ti sbatte a terra, ti prende a schiaffi e sembra voler portarti via tutto. Ma lei no, lei non si è mai lasciata portare via. E la sua voce è ancora qui. La senti? La senti davvero? Risuona, forte, in ogni nota, in ogni respiro, in ogni sorriso che ha regalato. Un’eco che non se ne andrà mai. Che ci ricorda di non mollare, mai.

Cassandra era, è e sarà sempre un simbolo. Un simbolo di coraggio, di forza, di quella testardaggine che ti fa andare avanti quando tutto sembra finito. La sua eredità? Non sono solo le canzoni, non sono solo le note. Sono le risate, sono quelle piccole lezioni che ti restano appiccicate addosso. Lei continuerà a vivere nei cuori di chi l’ha amata, di chi ha avuto il privilegio di sentirla cantare, di chi l’ha sostenuta, di chi non potrà mai dimenticarla. Mai.

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Cronaca

Tragedia a Ercolano: esplosione in una fabbrica clandestina...

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Ercolano, un posto che solitamente vibra di storia, di bellezza. Oggi, invece, un posto pieno di dolore, di macerie. Lunedì pomeriggio, un’esplosione devastante ha ridotto in pezzi un appartamento in via Patacca 94. Un quartiere tranquillo, che in un attimo è diventato un luogo di distruzione totale. Tre giovani vite spezzate in un istante: due sorelle, 26 anni, di Marigliano e Samuel Tafciu, 18 anni, di origine albanese. E cosa puoi dire, davvero? È difficile trovare parole che abbiano un senso, che possano spiegare. Questa tragedia ci lascia senza fiato, ci mette davanti, ancora una volta, ai pericoli che l’illegalità porta con sé. Fuochi d’artificio, illegalità e giovani vite che si perdono. Giovani che non dovevano essere lì, che avevano tutta la vita davanti.

Un’esplosione che scuote la comunità

Lunedì, verso le tre del pomeriggio, il silenzio di via Patacca è stato spezzato in mille pezzi. Un’esplosione, improvvisa, devastante e in un attimo tutto è cambiato. L’appartamento? Sparito, ridotto a un cumulo di macerie. Niente più muri, niente più niente. Da fuori, chi poteva anche solo immaginare cosa stava succedendo lì dentro? Quelle mura, così normali, così tranquille. E invece, dietro c’era una fabbrica clandestina di fuochi d’artificio. Tutto organizzato di fretta, giusto qualche giorno prima. E quel 18 novembre, per quei ragazzi, doveva essere il primo giorno di lavoro. Tre giovani, con la speranza negli occhi, con la voglia di provarci, di trovare una piccola occasione, una via d’uscita. Invece, si sono ritrovati in una trappola, senza via di scampo. E in un attimo, tutto è andato in pezzi, tutto è finito.

L’esplosione è stata così forte che tutto ha iniziato a tremare, come se la terra stessa si stesse spezzando. Gli edifici intorno hanno subito colpi pesanti, porte sfondate, finestre esplose in mille pezzi. E poi quell’odore, quell’odore acre di polvere da sparo che ti entra nei polmoni e non se ne va. Gli abitanti raccontano di un “boato assordante“, come se il mondo fosse esploso in un attimo. E dopo, le urla. La gente che gridava. E quella colonna di fumo nero, denso, che si alzava, visibile da chilometri. “Sembrava un terremoto“, ha detto una testimone, la voce ancora tremante. Il quartiere è stato evacuato immediatamente, tutti fuori, via, per paura che ci fosse un’altra esplosione. I vigili del fuoco sono arrivati di corsa, così come le forze dell’ordine, a cercare di mettere in sicurezza quel poco che era rimasto.

Vite spezzate, famiglie distrutte

Le vittime avevano un nome, delle storie. Due sorelle di 26 anni, con i loro sogni e Samuel Tafciu, 18 anni appena. Tutti e tre erano lì per il loro primo giorno di lavoro, convinti, forse, dalla promessa di guadagni facili, dalla speranza di un futuro migliore. Ma la realtà è stata tutt’altra. Una realtà crudele, che non fa sconti. Il sindaco di Ercolano, Ciro Buonajuto, non ha nascosto il suo dolore: “È una tragedia che ci lascia senza parole, un evento devastante“. E come dargli torto? “Non è concepibile che dei ragazzi così giovani perdano la vita in circostanze tanto assurde. Dobbiamo fare di più, tutti quanti: comunità, istituzioni, non possiamo più permettere che accada una cosa del genere“. Ha detto il sindaco, sottolineando l’urgenza di fare molto di più, di mettere un freno a queste attività illecite.

La dinamica dell’esplosione

Secondo le prime ricostruzioni, quel laboratorio era stato allestito in tutta fretta, come se il tempo fosse stato un lusso che non potevano permettersi. Nel giro di un weekend, tutto era stato messo su, alla buona, senza pensarci troppo, senza la minima precauzione. C’erano materiali pericolosi, infiammabili, ammassati lì, uno sopra l’altro, come se fosse tutto normale. E quei ragazzi, senza nessuna esperienza, erano stati catapultati in mezzo a quel caos. Un disastro in attesa di succedere. Una bomba pronta a esplodere. Non c’era bisogno di essere un esperto per capire che sarebbe finita male. Un mix letale, che non avrebbe mai potuto portare a niente di buono. Solo a una tragedia, purtroppo.

Gli inquirenti hanno aperto un fascicolo per omicidio plurimo e disastro colposo. Ora bisogna capire chi c’è dietro tutto questo. Chi ha messo quei ragazzi lì, in quella situazione disperata? Chi gli ha dato quei materiali esplosivi? Chi ha trasformato quell’appartamento, che da fuori sembrava una casa come tante, in una bomba a orologeria pronta a scoppiare? C’è molto di più dietro tutto questo: una rete nascosta, fatta di fabbriche clandestine di fuochi d’artificio. Un business che esplode, soprattutto prima delle feste di Natale, quando la richiesta cresce e nessuno vuole guardare troppo da vicino. Le indagini vanno avanti, ma le risposte scarseggiano. Eppure, qualcuno dovrà rispondere per queste vite spezzate, per questo dolore che rimane.

Un problema che va oltre via Patacca

Questa esplosione, purtroppo, non è un caso isolato. È una ferita aperta, che sanguina da anni nella nostra terra, un problema che conosciamo troppo bene. Qui, in Campania, i fuochi d’artificio sono parte di noi. Sono parte delle nostre feste, delle nostre radici, del nostro modo di celebrare la vita, di esprimere la gioia. Ma troppo spesso questa bellezza si trasforma in qualcos’altro. In qualcosa di oscuro, di pericoloso. Qui, in questa terra che ama i fuochi, ci scontriamo con quello che manca davvero: controlli seri, leggi che valgano per tutti, protezione per chi è più vulnerabile. E poi c’è l’avidità, quella che non conosce limiti, quella di chi non si fa scrupoli. Gente che pensa solo ai soldi facili, senza fermarsi a pensare alle vite che mette in pericolo, alle famiglie che spezza. E le conseguenze? Le paghiamo tutti, ogni singola persona. Perché quando si gioca con la vita, il conto arriva sempre. E fa male, maledettamente male.

Le condizioni in cui queste fabbriche lavorano sono davvero da incubo: spazi stretti, soffocanti, dove ogni angolo sembra gridare pericolo. Nessuna norma di sicurezza, niente che possa proteggere. Materiali esplosivi ammassati senza criterio, uno sopra l’altro, come se niente potesse andare storto. Una tragedia scritta già da tempo, solo in attesa di esplodere. E così è stato anche in via Patacca: un’altra tragedia, altre vite interrotte all’improvviso. Non è solo la fine di quei tre ragazzi, è il dolore delle loro famiglie, di tutte le persone che li conoscevano, dell’intera comunità che adesso si ritrova a fare i conti con il vuoto e con la rabbia. Un vuoto che fa male.

Le reazioni della comunità

I residenti di via Patacca non nascondono la loro preoccupazione e la loro rabbia. “Sapevamo che c’era qualcosa che non andava“, racconta un residente, “c’era sempre un via vai sospetto, ma nessuno ha fatto nulla“. L’abbandono e il degrado di alcune aree sono il terreno fertile per attività come quella che ha portato alla tragedia di lunedì. E ora il quartiere, ancora scosso dall’esplosione, chiede risposte. Chiede sicurezza.

Il sindaco Buonajuto ha parlato chiaramente della necessità di rafforzare i controlli. “Abbiamo bisogno di una maggiore vigilanza sul territorio. Le autorità locali fanno del loro meglio, ma senza un impegno coordinato sarà difficile fermare questo fenomeno“. Anche i sindacati e le associazioni del territorio si sono fatti sentire, chiedendo un intervento deciso. “Non si tratta solo di legalità, ma di sicurezza pubblica“, ha dichiarato un rappresentante di un’associazione anti-contrabbando.

Il prezzo dell’illegalità

Ogni volta che una tragedia come questa accade, si ripetono sempre le stesse parole: bisogna fare di più, bisogna intervenire, bisogna fermare queste attività illegali. Ma poi, nella realtà, cosa cambia davvero? La tragedia di Ercolano deve essere un monito. L’industria pirotecnica, quando regolamentata, è parte della nostra cultura, delle nostre tradizioni. Ma quando viene lasciata all’illegalità, diventa un’arma, capace di distruggere vite, famiglie, comunità intere.

E allora, che fare? Le istituzioni devono sicuramente fare la loro parte, con controlli e interventi più severi. Ma anche la società civile deve farsi sentire, deve denunciare, deve partecipare. Non possiamo permettere che altre giovani vite vengano spezzate per un guadagno facile. Serve consapevolezza, serve educazione e serve che tutti noi ci prendiamo la responsabilità di non girarci dall’altra parte.

In ricordo delle tre giovani vittime, ci auguriamo che questa tragedia non sia dimenticata in fretta. Che sia l’occasione per cambiare qualcosa, per fare davvero la differenza. Perché nessuno dovrebbe perdere la vita in modo così assurdo e ingiusto.

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Cronaca

Premi, il ‘De Sanctis Sostenibilità’ al card....

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Tra i vincitori e i riconoscimenti speciali Roberto Sancinelli, Alessandro Lanza e Comitato nazionale volontariato protezione civile

Premi, il 'De Sanctis Sostenibilità' al card. Gianfranco Ravasi

La divulgazione appropriata di una cultura della sostenibilità, le buone pratiche in tema ambientale affermate nella prassi, attraverso esperienze imprenditoriali e “start up” di successo. Il cardinale Gianfranco Ravasi, Roberto Sancinelli presidente e ad di Montello Spa, Alessandro Lanza, economista esperto di risorse naturali, e il Comitato nazionale del volontariato di protezione civile: prestigiose carriere che si sono distinte nell’ambito della salvaguardia ambientale. Sono i vincitori della prima edizione del 'Premio De Sanctis Sostenibilità', i cui riconoscimenti verranno assegnati nel corso di una cerimonia che avrà luogo a Roma il 26 novembre 2024, nella Camera dei Deputati, nella nuova aula dei Gruppi parlamentari.

Organizzata in collaborazione con il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e la Camera dei deputati, con la partecipazione di Automobile Club d’Italia (Aci), Snam, Eni, Erion, Gewiss, Bcode, Ecomed, con il patrocinio Rai e la media partnership del Gruppo Editoriale Athesis, la cerimonia della consegna delle medaglie ai vincitori si terrà alla presenza del presidente della Fondazione De Sanctis, Francesco De Sanctis, del presidente del premio De Sanctis, Gianni Letta e di Paolo Barelli. L’incontro, moderato da Maria Antonietta Spadorcia, vicedirettore Tg2, sarà concluso da un intervento di saluto del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, presidente della giuria.

In un anno particolarmente segnato dall’emergenza climatica, nasce il 'Premio Sostenibilità', con l’intento di individuare personalità, enti e associazioni che si sono distinte nella promozione e nella salvaguardia ambientale e delle esperienze sostenibili. Organizzato in collaborazione con il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il riconoscimento è indirizzato a figure autorevoli che si sono distinte per l’eco-innovazione ed efficacia degli esiti ambientali conseguiti, nonché del loro potenziale di diffusione e che sono riuscite a rinnovarsi contribuendo in maniera rilevante alla crescita economica, ambientale e sociale del Paese, attestando nuove capacità di trasformazione, innovazione e impegno verso la sostenibilità.

Gianni Letta è presidente del Premio De Sanctis, presidente della giuria è Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, vicepresidente della giuria è Alessandra Gallone, ex senatrice, consulente in materia ambientale del Mase. Fanno parte della giuria: Giuseppe Zafarana, presidente Eni; Paolo Scaroni, presidente Enel; Monica de Virgiliis, presidente di Snam; Angelo Sticchi Damiani, presidente Aci; Edo Ronchi, ex ministro, presidente Fondazione Sviluppo sostenibile; Stefano Ciafani, presidente Legambiente; Luciano Di Tizio, presidente Wwf; Carlo Doglioni, presidente Istituto nazionale geofisica e vulcanologia; Fabio Ciciliano, Capo Dipartimento Protezione civile; Donatella Bianchi, giornalista conduttrice 'Mare Blu'; Nicola Carlone, comandante generale Capitanerie di Porto - Guardia costiera; Enrico Credendino, capo di Stato Maggiore Marina Militare; Antonio Montani, presidente Comunità alpina italiana; Danilo Bonato, direttore generale Erion; Fabrizio Curcio, già capo Dipartimento Protezione Civile.

Obiettivo della Fondazione De Sanctis e, di conseguenza, del premio, è quello di rendere la sua eredità base di partenza per un progetto culturale che intende attualizzare l’opera e il pensiero del grande studioso rendendoli così materia viva e contemporanea, non solo a livello nazionale ma anche europeo. Con questa prospettiva la Fondazione fa della diffusione internazionale dell’identità letteraria, filosofica e artistica italiana la propria principale missione, con un’attenzione particolare alle radici meridionali e uno sguardo attento sul presente e sulle realtà culturali europee che da quelle stesse radici si sono sviluppate.

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Cronaca

Chiara Balistreri e gli abusi denunciati sui social,...

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La polizia ha dato esecuzione a un mandato di arresto europeo. All'uomo vengono contestati i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni gravi

Chiara Balistreri

Dopo le denunce di violenze fisiche, abusi e minacce della giovane 20enne Chiara Balistreri, l'ex fidanzato Gabriel Constantin è stato arrestato in Romania. La polizia di Bologna, con la collaborazione della polizia rumena, interessata dall’Ufficio dell’esperto in sicurezza della Romania, ha dato esecuzione al mandato di arresto, richiesto dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni gravi a carico di Gabriele Constantin dopo essersi sottratto alla misura degli arresti domiciliari nella città di Bologna lo scorso 4 novembre.

L'arresto dopo la fuga

Lo fa sapere la polizia sottolineando che le indagini della squadra mobile avevano avuto inizio circa due anni fa, quando la sua giovane compagna, Chiara Balistreri, lo aveva denunciato "per una serie di gravi condotte che l’uomo", secondo l'accusa, "aveva messo in atto dall’inizio della loro relazione risalente al 2017, quando erano ancora entrambi minorenni".

In base alla ricostruzione della polizia, il Tribunale di Bologna aveva emesso a carico dell'uomo "un’ordinanza di misura cautelare degli arresti domiciliari che però, a causa della repentina fuga dell’uomo, era rimasta ineseguita sino allo scorso 26 ottobre", quando era stato rintracciato in un ristorante di Bologna. Il 4 novembre scorso, ricostruisce la polizia nella nota, l’uomo si è allontanato "arbitrariamente dalla propria abitazione facendo perdere le proprie tracce". Per questo motivo il 5 novembre il Tribunale ha disposto l’aggravamento della misura in essere con quella più gravosa della custodia in carcere.

Dagli accertamenti svolti dai poliziotti della squadra mobile è emerso che "l’evaso aveva fatto rientro nel proprio paese natale, pertanto veniva informato il Servizio di cooperazione internazionale di polizia che, congiuntamente alla polizia rumena, ha eseguito i dovuti approfondimenti". Gabriel, 24 anni, è stato così localizzato in un villaggio vicino Craiova, dove, sulla base del mandato di arresto europeo, è stato arrestato.

Il racconto sui social

Chiara Balistreri ha raccontato sui social la sua storia: "Preferisco registrarmi da viva prima che diventi l’ennesimo caso di femminicidio", aveva detto dopo che il suo ex era scappato dagli arresti domiciliari. La 20enne di Bologna si era affidata a Le Iene per raccontare la sua storia, ed è proprio nel corso della puntata che è stato annunciato l'arresto di Gabriel: "È notizia di poco fa che Gabriel, l’ex fidanzato di Chiara Balistreri, sia stato arrestato in Romania. La ragazza, da giorni sulle cronache nazionali, aveva denunciato alla trasmissione “Le Iene”, e poi attraverso i suoi social, le presunte violenze di lui che, finora, nonostante la misura cautelare domiciliare, era latitante".

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Un post condiviso da Le Iene (@redazioneiene)

Sui social network è stato pubblicata la telefonata tra Chiara Balistreri e l'inviata Nina: “L’ispettore mi ha chiamato e mi ha detto che è stato arrestato in Romania, quindi evidentemente hanno emesso un mandato anche internazionale... Sono andati a prenderlo e ora sono in carcere lì in Romania. Era a casa di sua nonna, dove sapevamo che era, da tempo. Vi ringrazio tanto perché senza di voi sicuramente non avrei ottenuto questo risultato. Sono molto contenta che finalmente giustizia sia stata fatta", queste le parole della giovane dopo aver saputo che l'ex fidanzato è finito in manette.

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