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Ucraina, console Milano: “Piani Russia invariati da mille giorni, armi lungo raggio priorità”

Il diplomatico: "Grati all'Italia per invariabilità della sua posizione nei nostri confronti"

Ucraina, console Milano:

Sono passati mille giorni da quando, il 20 febbraio 2022, la Russia ha invaso l'Ucraina. Da allora "i piani di Mosca rimangono invariati", così come il sostegno dell'Europa e dell'Italia, che Kyiv ringrazia per non aver mai cambiato posizione, nonostante "i tentativi di disinformazione e manipolazione degli agenti del Cremlino". Dalla lotta a chi elude le sanzioni europee alla necessità di armi a lungo raggio; dalle conseguenze della vittoria di Donald Trump alla telefonata di Olaf Scholz a Putin; dalle difficoltà sul campo di battaglia fino al futuro sognato per l'Ucraina quando la guerra sarà finita è un bilancio a tutto campo quello che il console generale d'Ucraina a Milano, Andrii Kartysh, traccia in un'intervista concessa all'Adnkronos in occasione dei mille giorni da quando ha avuto inizio l'invasione su larga scala da parte della Russia.

'RUSSIA NON CONSIDERA NEANCHE RITIRO TRUPPE'

Una ricorrenza in cui innanzitutto bisogna "essere onesti" e riconoscere che dal 20 febbraio 2022 "i piani della Russia nei confronti dell'Ucraina rimangono invariati. La Russia rimane costante nelle sue azioni da ormai mille giorni e non sembra nemmeno lontanamente che stia considerando l’idea di ritirare le proprie truppe dall’Ucraina e di porre fine agli attacchi". La Russia - spiega il diplomatico - "avanzando richieste evidentemente inaccettabili dimostra il proprio disinteresse verso possibili negoziati", come "conferma l’attacco russo del 17 novembre, tra i più massicci e più pericolosi fino ad ora". Per questo "è evidente che abbiamo necessità di difenderci. È necessario vincere per costringere la Russia a porre fine alla guerra. La nostra priorità sono le armi a lungo raggio e i sistemi di difesa per proteggere i nostri cieli", ribadisce Kartysh.

'ULTIMI ATTACCHI RISPOSTA A CONTATTI TRE LEADER OCCIDENTE E PUTIN'

'L'attacco della Russia dello scorso fine settimana, secondo il console generale d'Ucraina a Milano, "è una chiara risposta ai leader occidentali che negli ultimi tempi hanno cercato un contatto con Putin con l’augurio di pace. E' naturale che Putin cerchi un modo per porre fine all’isolamento politico del suo Paese. Tuttavia, è evidente che la Russia non sia realmente interessata a porre fine alla guerra che ha iniziato", osserva il diplomatico di Kyiv, sottolineando che "ogni tentativo di riappacificazione da parte della comunità internazionale è percepito dalla Russia come un’ulteriore prova della debolezza delle democrazie".

'SEGUIAMO VICENDE USA, MA CERTI DEL CONTINUO SOSTEGNO'

Quanto al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, "l’Ucraina segue attentamente quanto avviene negli Stati Uniti, ma resta certa del suo continuo sostegno. La difesa della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina è sempre stata sostenuta da entrambi i partiti americani", dice Kartysh, ricordando che "Volodymyr Zelensky è stato tra i primi leader ad essersi congratulato con Donald Trump dopo la sua vittoria alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti" e che tra i due "sono già state instaurate delle relazioni positive e costruttive. Le squadre dei due presidenti stanno già lavorando attivamente sull’organizzazione di un prossimo incontro tra i leader. Tuttavia un commento più approfondito" sulle conseguenze del cambio di amministrazione alla Casa Bianca sul conflitto tra Russia e Ucraina "potrà essere fatto dopo l’inaugurazione ufficiale della nuova presidenza".

Anche "il presidente Zelensky ha di recente ipotizzato che con il supporto dell’amministrazione del presidente Trump la guerra potrebbe terminare prima del previsto", ricorda Kartysh, evidenziando che "l’Ucraina, più di chiunque altro, vuole che questa guerra finisca", perché "stiamo pagando un prezzo troppo alto per la nostra libertà, per difendere l’integrità territoriale del nostro Stato", però - ribadisce il rappresentante di Kyiv - "una cosa è certa: il termine della guerra deve essere giusto, e le trattative di pace devono portare ad un risultato concreto" e "alla base di ogni piattaforma per i negoziati sta la riconoscenza del fatto che la Russia sia un Paese aggressore, che ha violato le norme del diritto internazionale, violando l’integrità territoriale dell’Ucraina". Insomma la posizione della parte ucraina resta quella "espressa nella formula di Pace in dieci punti proposta dal presidente Zelensky, già nota alla comunità internazionale".

'IN ITALIA AGENTI CREMLINO SFRUTTANO DIBATTITO SU LIBERTA' ESPRESSIONE'

Preoccupano i "tentativi di disinformazione e manipolazione" da parte di Mosca delle opinioni pubbliche occidentali. "La Russia rappresenta una grave minaccia non solo per l’Ucraina, ma per tutte le democrazie. I suoi agenti all’estero hanno molta esperienza nell’analisi e nel conseguente indirizzamento dell’opinione pubblica, di cui percepiscono molto bene le tendenze e in cui trovano molto velocemente i punti deboli. In Italia, tra le altre cose, hanno deciso di sfruttare la sensibilità del dibattito sull’accettabilità della limitazione della libertà personale di espressione al fine di salvaguardare l’ordine pubblico", spiega Andrii Kartysh.

"Ogni giorno - racconta - riceviamo nuove segnalazioni riguardanti i risultati dell’operato degli agenti del Cremlino. Spesso sembra che si tratti di provocazioni volte a 'tastare' fino a dove possano spingersi. Come nel caso di quei semplici ma potenti manifesti con la scritta 'La Russia non è nostra nemica'", fa sapere il console generale d'Ucraina a Milano, precisando che "la garanzia dell'ordine pubblico e della sicurezza è competenza esclusiva dello Stato italiano. A noi non resta che avvisare dell’esistenza di tali forze e contribuire a spargere quanta più luce possibile su ciò che realmente accade in Ucraina, confidando nella capacità dei cittadini italiani ed europei di discernere i tentativi di disinformazione e manipolazione".

'POSIZIONE ITALIA INVARIATA, LE SIAMO RICONOSCENTI'

Ciò che rassicura Kyiv è il fatto che da mille giorni la posizione di Roma nei confronti dell'Ucraina "è invariata e questa è una delle cose per cui siamo maggiormente riconoscenti all’Italia. L’Italia è al nostro fianco sin dall’inizio dell’invasione su vasta scala da parte della Russia e, sono sicuro, sarà assieme a noi quando la Russia si ritirerà, ponendo fine alla guerra".

In particolare "quello che di nuovo percepiamo è una crescente volontà degli italiani di partecipare attivamente alla costruzione del futuro dell’Ucraina e dell’Europa, iniziando già ora", dice Kartysh, ricordando che "una conferenza di rilievo sull’argomento è prevista per il mese di luglio 2025 a Roma, come preannunciato dal presidente Giorgia Meloni" e "sono già in corso le conversazioni riguardanti la ricostruzione dell’Ucraina, che non riguarda solamente una mera sistemazione dei danni causati dalla Russia, ma anche la creazione di una realtà nuova, partendo da quella che è la nostra visione del futuro, del mondo in cui vorremmo vivere e crescere i nostri figli".

'AL LAVORO PER COSTRUIRE UCRAINA SICURA E LIBERA'

Guardando a cosa sarà l'Ucraina tra altri mille giorni, "ci stiamo muovendo verso la costruzione di un Paese a misura d’uomo, in cui la sicurezza, la libertà, e la giustizia siano una stabile garanzia; che renda propizio il clima di investimenti, perché chiunque abbia delle idee all’avanguardia possa implementarle con facilità e confidenza. Al contempo, siamo interessati al ritorno degli ucraini in patria. La nostra intenzione è quella di creare le condizioni perché le persone possano sentirsi protette e libere di esprimere le proprie idee, dare sfogo ai propri talenti e applicare le proprie conoscenze".

"Si tratta - spiega il diplomatico di Kyiv - di ricostruire, riformare e insieme modernizzare l’Ucraina, con particolare attenzione all’adeguamento all’acquis communautaire, alla garanzia della sicurezza e facilità della conduzione del business, alla creazione di un’infrastruttura di un livello superiore, all’avanguardia, all’utilizzo sempre maggiore di strumenti digitali. Uno sviluppo basato sulla sostenibilità e sul rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Quello che avviene ora in Ucraina sta modulando l’architettura globale mondiale negli anni a venire".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Il miliardario outsider Peter Thiel: vi spiego il successo...

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In un'intervista a Bari Weiss, il consigliere ombra di Trump svela la strategia e le mosse della prossima amministrazione

Il miliardario outsider Peter Thiel: vi spiego il successo di Trump e il tracollo della sinistra

Nell’epoca delle polarizzazioni politiche e delle identità contrapposte, il miliardario venture capitalist Peter Thiel ha sempre occupato un ruolo unico: quello di outsider tra gli outsider, re delle contraddizioni. Nato in Germania ed emigrato negli Usa con i suoi genitori “nel 1968, quando il Paese si stava autodistruggendo” oggi è a favore di una stretta anti-immigrazione. È stato il primo gay dichiarato a parlare dal palco di una convention repubblicana. Si professa campione della libertà di stampa e allo stesso tempo è responsabile della bancarotta del sito di gossip Gawker, reo di aver rivelato il suo orientamento sessuale. Membro dell’aristocrazia della Silicon Valley e della “Paypal Mafia”, è diventato un aedo dell’America rurale, e nel 2022 ha investito 15 milioni di dollari nell’elezione di JD Vance al Senato. Presidente di Palantir, società di AI fondamentale nelle guerre moderne, parteggia per un movimento che vuole cancellare la proiezione internazionale degli Stati Uniti.

Soprattutto, se Musk è il consigliere sempre al fianco di Donald Trump nelle occasioni pubbliche, Thiel è l’uomo che si muove nell’ombra. Un faro su quest’ombra lo ha puntato Bari Weiss, giornalista americana di 40 anni che nel 2020 ha lasciato il “New York Times” in protesta contro l’eccessiva ‘wokeness’ del quotidiano, per fondare “The Free Press” con la moglie Nellie Bowles. Weiss conduce un podcast, “Honestly”, in cui ha chiesto a Thiel la sua visione sull'elezione di Trump e su come si possono conciliare dazi al 60% e globalizzazione, l’annunciata deportazione di milioni di migranti e crescita economica.

Il trionfo della contro-élite

Thiel interpreta la vittoria di Trump come un segnale del crollo dei liberal americani. "Non è solo colpa di Biden o Harris", ha affermato, "ma di un intero sistema ideologico che non ha più nulla da offrire in termini di idee o sostanza”. Thiel sostiene che il 2024 non è paragonabile al 2016, quando Trump "forse aveva avuto fortuna" contro Hillary Clinton. Questa volta, l’ex presidente ha battuto un Partito Democratico che ha investito tutto e ha fallito, nonostante miliardi di dollari a disposizione e una pioggia di cause e processi penali contro Trump.

Per Thiel, la vittoria di Trump segna anche la fine di un’era in cui il potere culturale di Hollywood e delle élite liberal dominava incontrastato. "Celebrity non significa più quello che significava negli anni ’90", ha spiegato, criticando l’assenza di pensiero individuale tra le star progressiste e nelle università americane. In netto contrasto, Thiel vede Trump come il simbolo di una contro-élite che "pensa fuori dagli schemi" e sfida un sistema sempre più dogmatico.

Identity politics e il fallimento del liberalismo

Un altro tema cardine dell’intervista è stata l’implosione dell’identity politics, una strategia che Thiel considera ormai controproducente. Legare la propria proposta politica all’identità (etnica, sessuale, culturale) “aliena più persone di quante ne attragga", ha detto, indicando l’incapacità di Kamala Harris di rappresentare un’alternativa credibile. "Forse il momento in cui l’identity politics ha funzionato veramente è stato nel 2008 con Obama, ma da allora internet ha cambiato tutto: non puoi più raccontare messaggi diversi a gruppi diversi”.

Secondo Thiel, scegliere Harris è stato un errore prevedibile, dettato più dalla mancanza di opzioni valide che da una vera convinzione nella sua leadership. "Il Partito Democratico sembra incapace di riflettere e reinventarsi", ha aggiunto, paragonando il declino della sinistra americana a un lento ma inevitabile collasso.

Le sfide economiche: dazi e redistribuzione

Cosa pensa della proposta di Trump di introdurre dazi del 20% su tutte le importazioni e del 60% sui prodotti cinesi? Per Thiel, alla fine l’amministrazione Trump non sarà così netta, ma i dazi sono un passo nella direzione giusta per riequilibrare il commercio globale. "Il sistema attuale premia settori come Wall Street e Silicon Valley, ma danneggia le regioni manifatturiere del Midwest, che sono state essenziali per il successo dei Repubblicani”. In effetti sono regioni che era riuscito a strappare ai democratici nel 2016, ma nel 2020 Biden riuscì a convincere di essere in grado di proteggere meglio.

Thiel sostiene che la politica dei dazi non è solo una questione economica, ma anche geopolitica: "Spostare la produzione dalla Cina al Vietnam o all’India potrebbe fare qualche danno ai consumatori americani ma sarebbe un durissimo colpo al nostro principale rivale strategico”.

Immigrazione: cultura ed economia

Sul tema dell’immigrazione, Thiel ha offerto una prospettiva sfumata. Pur essendo egli stesso un immigrato, ha criticato il sistema attuale per aver creato enormi squilibri economici, specialmente nel mercato immobiliare. "L’apertura incontrollata delle frontiere ha gonfiato i prezzi degli affitti e trasferito ricchezza dai giovani ai proprietari immobiliari". Ha anche sottolineato il problema delle scuole pubbliche sovraccariche, che riflette una mancanza di pianificazione a lungo termine. Il fondatore di Palantir ha messo in guardia contro soluzioni drastiche, come la deportazione di massa di 11 milioni di immigrati. "Ciò di cui abbiamo bisogno è una politica migratoria che tenga conto sia delle dinamiche economiche che delle pressioni sociali”.

Il futuro dell’istruzione

Un altro pilastro della critica di Thiel è il sistema educativo americano, che descrive come "gonfio e inefficiente”. Ha appoggiato l’idea di Trump di ridimensionare il Dipartimento dell’Istruzione e riformare il sistema di finanziamento delle università. "Il debito studentesco è fuori controllo: molte università continuano a prosperare mentre gli studenti non riescono nemmeno a ripagare gli interessi sui loro prestiti", ha detto, proponendo di ridurre i finanziamenti alle università che non offrono un valore tangibile ai loro studenti. Il venture capitalist ha un fondo che incoraggia gli studenti più svegli ad abbandonare il college, ma allo stesso tempo ha riconosciuto l’importanza delle università Ivy League americane negli anni scorsi. “Pur essendo marce e corrotte, quelle università selezionano i più intelligenti. Il declino politico si vede anche lì: i democratici sono passati da Bill e Hillary Clinton (Yale Law) e Obama (Harvard) a Biden (University of Delaware), Harris (UC Hastings Law School) e Walz (Minnesota State)”.

Un'America in bilico

Thiel ha ammesso che il secondo mandato di Trump non sarà privo di sfide. Dalla crisi del confine meridionale alla crescente tensione con Cina, Russia e Iran, i problemi internazionali e domestici richiederanno soluzioni più incisive rispetto al passato. "Spero che Trump sia all’altezza", ha detto, pur riconoscendo le difficoltà di governare un Paese che sembra "avviato verso l’Armageddon”. Concludendo l’intervista, Thiel ha riaffermato la sua convinzione che la vittoria di Trump rappresenti non solo una rinascita politica, ma anche un’occasione per riconsiderare le fondamenta culturali ed economiche degli Stati Uniti. "La vera domanda", ha detto, "è se saremo capaci di sfruttare questa opportunità o se continueremo a ripetere gli errori del passato”.

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Esteri

Il Doge di Musk contro lo smartworking: “Dipendenti...

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Il co responsabile del dipartimento Vivek Ramaswamy: "Useremo martello pneumatico e sega elettrica"

Il logo del Doge, dipartimento per l'efficienza governativa Usa  - Fotogramma /Ipa

"Non si dovrà neanche parlare di licenziamento di massa, diremo solo loro che devono tornare in ufficio cinque giorni alla settimana dalle otto alle 18". Così Vivek Ramaswamy, l'altro miliardario tech che insieme ad Elon Musk sarà alla guida del dipartimento per l'efficienza governativa, il Doge, ha detto che costringerà a tornare a lavorare in presenza i dipendenti federali che attualmente "non vanno a lavoro" ma continuano, a 18 mesi dalla fine della pandemia, ad usufruire in varia misura dello smartworking.

Intervistato dal conduttore di estrema destra, e fedelissimo di Trump, Tucker Carlson, l'imprenditore biotech ha confermato che il compito suo e di Musk sarà di usare "il martello pneumatico e la sega elettrica" per rivoluzionare, e tagliare drasticamente, l'apparato federale. E si dice convinto che togliendo la possibilità di lavorare da remoto "si ridurrà del 25% del la burocrazia federale".

Al momento - ricorda Nbcnews - sono 1,3 milioni i dipendenti federali, su un totale di 2,2 milioni, che possono lavorare in smartworking, il 10% di loro totalmente da remoto, mentre il restante, dall'agosto del 2023, deve andare in ufficio almeno la metà dei giorni di due settimane lavorative. L'insofferenza di Musk per il lavoro da remoto, da lui bollato come "moralmente sbagliato", è nota: nel giugno del 2022, in piena pandemia, costrinse i dipendente di Tesla a lavorare in presenza almeno 40 ore alla settimana. E la stessa cosa ha fatto subito dopo aver preso il controllo di Twitter, ora X, nell'ottobre dello stesso anno.

La crociata dei due miliardari contro il lavoro da remoto dei dipendenti federali potrebbe trovare però un'alleata non scontata, la sindaca democratica di Washington D.C. che da tempo chiede aiuto perché si riporti "vita al centro della nostra città" dove ormai da anni gran parte degli edifici che ospitano i dipartimenti federali sono svuotati. "Come fare in modo di riportare i nostri lavoratori federali negli uffici è una grande questione", ha detto la sindaca che ha già chiesto un incontro a Donald Trump per lavorare insieme verso questo obiettivo.

Secondo il Goverment accountability office, lo scorso anno 17 delle 24 principali agenzie federali hanno usato solo il 25% dei loro spazi. E ci sono corrispondenze tra le liste di questi edifici e quella su cui Musk e Ramaswamy intendono abbattere la loro scure, a cominciare dal dipartimento dell'Istruzione che utilizza solo il 16% dei suoi spazi, con il 98% dei dipendenti che posso lavorare da casa e oltre la metà che effettivamente lo fanno.

Dal sindacato dei dipendenti federali, American Federation of goverment employees, che ha oltre 700mila iscritti, si liquidano le affermazioni dei futuri capi del Doge come esagerate, ricordando che oltre metà dei lavori federali - nella sanità, nella sicurezza, nella protezione dei confini e della sicurezza alimentare - non prevedono lo smartworking. E si ricorda che permettendo di lavorare parzialmente da casa il governo federale può reclutare e mantenere talenti lavorativi nonostante i salari nettamente più bassi del settore privato.

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Esteri

Ucraina, ambasciatore Melnyk: “Putin ha paura della...

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"Dagli alleati ci aspettiamo un ulteriore aiuto militare e una partnership strategica con la Nato"

Ucraina, ambasciatore Melnyk:

Vladimir Putin "ha paura della pace ed è per questo che ha portato la Corea del Nord in prima linea", se l'Ucraina è riuscita a resistere a mille giorni di guerra è anche grazie all'Italia, dagli alleati ci aspettiamo "non solo un ulteriore aiuto militare, ma anche una partnership strategica con la Nato". L'ambasciatore di Kiev a Roma, Yaroslav Melnyk, parla all'Adnkronos nel giorno di questo "doloroso" anniversario e riconferma la volontà dell'Ucraina di mettere fine alla guerra, purché non si tratti di "una resa all'aggressore".

"L'attacco della Russia all'Ucraina è la prima guerra coloniale del XXI secolo. Il punto non dovrebbe essere perché l'Ucraina abbia resistito così tanto dall'inizio della guerra, ma come nel mondo civilizzato del XXI secolo, nel centro dell'Europa, ciò sia potuto accadere. Purtroppo, l'aggressione illegale e non provocata della Russia ha rivelato profonde crepe nelle fondamenta della sicurezza internazionale", accusa Melnyk.

Che poi rivendica: "Siamo stati noi, gli ucraini, a dover dimostrare a noi stessi e al mondo intero che uno Stato e un popolo che credono nella propria libertà e nella propria forza sono indistruttibili. Questi mille giorni di guerra hanno portato molto dolore, perdite e lutti al mio popolo. Allo stesso tempo, questi mille giorni di guerra hanno contribuito a dimostrare le migliori qualità umane sia degli ucraini che dei nostri partner e amici".

(segue)

L'ambasciatore ricorda che "dai primi giorni di guerra, non nel 2022, ma nel 2014, Russia utilizza i metodi terroristici per seminare paura e distruggere il nostro Paese. Solo negli ultimi due giorni, i russi hanno attaccato i quartieri residenziali a Sumy e Odesa. Tra le vittime ci sono i bambini: un ragazzo di 9 anni e una ragazza di 14 anni. La Russia, attaccando i quartieri residenziali, continua i suoi crimini, uccidendo i civili". Tutto questo, secondo il rappresentante di Kiev, dimostra quanto sia "ovvio che Putin ha paura della pace ed è per questo che sta cercando modi per aumentare l'aggressività, ed è per questo che ora ha portato la Corea del Nord in prima linea. Questo è un chiaro segnale al mondo intero che vuole solo la guerra".

In questa situazione, "siamo grati a tutti i leader e a tutti gli Stati che continuano a sostenere l'Ucraina", dice Melnyk, che definisce "l'Italia uno dei più stretti alleati di Kiev, in particolare in qualità della sua presidenza del G7". "L'Italia - è grato l'ambasciatore - continua a sostenere l'Ucraina sia a livello bilaterale che multilaterale in ambito politico, economico, umanitario e militare. Devo quindi constatare che siamo riusciti a superare questi mille giorni di guerra, tra l'altro, grazie all'Italia e agli italiani, grazie alla loro solidarietà e al loro sostegno".

L'ambasciatore parla poi del prossimo arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e della sua promessa di chiudere al più presto la guerra. "L'Ucraina, l'Europa e il mondo hanno bisogno di una pace globale, giusta e duratura. Non vi svelo un segreto se dico che l'Ucraina vuole porre fine a questa guerra più di qualsiasi altro Paese. Questo è ovvio - premette - Ma siamo anche consapevoli che questa deve essere una pace vera. Non deve essere un'acquiescenza all'aggressore. L'Ucraina è aperta alla diplomazia, ma a una diplomazia onesta con una posizione forte".

(segue)

"La Russia - prosegue Melnyk- capisce solo il linguaggio della forza, ed è per questo che i politici con una posizione chiara, pronti a contrastare le sue ambizioni aggressive, possono svolgere un ruolo chiave nel fermare il conflitto. Sappiamo tutti che Trump è noto per la sua determinazione e il suo approccio alla 'pace attraverso la forza'. Allo stesso tempo, devo dire che l'Ucraina ha sempre apprezzato il sostegno politico bipartisan degli Stati Uniti. I diplomatici ucraini parlano della Formula di Pace e del Piano di Vittoria ai loro partner americani durante gli incontri a Washington, al Congresso e alla Casa Bianca. Come ha osservato il presidente Zelensky dopo il colloquio telefonico con il presidente eletto, è importante per noi vivere senza l'aggressione russa e con un'America forte, con un'Ucraina forte, con alleati forti".

C'è poi il tema della Nato: ancora oggi, il segretario generale dell'Alleanza atlantica, Mark Rutte, ha ribadito il "fermo sostegno" all'Ucraina, "per il quale siamo davvero molto grati". "Questo è senza dubbio un segnale importante per la nostra sicurezza, poiché l'Ucraina ha bisogno non solo di un ulteriore aiuto militare, ma anche di un partnership strategico con la Nato e i suoi Stati membri", sottolinea l'ambasciatore, secondo cui Kiev "resta fiduciosa che, indipendentemente dai cambiamenti nella leadership politica, il partenariato strategico tra l'Ucraina e gli Stati Uniti rimarrà una priorità, e il continuo supporto militare non è solo una questione di decisioni interne americane, ma di stabilità e sicurezza globale, che dipende dal successo d'Ucraina nella guerra contro l'aggressione russa".

Quanto a quello di cui Kiev continua ad avere più bisogno ora, secondo Melnyk "è rafforzare l'Ucraina e le nostre posizioni comuni con i nostri partner: la Russia si sottrae alla vera diplomazia, per questo dobbiamo forzarla attraverso una posizione forte e consolidata dei partner. Per questo motivo il presidente ha presentato ai nostri partner il Piano di Vittoria, che consiste in cinque punti - geopolitico, due militari, economico e di sicurezza. L'obiettivo finale è quello di creare le condizioni per costringere la Russia a porre fine alla guerra con mezzi diplomatici".

(segue)

Infine, l'ambasciatore esorta il mondo "a non chiudere gli occhi" davanti all'escalation rappresentata dall'invio di soldati nordcoreani in territorio russo. "Il rafforzamento della cooperazione militare di Mosca con i suoi alleati, in particolare con la Corea del Nord, dovrebbe causare una preoccupazione nella comunità internazionale, poiché ha un impatto significativo sulla sicurezza globale", ammonisce Melnyk, secondo cui "tale supporto non solo aumenta l'aggressione russa nella guerra contro l'Ucraina, ma può anche incoraggiare altri regimi autoritari ad adottare azioni che destabilizzano le regioni e accrescono la tensione".

"Inoltre, potrebbe stimolare altri paesi ad intraprendere interventi militari, complicando le prospettive di pace e stabilità in molte parti del mondo", dice ancora l'ambasciatore, secondo cui "le democrazie sono attualmente sotto una grave minaccia da parte dei regimi autoritari, e quindi la comunità internazionale deve reagire rapidamente". "Il rafforzamento delle sanzioni, il sostegno ai paesi che combattono l'aggressione e il consolidamento delle alleanze internazionali devono diventare i componenti fondamentali della politica contro l'autoritarismo - è l'appello finale di Melnyk - Solo unendo gli sforzi sarà possibile fronteggiare tali sfide e prevenire il rafforzamento di regimi simili che minacciano i diritti e le libertà delle persone in tutto il mondo. Che non può chiudere gli occhi di fronte a questo. Per questo siamo grati ai nostri partner, tra cui l'Italia, che hanno risposto al coinvolgimento della Corea del Nord nella guerra aggressiva della Russia contro l'Ucraina".

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