Berlusconi e il ministero per gli anziani, l’ultimo progetto prima di morire
Il Cav confidò a Pianetta, responsabile dei 'seniores' di Forza Italia, il suo progetto e si raccomandò per attuarlo al più presto con l'ok della premier
Silvio Berlusconi voleva istituire un ministero della Terza età per difendere i diritti degli anziani. E' sempre stato un suo pallino. Tanto da pensarci anche quando entrava e usciva dall'ospedale, alle prese con gli acciacchi fisici che lo attanagliavano negli ultimi mesi di vita. Berlusconi considerava ''inaccettabile'' che tanti over 65 non avevano i soldi per curarsi. Pochi giorni prima della sua morte, avvenuta il 12 giugno del 2023, il Cav confidò a Enrico Pianetta, responsabile dei 'seniores azzurri', ospite di Arcore, il suo progetto e si raccomandò per attuarlo al più presto perché aveva ottenuto l'ok dal premier Giorgia Meloni.
"Sette giorni prima della sua scomparsa, il 5 giugno 2023, sono stato invitato a Villa San Martino", dice all'Adnkronos Pianetta che ricorda: ''In quell'incontro lui mi ha detto: 'Tre cose dobbiamo portare avanti. La prima: ne ho già parlato con la Meloni, dobbiamo fare il ministero della Terza età; seconda cosa, dobbiamo ridurre le liste di attesa per le visite mediche degli anziani e terzo, mi raccomando, dobbiamo far approvare l'istituzione del Garante per i diritti delle persone anziane, perchè il mondo della terza età è un mondo fragile e dobbiamo fare in modo che ci sia il massimo dell'attenzione della politica e della cultura di questo paese''.
Forza Italia ha presentato nella sala Colletti del palazzo dei gruppi di Montecitorio una proposta legislativa che prevede l'istituzione proprio di quel Garante dei diritti delle persone anziane fortemente voluto dal leader azzurro. A illustrare il testo del provvedimento le parlamentari Cristina Rossello e Daniela Ternullo, prime firmatarie rispettivamente della proposta di legge alla Camera e del disegno di legge al Senato. ''Il disegno di legge presentato al Senato era stato firmato anche da Berlusconi, è stato il suo ultimo atto parlamentare nel 2023", rammenta un commosso Pianetta che spiega: ''Vogliamo essere gli antesignani per fare in modo che anche in Europa ci sia attenzione per le persone anziane, che rappresentano ormai in Italia un quarto dell'intera popolazione. Il garante deve godere di una perfetta autonomia e verificare tutto ciò che caratterizza i diritti degli anziani sanciti dalla Costituzione italiana e anche dall'articolo 25 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea''.
Politica
Ucraina, ombra Trump ma Meloni non tentenna:...
La presidente del Consiglio al G20: "Il sì Usa ai missili a lungo raggio e la risposta all'aggressività russa senza precedenti"
A mille giorni dall'inizio della guerra tra Ucraina e Russia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni torna a schierarsi convintamente al fianco di Kiev. Una presa di posizione ferma e affatto scontata visto che sul G20 di Rio de Janeiro incombe l'ombra di Donald Trump, convitato di premier del summit.
E' tutto da vedere quel che accadrà quando, il 20 gennaio, il tycoon farà ritorno alla Casa Bianca, ma mentre i trumpiani criticano duramente la scelta dell'uscente Joe Biden di inviare missili a lungo raggio a Kiev -proprio in queste ore l'Ucraina ha iniziato a farne uso- la presidente del Consiglio non mostra tentennamenti, convinta su da che parte l'Italia debba stare.
Sì Usa a missili contro Russia "è risposta a aggressività senza precedenti"
In un rapido punto stampa fuori dal suo albergo, affacciato sulla costa di Cobacabana ma con una favela alle spalle, la presidente del Consiglio si spinge a 'difendere' la decisione degli Usa di inviare missili a Kiev pungendo ancora una volta Vladimir Putin, pur marcando le distanze con quanto deciso a Roma, che supporta l'Ucraina con sistema di difesa aerea, scudo alla popolazione alle infrastrutture.
Con Biden, salutato ieri a margine del vertice, non ne hanno parlato, mette in chiaro, ma "credo che la scelta sia la risposta all'aggressività senza precedenti vista in questi giorni da parte della Russia, alla vigilia di un G20 a cui la Russia partecipa. Credo tradisca bene la volontà di dialogo da parte della Russia", dice durissima. E a chi le chiede cosa farà l'Italia semmai l'America di Trump dovesse optare per un disimpegno in Ucraina, Meloni risponde spiegando che bisogna "vedere cosa accade", ma che ora è importante "non divaricare il fronte occidentale", ovvero restare uniti.
Parole che appaiono tanto più incisive alla vigilia della missione della presidente del Consiglio a Buenos Aires, dove ad attenderla ci sarà il presidente argentino Javier Milei, l'uomo che ha terremotato il vertice di Rio de Janeiro con i suoi tanti no. E che nei giorni scorsi, dopo esser volato a Mar-a-Lago da Trump per festeggiarne la vittoria, ha auspicato un asse tra Usa, Italia, Israele e Argentina, potenziale "faro del mondo".
"Fronte occidentale deve restare unito"
Ma non è tempo di alleanze alternative, lascia intendere Meloni, il fronte occidentale deve restare unito in tempi in cui anche il "grano è usato come un'arma", pungola ancora la Russia. Di cui non vede la volontà di trattare, di cercare davvero la pace. La prova è nella discussa telefonata di Olaf Scholz allo zar di venerdì scorso, che ha fatto indispettire diversi leader, tra questi il primo ministro britannico Keir Starmer.
"Non mi sono scandalizzata" per la chiamata, chiarisce Meloni, spiegando che il Cancelliere ha tenuto con Putin quella che è una linea condivisa, pur agendo in solitario. Piuttosto, dal racconto che Scholz le ha fatto, si evince che, allo stato attuale, Putin non "sia disposto a qualsiasi forma di dialogo".
Per questo, "finché c'è una guerra in Ucraina noi siamo a fianco dell'Ucraina", dice la presidente del Consiglio, confermando la volontà, a fine anno, di dare disco verde al decreto in scadenza che consente l'invio di armi a Kiev anche nel 2025. Un messaggio chiaro anche a chi, nella sua maggioranza -leggi Lega- si mostra freddo all'idea di continuare a battere la strada portata avanti finora. Seppur anche Matteo Salvini, sul dl che proroga l'invio di armi anche all'anno prossimo, abbia proprio oggi ricordato che “i voti della Lega non sono mai mancati, le armi per difendersi, come gli aiuti umanitari, gli aiuti economici, li abbiamo sempre giustamente sostenuti sia in Italia che in Europa".
Politica
Regionali, per il centrodestra ora si apre la partita...
Dopo il doppio flop in Umbria ed Emilia, il partito di Meloni guarda con interesse alla ricca Regione del Nord
Dopo la doppia sconfitta rimediata in Emilia Romagna e Umbria, Fratelli d'Italia lavora per rifarsi in vista delle prossime sfide elettorali, a partire dal Veneto, dove - in attesa delle mosse del governatore uscente, il leghista Luca Zaia - si gioca una partita nazionale all'ultimo voto. Non è un mistero infatti che il partito di Giorgia Meloni guardi con interesse alla ricca Regione del Nord, mosso dal desiderio di candidare un proprio esponente alla guida di Palazzo Balbi.
I nodi da sciogliere
Due però sono i nodi da sciogliere: il primo riguarda la data delle elezioni (settembre 2025, scadenza naturale della legislatura, o primavera 2026?), il secondo riguarda il futuro di Zaia, che è già al suo terzo mandato e - in assenza di una legge che glielo consenta - non più 'arruolabile' per una nuova corsa. A quel punto Fratelli d'Italia potrebbe far pesare il suo ruolo di partito leader della coalizione ed esprimere una sua candidatura per la poltrona di governatore.
De Carlo in pole
Da tempo si fa il nome del senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama, che interpellato dall'Adnkronos predica prudenza, per ora: "Ho sempre detto che è alquanto prematuro parlare di un tema come questo", tuttavia, osserva il coordinatore veneto di Fdi, "qui siamo il primo partito, facciamo la miglior performance a livello nazionale. Alle europee abbiamo aumentato di 5 punti la percentuale rispetto alle politiche. E' un dato che ci mette nelle condizioni di giocare le nostre carte".
La partita in Veneto, dice ancora De Carlo, è "slegata" da quelle che si sono giocate nelle precedenti regionali: per la scelta del candidato "bisognerà tenere conto" anche delle dinamiche e delle scelte che verranno fatte sulle Regioni al voto l'anno prossimo, ossia Campania (dove Fdi e Forza Italia reclamano un loro candidato), Marche, Puglia, Toscana e Valle d'Aosta. "Dobbiamo guardare avanti e scegliere i candidati migliori. Noi siamo forti del consenso che oggi i veneti ci danno: oltre un veneto su tre dà fiducia a Fdi", prosegue il senatore.
Gli altri 'papabili'
Come papabile per il posto da governatore non c'è solo De Carlo: anche l'europarlamentare di Fdi Elena Donazzan, ex assessora della giunta Zaia, potrebbe ambire alla nomination. "In Veneto -spiega- siamo cresciuti come classe dirigente, esiste più di un profilo candidabile. Quando sarà il momento sceglieremo. Lo scopo è tenere il centrodestra unito, perché solo così si vince". La Lega aspira a mantenere la presidenza del Veneto, ma questo per De Carlo non rappresenta un problema: "Vorrei vedere qual è il partito che dice 'no, non vogliamo il presidente'. E' legittimo che il mio omologo, il segretario della Lega veneta Alberto Stefani, dica che la guida della Regione deve rimanere al suo partito. Mi stupirebbe se dicesse che il governatore devo farlo io...".
Rimanendo in Veneto, un altro esponente locale di Fdi, il vicecapogruppo al Senato Raffaele Speranzon, dice di non credere a una nuova candidatura dell'uscente Zaia, al netto della stima nei confronti dell'attuale governatore del Carroccio: "Qualora non dovessero esserci i numeri in Parlamento - come credo - sulla proposta di aumentare il numero dei mandati, alla fine di questa legislatura non ci sarà una ricandidatura di Zaia, del quale abbiamo grandissima stima e col quale stiamo lavorando bene".
Anche per Speranzon sono i numeri che consentono a Fdi di dare le carte: "Alle europee - ragiona - Fdi ha ottenuto in Veneto il 37,5%, ogni elezione ha visto crescere costantemente il consenso per noi. Le ultime europee ci hanno permesso di raggiungere una percentuale che Fdi non ha riscontrato in nessuna parte di Italia. Non siamo noi che rivendichiamo il Veneto, sono i veneti che col loro consenso danno indicazioni chiare sulla forza politica che li rappresenta. Il quadro è questo, dopodiché sono aperti i possibili scenari. Se non c'è un uscente ricandidabile, bisognerà sedersi attorno a un tavolo e trovare la quadratura del cerchio".
Ma non c'è alcuna fretta, secondo il senatore: "I tempi non ci impongono di essere tempestivi. Siamo convinti di avere una classe dirigente con persone e figure che rispondono ai requisiti giusti. Luca De Carlo sicuramente è uno di queste. Il confronto tra i leader delle forze politiche del centrodestra poterà sicuramente a una sintesi", promette Speranzon.
Politica
Regionali, centrodestra battuto due volte “ma la...
In Umbria ed Emilia Romagna vince il centrosinistra, Meloni si complimenta "al di là delle differenze politiche" e Tajani rivendica il risultato di Forza Italia. Ma il caso della leghista Tesei brucia
Doppia sconfitta per il centrodestra in Emilia Romagna e Umbria. La prima Regione resta saldamente nelle mani del centrosinistra, grazie alla vittoria del sindaco di Ravenna Michele De Pascale su Elena Ugolini; la seconda ritorna 'rossa' dopo la parentesi degli ultimi cinque anni targati Donatella Tesei, la candidata della Lega e del centrodestra che non è riuscita a bissare il successo del 2019.
Alle 19.09, quando il quadro emerso dalle proiezioni era ormai chiaro, la premier e leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni non può che riconoscere la vittoria dei candidati dello schieramento rivale: "Desidero rivolgere i miei auguri di buon lavoro ai nuovi presidenti della Regione Umbria, Stefania Proietti, e della Regione Emilia Romagna, Michele De Pascale. Al di là delle differenze politiche, auspico una collaborazione costruttiva per affrontare le sfide comuni e lavorare per il benessere e il futuro delle nostre comunità", scrive su X la presidente del Consiglio, che rivolge un "ringraziamento sentito" a Donatella Tesei ed Elena Ugolini "per l'impegno, la dedizione e la passione dimostrati in questa competizione elettorale".
Alle parole di Meloni si aggiungono quelle del segretario di Forza Italia Antonio Tajani, che sottolineava come la sua forza politica abbia "raddoppiato i consensi in entrambe le Regioni" promettendo "un'opposizione costruttiva". Per il vicepremier e numero uno della Lega Matteo Salvini "gli elettori hanno sempre ragione. Già da domani - assicurava il ministro delle Infrastrutture - sono a disposizione dei nuovi amministratori per portare avanti tutte le opere pubbliche che servono a cittadini e territori". "Questo voto non avrà ripercussioni sul governo e sulla maggioranza, ma sarà uno stimolo a riprendere con vigore e compattezza la via delle riforme e della modernizzazione del Paese", l'opinione di Maurizio Lupi, soddisfatto del risultato di Noi Moderati, che in Umbria ha "più che quintuplicato i voti rispetto alle politiche, arrivando quasi al tre per cento".
L'analisi della sconfitta, il caso Umbria brucia
In casa Fdi, a taccuini chiusi si analizza l'esito di un voto sul quale non si nutrivano grandi aspettative: "Quest'estate partivamo molto sotto nei sondaggi, in campagna elettorale c'è stata una grossa rimonta ma non è bastata. Quando si perde, si ascoltano sempre gli elettori" spiegano all'Adnkronos fonti di peso di Via della Scrofa, che in tema di regionali rivendicano il risultato di "11 a 3" da quando il centrodestra ha vinto le elezioni politiche del 2022. Se, da una parte, sull'Emilia Romagna nessuno riponeva speranze di successo, discorso diverso lo merita l'Umbria, dove la sconfitta brucia di più. Mentre Fi e Lega tengono botta rispetto alle europee, sono i voti di Fratelli d'Italia quelli che mancano all'appello: a giugno il partito di Meloni aveva ottenuto il 32,62% in Umbria al voto di giugno, questa volta non arriva al 20%. Ma anche se nessuno lo ammette apertamente, a penalizzare il centrodestra secondo diversi meloniani sarebbero stato lo scarso appeal comunicativo di Tesei. Molti, dalle parti di Fdi, dubitavano delle capacità carismatiche della leghista: "Nel caso specifico ovviamente uno fa le giuste riflessioni, ma è facile parlare il giorno dopo: Tesei si è impegnata per cinque anni, ha fatto la campagna elettorale. Per ora si ringrazia tutti, non buttiamo la croce su nessuno. Poi faremo le dovute riflessioni", spiegano le stesse fonti, secondo le quali "non cambia nulla per la maggioranza, che resta solida ed è serena. Non si può vincere sempre".
A chi le chiede se sia mancato il traino di Fratelli d'Italia, che in Umbria si attesta sotto il 20%, la governatrice sconfitta Donatella Tesei risponde che "tutti i partiti hanno dato il massimo", anche "per far conoscere anche quello che forse non siamo in grado di comunicare bene durante questi cinque anni". Anche il segretario della Lega in Umbria Riccardo Marchetti non cerca "colpevoli": "Tutti nell'alleanza hanno condotto una campagna seria, anche gli alleati di Fratelli d'Italia. Bisogna invece capire cosa gli elettori, evidentemente, non hanno capito", dobbiamo "prepararci per difendere quelle che sono le tante azioni messe in campo dal governo regionale e nazionale".
Non fa professione di modestia il sindaco di Terni Stefano Bandecchi, che con la sua Alternativa Popolare ha sostenuto la corsa di Tesei dopo aver accarezzato il sogno di una sua candidatura in prima persona: "Con me candidato presidente avremmo vinto contro Stefania Proietti, senza ombra di dubbio. Parliamo di un leader contro acqua fresca...", afferma con l'Adnkronos l'imprenditore, senza giri di parole. Sul risultato di Ap "posso dire con orgoglio che abbiamo portato anche più di quanto fosse prevedibile. Abbiamo fatto la nostra parte e non abbiamo nulla da recriminare, al contrario di quello che fa la sinistra quando perde. Come centrodestra dobbiamo fare un esame di coscienza e lavorare meglio. Per esempio, penso a Tesei: ha fatto tantissimo, ma forse non ha comunicato i suoi risultati nel modo giusto", osserva Bandecchi.
In una nota Forza Italia rivendica il suo "trend positivo": l'ultima tornata elettorale conferma il movimento come "secondo partito della coalizione di centrodestra e la terza forza politica in assoluto", risultato che rende l'obiettivo del 20% alle prossime politiche "assolutamente alla nostra portata" a detta degli azzurri. Su X fa discutere però il tweet pubblicato dalla deputata di Fi Rita Dalla Chiesa: "Alla prossima alluvione se lo ricorderanno", scrive l'ex conduttrice a proposito dell'esito del voto in Emilia Romagna. Poi la precisazione: "E' una terra che ha vissuto momenti difficilissimi. Tante persone hanno perso tutto a causa dell'alluvione. Da esponente del centrodestra, speravo che questo dramma potesse essere anche un momento di riflessione, soprattutto per gli emiliani. Mi fa male pensare che non abbiano compreso che con il centrosinistra si rischia di arrivare a queste situazioni...", affermava la parlamentare, interpellata dopo le polemiche sollevate dal suo post.