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ASP —Massimiliano Ossini: “Sul K2 ho capito il valore della rinuncia”

Il conduttore racconta la sua scalata della 'montagna selvaggia' nel suo ultimo libro

Massimiliano Ossini

Un'esperienza al limite della sopravvivenza. Un viaggio duro, difficile, pericoloso. Una scalata che mette alla prova la capacità di resistere. Un'avventura da mozzare il fiato che, però, ha molto da insegnare e che nasconde un messaggio prezioso. Ovvero che, nella vita di tutti i giorni così come nelle prove più estreme, è necessario a volte rinunciare a compiere quel passo in più che "potrebbe essere fatale" e fermarsi. È l'insegnamento che Massimiliano Ossini, volto noto del piccolo schermo, ha tratto dalla 'prova impossibile' cui si è dedicato nello scorso mese di luglio: documentare in prima persona la spedizione di alcune alpiniste italiane e pakistane che hanno scelto di sfidare gli 8.611 metri della seconda montagna della Terra, il K2. Un'esperienza che il conduttore di 'Unomattina' su Rai 1 e ora concorrente di 'Ballando con le Stelle' descrive nel libro 'K2. Un passo dalla vetta, un passo dalla vita', pubblicato da Rai Libri e sugli scaffali da pochi giorni.

Questa esperienza, racconta Ossini all'AdnKronos, insegna il valore "di saper rinunciare e di fermarsi in qualsiasi situazione: in una scalata in montagna o nella vita di tutti i giorni. I social vorrebbero che fossimo i primi in tutto, in tutte le situazioni, a scuola o al lavoro. Ci vorrebbero tutti supereroi, stravolgendo la realtà. Ecco, durante questo viaggio, abbiamo capito sulla nostra pelle quanto sia importante la rinuncia che non è sinonimo di sconfitta ma di intelligenza". Ossini ricorda, a questo proposito: "Io sono stato benissimo, non ho avuto problemi ma ho deciso di arrivare al 75% delle mie potenzialità, tornando indietro. C'erano tante persone che mi aspettavano a casa e non volevo neanche mettere a rischio il gruppo con cui ho fatto l'impresa. Ho deciso di fermarmi ad un passo dalla vetta".

A settant’anni dalla storica prima ascensione del K2, Ossini si è confrontato con 'la Montagna Selvaggia', come viene definito il K2. "Ho accompagnato - dice - otto donne, quattro ragazze italiane e quattro pakistane. Per la prima volta al mondo due Paesi hanno celebrato i settant'anni dalla prima ascesa sul K2. Abbiamo voluto portare in cima i padroni di casa, le quattro pakistane insieme alle ragazze italiane, ricordando i primi che salirono su quella vetta: gli alpinisti Achille Compagnoni e Lino Lacedelli che compirono l'impresa nel 1954 con l'aiuto fondamentale di Walter Bonatti. È stato - prosegue Ossini - un viaggio molto fisico: è una delle esperienze più difficili al limite della sopravvivenza. Purtroppo, nel corso della spedizione, ci sono state delle persone che non ce l'hanno fatta, altre si sono dovute ritirare perché hanno avuto edemi polmonari e cerebrali".

La scalata del K2, infatti, non è stata accompagnata soltanto da disagi improponibili ma anche, e soprattutto, da tragedie che hanno scandito la lenta e faticosa ascesa verso la vetta. "Un ragazzo, un portatore, purtroppo è morto. Ha avuto un edema cerebrale. È uscito dalla tenda, ed è morto per ipotermia". Non solo: "Tra le pakistane c'era Samira che aveva già raggiunto per quattro volte gli ottomila metri. Nel corso della spedizione, arrivati al campo base è stata male. Ha avuto anche lei un edema polmonare ed è stata accompagnata d'urgenza al primo villaggio con un asino e la bombola d'ossigeno facendo 60 chilometri. Due giapponesi, che avevano una tenda accanto alla nostra, stavano provando a raggiungere la cima dalla parte occidentale. Purtroppo sono caduti ed entrambi sono morti".

D'altro canto, conclude Ossini, è stata anche una prova "psicologica: abbiamo vissuto per un mese facendo 190 chilometri. Abbiamo dormito sempre in tenda, non ci potevamo fare la doccia. L'unico momento in cui si stava insieme al caldo era quando eravamo vicino al fornello a cucinare". Un'avventura, afferma il conduttore, durante la quale "ci siamo spogliati di tutto, lasciando a casa tutti gli orpelli della vita quotidiana".(di Carlo Roma)

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Cultura

“Le esigenze di oggi e la sanità del futuro”,...

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Il contributo del ministro della Salute alla 34esima edizione del volume

Orazio Schillaci - Fotogramma

"Le esigenze di oggi e la sanità del futuro" nell'intervento nel Libro dei Fatti 2024 del ministro della Salute Orazio Schillaci, autore del contributo presente nel volume giunto quest'anno alla 34esima edizione.

L'intervento del ministro Schillaci

"Il 2024 è l’anno della Presidenza italiana del G7. Per la salute globale è un momento importante. È l’anno in cui, grazie al nostro impulso, ai vertici internazionali si discute della necessità di mettere al centro di qualsiasi azione sanitaria la prevenzione e l’approccio One Health per la tutela della salute umana, animale e ambientale.

È l’anno in cui si impone definitivamente l’intelligenza artificiale, che vogliamo sia governata dall’uomo secondo l’etica e la responsabilità e che è destinata a incidere significativamente sulla salute, ampliando la possibilità di cura in tante malattie, aiutando i medici a fare diagnosi più precise, andando verso una medicina sempre più personalizzata.

È l’anno in cui iniziano a consolidarsi gli investimenti previsti dalla Missione 6 Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il potenziamento dell’assistenza territoriale e della digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Siamo al lavoro per migliorare e rinforzare la sanità pubblica, per valorizzare e tutelare medici, infermieri e tutto il personale sanitario. È un impegno senza sosta nell’interesse dei cittadini, per superare le disuguaglianze e garantire un’offerta sanitaria omogenea e sostenibile su tutto il territorio nazionale.

Abbiamo aumentato le risorse del Fondo sanitario nazionale raggiungendo solo nel 2024 la cifra record di oltre 134 miliardi di euro. Siamo intervenuti con coraggio e visione per ridurre l’annoso problema delle liste d’attesa, abbiamo messo più risorse per i rinnovi contrattuali, prorogato lo scudo penale per i medici e assunto l’impegno di abolire il tetto di spesa alle Regioni per le assunzioni in modo da poter potenziare il personale nella sanità pubblica.

Abbiamo avviato un percorso di riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale che ha bisogno di tempo per vedere dispiegati pienamente i propri benefici, soprattutto dopo le politiche poco lungimiranti del passato.

Voglio concludere ricordando che dal 2024 l’Italia finalmente si è dotata di una legge sul diritto all’oblio oncologico frutto dell’attività del Parlamento e sostenuta con forza dal Governo. Una legge di grande sensibilità, con la quale ci prendiamo cura di chi è guarito dal cancro affinché non debba più subire discriminazioni. Passo dopo passo, diamo risposte alle esigenze di oggi e costruiamo la sanità del futuro".

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Cultura

‘L’ombra di Artemisia’, destini...

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Il romanzo sulla fragilità e sugli abusi firmato dallo scrittore e sceneggiatore

'L'ombra di Artemisia', destini incrociati e violenza sulle donne nel libro di Cohen

Due destini che si incrociano e si sovrappongono. Due esperienze tragiche e dolorose che sembrano rincorrersi anche se si sviluppano in tempi e modi completamente diversi. Esperienze unite dallo stesso filo conduttore, la violenza sulle donne. Questo il senso de 'L'ombra di Artemisia', un romanzo sulla fragilità e sugli abusi firmato dallo scrittore e sceneggiatore Maurizio Cohen e pubblicato da Vallecchi (pp. 316 euro 18). "Quando al desiderio di un uomo si unisce la forza e si sottrae il rispetto non c'è difesa", si legge nel libro. Una 'verità' che sono costrette a sperimentare le due protagoniste del libro: Jenny, una giovane attrice, e la pittrice Artemisia Gentileschi su cui proprio Jenny sta girando un film.

Nella Roma del Seicento, attraversata da fermenti culturali di ogni genere, laboratorio di arte e di cultura, la vita di Artemisia è sottoposta al giudizio inappellabile dell'Inquisizione. "Questa donna, eminenza, continua a peccare. Non solo - è l'accusa piombata addosso ad Artemisia - ha infangato l'onore e la rispettabilità di molti devoti e generosi cittadini, ma sta tentando, complice il maligno ospitato tra le sue gambe sin da quando era adolescente, di mostrarsi santa. Beata vittima agli occhi di noi tutti". Non solo, Artemisia è anche violentata da un amico del padre, suo insegnante di pittura. E' lo stesso destino che capita anche a Jenny. La ragazza durante le riprese della pellicola, tornando a casa, viene aggredita da tre giovani della Roma 'bene'. Un violenza che viene messa in atto in una data simbolica, il giorno in cui si omaggiano e festeggiano le donne, l'otto marzo. E così la vicenda tragica vissuta da un personaggio storico di primo piano e quella di Jenny in qualche modo si uniscono. Ancora sotto shock, la ragazza si ritrova nella paradossale situazione di dover affrontare due processi: la mattina in tribunale, quello per direttissima per lo stupro vissuto sulla sua pelle, e il pomeriggio quello di Artemisia riprodotto sul set.

Così, poco alla volta, il personaggio della pittrice diventa per Jenny una sorta di ossessione. Le due donne, superando qualsiasi vincolo temporale, instaurano un rapporto ricco di emozioni e complicità ma anche di forti incomprensioni, che finisce per minacciare la stabilità psicologica della già fragile Jenny. Il libro di Cohen - che ha scritto i libri 'La gabbia' e 'Novanta' e ha collaborato con diversi registi tra cui Francesco Nuti, Tinto Brass e José Sanchez - è un racconto che dimostra una sola grande verità: nel corso della storia nulla cambia e tutto si ripete.

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Cultura

Banana di Cattelan venduta per 6,2 milioni. Ballario:...

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Il critico d'arte: "L'artista è un genio e più che una banana ha venduto un manuale di istruzioni"

Banana di Cattelan venduta per 6,2 milioni. Ballario:

"Cattelan ha cambiato un'altra volta le regole del gioco e la sua 'Comedian' è stata battuta in asta per 6,2 milioni. Un po' di tempo fa è uscito un libro che si intitola 'Lo squalo da 12 milioni di dollari' che faceva riferimento all'ascesa repentina di un'opera di Damien Hirst e raccontava i meccanismi del sistema dell'arte. Ecco oggi quel libro si chiamerebbe 'La banana da 6 milioni di dollari'". Così il critico d'arte, giornalista e curatore Nicolas Ballario, peraltro in ottimo rapporti di amicizia con l'artista padovano Maurizio Cattelan, commenta con l'Adnkronos il clamoroso risultato all'asta della banana attaccata con il nastro adesivo di una parete.

"L'installazione aveva già fatto discutere presentandola ad Art Basel Miami, una delle fiere d'arte contemporanea più importanti al mondo, nel 2019. Il suo nome è appunto 'Comedian' ed è l'opera più riprodotta del decennio. Chissà se il fruttivendolo che l'ha venduta agli addetti di Sotheby's a New York ieri mattina per 30 centesimi, saprà mai che qualche ora dopo quella stessa banana è stata venduta a quella cifra da capogiro al miliardario fondatore della piattaforma di criptovalute Tron! In tanti useranno questa storia per urlare allo scandalo - sostiene Ballario - ma 'Comedian' è il simbolo dell'arte contemporanea, è il simbolo di Cattelan, del suo camminare su un filo come un funambolo, del lasciare sempre che siano i critici e il pubblico a fare a cazzotti per interpretare, nel bene e nel male, il suo lavoro".

"Certo la banana ha tanti significati, è un simbolo del commercio globale, ma anche il più classico degli strumenti dell'umorismo: per decenni centinaia di attori hanno dovuto imparare a scivolare sulla sua buccia. È una beffa quella di Cattelan? Forse, solo che non si capisce chi sia il destinatario - evidenzia Ballario -. I collezionisti che la comprano? I critici che la esaltano o quelli che la attaccano? Il grande pubblico che ci fa i meme su internet o urla allo scandalo? E chi lo sa! Cattelan è un genio e più che una banana ha venduto un manuale di istruzioni: chi l'ha comprata ha detto 'me la mangio'. E potrà farlo quante volte vuole, perché per farla rivivere basta cambiare la banana ogni 7/10 giorni (a seconda del colore che assumerà), metterla a 175 cm da terra, con una stringa di 20 cm di uno specifico nastro grigio che deve essere attaccato per formare un angolo di 37°. Se è arte o no, è una domanda alla quale ognuno risponderà a modo proprio, e non ci sarà risposta sbagliata. Una volta proprio Cattelan mi ha detto una cosa che basta da sola a spiegare il suo genio: 'a me più che il vero o il falso, interessa il verosimile. E quando qualcuno troverà il significato dell’arte, spero di essere morto da un pezzo'".

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