Cancro polmone, all’Ieo il robot che rivoluziona la diagnosi e la cura
Rivoluzione hi-tech contro il cancro al polmone. Si chiama Ion ed è l'ultima new entry nel parco macchine dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, "primo centro in Italia e fra i primi in Europa a dotarsi del broncoscopio robotico più avanzato al mondo per la diagnosi dei tumori polmonari", informa l'Irccs fondato da Umberto Veronesi. Il braccio robotico di Ion, descrivono gli esperti Ieo, "può arrivare a noduli di dimensioni millimetriche anche in posizioni periferiche del polmone, altrimenti irraggiungibili". E se opportunamente attrezzato, può anche rimuoverli senza bisturi.
"Ion rappresenta un progresso straordinario per la cura del tumore del polmone e siamo entusiasti di mettere questa tecnologia d'avanguardia a disposizione dei nostri pazienti", afferma Juliana Guarize, direttore dell'Unità di Pneumologia interventistica dell'Ieo. "La diagnosi precoce - ricorda - è infatti la chiave di volta per ridurre la mortalità e il peso personale e sociale di questo tumore, che deve la sua fama di big killer proprio alla scarsa diffusione di strumenti e di cultura di anticipazione diagnostica. Con Ion la diagnosi è più precisa e soprattutto più rapida, e noi sappiamo che il tempo è un fattore importantissimo per una buona terapia. I noduli di dimensioni minime che troviamo con lo screening hanno oggi un follow-up di mesi, proprio perché la loro posizione o dimensione non permette un prelievo bioptico. La tecnologia robotica supera questo problema a grande vantaggio del paziente che, con i risultati immediati della biopsia, può essere trattato subito con interventi mininvasivi".
Oltre a 'stanare' noduli polmonari piccolissimi localizzati in zone difficili, infatti, Ion "permette di integrare le immagini in tempo reale con la Cone Beam Ct per effettuare prelievi per la biopsia delle Ggo (Grand Glass Opacity), lesioni tipiche del tessuto del polmone, rilevabili con la Tac, che possono evolvere in tumore e che non sono raggiungibili con un normale broncoscopio", approfondisce una nota Ieo. Ancora, il robot "può essere utilizzato per marcare i noduli polmonari con un marcatore specifico (tecnezio o blu di metilene) che lo rende identificabile per la chirurgia mini-invasiva robotica". Infine, il braccio di Ion "può essere dotato di una sonda per la termoablazione, che permette di rimuovere i piccoli noduli senza bisogno di chirurgia", evidenzia Lorenzo Spaggiari, direttore del Programma Polmone Ieo. "Già ci sono esperienze di questa tecnica in Usa e Uk, e Ieo avvierà un proprio studio clinico a breve", annuncia lo specialista. "In Ieo non abbiamo dubbi: a medio termine il tumore del polmone di piccole dimensioni verrà trattato in Day hospital senza bisturi, senza cicatrici e senza bisogno di chemio o radioterapia", prospetta Spaggiari. "Ion - chiosa - rappresenta il presente migliore, ma soprattutto il futuro per la cura dei tumori iniziali del polmone".
Salute e Benessere
Farmindustria: “Bene su lotta super batteri, ora...
Cattani all'evento conclusivo del G7 Salute in corso a Bari: "Non è sostenibile ridurre i margini dell’industria"
"Bene il Governo sul contrasto all'antimicrobico-resistenza che ha previsto nella manovra un finanziamento ad hoc di 100 milioni di euro per quelli prioritari nella lotta alle infezioni resistenti agli antibiotici. Ora però è necessario che venga alzato il tetto della spesa farmaceutica e che non ci siano oneri a carico delle aziende per aumentare i margini della distribuzione. I tempi per farlo ci sono. Ridurre i margini delle imprese e far aumentare il payback, che raggiungerà i 2,3 miliardi, non è sostenibile. Una 'tassa occulta' che arriverà a oltre il 18% del fatturato. Senza interventi correttivi inevitabilmente gli investimenti saranno destinati fuori dall'Italia. Noi chiediamo uno 0,55% in più sul tetto della spesa ospedaliera. Sarebbe un segnale concreto per stabilizzare, il payback del prossimo anno a livello del 2024". Così all'Adnkronos Salute il presidente di Farmindustria Marcello Cattani a margine del panel 'Innovazione e trasferimento tecnologico' nell'ambito dell'evento conclusivo del G7 Salute oggi e domani a Bari con un focus sul contrasto all'antimicrobico-resistenza.
Cronaca
Addio a un gigante della neurologia: il professor Giancarlo...
C’è un vuoto enorme, immenso e non si riesce proprio a descriverlo. E sapete una cosa? Cercare di trovare le parole giuste è dura, anzi, quasi impossibile. Come fai a spiegare una perdita così grande? Come? Il professor Giancarlo Comi – uno di quelli che non dimentichi, che ti rimangono dentro per sempre, una di quelle menti luminose che nascono una volta ogni tanto, una di quelle anime che metteva il cuore in tutto quello che faceva, soprattutto nella battaglia contro la sclerosi multipla – se n’è andato. Il 26 novembre 2024. Così, senza preavviso. Un colpo secco, che ci ha tolto il fiato. Nessuno se lo aspettava, nessuno era pronto. E adesso? Adesso siamo qui: giornalisti, colleghi, pazienti, amici, tutti col cuore in frantumi, pieni di domande che, chissà, forse non troveranno mai risposta.
Perché Comi non era solo un medico, no. Era molto di più. Era uno che ci credeva davvero, uno che aveva il fuoco dentro. Un pioniere, un visionario, uno che ci metteva tutto, anima e corpo, senza mai, mai tirarsi indietro. Uno di quelli che, quando tutto va a rotoli, ti prendono per mano e non ti mollano. Per chi vive ogni giorno con la sclerosi multipla, quella malattia che è come un’ombra che non ti lascia mai, Comi era una luce accesa in mezzo al buio. Era un punto fermo, qualcosa a cui aggrapparsi quando tutto sembra scivolare via. Qualcuno che, anche nei giorni più neri, riusciva a farti credere che c’era una speranza. E ora, senza di lui? Sì, tutto sembra più buio. Ma sapete una cosa? Il suo spirito è ancora qui. Rimane. Resta in ogni piccola battaglia quotidiana, nelle storie di chi non si arrende mai, nelle mani che non smettono di lottare. Perché quello che ci ha lasciato non è solo un ricordo: è una fiamma viva, che continuerà a bruciare. Dentro ognuno di noi che ha avuto la fortuna di conoscerlo, di vedere da vicino quanto era grande, quanto era straordinariamente umano.
Una vita al servizio della ricerca e dei pazienti
Comi non passava mai inosservato, mai. Era uno di quei nomi che, appena lo senti, ti fa fermare. Cioè, davvero, uno di quei nomi che ti fa dire: “Wow, questo qui fa la differenza“. Professore Onorario di Neurologia, Direttore Scientifico… certo, tutti quei titoli altisonanti, roba grossa, roba importante. Ma sapete cosa? Non erano i titoli a farlo chi era, per niente. Non erano quelle targhe lucide, quelle pergamene incorniciate. No. Comi era quello che ogni mattina si alzava, magari con il sonno ancora addosso, ma con un solo pensiero fisso in testa: come posso fare la differenza per chi oggi conta su di me? Come posso migliorare la vita di chi mi affida tutto? E ci metteva tutto. Non solo il cervello, ma il cuore, l’anima, ogni piccolo pezzo di se stesso. Ogni singolo giorno. E ce l’ha fatta. Alla grande. Non è facile dire questo, ma ce l’ha fatta davvero. Ha scritto più di mille articoli scientifici, roba che ti fa girare la testa solo a pensarci. Un h-index sopra il 100, numeri che sembrano quasi irreali. Ma alla fine, cosa contano quei numeri, veramente? Anche se non avete la minima idea di cosa sia un h-index, lasciate che vi dica una cosa: quei numeri parlano di uno che non si è mai fermato, che ha lasciato un segno indelebile. Uno che non si è mai girato dall’altra parte, mai, nemmeno una volta.
Ma, sapete, quello che lo rendeva davvero speciale non erano i numeri, non erano i titoli. Era la sua dedizione, così semplice, così pura. Era l’umanità che ci metteva, il modo in cui riusciva a farti sentire ascoltato, capito, come se fossi l’unico al mondo. Ogni paziente, ogni collega che gli è stato vicino, tutti hanno visto oltre lo scienziato. Hanno visto l’uomo. Quello vero. Quello che non si fermava alla malattia ma vedeva la persona dietro. E forse è proprio questo il più grande regalo che ci ha lasciato: far sentire ognuno di noi importante, nonostante tutto.
Riconoscimenti che raccontano una storia
Comi, nel corso della sua carriera, ha raccolto premi e onorificenze come pochi altri. E non parliamo di premi qualunque. C’era l’Ambrogino d’Oro che ha ricevuto dal Comune di Milano nel 2016 e poi il titolo di Ufficiale della Repubblica Italiana nel 2018, per i suoi meriti scientifici. Ma non è tanto per vantarsi. Non è di quei riconoscimenti che si mettono in vetrina per far bella figura. Sono la prova di quanto fosse grande il suo lavoro. Di quanto fosse cruciale. Perché Comi è stato davvero un leader. Uno di quelli che, quando ci sono, senti che tutto è possibile. Una guida vera, una luce che brillava per tutta la comunità scientifica. Non è un’esagerazione dire che quello che ha fatto lui ha cambiato tutto. Ha segnato un’epoca. Ha aperto strade nuove. E questo, alla fine, è quello che conta di più.
Il vuoto e l’eredità di un grande uomo
Con la sua scomparsa, la comunità scientifica ha perso un un punto di riferimento che ora non c’è più e fa male. Il Centro Studi Sclerosi Multipla di Gallarate, che ha avuto l’onore di averlo come guida, ha espresso tutto il suo dolore, ricordando quanto lui fosse una fonte di ispirazione inesauribile. Non solo per i medici ma per tutti, pazienti compresi. Accettare che una persona così fondamentale se ne sia andata non è per niente facile. Però c’è una cosa che possiamo dirci per consolarci un po’: il suo lavoro, la sua eredità, continueranno a vivere. Nei suoi studi, certo, ma anche nelle vite di tutte quelle persone che ha toccato, nei ricercatori che seguiranno le sue orme.
La lotta contro la sclerosi multipla e altre malattie neurodegenerative non finisce qui. Non può fermarsi qui. Le prossime generazioni raccoglieranno il testimone. L’impegno di Comi, la sua passione, quella forza indomabile… tutto questo resterà vivo. E così, il professor Comi sarà per sempre parte di questa battaglia, un esempio da seguire, una presenza che, anche se invisibile, continuerà a fare la differenza. Non è facile dire addio ma è confortante sapere che, grazie a persone come Giancarlo Comi, il mondo è un po’ migliore. Grazie, professore.
Salute e Benessere
Ricerca, Ardizzone (Fondazione Ig-Ibd):...
Presentati gli obiettivi al congresso del Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali
“La Fondazione Ig-Ibd ha come obiettivo quello di sensibilizzare le istituzioni verso le malattie infiammatorie croniche intestinali, quali la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, e di supportare, stimolare la ricerca scientifica in questo campo: i pazienti che si ammalano di queste patologie sono sempre più numerosi. È sempre più necessario disporre di metodiche diagnostiche e soprattutto terapie innovative” Sono le parole di Sandro Ardizzone, presidente Fondazione Ig-Ibd, presentata al XV Congresso nazionale Ig-Ibd, il Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali, in corso a Riccione.
“Nel nostro paese si stima, dico si stima perché non abbiamo dei numeri precisi - spiega Ardizzone - che vi siano circa 270-300 mila pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali” o Mici. Nel mondo si stimano “circa 7 milioni di pazienti. Nel corso dei prossimi decenni si pensa che raggiungeremo cifre di 30 anche 50 milioni di pazienti affetti da queste malattie. È evidente che qualcosa va fatto, soprattutto nel nostro Paese, perché è importante disporre di dati veri e affidabili. Una priorità della Fondazione è proprio quella di raccogliere dei dati sui casi incidenti di colite ulcerosa e malattia di Crohn” conclude.